Ecco le condizioni per poter invocare il principio dell’affidamento

La circolazione stradale è sicuramente un’attività lecita ma pericolosa che impone ad ogni utente l’adozione di una particolare attenzione tant’è vero che il principio informatore del codice della strada - fissato nel primo comma dell’art. 140 C.d.S. - prevede che gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale .

In altre parole - e, cioè, quelle del primo comma dell’art. 145 C.d.S. - i conducenti, devono usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti. Il doveroso rispetto delle specifiche disposizioni di legge non esime l’utente della strada dal tenere in debita considerazione anche il comportamento altrui e, soprattutto, anche il comportamento altrui imprudente è il terreno elettivo del principio dell’affidamento, la cui concreta applicabilità al settore in esame ha sempre creato numerosi problemi. Ed è proprio questo il tema esaminato dalla quarta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza 14 dicembre 2012, n. 48439. Il caso deciso riguardava un motociclista che era deceduto per effetto di un incidente stradale mentre percorreva un tratto di strada e sorpassava ad una velocità sostenuta di 95 km/h quando il limite era di 50 km/h invadendo la corsia opposta non riusciva ad evitare l’impatto mortale con un’autovettura che stava svoltando alla propria sinistra per entrare nell’area di parcheggio di un negozio. Per il GUP il fatto non sussiste . Orbene, per il giudice per l’udienza preliminare la decisione deve essere quella della dichiarazione di non luogo a procedere a carico dell’automobilista perché il fatto non sussiste la consulenza tecnica non era stata decisiva e, in ogni caso, all’automobilista non poteva essere rimproverata alcuna violazione del codice della strada né il comportamento imprudente del motociclista - alla luce del principio di affidamento - avrebbe potuto essere da lei previsto. Perizia del PM contraddittoria . Ed infatti, secondo il GUP la perizia del consulente tecnico non rendeva sostenibile l’accusa in giudizio dal momento che approdava ad un risultato ipotetico e alternativo o l’imputata effettuava una manovra di svolta in maniera regolare ma con estrema lentezza, ovvero - aveva scritto il consulente - l’imputata aveva anticipato la manovra di svolta e in questo caso la sua condotta sarebbe stata irregolare e colpevole . Per il GUP, quindi, non vi poteva essere certezza della irregolarità della condotta. Senonché, per la Suprema Corte, il giudice dell’udienza preliminare non avrebbe potuto giungere a quella decisione perché avrebbe dovuto guardare agli sviluppi del processo dibattimentale. Ond’è che, pure a voler ammettere la contraddittorietà delle conclusioni alla quali era giunto il consulente tecnico, v’era che quelle conclusioni ben avrebbero potuto essere precisate e chiarite tramite la sua escussione nel dibattimento ed eventualmente l’effettuazione di una perizia, di modo che non può ritenersi acquisita l’impossibilità di acquisire ulteriori dati conoscitivi il dibattimento, quindi, non poteva dirsi superfluo. Le condizioni per invocare il principio di affidamento . In ogni caso, però, per la Corte di Cassazione la decisione del GUP è comunque errata anche in ordine all’applicazione al caso concreto del principio di affidamento. Principio di affidamento correttamente ricostruito dal GUP nei suoi tratti fondamentali, ma applicato senza tener conto di tutte le variabili del caso concreto in punto di prevedibilità della altrui condotta colposa. Ma andiamo con ordine. Innanzitutto, la Suprema Corte ricorda non soltanto che il principio di affidamento trova cittadinanza nel diritto penale, ma anche che quella cittadinanza è giustificata - se non imposta - dai principi costituzionali in tema di responsabilità penale che non può consentire il rischio che taluno possa rispondere dei comportamenti colposi altrui. E ciò nonostante due constatazioni da un lato, il codice della strada contiene norme che rispondono al diverso principio dell’obbligo di impedire l’evento colposo altrui basti pensare all’obbligo di rispettare le distanze di sicurezza evidentemente dettato allo scopo di evitare che da una semplice manovra azzardata del veicolo che ci precede discenda una collisione . Dall’altro lato, poi, quella giurisprudenza, formata sempre sul codice della strada, che afferma la natura colposa del comportamento di chi non adotta contromisure a fronte dell’altrui comportamento imprudente. Nel sistema del codice della strada, quindi, il principio di affidamento risulta temperato poiché deve essere ben riposto . E per essere ben riposto devono ricorrere due requisiti il primo è che l’agente non abbia violato alcuna regola generica o specifica e dunque sia, sotto questo profilo, esente da colpa. Il secondo requisito è, poi, che la condotta altrui fosse imprevedibile e/o inevitabile . Ecco allora che la Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio anche perché il GUP non ha ben valutato l’imprevedibilità l’automobilista avrebbe dovuto prestare particolare attenzione a chi stava effettuando manovre di sorpasso? E poi, quel sorpasso, forse, era per caso consentito in quella tratta di strada e, quindi, prevedibile?

