Va verificato il danno alla massa creditoria, al momento del fallimento, al fine della sussistenza della bancarotta infragruppo per distrazione

E’ necessario, per ritenere integrato il delitto di bancarotta per distrazione, che si dia conto della idoneità dei comportamenti distrattivi a recare offesa agli interessi dei creditori avendo riferimento al momento della apertura del fallimento e, tenuto conto del rapporto di gruppo e con valutazione ex ante, che i benefici indiretti per la società fallita siano inidonei a compensare gli effetti immediatamente negativi della operazione, sì da incidere sulle ragioni dei creditori della società.

Distrazione nelle operazioni infragruppo. Sempre maggiore rilevanza assume la valutazione, quali operazioni infragruppo, di condotte astrattamente riconducibili allo schema della bancarotta per distrazione penalmente rilevante. Accade di frequente infatti che apertasi una procedura concorsuale si verifichi che gli amministratori della società fallita hanno realizzato atti dispositivi o comunque trasferimenti di risorse a favore di altra società del gruppo, offensivi degli interessi dei creditori della società poi divenuta insolvente e come tali idonei ad integrare fatti di bancarotta patrimoniale per distrazione. Preliminarmente allora, vertendosi in materia penale ancorata ai canoni costituzionali di legalità e tassatività, parrebbe necessario identificare normativamente il concetto di gruppo” penalmente rilevante. Tuttavia, se il nostro legislatore da tempo ha riconosciuto rilevanza giuridica alla esistenza di aree di aggregazione tra imprese caratterizzate da una unitarietà di indirizzo gestionale e organizzativo si vedano da ultimo gli artt. 2497 e ss c.c. non si rinviene, per contro, nel nostro diritto positivo l’esatta perimetrazione e definizione del concetto di gruppo di società. Verosimilmente trattasi non di vuoto normativo, ma di precisa opzione del legislatore di non contenere entro rigide e spesso inadeguate formule normative il libero esercizio della facoltà di iniziativa imprenditoriale garantita dall’art. 41 Cost. Il legislatore penale non si è poi mai occupato direttamente della questione se non con la modifica del D.lgs. n. 61/2002 apportata alla fattispecie della infedeltà patrimoniale di cui all’art. 2634 c.c. E’ dunque compito dell’interprete, in primis, delineare il concetto penalisticamente rilevante di gruppo e, in secondo luogo, verificare quale conseguenza l’esistenza di tale situazione determini in ipotesi di condotte astrattamente riconducibili alla fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione. Secondo, infatti, l’impostazione giurisprudenziale tradizionale non può in alcun modo escludersi la configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione nel caso di trasferimento ingiustificato di beni da una società in stato di insolvenza ad altra società del medesimo gruppo, che pure si trovi in difficoltà economiche Cass. Pen., Sez. V, 04 dicembre 2007, Spedicati . Detta impostazione giurisprudenziale si fonda sull’assunto che il gruppo di imprese sia concetto di natura essenzialmente aziendalistica ed economica e non scalfisca ed incida sul principio dell’autonoma personalità giuridica di ogni società, pur facente parte di un gruppo. Rilevanza penalistica del gruppo e teoria dei vantaggi compensativi. In tale contesto è stata l’elaborazione dottrinale ad iniziare a riconoscere rilevanza all’interesse di gruppo, come strumento per individuare quella sorta di corrispettivo solo apparentemente, dunque, carente della operazione economica posta in essere dalla società poi fallita tale da far venire meno la stessa sussistenza del fatto tipico di bancarotta fraudolenta. Detto interesse deve identificarsi e coincidere, al fine di escludere la sussistenza del delitto di bancarotta, con l’interesse dei creditori della società, nel senso che la società, dalla operazione posta in essere, deve aver conseguito dei vantaggi compensativi, tradottisi in utilità patrimoniali tangibili, conseguenti alla appartenenza al gruppo. Per prima sin dagli anni 70 è stata la giurisprudenza civile, invero, a riconoscere come determinati atti compiuti in apparente pregiudizio di una società del gruppo per favorirne altra, trovassero