Il fratello evade il fisco e a lei sequestrano il conto corrente: è illegittimo

L’evasore fiscale ha la disponibilità della provvista sui conti correnti della sorella, ma il sequestro di questi ultimi è illegittimo.

A metterci una pezza ci pensa la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 49093/2012 depositata il 18 dicembre, che annulla l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro gravante sui conti correnti della donna. La fattispecie. Un uomo veniva indagato per dichiarazione infedele e omessa dichiarazione art. 4 e 5 d.lgs. n. 74/2000 e, in più, si vedeva sequestrare 4 conti correnti di cui, però, era titolare sua sorella. A nulla era servita l’istanza di riesame presentata dalla donna, infatti il Tribunale aveva motivato la sottoposizione a sequestro dei conti correnti con il fatto che gli stessi erano sì intestati alla istante, ma si trovavano nella disponibilità del fratello indagato. Conti correnti della sorella posti sotto sequestro. La donna si rivolge così alla Corte di Cassazione che accoglie il ricorso annullando il sequestro dei suoi conti correnti. Illegittimo anche se l’indagato ne ha la disponibilità. Secondo i giudici di legittimità si tratta di una forzatura da parte dei colleghi di merito laddove, adducendo che l’essere i conti intestati alla sorella in disponibilità del fratello è motivo della loro sottoposizione a sequestro, trasforma il motivo in determinazione, incidendo pertanto sull’oggetto della richiesta cautelare in senso estensivo . Per questo il ricorso della donna viene accolto dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 ottobre – 18 dicembre 2012, n. 49093 Presidente Fiale – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Chieti, con ordinanza del 16 febbraio 2012, ha parzialmente respinto l'istanza di riesame di T.P. avverso decreto di sequestro preventivo ex articoli 322 ter c.p.p. e 143, comma 1, l. 244/2007 emesso in data 26 gennaio 2012 dal gip del Tribunale di Lanciano in un procedimento relativo ai reati di cui agli articoli 4 e 5 d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74 in cui era indagato in qualità di titolare dell'omonima impresa individuale il di lei fratello Tr.Pi. , sequestro posto tra l'altro su quattro conti correnti intestati alla istante. Avendo la T. prospettato la illegittimità del decreto nella parte in cui colpisce i conti correnti a lei intestati, il Tribunale - ritenendo di avere, data la natura interamente devolutiva del gravame, il potere di sottoporre a nuovo scrutinio l'atto di impulso del Pubblico Ministero e di modificarne e integrarne la struttura logica nei termini ritenuti meglio rispondenti allo scopo perseguito dall'organo di accusa S.U. 26 giugno 2008 n. 25932 - accoglieva parzialmente l'istanza integrando il provvedimento del gip nel senso che la sottoposizione a sequestro è determinata dalla circostanza che i conti correnti intestati alla sorella siano nella disponibilità del fratello, in quanto su di essi Tr.Pi. ha delega a suo nome, disponendo il dissequestro di Euro 2861 su uno dei conti perché la somma concerne le pensioni di cui la T. è intestataria e correggendo un errore materiale su un numero di un conto corrente tra quelli sequestrati. 2. Contro l'ordinanza ha presentato ricorso T.P. denunciando inosservanza delle norme sostanziali e processuali nonché vizio motivazionale, per essersi il Tribunale erroneamente sostituito sia al Pubblico Ministero sia al gip. Il Pubblico Ministero infatti aveva chiesto di sequestrare i conti correnti intestati all'indagato indicati nella informativa della Guardia di Finanza del 6 dicembre 2001 è vero che l'informativa conteneva anche l'elenco dei conti correnti intestati alla sorella dell'indagato, ma la richiesta riguardava solo quelli intestati a lui. Lo stesso gip aveva rilevato che il Pubblico Ministero non aveva chiesto il sequestro dei beni intestati ai familiari. La giurisprudenza invocata dal Tribunale, poi, gli consente solo di modificare le ragioni non coincidenti con quelle che sorreggono il decreto di sequestro, ma non di modificarne l'oggetto. In realtà, il sequestro dei conti della ricorrente non era stato chiesto dal Pubblico Ministero e di conseguenza non era stato concesso dal gip, sebbene per errore nell'elenco dei conti correnti sequestrati fossero stati inclusi anche quelli della sorella dell'indagato. In subordine al predetto motivo, la ricorrente denuncia, sempre per inosservanza della legge penale sostanziale e processuale, che per il reato di cui al capo A della imputazione art. 4 d.lgs. 74/2000 non poteva essere disposto il sequestro, e che per quello di cui al capo B manca collegamento tra il reato e la cosa sequestrata, non risultando provata la riconducibilità delle somme depositate sui conti della ricorrente alla asserita attività illecita del di lei fratello. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. La natura interamente devolutiva del riesame del sequestro preventivo riconosciuta dalla giurisprudenza invocata dal Tribunale comporta l'investimento in capo a questo di un potere di correzione e di integrazione relativo alle ragioni da porre a sostegno della cautela, ma non consente di modificare l'oggetto della cautela stessa, che non può essere determinato d'ufficio ma deve corrispondere alla richiesta del Pubblico Ministero. La pienezza di cognizione del Tribunale, infatti, attiene alla motivazione della cautela, e quindi all'identificazione degli elementi che la giustificano, utilizzando anche fatti storici emergenti dagli atti ma non indicati nella motivazione e ponendo a base della concessione della cautela anche esigenze diverse da quelle originariamente addotte oltre alla già citata S.U. 26 giugno 2008 n. 25932, cfr. S.U. 26 giugno 2008 n. 25933 e Cass. sez. II, 9 marzo 2007 n. 12910 . Tutto ciò evidentemente non significa potere di incidenza sul petitum, ovvero superamento dei confini del ruolo di giudicante per introdursi nelle scelte del requirente. Nel caso di specie, è indiscusso che il sequestro preventivo è stato chiesto sui conti intestati all'indagato, ma è stato eseguito anche su conti intestati alla di lui sorella, in questa sede ricorrente. Facendo perno sul proprio potere di integrare il provvedimento quanto alle ragioni che lo sostengono, il Tribunale ha però effettuato una chiara forzatura, e una illegittima soluzione di continuità tra il potere di integrare le ragioni, esercitato, e l'ulteriore contenuto dell'ordinanza impugnata, laddove, adducendo che l'essere i conti intestati alla sorella in disponibilità del fratello è motivo della loro sottoposizione a sequestro, trasforma il motivo in determinazione la loro sottoposizione a sequestro è determinata dalla circostanza che essi siano da ritenersi nella disponibilità dell'indagato , incidendo pertanto sull'oggetto della richiesta cautelare in senso estensivo. L'ordinanza deve, dunque, annullarsi senza rinvio, con caducazione consequenziale anche del decreto originario di sequestro, limitatamente alla parte in cui dispone il sequestro dei conti correnti intestati alla ricorrente, dei quali si deve procedere alla restituzione all'avente diritto. Devono altresì effettuarsi gli incombenti di cui all'articolo 626 c.p.p. a cura della Cancelleria. P.Q.M. Annulla senza rinvio la ordinanza impugnata ed il decreto di sequestro limitatamente ai conti correnti intestati a T.P. , dei quali ordina la restituzione all'avente diritto. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 626 c.p.p