Al Sud non c’è lavoro? Può darsi, ma il padre deve comunque mantenere i figli

Le difficoltà nella ricerca del lavoro a seguito del trasferimento in un’altra regione non dimostrano la mancanza di colpa in ordine allo stato di indigenza che ha determinato l’inadempimento degli obblighi imposti al padre separato nei confronti dei figli minori.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 48210/12, depositata il 13 dicembre. Il caso. Un uomo viene condannato in entrambi i gradi di merito per essersi sottratto agli obblighi di assistenza inerenti la qualità di genitore e per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, avendo omesso di versare alla moglie l’assegno mensile stabilito in sede di separazione. L’imputato propone allora ricorso per cassazione, lamentando essenzialmente che egli avrebbe cercato di mantenere rapporti significativi con i figli, ma si sarebbe scontrato con l’ostruzionismo della moglie inoltre non si potrebbe ravvisare alcuna colpa nella sua scelta di trasferirsi da Milano a Messina, con conseguente maggiore difficoltà nella ricerca del lavoro. Il trasferimento in Sicilia non ha alcuna rilevanza. A giudizio degli Ermellini, però, le doglianze del ricorrente non intaccano il giudizio di colpevolezza formulato dai giudici di merito il ricorso, infatti, si limita a evidenziare in modo generico le difficoltà di sistemazione lavorativa a seguito del trasferimento dell’uomo al Sud, senza dimostrare la mancanza di colpa in ordine allo stato di indigenza in cui si sarebbe venuto a trovare e a seguito del quale si sarebbe determinata la condizione di assoluta impossibilità di adempiere gli obblighi nei confronti dei figli minori. Il padre, d’altra parte, non aveva mai chiesto al competente giudice civile la modifica delle statuizione economiche fissate a suo carico, decidendo unilateralmente di sottrarsi ai propri doveri. Ai figli è mancata la figura paterna. A giudizio della S.C., infine, non si rinviene alcuna prova del concreto attivarsi dell’uomo per garantire comunque ai figli la presenza della figura paterna, non essendo sufficienti a tal proposito le generiche evocazioni di segnalazioni fatte all’Autorità giudiziaria, lettere inviate ai figli e richieste di contatto tramite i servizi sociali. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 luglio – 13 dicembre 2012, n. 48210 Presidente/Relatore Milo Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 6 aprile 2011, confermava la decisione in data 30 ottobre 2006 del locale Tribunale, che, tra l'altro, aveva dichiarato R A. colpevole del reato di cui all'art. 570, commi primo e secondo n. 2, cod. pen. - per essersi sottratto agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà di genitore e alla qualità di coniuge e per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori V. e F. , omettendo di versare alla moglie separata e affidatala dei minori, L C. , l'assegno mensile stabilito in sede di separazione dall'ottobre 2000 e in permanenza - e lo aveva condannato, In concorso delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 800,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, con i benefici della non menzione e della sospensione condizionale subordinata al pagamento della provvisionale. Il Giudice distrettuale, dopo avere premesso che la condotta materiale addebitata all'Imputato era pacifica, riteneva che la stessa non poteva ritenersi giustificata dagli allegati atteggiamenti ostruzionistici del coniuge affidatario dei minori e dall'asserito stato di indigenza dell'agente, che sul punto non aveva offerto alcuna prova. 2. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l'imputato, deducendo 1 contraddittorietà della motivazione con precise risultanze processuali, dalle quali emergevano la sua attivazione, nonostante l'ostruzionismo oppostogli dalla moglie separata, per mantenere rapporti significativi con i figli e le difficoltà economiche in cui versava nel periodo oggetto di contestazione 2 violazione della legge penale, con riferimento all'art. 570, comma secondo n. 2, cod. pen., non potendosi ravvisare colpa nella sua scelta di trasferirsi da Milano a Messina, con conseguente maggiore difficoltà nella ricerca di lavoro 3 violazione della legge penale, con riferimento all'art. 165 cod. pen., in quanto le sue precarie condizioni economiche non legittimavano la subordinazione della sospensione della pena all'adempimento civilistico, che non era oggettivamente in grado di onorare. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato. La sentenza impugnata, facendo buon governo della legge penale, riposa su un apparato argomentativo che, in maniera sintetica ma incisiva e logica, da conto delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene. Il formulato giudizio di colpevolezza, con particolare riferimento all'addebito di avere fatto mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, non è posto in crisi dalle doglianze articolate In ricorso, le quali si limitano ad evidenziare in modo peraltro generico, le difficoltà di sistemazione lavorativa che l'imputato avrebbe incontrato a seguito del suo trasferimento da XXXXXX a XXXXXXX, ma non dimostrano lo stato di incolpevole indigenza in cui lo stesso imputato si sarebbe venuto a trovare nell'arco temporale che viene qui in rilievo, sì da determinare quella condizione di assoluta impossibilità ad adempiere l'obbligo di contribuire al soddisfacimento delle primarie esigenze di vita dei figli minori. Né l'imputato, di fronte all'asserita sopravvenuta incapacità reddituale, si è mai fatto carico di sollecitare al competente giudice civile la modifica delle statuizioni economiche fissate a suo carico in sede di separazione, ma ha deciso unilateralmente di sottrarsi ai propri doveri, assumendo, senza fornire adeguata prova, di non potervi fare fronte per assoluta carenza di risorse economiche. Anche l'addebito, oggettivamente pacifico, di non avere coltivato rapporti significativi con i figli non è efficacemente contrastato dal ricorrente, il quale si difende, sostenendo genericamente di essere stato ostacolato in ciò dall'asserto ostruzionismo del coniuge affidatario dei minori, ma si guarda bene dal fornire la prova di un suo concreto attivarsi, per garantire comunque ai figli la presenza della figura paterna, limitandosi ad evocare generiche segnalazioni fatte all'Autorità giudiziaria, lettere inviate ai figli e richieste di contattarti attraverso la mediazione dei servizi sociali. La subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale non impedisce al condannato di invocare e provare, in sede esecutiva, onde evitare la revoca automatica del beneficio, l'eventuale impossibilità ad adempiere per caso fortuito o forza maggiore e al giudice di valutare la fondatezza o meno di tale impedimento. Ne consegue che anche la doglianza articolata su tale punto si rivela, allo stato, infondata. 2. Al rigetto del ricorso segue, di diritto, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.