giustificazione nel conseguimento dell’interesse del gruppo, da intendersi come veicolo mediato per il conseguimento dell’oggetto sociale delle sue singole società componenti. La c.d. teoria dei vantaggi compensativi ha poi ottenuto riconoscimento nel diritto positivo con l’introduzione degli artt. 2497 e ss. c.c., che direttamente riconoscono l’esistenza di un interesse di gruppo, disciplinando normativamente gli effetti del suo perseguimento. La giurisprudenza penale, per contro, si è sempre dimostrata più restia ad accogliere le soluzioni dottrinali, nel dubbio, non sciolto, se accogliere una impostazione rigorosa con una valutazione ex post del realizzarsi di detti vantaggi compensativi, ovvero ex ante , cioè al momento in cui l’operazione infragruppo venne posta in essere. A superare le rigidità della giurisprudenza penalistica pare aver fornito un contributo, seppur indiretto, la novella del D.lgs. n. 61/2002, che ha esplicitamente dato rilevanza al concetto di gruppo nella fattispecie della infedeltà patrimoniale, chiarendo come non sia ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo se compensato da vantaggi conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall’appartenenza al gruppo . Contributo indiretto in quanto la giurisprudenza ha immediatamente chiarito come l’effetto innovativo della novella fosse limitato alla fattispecie della infedeltà patrimoniale, stante la diversa oggettività giuridica di tale reato rispetto al delitto di bancarotta fraudolenta sul punto vedasi la recentissima Cass., Sez. I, 13 dicembre 2012, n. 48327 , in Diritto e Giustizia, 14 dicembre 2012 . Il caso in esame teoria dei vantaggi compensativi e necessaria valutazione ex ante. In tale contesto si inserisce il caso in esame in cui la Suprema Corte è chiamata a valutare la penale rilevanza della condotta di amministratori di una società che avevano stipulato importanti contratti di mutuo con istituti di credito, onde finanziare altre società appartenenti al gruppo. La Corte di Appello di Firenze aveva affermato la penale rilevanza delle condotte evidenziando come, non rientrando l’attività di finanziamento a terzi nell’oggetto sociale della società poi fallita, la materiale dazione delle somme ottenute a mutuo ad altra società del gruppo rappresentasse a tutti gli effetti condotta distruttiva, a nulla rilevando la possibilità che dette somme potessero essere poi restituite, integrando tale evenienza, al più, la riparazione del danno subito, ma non certo una eliminazione, retroattivamente efficace, degli atti distrattivi compiuti. L’impostazione rigoristica della Corte di Appello fiorentina viene censurata con conseguente annullamento sotto un duplice profilo dagli Ermellini. In primo luogo, evidenziano i Giudici della V Sezione, deve verificarsi accertamento omesso dal giudice di secondo grado se il trasferimento di risorse infragruppo non abbia ingenerato un vantaggio complessivo del gruppo idoneo a compensare integralmente gli effetti immediatamente negativi della operazione. La valutazione se i benefici indiretti – derivanti dalla appartenenza al gruppo – per la società fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente ed integralmente gli immediati effetti negativi sì da rendere l’operazione incapace di incidere dannosamente sulle ragioni dei creditori della società è operazione da compiersi con valutazione ex ante , avendo dunque a riferimento il punto di vista al momento in cui l’operazione venne posta in essere. Detta valutazione, da operarsi, come anticipato, ex ante , deve, però, avere a riferimento la situazione obbiettiva al momento della dichiarazione di fallimento, o quantomeno della sopravvenuta insolvenza, non potendo, dunque, ritenersi distruttiva la condotta la cui portata pregiudizievole possa essere annullata per effetto di una attività di segno inverso capace di reintegrare il patrimonio prima della dichiarazione di fallimento. La condotta – prosegue la Corte – al fine di integrare il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione deve arrecare pregiudizio ai creditori della società fallita, con riferimento al momento della dichiarazione di fallimento e non al momento ed alla data di commissione della condotta incriminata. Assolutamente condivisibile dunque il richiamo garantista della Suprema Corte, che non solo riconosce definitivamente penale rilevanza alla teoria dei vantaggi compensativi, ma individua espressamente la necessità di operare una valutazione ex ante dei benefici indiretti conseguiti, avendo riferimento alla situazione che si verifica non al momento in cui l’operazione stessa viene posta in essere, ma al momento della pronunzia della sentenza dichiarativa di fallimento, essendo evidente come, assai di frequente, la portata pregiudizievole di una condotta sia annullata da atti successivi che elidono ogni concreto danno per i creditori.