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 novembre - 14 dicembre 2012, numero 48439 Presidente Brusco – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. Il gup del tribunale di Latina ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di P.L. in relazione al reato di cui all'articolo 589, commi le 2, del codice penale perché il fatto non sussiste. La P. era stata chiamata a rispondere di omicidio colposo commesso con violazione delle norme che regolano la circolazione stradale in relazione all'incidente avvenuto il omissis nel quale era deceduto il giovane L.A. . Mentre percorreva la via con direzione la donna effettuava una manovra di svolta a sinistra per entrare in una piazzola di accesso ad un negozio nella stessa direzione, da dietro, sopravveniva ad una velocità di circa 95 km/h il motociclo guidato dal L. che, di fronte all'ostacolo, non riusciva ad impostare una manovra tale da evitare la caduta a seguito della forte azione frenante, cadeva al suolo e riportava serie lesioni per le quali decedeva. Il gup osservava che il sinistro in questione era attribuibile sicuramente alla condotta di guida del L. il quale aveva invaso l'opposta corsia di marcia per superare la fila di macchine che lo precedevano, procedendo ad una velocità quasi doppia rispetto al limite massimo consentitogli e tale da non lasciarsi alcuno spazio utile di manovra in caso di imprevisti di qualunque genere. Il motociclista aveva incontrato sulla sua strada l'autovettura dell'imputata, che egli stava cercando di sorpassare, la quale aveva iniziato una manovra di svolta a sinistra, venendo così ad impegnare il percorso scelto da L. per il sorpasso il giovane non aveva potuto far altro che frenare, perdendo però il controllo del mezzo. Non sussisteva - secondo il gup - concorso di colpa a carico della P. , contestato sotto il profilo della violazione dell'obbligo di prudenza nell'effettuare la manovra di svolta a sinistra. L'incidente era stato ricostruito unicamente sulla base della consulenza del pubblico ministero e non vi erano stati testimoni che avevano assistito e che avrebbero potuto essere escussi. Il consulente aveva concluso in via alternativa, nel senso che o l'imputata effettuava una manovra di svolta in maniera regolare ma con estrema lentezza, ovvero la P. aveva anticipato la manovra di svolta e in questo caso la sua condotta sarebbe stata irregolare e colpevole. Secondo il giudicante tale conclusione rendeva impossibile sostenere l'accusa, stante la contraddittorietà delle due ipotesi non si può infatti attribuire ad un imputato la colpa o di avere eseguito una manovra irregolarmente o di averla eseguita regolarmente ma di essere stato lento evidentemente non vi era certezza che vi fosse stata condotta irregolare. Osservava ancora che l'ipotesi della svolta regolare ma troppo lenta non può costituire violazione di alcuna regola dal momento che la corsia che è stata impegnata troppo a lungo era quella opposta alla direzione di marcia della donna, irregolarmente impegnata dal motociclista che stava viaggiando contromano. Secondo il giudice era stata fatta corretta applicazione del principio di affidamento. 2. Ha presentato ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Latina, denunciando illogicità manifesta di motivazione laddove il gup ha escluso la colpa della P. nel l'effettua re la svolta a sinistra, nonostante la possibilità che la medesima aveva di poter percepire in profondità il motociclista che sopraggiungeva denuncia altresì violazione di legge non essendo stati osservati i limiti della sentenza predibattimentale. 