Allarme ‘Pm10’, reazione blanda della Regione: nessuna omissione in atti d’ufficio. Salvo l’assessore all’Ecologia

Apprezzabile la filosofia di fondo della contestazione, mirata a salvaguardare l’ambiente e la salute dei cittadini. Ma è inutile il richiamo, assolutamente generico, alla necessità di provvedimenti più stringenti rispetto a quelli già adottati dalla Regione.

Soglia massima superata, ripetutamente scatta l’allarme ‘polveri sottili’. A rischio l’ambiente e la salute. E fa specie, secondo i cittadini, secondo i media e secondo le associazioni ambientaliste, la mancata pronta reazione della pubblica amministrazione – una Regione, in questo caso specifico –. Così, a finire nell’occhio del ciclone è l’assessore all’Ecologia Ma il semplice, generico richiamo – per quanto condivisibile – alle primarie esigenze della tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini non bastano per addebitare all’esponente della pubblica amministrazione addirittura il reato di omissione in atti d’ufficio Cassazione, sentenza n. 11028/2013, Sesta Sezione Penale, depositata oggi . Emergenza smog. All’improvviso, nella regione veneta, risuona l’allarme rosso il pericolo è quello dell’inquinante PM10, meglio noto come ‘polveri sottili’. Secondo rilevazioni ad hoc , difatti, si è verificato il superamento sistematico oltre 35 volte per anno del valore limite giornaliero stabilito dal Ministero dell’Ambiente. A preoccupare ancor di più, poi, è la reazione troppo ‘morbida’ della Regione. Così l’assessore all’Ecologia viene citato in udienza, su richiesta del Procuratore della Repubblica, per omissione in atti d’ufficio . Alla base di questa richiesta una semplice considerazione a fronte della sussistenza nel territorio regionale di una situazione diffusa di emergenza smog l’esponente della giunta regionale indebitamente ometteva di adottare provvedimenti più efficaci rispetto a quelli assunti, volti a contrastare l’inquinamento atmosferico, che, per ragione di sanità pubblica, dovevano essere adottati senza ritardo . Concretezza. Ma, mettendo da parte lo specifico episodio, la domanda fondamentale è chiara è plausibile accusare un Comune, una Provincia, una Regione – o addirittura lo Stato – per non aver provveduto tempestivamente e in maniera efficace di fronte a un problema evidente – e testimoniato dai numeri – come l’inquinamento? Difficile rispondere Per il Giudice dell’udienza preliminare, in prima battuta, non vi è nessun addebito possibile nei confronti dell’assessore. E questa tesi viene condivisa anche dai giudici della Cassazione, che liberano il rappresentante politico-amministrativo da ogni accusa. Sia chiaro, è condivisibile la filosofia di fondo della contestazione, riproposta in Cassazione dal Procuratore della Repubblica – ossia il richiamo a una normativa che impone determinati obiettivi in materia di inquinamento , alla necessità di misure stringenti e più efficaci rispetto a provvedimenti risultati inidonei a fronteggiare l’inquinamento dell’aria , e alla consequenziale consapevolezza della inadeguatezza delle misure adottate –, ma elementi come acuta sensibilità e autentica tensione per la tutela dell’ambiente e genuina preoccupazione per la salute dei cittadini non possono bastare Ciò che è mancato davvero, evidenziano i giudici, è l’ indicazione dei concreti, doverosi provvedimenti che l’autorità regionale avrebbe dovuto adottare , mentre ci si è limitati alla evidenziazione della necessità di adozione di atti diversi e più efficaci e alla invocazione di provvedimenti ulteriori e diversi e di misure più stringenti . Troppa genericità, pochissima concretezza Ecco perché nessun addebito è possibile nei confronti dell’esponente della giunta regionale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 novembre 2012 – 8 marzo 2013, n. 11028 Presidente Garribba – Relatore Ippolito Ritenuto in fatto 1. A seguito di richiesta del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia, G.C., nella sua qualità si assessore all’Ecologia della Regione Veneto dal 2005 a 2010, fu citato in udienza preliminare per rispondere del reato di cui all’art. 328, comma primo, cod. pen. perché, a fronte della sussistenza nel territorio regionale di una situazione diffusa di emergenza smog” connotata in particolare dal superamento sistematico oltre 35 volte per anno del valore limite giornaliero per l’inquinante PM10, stabilito con decreto del Ministro dell’ambiente n. 60/2002 che avrebbe imposto interventi immediati e decisi, indebitamente ometteva di adottare provvedimenti diversi e più efficaci, rispetto a quelli precedentemente assunti, volti a contrastare l’inquinamento atmosferico, che per ragione di sanità pubblica dovevano essere adottati senza ritardo. 