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 novembre - 17 dicembre 2012, numero 49044 Presidente Ferrua – Relatore Palla Fatto e diritto C.A. , C.P. e l'Avv. S. Salvatore, nell'interesse del Fallimento della Fratelli P. s.p.a., dichiarato dal Tribunale di Lucca il , in persona del curatore M.L. , parte civile costituita, ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze in data 4.11.10 con la quale, in parziale riforma di quella in data 7.7.08 del Tribunale di Lucca, C.P. , C.A. , A.P. , Ca.Fr.Pa., R.R. e F.G., gli ultimi tre sono stati assolti dai fatti distrattivi loro ascritti per non aver commesso il fatto per A.P. è stata annullata la sentenza di primo grado e gli atti relativi alla sua posizione sono stati trasmessi al P.M. di Lucca per C.A. e C.P. è stata ritenuta la responsabilità limitatamente ai fatti distrattivi riguardanti i due mutui, del Banco di Sardegna di Livorno, per complessivi 50 miliardi di lire, con assoluzione dalle rimanenti imputazioni di cui agli articolo 216-223 l.fall., per insussistenza dei fatti, e rideterminazione della pena per C.A. , previa concessione di circostanze attenuanti generiche con il criterio della prevalenza, in anni due di reclusione - pena dichiarata interamente condonata - per C.P. in anni tre e mesi sei di reclusione - pena dichiarata condonata nella misura di anni tre -. C.A. deduce, con il primo motivo, violazione dell'articolo 606, comma 1, lett.b ed e c.p.p. dal momento che la sentenza impugnata, escluso che la C. Grani s.numero c. - capofila di un vasto gruppo di società del settore pastificio - dopo aver proceduto all'acquisto della Molino P., avesse come scopo il depauperamento di quest'ultima ed il suo utilizzo come mezzo per accedere a nuovi finanziamenti bancari, aveva, in modo apodittico e oscuro, ritenuto di natura distrattivi le condotte oggetto dell'unica imputazione residua, quella relativa al trasferimento dalla Molino P. alla C. Grani delle somme rispettivamente di 30 miliardi di lire nel 1990 e di 10 miliardi di lire nel 1992, ottenute in seguito alla sottoscrizione di due mutui con il Banco di Sardegna di Livorno, solo perché le predette dazioni materiali non furono accompagnate da individuabili presupposti giuridici, ad esempio possibili contratti, che a quelle dazioni dessero causa”. I giudici di appello - lamenta la difesa del ricorrente - non avevano ritenuto sufficientemente provate, e dunque non sufficienti ad escludere la distrazione, le ricostruzioni contabili fornite dalla difesa di C.P. secondo cui tali uscite di denaro dalla Molino P. sarebbero state compensate da altrettante poste attive a favore dello stesso, individuate, per la prima cessione da 30 miliardi di lire del 1990, nella pressoché contestuale cessione di un credito vantato dalla C. Grani nei confronti dell'ENIAL Ente governativo algerino e, per la seconda cessione da 10 miliardi del febbraio del 1992, nel contestuale versamento di 20 miliardi di lire da parte della C. Silos, altra società del Gruppo C Contraddittoriamente, la sentenza impugnata aveva riconosciuto, da un lato, la possibilità di un collegamento tra il complesso di dette operazioni - che, valutate nell'ottica del gruppo di imprese, che la stessa sentenza dichiarava apertamente di condividere, e dei vantaggi compensativi, si era risolto in positivo per 10 miliardi di lire a favore della P. dalla seconda operazione e per due miliardi di lire dalla prima -, salvo poi concludere per l'irrilevanza di tale collegamento ai fini della qualificazione come distrattive delle due uscite di denaro dalla P., non prima di aver però affermato che la gestione dell'insieme delle società era finalizzata non tanto al risultato economico di ciascuna di esse quanto al risultato complessivo, riassunto dall'andamento della C. Grani . Era stato lo stesso curatore fallimentare della Fratelli P. a rilevare che, alla fine del 1993, nella società era entrato più denaro di quanto ne fosse uscito per operazioni di finanziamento nei confronti delle società del gruppo, ciò a riprova del fatto che le varie società venivano gestite unitariamente e le risorse finanziarie trasferite dall'una all'altra a seconda delle necessità di cassa. Poiché dunque il risultato delle quattro operazioni era stato ampiamente positivo - concludeva sul punto il ricorrente - andava esclusa la sussistenza della contestata ipotesi distrattiva. Con il secondo motivo si deduce violazione dell'articolo 606, comma 1, lett.b ed e c.p.p. in quanto la Corte fiorentina, contraddittoriamente, aveva escluso la responsabilità di A.P. , amministratore delegato della Fratelli P., in mancanza di prova che il medesimo fosse stato partecipe delle operazioni bancarie, attribuibili ad altri soggetti qui non giudicati”, dirette a far pervenire alla C. Grani la disponibilità delle somme aveva premesso che le ragioni che avevano condotto alla assoluzione dell'A. valevano anche per C.A. , ma aveva però ritenuto la responsabilità di quest'ultimo in quanto sostanziale beneficiario, attraverso la C. Grani della quale era socio assieme al fratello P. , degli atti distrattivi delle somme appartenenti alla P., pur attribuendo a C.P. la volontà primaria di quegli atti”. Senonchè - evidenzia il ricorrente - era emerso che C.A. , nell'ambito della s.numero c. di cui era socio di minoranza non aveva alcun ruolo nelle decisioni di politica aziendale, né era solito partecipare ai c.d.a. della P., all'interno della quale era rimasto uno sconosciuto, fino ad entrare in contrasto con il fratello P. e dimettersi dal ruolo di consigliere il 21 luglio del 1992, così come da altre società del gruppo, tanto che lo stesso C.P. aveva escluso qualsiasi responsabilità del fratello A. , rivendicando a sé ogni potere decisionale. C.P. deduce - con il primo motivo - violazione dell'articolo 606, comma 1, lett.b ed e c.p.p. dal momento che la Corte di appello non aveva considerato che la cessione del credito vantato nei confronti dell'ENIAL, che la C. Grani aveva effettuato il 12.11.90 ed interamente riscosso fino al giugno del 1993 era antecedente al versamento dei 30 miliardi di lire in favore della C. Grani, avvenuto il 19.11.90, per cui si era trattato di una cessione valida ed esistente, a prescindere dalla più o meno fedele descrizione indicata nelle scritture contabili, rientrante nell'ottica di quelle operazioni di finanziamento in favore di altri soggetti che possono svolgere le società commerciati, in quanto dotate di capacità giuridica generale. Avendo poi la stessa sentenza impugnata ritenuto la P., la C. Grani e la C. Silos appartenenti ad un medesimo gruppo di imprese, le operazioni incrociate avevano avuto di mira un vantaggio complessivo del gruppo” e non avevano comportato il depauperamento patrimoniale della fallita, né ne avevano posto in pericolo l'integrità patrimoniale, essendosi trattato di pacifici trasferimenti infragruppo rispetto ai quali non assumeva rilevanza l'esistenza o meno di un titolo valido e lecito. Con il secondo motivo si assume che il fatto contestato ben poteva essere inquadrato nello schema della bancarotta fraudolenta impropria da infedeltà patrimoniale. Con il terzo motivo si lamenta la ritenuta sussistenza dell'aggravante ex articolo 219, comma 1, l.fall., applicabile solo ai fatti previsti negli articolo 216, 217 e 218 l.fall. e non a quelli di cui all'articolo 223, comma 1, l.fall., essendo preclusa l'interpretazione analogica ed estensiva del divieto di analogia in malam partem in materia penale. Con il quarto motivo si lamenta l'illogicità dell'avere la Corte di appello ritenuto l'aggravante del danno di rilevante gravità pur essendo gli effetti della distrazione, ove effettivamente consumatisi, stati rimossi dal versamento di somme di denaro ovvero da cessioni di credito per importi addirittura superiori in favore della fallita e prima del fallimento. Con il quinto motivo, infine, si lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche, pur trattandosi di soggetto incensurato e che aveva tenuto un buon comportamento processuale. La parte civile, con il primo motivo, deduce violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. c c.p.p. per avere la sentenza impugnata proposto e seguito una prospettiva critica e distruttiva, senza farsi però carico di verificare la fondatezza dell'accusa in una prospettiva critica ricostruttiva, sulla base delle risultanze acquisite, la cui valenza probatoria era rimasta sostanzialmente trascurata. La sentenza avrebbe dovuto riconsiderare i rapporti intercorsi tra la Fratelli P. e le altre società del cd. Gruppo C. ed i rapporti tra la prima e gli istituti bancari per valutare se la rilevante mole di operazioni infragruppo commerciali e finanziarie non fosse mai stata compiuta come propriamente pertinente e funzionale agli interessi della fallita Fratelli P. e se in tali operazioni non fosse ravvisabile il carattere distrattivo/dissipatorio, anche alla luce del disastroso risultato finale cristallizzato dal fallimento della P Inoltre - prosegue la parte civile ricorrente - se pure era risultata predominante la figura di C.P. , da ciò non poteva derivarne l'esclusione della corresponsabilità degli amministratori di diritto nelle scelte ed attività gestionali, così come quella dei sindaci per quanto di loro competenza. Quanto agli anticipi finanziari e alle obbligazioni di varia natura, la sentenza non aveva colto il senso della contestazione, derivante dalle relazioni del curatore che avevano riferito dei rapporti finanziari ed economici intercorsi tra la fallita e le altre società del gruppo C., consistiti in anticipi finanziari di varia natura, richiesti e concessi dalla fallita secondo i divisamenti dei C. e non esattamente per e nell'interesse della Società Fratelli P.”, tanto che la sentenza di primo grado aveva ricondotto il peggioramento della situazione della Fratelli P. proprio alla natura ed ai contenuti dei rapporti della fallita con le altre società dei C. per effetto di scelte gestionali orientate da interessi di quelle e/o del gruppo C., piuttosto che della Società Fratelli P Il vero scopo dei C. - prosegue la parte civile - all'origine dell'acquisto da parte della Grani s.r.l. delle quote della Fratelli P. pagate un prezzo doppio rispetto al valore nominale delle quote , era lo sfruttamento effettivo e lo svuotamento della Società Fratelli P., essendo stato precipuo interesse di C.P. privilegiare gli obiettivi delle altre società del gruppo rispetto a quelli della Fratelli P., implicazione che era sfuggita nella deliberazione della sentenza impugnata, i dati macroscopici essendo tali da escludere ogni necessità di analisi in dettaglio della serie delle innumerevoli operazioni intercorse e dei soggetti tra i quali erano intercorse. Inoltre, i giudici di appello, pur avendo riconosciuto che l'acquisto delle partecipazioni non corrispondeva all'interesse proprio della Fratelli P., avevano omesso di verificare la convenienza dell'acquisto, per la fallita, di partecipazioni in società che non avevano mostrato una propria consistenza patrimoniale. Quanto alla posizione degli amministratori e dei sindaci rispetto alle vicende relative ai mutui ottenuti dal Banco di Sardegna, la distinzione operata dalla Corte di merito tra deliberazioni di procedere alla stipula dei mutui e trasferimento delle somme appariva inconsistente per gli effetti considerati nel caso di specie, sia perché comune esperienza mostra che non si chiede un mutuo senza uno scopo di destinazione della somma ottenuta e che l'ottenimento del mutuo sta all'esito di una pratica che non si risolve in un unico atto istantaneo, sia perché non può seriamente credersi che gli amministratori ed i sindaci non fossero informati e nei diversi ruoli concorrenti nelle determinazioni del caso, anche per il rilievo oggettivo delle operazioni nel quadro gestionale”. Con il secondo motivo si deduce violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b c.p.p. con riferimento alla posizione degli amministratori di diritto tra cui A.P. , avendone la sentenza impugnata escluso la responsabilità in assenza di uno spazio di sua esclusiva volizione”, finendo con l'escludere