3. Hanno presentato ricorso per cassazione anche le parti civili. Anch'esse sottolineano che nella manovra della P. sussiste un’evidente profilo di colpa per non aver posto in essere tutte le cautele imposte dall'articolo 154 c.d.s. che impone di assicurarsi di poter eseguire le manovre di cambio di direzione senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada siano essi provenienti dall'opposto senso di marcia o da tergo la manovra del L. , se pure certamente imprudente, non era però del tutto imprevedibile in quanto lo stesso era ben visibile, come dichiarato da una teste oculare avrebbe dovuto trovare applicazione il principio di affidamento. Con un secondo motivo deducono la violazione di legge per aver il giudice valutato il merito dell'accusa, oltrepassando i limiti dei poteri che competono al gup nella fase decisionale dell'udienza preliminare. 4. Nell'interesse dell'imputata e del responsabile civile Zuritel spa sono state presentate memorie per resistere ai motivi di ricorso. Considerato in diritto 1. I ricorsi meritano accoglimento. Questa Corte sez. 4, 19.4.2007 numero 26410 rv. 236800 ha già avuto modo di precisare che Anche dopo le modifiche apportate all'articolo 425 cod. proc. penumero dall'articolo 23 L. 16 dicembre 1999, numero 479 l'udienza preliminare ha conservato la sua natura processuale. Il giudice dell'udienza preliminare non può dunque pronunziare sentenza di non luogo a procedere quando l'eventuale insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti appaiano ragionevolmente superabili nel dibattimento, non dovendo egli accertare l'innocenza o la colpevolezza dell'imputato, bensì la sostenibilità dell'accusa nel giudizio . Ed anche di recente sez. 6, 26.4.2012 numero 20207 rv. 252719 è stato ribadito il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale il giudice di legittimità ha il compito di verificare se il giudice dell'udienza preliminare abbia fatto un corretto esercizio del suo potere di prognosi riguardo agli eventuali sviluppi del processo, e, cioè, alla possibilità per il giudizio dibattimentale di offrire elementi di prova ulteriori ovvero di consentire l'acquisizione metodologicamente più affidabile, perché nel contraddittorio delle parti, di elementi in precedenza assunti unilateralmente dati tali da pervenire a risultati conoscitivi che permettano di chiarire la vicenda oggetto del giudizio ed al Pubblico Ministero di sostenere l'accusa ai fini della eventuale pronuncia di condanna. Solo se tale verifica abbia offerto esiti sicuramente negativi, nel senso che se ne sarebbe potuta arguire una superfluità ovvero una inutilità del passaggio del processo alla successiva fase del giudizio dibattimentale, e di tanto il giudice dell'udienza preliminare abbia dato adeguata e logicamente coerente contezza, alla Cassazione resta preclusa ogni possibilità di censura della decisione adottata. Nella presente fattispecie la decisione del giudice di merito non è, ad avviso del Collegio, conforme a tale regola di giudizio. La decisione del Gup si basa infatti sulla ritenuta impossibilità di ricostruire con sicurezza l'incidente, avendo il consulente tecnico formulato due ipotesi circa lo svolgimento della manovra di svolta a sinistra della P. , di cui una almeno escluderebbe ogni responsabilità della donna, nonché sulla ritenuta superfluità del dibattimento in mancanza di testi oculari. Tale ultima affermazione non è, già di per sé, condivisibile le conclusioni del consulente tecnico ben avrebbero potuto essere precisate e chiarite tramite la sua escussione nel dibattimento ed eventualmente l'effettuazione di una perizia, di modo che non può ritenersi acquisita l'impossibilità di acquisire ulteriori dati conoscitivi e non può condividersi l'affermazione circa la ritenuta superfluità del dibattimento. La sentenza risulta peraltro non correttamente motivata anche in relazione al parametro di valutazione del comportamento della P. . Il giudice ha fatto riferimento al principio di affidamento e ha correttamente dato atto dei principi valevoli al riguardo ha ricordato che secondo tale principio, nella circolazione stradale, per la contemporanea e quasi necessaria presenza di più utenti che interagiscono nel medesimo scenario, si impone a ciascuno di essi, oltre che di osservare le regole, anche di poter fare affidamento sull'osservanza delle stesse da parte degli altri che in dottrina è stato rilevato che il principio trova il suo fondamento nella