Palpeggiamento del sedere? Violenza sessuale a tutti gli effetti

Confermata la condanna nei confronti di un uomo che aveva molestato una collega di lavoro. Assolutamente respinta la tesi difensiva, secondo cui i gesti compiuti, in ben due occasioni, erano da catalogare semplicemente come volgari. Assolutamente volgare, e deprecabile da un punto di vista morale, ma, soprattutto, sanzionabile penalmente. E anche in maniera grave

Perché il palpeggiamento del sedere, perpetrato da un uomo nei confronti di una donna, è da catalogare come violenza sessuale a tutti gli effetti Cassazione, sentenza n. 49459, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Volgarità A sorprendere l’uomo, finito sul banco degli imputati, è proprio la durezza della condanna emessa in Tribunale e confermata poi in Appello a lui, difatti, è stato addebitato il reato di violenza sessuale. Motivo? Il compimento, in due occasioni diverse , di atti sessuali nei confronti di una collega, atti consistiti nel palpeggiamento del sedere della donna. Plausibile tale linea rigida? A rispondere negativamente, ovvio, è proprio l’uomo, che, proponendo ricorso per cassazione, contesta la pronunzia di secondo grado, puntando l’indice innanzitutto sulla ricostruzione dei fatti, fondata esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa e di quelle di due testi ritenute di riscontro , e sulla mancanza di una effettiva istanza di punizione nella denuncia presentata dalla donna. Ma elemento decisivo è, sempre secondo l’uomo, l’eccessivo peso dato ai gesti da lui compiuti, inquadrabili sì come comportamenti volgari ma privi della necessaria connotazione di atti sessuali . o bestialità? Nessun fondamento, però, viene riconosciuto alla tesi proposta dall’uomo. Anche perché la vicenda è assolutamente chiara così come lapalissiana è l’offesa subita dalla vittima vi è un rilevante numero di riscontri probatori dei fatti denunciati , e dalla denuncia presentata dalla donna emerge un chiaro intento punitivo nei confronti dell’uomo, eppoi, sottolineano i giudici, è cristallino anche il danno morale patito dalla donna e documentato anche da apposita certificazione medica . E quest’ultimo passaggio permette, in conclusione, anche di affrontare l’aspetto più rilevante della linea difensiva dell’uomo, ossia la scarsa gravità dei comportamenti tenuti nei confronti della collega di lavoro. Su questo fronte i giudici si mostrano tranchant , chiarendo, in maniera netta, che il palpeggiamento del sedere integra il reato di violenza sessuale , a maggior ragione quando la vittima non ha possibilità di sottrarsi alla condotta posta in essere dall’aggressore , come avvenuto in questa vicenda quando la donna, con le mani impegnate a portare i piatti , non aveva avuto alcuna possibilità di reagire. Assolutamente consequenziale, e logica, la conferma, quindi, della condanna nei confronti dell’uomo così come stabilita in Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 – 20 dicembre 2012, n. 49459 Presidente Squassoni – Relatore Lombardi Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Como in data 24-6.2010 con la quale S. A. era stato dichiarato colpevole del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 609 bis, ultimo comma, c.p. a lui scritto per avere compiuto, in due occasioni diverse, atti sessuali sulla persona della collega A.R., consistiti nel palpeggiamento del sedere della persona offesa. La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva dedotto l’improcedibilità dell’azione penale per difetto della istanza di punizione, la inattendibilità della persona offesa e delle testi ritenute di riscontro, censurato il trattamento sanzionatorio e la quantificazione del danno in favore della parte civile. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, che tramite il difensore la denuncia per 2.1. Manifesta carenza ed illogicità della motivazione. Si deduce che la sentenza impugnata è carente di un autonomo apparato motivazionale, essendo meramente ripetitivo di quello della pronuncia di primo grado. L’affermazione di colpevolezza è esclusivamente fondata sulle dichiarazioni della persona offesa e in quelle di due testi ritenute di riscontro, mentre è stata ignorata la deposizione resa dallo schef S., il quale ha smentito le dichiarazioni della R., in relazione al primo episodio denunciato dalla persona offesa, avendo riferito che, pur trovandosi in una zona del locale di lavoro priva di visuale, aveva udito la discussione intercorsa tra il S. e la Rodica, la quale verteva su argomenti lavorativi, ed, in particolare, le modalità di consegna dei piatti ad un cliente. Sul punto manca un’autonoma valutazione del giudice di appello rispetto a quella del Tribunale di Como. Si deduce inoltre in vizio motivazionale con riferimento alla ritenuta sussistenza della condizione di procedibilità dell’azione penale. La volontà della persona offesa di perseguire i fatti denunciati deve manifestarsi in maniera esplicita, mentre la denuncia presentata dalla R. risulta priva di un’effettiva istanza di punizione. La persona offesa si era limitata a denunciare un comportamento che potrebbe qualificarsi di mobbing ai suoi danni afferente a discussioni verbali che avrebbero avuto ad oggetto questioni lavorative. 2.2. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale. I palpeggiamenti, che sarebbero stati posti in essere dal S., non concretizzano il reato ascrittogli, trattandosi sostanzialmente di comportamenti volgari, privi della necessaria connotazione di atti sessuali, in quanto inidonei ad incidere sulla libertà di determinazione sessuale della R. 2.3. Carenza e contraddittorietà della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio. 2.4. Carenza di motivazione in ordine alle statuizioni civili. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. 2.1. Il primo motivo di ricorso corrisponde esclusivamente ad una diversa prospettazione della valutazione delle risultanze probatorie, inammissibile in sede di legittimità. La sentenza, peraltro, ha esaminato le deduzioni dell’appellante in ordine alle dichiarazioni rese dallo S., ritenendole irrilevanti, in quanto il teste non aveva potuto osservare lo svolgimento dei fatti, mentre l’affermazione di colpevolezza è fondata su un apparato argomentativi assolutamente esaustivo, essendo stata evidenziata, oltre alla piena attendibilità della persona offesa, l’esistenza di un rilevante numero di riscontri probatori dei fatti denunciati. 2.2. Anche gli ulteriori motivi di ricorso sono infondati. Quanto alla inesistenza di un’istanza di punizione, è noto che la volontà di sporgere querela non deve essere espressa attraverso formule sacramentali e che l’interpretazione dell’atto, con il quale la persona offesa ha denunciato gli episodi criminosi, forma oggetto di valutazione di merito, non censurabile in sede di legittimità, allorché, come nel caso in esame, la decisione è fondata su un adeguato e coerente apparato argomentativi, con il quale si è rilevato che dall’atto emerge il chiaro intento punitivo espresso dalla vittima sez. III, 15/10/1986 n. 14035, rv174578 SEZ. 5, 25/05/1999 N. 8034, rv 213806 sez. 7, 15/01/2002 n. 4216, RV 222053 . 2.3. Il palpeggiamento del sedere, posto in essere con atto repentino e comunque in una situazione in cui la vittima non ha la possibilità di sottrarsi alla condotta posta in essere dall’aggressore – nel secondo episodio la R. aveva le mani impegnate per portare i piatti – integra il reato di violenza sessuale sez. 3, 18/10/2005 n. 44246, RV 232901 sez. 3, 02/07/2004 n. 37395, RV 230041 sez. 3, 27/01/2004 n. 6945, RV 228493 . 2.4. Il trattamento sanzionatorio ha formato oggetto di adeguata motivazione mediante il riferimento alla pluralità e rilevanza dei fatti ed ai plurimi precedenti dell’imputato, così come la quantificazione del danno in riferimento a quello morale patito dalla persona offesa, che, secondo la sentenza, è stato documentato anche da apposita certificazione medica. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel grado liquidate in complessivi Euro 2.500,00 oltre iva ed accessori di legge.