2. All’esito dell’udienza preliminare, il giudice ha assolto il C. perché il fatto non sussiste. 3. Contro la sentenza ha proposto ricorso il Pubblico Ministero che, senza alcuna indicazione di vizi ex, art. 606.1 c.p.p., deduce che la decisione adottata dal giudice di primo grado appare erronea”. Rileva il ricorrente che non appaiono condivisibili i tre principi di diritto si cui il giudicante ha fondato la sua decisione, ossia che a sono esclusi dall’ambito di applicazione della norma incriminatrice di cui all’art. 328, comma primo, cod. pen., gli atti rientranti nell’ambito della discrezionalità amministrativa b gli atti finalizzati a contrastare il superamento dei valori limite in materia di inquinamento atmosferico non possono essere annoverati alla stregua di atti rispondenti a ragione di igiene e sanità” e, pertanto, non possono assumere rilievo in relazione alla disposizione prevista dall’art. 28, comma primo, cod. pen., essendo le misure in materia di inquinamento atmosferico attinenti in via immediata e diretta alla salubrità dell’ambiente e non della salute c l’ambito applicativo della norma incriminatrice previsto dall’art. 328, comma primo, cod. pen., va circoscritto agli atti idonei ad esplicane un’incidenza immediata e diretta sui beni da essa tutelati, escludendo che l’inadempimento di un dovere funzionale interno all’organizzazione della P.A. possa sostanziare il reato di omissione di atti di ufficio. Considerato in diritto 1. Si sottolinea in ricorso che, alla luce di una normativa che impone il conseguimento di determinati obiettivi in materia di inquinamento atmosferico, e a fronte di provvedimenti amministrativi che si erano rivelati inefficaci, assolutamente nulla di più sia stato fatto per porre riparo alla situazione e anzi siano stati adottati provvedimenti ancora più blandi ”, Si continua rilevando che a fronte di provvedimenti risultati inidonei a fronteggiare l’inquinamento dell’aria, era doveroso secondo quanto era stato del resto previsto dallo stesso PRTRA adottare misure più stringenti, innalzando il livello di contrasto”. Si aggiunge, in relazione all’argomentazione del giudice relativa alla discrezionalità amministrativa, che non sussiste, nel caso di specie, necessità di svolgere valutazione nel merito, perché i livelli di inquinamento riscontrasti nel corso degli anni hanno palesato l’oggettiva inadeguatezza delle misure che sino ad allora erano state adottate, ed è altresì un fatto parimenti oggettivo che tale inadeguatezza non ha indotto coloro che ne erano responsabili ad adottare misure diverse e ulteriori”. 2. Ritiene il Collegio l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dal Pubblico Ministero, pure ispirata da acuta sensibilità e autentica tensione per la tutela dell’ambiente e da genuina preoccupazione per la salute dei cittadini. Quale che sia la condivisibilità di talune delle argomentazioni poste dal giudice dell’udienza preliminare fondamento della sua decisione, l’inammissibilità del ricorso deriva dalla sua intrinseca genericità, ai sensi degli art. 581.1 lett. c e 591.1 lett. c cod. proc. pen., i quali richiedono, a pena d’inammissibilità, l’enunciazione dei motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono le richieste. Sintomo evidente della mancanza di specificità - pur a fronte della reiterata sottolineatura della inerte condotta dell’imputato, che finisce con il censurare il merito della gestione amministrativa là dove critica l’adozione di provvedimenti ancora più blandi” - è l’evidenziazione della necessità di adozione di atti diversi e più efficaci” e l’invocazione di provvedimenti ulteriori e diversi” e di misure più stringenti”, senza l’indicazione dei concreti doverosi provvedimenti, che l’autorità regionale avrebbe dovuto adottare. Genericità peraltro coerente con la formulazione dell’imputazione, anch’essa distante da quanto prescrive l’art. 429.1, lett. c c.p.p., secondo cui il decreto che dispone il giudizio deve contenere l’enunciazione, in forma chiara a precisa, del fatto [] con l’indicazione dei relativi articoli di legge”, P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso.