Scorta di hashish per la vacanza di gruppo? Quantum eccessivo, è spaccio

Respinta l’ipotesi difensiva del giovane beccato in possesso di quasi 400 grammi di hashish non si può parlare di destinazione all’uso di gruppo. Decisivo il fatto che il quantitativo sia sproporzionato rispetto all’ipotesi di un uso personale, anche considerando tutti i componenti del gruppo di vacanzieri.

Count-down per le vacanze amici tutti d’accordo, destinazione già scelta, bagagli già pronti. Restano solo gli ultimi dettagli come il ‘recupero’ di una scorta ad hoc di hashish. Ma quest’ultima ipotesi può anche non essere ritenuta credibile così cade l’idea del consumo di gruppo , resta intatta invece quella della illecita detenzione a fini di spaccio Cassazione, sentenza n. 22941, Terza sezione Penale, depositata oggi . Il troppo stroppia Sanzione durissima nei confronti di un giovane, beccato in possesso di quasi 400 grammi di hashish, suddivisi in due ‘panetti’ trentadue mesi di reclusione e 12mila euro di multa. Nessun dubbio per i giudici è acclarata la destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente. Ma, secondo il giovane, è stato trascurato un elemento assolutamente rilevante – e su cui viene centrato il ricorso in Cassazione – si è trattato di un acquisto di droga su mandato di altre persone, con le quali poi consumare lo stupefacente durante un lungo periodo di vacanza da trascorrere in comune . E ciò deve portare a valutare, sempre secondo il giovane, l’ipotesi dell’ acquisto e della detenzione per l’ uso di gruppo Possibile, allora, rivedere la condanna? Assolutamente no, ribattono i giudici della Cassazione, i quali riconfermano in toto la pronunzia emessa in Corte d’Appello. Decisiva è la mancanza della prova rigorosa relativa all’ uso di gruppo . Au contraire, è logico dedurre, come fatto in secondo grado, che quella sostanza stupefacente fosse destinata allo spaccio perché era stato lo stesso giovane ad ammettere che l’acquisto era stato effettuato con denaro proprio , e, soprattutto, perché, sottolineano i giudici, il dato quantitativo è elemento inconciliabile con un uso personale, anche da parte dei singoli componenti il gruppo .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 ottobre 2012 - 28 maggio 2013, n. 22941 Presidente Fiale – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1. Con sentenza del 30 aprile 2010, la Corte di Appello di L’Aquila riformava parzialmente la sentenza del GUP dei Tribunale di Chieti dell’11 marzo 2009, rideterminando, previa esclusione della circostanza aggravante contestata art. 80 comma 2° D.P.R. 309/90 , la pena originariamente inflitta a L.G. imputato del reato di illecita detenzione a fini di spaccio di grammi 393,6 di hashish suddivisi in due panetti” in anni due e mesi otto di reclusione ed € 12.000,00 di multa, confermando, per il resto, la sentenza impugnata. 1.2. La Corte di Appello abruzzese, nel confermare il giudizio di colpevolezza, escludeva, anzitutto, la configurabilità prospettata dall’imputato dell’acquisto e della detenzione finalizzati all’uso di gruppo, ciò desumendo dalla circostanza che fosse stato - per sua espressa ammissione in sede di udienza di convalida - l’imputato ad acquistare lo stupefacente con denaro proprio in quantità, peraltro, inconciliabili con l’uso personale. Quanto alla invocata circostanza attenuante del fatto di lieve entità, il giudice territoriale la escludeva, facendo richiamo integrale alle argomentazioni svolte dal primo giudice ed evidenziando, quale elemento ostativo, il dato ponderale elevato. 1.3. Ricorre avverso la detta sentenza l’imputato a mezzo dei proprio difensore di fiducia deducendo due motivi il primo, riferito al mancato riconoscimento della destinazione all’uso di gruppo, evidenzia - secondo la difesa - l’erronea applicazione della legge penale, sottolineandosi in proposito come un acquisto di droga su mandato di altri soggetti con i quali poi consumare lo stupefacente durante un lungo periodo di vacanza da trascorrere in comune, fosse argomento meritevole di considerazione ma trascurato del tutto dalla Corte di Appello il secondo, riferito, invece, al diniego della attenuante speciale, evidenzia l’assenza di motivazione sul punto da parte dei giudice distrettuale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. Con riferimento al primo motivo osserva questo Collegio che, nelle more del deposito della presente sentenza, il contrasto esistente tra un orientamento rigido secondo il quale dopo le modifiche apportate dalla L. 49/06 al precedente testo dell’art. 73 comma 1° D.P.R. 309/90, anche il consumo di gruppo rientrerebbe nelle fattispecie di rilevanza penale in termini, tra le tante, Cass. Sez. 4^ 7.6.2011 n. 46023, Richelda, Rv. 251734 Cass. Sez. 3^ 20.4.2011 n. 35706, Garofano, Rv. 251228 ed un opposto orientamento che include - pur dopo le modifiche suddette - anche il consumo di gruppo tra le condotte scriminate in termini, da ultimo, Cass. Sez. 6^ 12.1.2010 n, 3513, Santini, RV. 251579 , è stato composto delle Sezioni Unite di questa Corte che con sentenza del 31 gennaio 2013 hanno ritenuto penalmente irrilevante la condotta di uso di gruppo tanto nella ipotesi, del mandato all’acquisto conferito ad un determinato soggetto da parte degli altri, quanto nella ipotesi dell’acquisto collettivo in comune. 2. Tanto precisato e con riferimento allo stato attuale della giurisprudenza di questa Corte al momento della presente decisione, in ogni caso, per potersi fondatamente parlare di uso di gruppo” sarebbe stato necessario che sussistesse la prova rigorosa che lo stupefacente fosse stato acquistato o detenuto da uno dei compenti del gruppo su preventivo incarico dato dagli altri in vista di una futura ripartizione e destinazione al consumo da parte di tutti i componenti compreso l’incaricato e previa partecipazione di tutti alle spese Cass. Sez. 4^ 14.1.2009 n. 7939, D’Aniello ed altri, Rv. 243870 . 3. La Corte territoriale, al riguardo, ha recisamente escluso con motivazione convincente tale possibilità, anzitutto ricordando che era stato lo stesso imputato ad ammettere senza riserve che l’acquisto era stato effettuato con denaro proprio ancora, sottolineando il dato quantitativo quale elemento inconciliabile con un uso personale anche da parte dei singoli componenti il gruppo ed inoltre, evidenziando che da parte del ricorrente non era stata offerta concreta dimostrazione di un acquisto finalizzato al consumo collettivo, affermato soltanto su base assertiva. Ne consegue che la prospettazione in sede di legittimità di tale tesi implica anche una sollecitazione rivolta a questa Corte ad una rilettura degli avvenimenti in chiave alternativa, inammissibile in sede di legittimità. 4. Parimenti infondato, in modo palese, anche il motivo afferente al mancato riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di lieve entità valendo, sul punto, i richiami in parte qua alla sentenza di primo grado integralmente confermata sotto tale specifico profilo. Peraltro il concetto di lieve entità del fatto in materia di detenzione illecita di sostante stupefacenti presuppone quella trascurabile offensività, in relazione sia all’oggetto materiale del reato, sia alle caratteristiche quanti-qualitative della sostanza, sia alla condotta con specifico riguardo ai mezzi, modalità e circostanze nelle quale essa è stata posta in essere che la Corte ha persuasivamente escluso Cass. Sez. Un. 24.6.2010 n. 35737, P.G. in proc. c. Rico, Rv. 247911 Cass. Sez. 6^ 14.4.2008 n. 27052, Rinaldo, Rv. 240981 Cass. Sez. 6^, 15.6.1998 n. 8857, Canepi, Rv. 212005 . 5. Sul tema della trascurabile offensività la Corte si e soffermata, anzitutto ricordando quale elemento ostativo il dato ponderale ritenuto non trascurabile ed, ancora, escludendo in concreto, anche per le modalità della condotta, che la detenzione potesse qualificarsi una condotta di trascurabile offensività. 6. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento della somma - ritenuta congrua - di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi in colpa il ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle Ammende.