erroneamente la responsabilità dell'amministratore di diritto in conseguenza della responsabilità dell'amministratore di fatto. Con il terzo motivo si deduce violazione dell'articolo 606, comma 1, lett.c c.p.p. per avere erroneamente la Corte di appello, con riferimento alla posizione di A.P. , annullato la sentenza di primo grado, pur ritenendo tale pronuncia frutto dell'errore di aver attribuito all'A. un motivo di appello dedotto invece da R.R. , motivo relativo alla nullità del giudizio per omessa citazione, mentre invece, relativamente alla posizione del R. , la Corte di merito avrebbe dovuto annullare la sentenza di primo grado nella parte concernente la sua sola posizione e disporre la trasmissione degli atti al p.m. Osserva la Corte che il primo motivo dei ricorsi di C.A. e C.P. è fondato, con efficacia assorbente degli altri. È rimasto pacificamente accertato che la società Fratelli P., acquistata il 18.6.90 dalla s.numero c. C. Grani di P. e C.A. , al prezzo - effettivamente corrisposto - di 43 miliardi di lire, è entrata a far parte di un insieme di società interconnesse, operanti nel settore del commercio e della trasformazione dei cereali, denominato - come risulta anche dalla formulazione del capo d'imputazione - Gruppo C., di cui la s.numero c. C. Grani aveva, esclusivamente o maggioritariamente il capitale, e che era da considerarsi una mera illazione che i C. avessero acquistato ad alto prezzo la P. col deliberato intento di svuotarla. Altro dato pacifico è rappresentato dalla gestione dell'insieme delle società, finalizzata, come si esprime la sentenza impugnata, non tanto al risultato economico di ciascuna di esse quanto al risultato complessivo, riassunto dall'andamento della C. Grani e dalla situazione patrimoniale dei due fratelli C. ” i quali, attraverso la società di persone che ne era la capofila, con responsabilità illimitata dei soci, esposti come tali al fallimento assieme alla società, avevano chiaramente manifestato la loro volontà di non creare diaframmi tra la propria sorte economica personale e quella della loro complessiva attività d'impresa”. Ridottesi le condotte distrattive addebitate ai fratelli C. alla sola fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione relativa alle somme di denaro pervenute alla fallita dai mutui ad essa erogati dal Banco di Sardegna, è rimasto incontroverso che i 30 miliardi di lire del primo mutuo sono stati erogati alla P. il 19.11.90 ed i 20 miliardi di lire, del secondo mutuo, nei primi mesi del 1992, ed altresì pacifico è risultato che i 30 miliardi del primo mutuo dopo pochi giorni sono stati tutti trasferiti dalla P. alla C. Grani ed uguale trasferimento è avvenuto per 10 miliardi del secondo mutuo. Poiché non vi sarebbe stato rapporto tra gli esborsi della P. verso la C. Grani e gli introiti della stessa P. per le dazioni di denaro ad essa da parte della stessa C. Grani e da parte della C. Silos, i giudici territoriali hanno ritenuta la natura distrattiva di tali operazioni, per la mancanza di collegamento tra ciò che la P. aveva dato - senza una causa giuridica - e ciò che aveva ricevuto. Oltre a ciò - evidenzia la sentenza di secondo grado – i conti non tornano neppure se si ipotizza che la dazione materiale anteriore, di suo e per la sua mancanza di causa, creasse per il ricevente l'obbligo della restituzione”, dal momento che vi è apparente approssimazione tra i 30 miliardi dati alla P. e i 32 da essa ricevuti, ma i conti non tornano affatto sia aritmeticamente sia soggettivamente per gli altri 10 miliardi dati dalla P. alla C. Grani e per i 20 miliardi dati alla P. dalla C. Silos”, in quanto le poste contabili .danno, come più immediata e sommaria apparenza, che il giro degli scambi di denaro fu di puro sacrificio solo per la C. Silos, che avrebbe dato 20 miliardi alla P. senza ricevere nulla, almeno da essa”. Si trattava quindi di una situazione di dubbio, di incertezza che - afferma la Corte fiorentina – potrebbe forse favorire l'imputato”, ma andava considerato che né le ingenti donazioni patrimoniali né i prestiti di denaro rientravano nell'oggetto sociale della P., per cui non poteva escludersi la distrazione prevista dall'articolo 216 l.fall. perché l'obbligo di restituzione assunto dalla