Fermato vicino casa dell’ex moglie, nonostante il divieto giudiziario: legittimo l’arresto. Obiettivo era perseguitare la donna

Ribaltata la prospettiva tracciata dal Gip, che aveva deciso di non convalidare l’arresto, ritenendo il comportamento dell’uomo non pericoloso. Alla luce del contesto in cui si è verificato l’episodio, l’azione dell’uomo è da valutare come grave perché finalizzata a realizzare atti persecutori nei confronti dell’ex moglie.

Rapporti tesissimi tra coniugi separati. Con tanto di obbligo, nei confronti dell’uomo, di tenersi distante dalla casa e dalla persona dell’ex moglie. Ebbene, questo quadro può avere un enorme ‘peso specifico’ e rendere più grave e più pericoloso il comportamento di ‘resistenza’ tenuto dall’ex marito nei confronti di agenti di polizia, tanto da considerarlo finalizzato allo stalking e da legittimare l’arresto Cassazione, sentenza n. 47985, Sesta sezione Penale, depositata oggi . Contesto. Eppure, secondo il Giudice per le indagini preliminari, l’arresto, eseguito dalla Polizia di Stato, per il reato di resistenza a pubblico ufficiale non era da convalidare. Nessun dubbio, sia chiaro, sull’episodio – con l’uomo che, fermato, su segnalazione della ex coniuge separata, per aver violato l’obbligo di non avvicinarla, alla richiesta degli agenti di andare in caserma aveva reagito divincolandosi e allontanandosi –, ma nessuna possibilità, secondo il giudice, di considerare il comportamento come caratterizzato da una evidente pericolosità . Per una ragione semplicissima la resistenza, pur lieve, alle forze dell’ordine non era grave, perché si inseriva nella volontà di perseguire il proposito di raggiungere la figlia, che non vedeva da mesi . Valutazione limitata . Decisione, quella di non convalidare l’arresto, assolutamente illegittima, secondo il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, che, difatti, propone ricorso in Cassazione, contestando tout court le valutazioni del Gip e ritenendole assolutamente esorbitanti rispetto alle funzioni riconosciute. Tale contestazione viene condivisa anche dai giudici di Cassazione, i quali ricordano che il giudice della convalida deve operare un controllo di mera ragionevolezza e porsi nella stessa situazione in cui ha operato la polizia . Tutto ciò per comprendere se la decisione di procedere all’arresto trovi ragionevole motivo nella gravità del fatto o nella pericolosità del soggetto , senza però poter sostituire una propria differente valutazione . Ma questo principio, secondo i giudici di Cassazione, non è stato rispettato, in questa vicenda, dal Gip. Perché quest’ultimo ha sì correttamente ricostruito i fatti ma ha erroneamente ritenuto che il reato non manifestasse pericolosità , mentre, invece, la resistenza manifestata dall’uomo, nei confronti degli agenti, evidenziava assenza di autocontrollo e, soprattutto, si inseriva nella volontà di realizzare comportamenti persecutori nei confronti della ex moglie. Assolutamente evidente, quindi, la gravità della condotta tenuta dall’uomo, che è stata non colta dal Gip e che ora, però, porta alla conferma definitiva della legittimità dell’arresto.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 novembre – 12 dicembre 2012, n. 47985 Presidente Garribba – Relatore Gramendola Fatto e diritto Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pordenone ricorre per cassazione contro l’ordinanza in data 1/2/2012, con la quale il G.I.P. in sede non aveva convalidato l’arresto di I.P., eseguito dalla Polizia di Stato in ordine al reato di resistenza a pubblico ufficiale. Il predetto era stato fermato dagli agenti operanti, intervenuti su invito di G.M., ex coniuge separata, perché aveva violato l’ordine impostogli dal G.I.P. con ordinanza in data 15/11/2011, di non avvicinarsi al fuggo di residenza o di dimora della stessa e di mantenersi comunque ad una distanza non inferiore ai trecento metri dalla persona offesa, e alla richiesta dei verbalizzanti di seguirla a bordo dell’autovettura di servizio in caserma, reagiva divincolandosi e nell’allontanarsi si toglieva parte dei vestiti che indossava, rimanendo a petto nudo. Riteneva il G.I.P. che il reato non manifestasse quella pericolosità che la condotta criminosa posta in essere evidenziava, giacché la resistenza - pur lieve - alle forze dell’ordine non era grave, perché si inseriva nella volontà di perseguire il proposito di raggiungere la figlia, che non vedeva da mesi, e non erano stati allegati elementi che suffragassero l’esistenza di carichi pendenti. Nell’unico motivo a sostegno della richiesta di annullamento dell’impugnata decisione il P.M. denuncia violazione dell’art. 391/4 cpp., e il vizio di motivazione in riferimento alla valutazione della gravità del fatto e della pericolosità dell’arrestato e censura l’errore del G.I.P. nell’eccedere i limiti della funzione di controllo di legittimità dell’arresto facoltativo in flagranza, che deve limitarsi alla verifica dell’uso ragionevole dei poteri discrezionali riconosciuti dalla legge alla polizia giudiziaria, senza arrivare a sovrapporre la sua valutazione di merito a quella di chi ha compiuto l’arresto al di fuori dei casi di macroscopica sproporzione tra il fatto e la misura. Nel caso in esame il G.I.P. aveva sottovalutato la gravità della condotta criminosa posta in essere dall’indagato che, apponendo resistenza attiva agli operanti, aveva manifestato con il suo comportamento una pericolosità già attestata da un precedente analogo arresto del predetto per la stessa violazione di legge . Il ricorso è fondato. In tema di convalida dell’arresto facoltativo in flagranza, la giurisprudenza di questa Corte è ormai attestata al principio, per cui, ferma la necessità della verifica dei requisiti formali, il giudice della convalida deve operare, rispetto ai presupposti sostanziali della stessa - gravità del fatto e personalità dell’arrestato - un controllo di mera ragionevolezza, per il quale deve porsi nella stessa situazione, in cui ha operato la polizia giudiziaria e verificare, sulla base degli elementi in tale momento conosciutiti e conoscibili, se la valutazione di procedere all’arresto rimanga nei limiti della discrezionalità alla medesima p.g. riconosciuta, e pertanto se trovi ragionevole motivo nella gravità del fatto o nella pericolosità del soggetto, senza però poter sostituire ad un giudizio ragionevolmente fondato una propria differente valutazione ex multis Cass. Sez. I 4/4-31/5/2006 n. 15296 Rv. 234211 . A tale principio nel caso in esame il G.I.P. non si é adeguato, laddove, pur avendo correttamente ricostruito i fatti, che portarono all’arresto dell’indagato, ha erroneamente ritenuto che il reato non manifestasse quella pericolosità, che la reiterazione della condotta posta in essere già nota agli operanti evidenziava, laddove invece la resistenza ai predetti, posta in essere dall’Ivescu con il divincolarsi e con il trascendere in comportamenti, tali da evidenziare la sua assenza di autocontrollo, si inseriva nella volontà di perseguire il proposito delittuoso di cui all’art. 612bis cp., in tal modo palesando tutta la sua gravità. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata senza rinvio con la conseguente declaratoria della legittimità dell’arresto. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, dichiarando legittimo l’arresto.