Costituzione che prevedendo la responsabilità penale come personale articolo 27 tutela i cittadini dal rischio di rispondere dei comportamenti colposi altrui e, imponendo il rispetto delle leggi articolo 54 , conferisce a chiunque la legittima a aspettativa che anche gli altri le rispettino ha ribadito che prevedibilità ed evitabilità dell'evento assorbono anche la presumibile osservanza delle regole da parte del co-agente, in quanto la violazione delle regole da parte di questi può rendere di per sé l'evento imprevedibile o inevitabile ha rilevato che, d'altro canto, numerose disposizioni dettate in tema di circolazione stradale sembrano improntate al diverso principio dell'obbligo di impedire l'evento colposo altrui basti pensare all'obbligo di rispettare la distanza di sicurezza, che è evidentemente dettato allo scopo di evitare che da una semplice manovra azzardata del veicolo che ci precede discenda una collisione e che non mancano in giurisprudenza pronunce ove è stato riconosciuto come colposo il comportamento del conducente di un mezzo per il semplice fatto di non aver preso contromisure nel caso in cui altro conducente compisse una manovra azzardata o colposa, evento poi effettivamente verificatosi che anche la Corte di cassazione ha riconosciuto la validità dell'interpretazione più severa del principio in esame statuendo che l'affidamento nell' altrui condotta, se mal riposto, costituisce violazione della regola di prudenza e comporta responsabilità dell'agente. Poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alla prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente Cass. 96/4257 2010/32202 . Ha concluso le sue corrette e puntuali osservazioni rilevando che può dunque dirsi che nella materia in esame il principio dell' affidamento sia, per così dire temperato , in quanto non esime dall'attivarsi per impedire la colpa altrui laddove possibile e che diventa pertanto fondamentale stabilire con un certo grado di certezza, in cosa consista l'affidamento mal riposto e cioè fino a che punto si possa pretendere che l'utente della strada debba vigilare sulle altrui condotte imprudenti, negligenti e comunque colpose la risposta al quesito discende agevolmente da quanto evidenziato, essendo l'applicazione del principio di affidamento subordinata alla sussistenza di due requisiti 1 che l'agente non abbia violato alcuna regola generica o specifica e dunque sia, sotto questo profilo, esente da colpa 2 che la condotta altrui fosse imprevedibile e/o inevitabile. Da tali esatte premesse teoriche ha tratto la conclusione che nella concreta fattispecie in esame entrambi i requisiti fossero soddisfatti, non ravvisandosi alcun elemento da cui far discendere con sufficiente certezza che l'imputata avesse violato qualche regola di prudenza o qualche norma specifica la condotta del L. , che transitava contromano ad una velocità doppia rispetto al limite massimo consentito, aveva, viceversa, le caratteristiche normative della imprevedibilità. Tali conclusioni non sono logiche in quanto trascurano di tenere presente quel presupposto che pure si era richiamato e cioè che il conducente di un veicolo ha l'obbligo di non costituire intralcio od ostacolo per gli altri utenti della strada e dunque anche per coloro che stanno effettuando manovre di sorpasso tanto più, evidentemente, nel caso che il sorpasso fosse in quel tratto di strada consentito, circostanza che la sentenza impugnata non precisa e ancor di più se nel momento in cui l'auto si accingeva a svoltare a sinistra, il motociclista avesse già iniziato la manovra di sorpasso e fosse visibile da parte della P. , attraverso un controllo negli specchietti retrovisori. 2.Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Latina, cui, avendo la parte civile avanzato domanda di liquidazione delle spese, si demanda anche la questione relativa alla regolamentazione delle spese relative al rapporto civile tra la predetta parte civile e l'imputato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Latina per l'ulteriore corso.