Tanta droga vuol dire potenziale attività di spaccio

I modesti episodi di cessione e la verosimile” destinazione della sostanza all’uso personale o di gruppo non bastano. La considerevole quantità della sostanza stupefacente può essere legittimamente reputato sintomo sicuro di una notevole potenzialità diffusiva dell’attività di spaccio.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 49033/2012, depositata il 17 dicembre. Il caso. Su richiesta congiunta dell’imputato e del p.m., il Tribunale disponeva l’applicazione della pena di un anno di reclusione e 4mila euro di multa, con la concessione della sospensione condizionale della pena, in merito all’imputazione di detenzione ai fini di spaccio di circa 616 g. di marijuana. Per il tribunale si tratta di piccolo spaccio . A proporre ricorso per cassazione è il procuratore generale che lamenta l’errata applicazione dell’attenuante della lieve entità dei fatti accertati. Ma la quantità della droga è rilevante. La Corte di Cassazione, ritenendo fondato il ricorso del procuratore generale, sostiene che le circostanze sottolineate dai giudici di merito – quali i modesti episodi di cessione e la verosimile” destinazione della sostanza all’uso personale o di gruppo – sono in palese contrasto con la circostanza obiettiva costituita dalla rilevante quantità di sostanza stupefacente rinvenuta in possesso dell’imputato circa 616 grammi di marijuana. Sussiste una notevole potenzialità diffusiva dell’attività di spaccio. In pratica, rileva la Corte, ove la quantità della sostanza stupefacente sia considerevole, il dato ponderale può essere legittimamente reputato sintomo sicuro di una notevole potenzialità diffusiva dell’attività di spaccio , idonea, quindi, ad escludere l’applicabilità della circostanza attenuante del fatto di lieve entità Cass., n. 34331/2009 .La sentenza impugnata viene pertanto cassata.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 novembre – 17 dicembre 2012, n. 49033 Presidente Brusco – Relatore Dell’Utri Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza resa in data 2.12.2011, il Tribunale di Urbino ha disposto l'applicazione, nei confronti di C.N. , su richiesta congiunta dell'imputato e del pubblico ministero, della pena di un anno di reclusione e di Euro 4.000,00 di multa, con la concessione della sospensione condizionale della pena, in relazione all'imputazione di detenzione, a evidenti fini di spaccio, di circa 616 g. di marijuana. Fatto commesso in omissis . Avverso detta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione il procuratore generale presso la corte di appello di Ancona, rilevando la violazione dell'art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309/90, avendo il giudice a quo erroneamente riconosciuto il ricorso della circostanza attenuante della lieve entità dei fatti accertati, pur in presenza di una considerevole quantità di sostanza stupefacente detenuta dall'imputato pari a oltre 600 grammi di marijuana , tale da rendere incongrua, e conseguentemente illogica, la motivazione del provvedimento impugnato. Sulla base di tale motivo di ricorso, il procuratore generale presso la corte territoriale ha invocato l'annullamento dell'impugnata sentenza con l'adozione di ogni opportuno provvedimento consequenziale. Considerato in diritto 2. - Il ricorso è fondato. A sostegno della qualificazione del fatto come caratterizzato da lieve entità', ai sensi dell'art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309/90, il Tribunale di Urbino ha evidenziato come le circostanze dell'arresto, i modesti episodi di cessione accertati e la verosimile destinazione della sostanza stupefacente in sequestro, almeno in parte, all'uso personale o di gruppo”, inducono a ritenere che i fatti per cui si procede non eccedano comunque i limiti del cosiddetto piccolo spaccio . Tale valutazione appare tuttavia, a giudizio di questa corte, in palese contrasto con la circostanza obiettiva costituita dalla rilevante quantità di sostanza stupefacente rinvenuta in possesso dell'imputato pari ad oltre 600 grammi di marijuana quantità di per sé tale da escludere che le sfuggenti circostanze sottolineate dal giudice del merito relative alle occorrenze dell'arresto ai modesti episodi di cessione e alla verosimile” destinazione della sostanza all'uso personale o di gruppo possano valere a superare i ben più consistenti profili di contraddizione tra il significativo rilievo del valore ponderale dello stupefacente sequestrato e la nozione di piccolo spaccio” individuata dal tribunale. Sul punto, varrà richiamare il principio già sancito da questa corte, secondo cui il comportamento preso in considerazione dall'art. 73, comma 5, del d.p.r. n. 309/90, in tema di violazione delle norme sulle sostanze stupefacenti, è quello caratterizzato da una ridotta valenza offensiva. Al riguardo, al fine di valutare se il fatto sia di lieve entità” al giudice è richiesto di prendere in esame tutti gli elementi indicati nella norma, tanto quelli concernenti l'azione mezzi, modalità e circostanze della stessa , quanto quelli che attengono all'oggetto materiale del reato quali le caratteristiche qualitative e quantitative della sostanza stupefacente , dovendo negare la sussistenza della circostanza di cui al comma 5 del richiamato art. 73 anche quando la ricorrenza di uno soltanto degli elementi indicati conduca a escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità, e potendo viceversa addivenire alla diminuzione della pena quando accerti l'esistenza, nell'azione concretamente posta in essere, anche di un solo elemento positivo tra quelli menzionati, sempreché non sia contrastato da alcuno degli altri previsti cfr. Cass., n. 8857/1998, Rv. 212005 . In particolare, se ò vero che ai fini della verifica circa la sussistenza della fattispecie attenuata di cui al richiamato art. 73, comma 5, il giudice di merito deve di regola compiere una valutazione complessiva del fatto contestato, da condursi sulla base dei parametri di riferimento specificamente indicati nella norma e cioè i mezzi, le modalità e le circostanze dell'azione, oltre alla quantità e qualità della sostanza , d'altro canto, ove la quantità della sostanza stupefacente sia considerevole, il dato ponderale può essere legittimamente reputato sintomo sicuro di una notevole potenzialità diffusiva dell'attività di spaccio, come tale idonea ad escludere l'applicabilità della circostanza attenuante del fatto di lieve entità cfr. Cass., n. 34331/2009, Rv. 245199 Cass., n. 6394/1999, Rv. 213455 . Sulla base di tali premesse, deve dunque ritenersi che i profili di illogicità e, in ogni caso, l'insufficiente motivazione indicata dal giudice del merito a sostegno del provvedimento in esame impongano l’accoglimento del ricorso proposto dal procuratore generale distrettuale, con il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la successiva trasmissione degli atti al Tribunale di Urbino. P.Q.M. la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Urbino.