C. Grani e dalla stessa adempiuto, in ipotesi, tramite la C. Silos, non escludeva l'antigiuridicità della condotta in quanto la P. non era tenuta a corrispondere alla C. Grani le somme di denaro in oggetto perché nessun titolo valido e lecito a ciò la obbligava e quindi le materiali dazioni, che di quelle somme fece chi poteva materialmente, abusando del suo rapporto organico con la P. medesima, furono atti distrattivi in quanto - sottolinea la Corte di secondo grado – atti giuridicamente non riferibili alla P., che solo subì gli effetti deteriori di diminuzione del suo patrimonio”, a nulla rilevando l'eventuale successiva reintegrazione di esso, da chiunque compiuta, non in grado di eliminare retroattivamente gli atti distrattivi già compiuti, dovendo in tal caso più propriamente parlarsi di riparazione di un danno già subito dalla P.”. Le conclusioni cui sono giunti i giudici di merito obliterano però i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alla bancarotta fraudolenta per distrazione nell'ambito di società appartenenti allo stesso gruppo imprenditoriale. Perché si possa ritenere integrato il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il trasferimento di risorse infra-gruppo ha rilievo solo se effettuato senza alcuna contropartita economica, da società che versi in gravi difficoltà finanziarie a vantaggio di società in difficoltà economiche, posto che in tale caso nessuna prognosi fausta dell'operazione può essere consentita Cass., sez. 5, 16 aprile 2009, numero 36595 Sez. 5, 7 giugno 2011, numero 37370 . Deve trattarsi di un'operazione di diminuzione patrimoniale senza apparente corrispettivo, la quale - ancorché effettuata a favore di società del medesimo gruppo - integra il reato in esame qualora gli ipotizzati benefici indiretti della fallita non risultino effettivamente connessi ad un vantaggio complessivo del gruppo e non siano idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione compiuta Cass., sez. 5, 25 settembre 2008, numero 4293 A tal fine occorre tenere conto proprio del rapporto di gruppo ed il reato resta escluso se, con una valutazione ex ante, i benefici indiretti per la società fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi, sì da rendere l'operazione incapace di incidere sulle ragioni dei creditori della società Cass., sez. 5, 24 maggio 2006, numero 36764 . È quindi necessario, per ritenere integrato il reato de quo, che il giudice dia conto della idoneità dei comportamenti distrattivi a recare offesa agli interessi della massa dei creditori, in ragione della perdita di ricchezza che gli stessi abbiano determinato e della mancanza di un riequilibrio economico medio tempore Cass., sez. 5, 12 gennaio 2007, numero 523 , non potendo considerarsi integrare il fatto costitutivo del delitto di bancarotta per distrazione un comportamento, ancorché doloso o assertivamente fraudolento, la cui portata pregiudizievole risulti annullata per effetto di un atto o di un'attività di segno inverso, capace di reintegrare il patrimonio della fallita prima della soglia cronologica costituita dall'apertura della procedura fallimentare o, quantomeno, prima dell'insorgenza della situazione di dissesto produttiva del fallimento, posto che il momento cui occorre fare riferimento per verificare la consumazione dell'offesa è quello della dichiarazione giudiziale di fallimento e non già quello in cui sia stato commesso l'atto in ipotesi antidoveroso, con la conseguenza che il pregiudizio ai creditori oggetto di tutela deve essere valutato con riferimento alla dichiarazione di fallimento e non alla data di commissione della condotta incriminatrice Cass., sez. 5, 31 gennaio 2007, numero 3622 . Poiché una tale analisi non è stata compiuta dalla sentenza impugnata, la quale ha ritenuto distrattive le condotte indicate - pur affermando contestualmente che volontà dei C. non era mai stata quella di condurre al fallimento la Fratelli P. - sulla base della sola assenza di una causa giuridica nel trasferimento delle somme oggetto del mutuo ottenuto dalla P. oltre alla considerazione per cui i prestiti di denaro non rientravano nell'oggetto sociale della fallita, senza però considerare, a tal fine, la pur evidenziata esistenza della realtà rappresentata dal Gruppo C. di cui anche la fallita, come la C. Grani e la C. Silos, faceva parte, né trarre alcuna conseguenza dal riequilibrio economico medio tempore intervenuto, secondo la prospettazione della difesa dei fratelli C., nel patrimonio della P. ad opera comunque di società del gruppo, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio - per C.P. - ad altra sezione della Corte di appello di Firenze la quale dovrà attenersi ai principi sopra enunciati previo accertamento della effettività della compensazione avutasi nel patrimonio della fallita in conseguenza delle restituzioni operate medio tempore, sì che l'operazione nel suo complesso possa essere considerata incapace di incidere sulle ragioni dei creditori della fallita Società Fratelli P Quanto a C.A. , invece, al quale sono state concesse le attenuanti generiche con il criterio della prevalenza, l'annullamento è senza rinvio in considerazione dell'intervenuta prescrizione del reato di bancarotta per i fatti - fin qui ricordati - in ordine ai quali è intervenuta condanna, essendo il relativo termine massimo, da computare in anni 15 con riferimento all'articolo 157 c.p. ratione temporis ritenuto operante, decorso, computate anche le relative sospensioni intervenute, a far data dal 4.6.11, mentre per A.P. il termine massimo di prescrizione maturerà il 7.2.15, non essendo a quest'ultimo state concesse le attenuanti ex articolo 62- bis c.p. All'annullamento senza rinvio per C.A. segue, essendo appunto intervenuto l'accoglimento del ricorso del medesimo, l'annullamento della impugnata sentenza per nuovo esame agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello Le considerazioni fin qui esposte non possono che riverberarsi anche nei confronti della parte civile, i cui motivi di ricorso hanno riguardato precipuamente la posizione dei fratelli C. con particolare riferimento all'ipotesi distrattiva ora considerata, infondata dovendo ritenersi anche la doglianza relativa alla posizione degli amministratori e dei sindaci con riferimento alle vicende concernenti i mutui concessi alla fallita dal Banco di Sardegna. A tale riguardo, oltre a presentarsi come privo della dovuta specificità il secondo motivo dedotto, limitandosi parte ricorrente a ritenere dato di comune esperienza che la richiesta di mutuo venga fatta solo allorché sia già nota la destinazione della somma da ottenere, ragion per cui non potrebbe seriamente credersi” che amministratori e sindaci non fossero nella specie stati informati delle determinazioni del caso, non considera la parte civile che in tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell'impresa fallita cd. testa di legno , atteso il diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all'ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell'amministratore apparente, trovare automatica applicazione la riferibilità al medesimo di ogni fatto distrattivo eventualmente accertato, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall'amministratore di fatto cfr. Cass., sez. 5, 19 febbraio 2010, numero 19049 . Da ultimo - e con riferimento al terzo motivo - è priva di interesse concreto per la parte civile la doglianza volta ad ottenere l'annullamento della sentenza, relativamente a R.R. , con riferimento alla violazione della legge processuale che avrebbe riguardato detto imputato e non A.P. , soggetto per il quale è stato invece disposto l'annullamento della sentenza di primo grado con trasmissione degli atti al P.M. di Lucca, in assenza di qualsivoglia prospettazione che da ciò possa derivarne per la parte civile una differente quantificazione del danno da risarcire. Al rigetto del ricorso segue la condanna della parte civile al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata per C.P. con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, limitatamente ai fatti per cui è intervenuta condanna. Annulla senza rinvio per C.A. la sentenza impugnata, limitatamente ai fatti per cui è intervenuta condanna, per essere il reato estinto per prescrizione in accoglimento del di lui ricorso annulla la suddetta sentenza per nuovo esame agli affetti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello. Rigetta il ricorso della parte civile che condanna al pagamento delle relative spese processuali.