One shot, one kill: una sola possibilità di godere della sospensione dell'ordine di esecuzione della pena

L'ordinamento prevede e riconosce una unica possibilità di sospensione dell'ordine di esecuzione della pena.

Ad affermarlo è la Prima sezione Penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 47859, depositata il 10 dicembre 2012. Il caso . Il condannato, usufruito dell'ordine di sospensione della pena, emanato ex lege, richiedeva applicazione nei propri confronti di misura alternativa alla detenzione. Ottenuto diniego alla applicazione della misura instava a mezzo del proprio difensore, affinché la Procura emettesse nuovo ordine di sospensione ex lege 199/2010 meglio conosciuta come legge svuota carceri” . La procura richiesta emetteva l'ordine di sospensione. Avverso il provvedimento proponeva ricorso la Procura generale, ottenendo, dalla Suprema Corte l'accoglimento della tesi prospettata La natura dell'ordine di sospensione . Ai fini di stabilire se fosse o meno possibile procedere alla emissione di nuovo ordine di sospensione dell'esecuzione della pena, motivato ai sensi delle disposizioni contenute nella legge 199/2010, la Corte ha dovuto necessariamente interrogarsi sulla natura e sulle conseguenze giuridiche che derivano dall'applicazione della norma codicistica art. 656 c.p.p. . Orbene appare fuori di dubbio che l'ordine di sospensione dell'esecuzione della pena può ex lege essere emesso una sola volta in relazione ad una stessa condanna e che, proprio per la sua struttura, consente al condannato ed al difensore di compiere una scelta circa la misura alternativa di cui richiedere applicazione. Svuota carceri inapplicabile . Una volta che la richiesta non sia stata accolta il Legislatore non pare aver dato spazio a possibilità di una nuova e differente richiesta esperibile in regime di sospensione dell'ordine di esecuzione. La norma speciale, costituita dalla legge 199/2010, è relativa e riguarda ipotesi differenti e distinte rispetto a quelle previste dalla norma generale, avendo riguardo a quei condannati che, non potendo usufruire di altre forme di espiazione alternative alla detenzione, e versando in ipotesi di imminente fine pena sino a diciotto mesi dal termine della stessa possono usufruire di un regime particolare. Se le cose stanno così appare evidente come la scelta del difensore in realtà non sia neppure prevista egli può, ove possibile richiedere la misura alternativa alla detenzione prevista dalla norma generale o, nel caso di possibile applicazione della norma dettata dalla legge 199/2010, il particolare regime detentivo dalla stesa indicato. Effettuata la scelta le conseguenze che da essa deriveranno non potranno essere mitigate o attenuate dall'emissione di un nuovo ordine di sospensione dell'esecuzione della pena che risulterebbe essere, in ultima analisi ed in buona sostanza, un rimedio ad un errata prognosi difensiva. Il condannato, coerentemente con la ratio legis , dovrà dar inizio all'esecuzione della propria pena, attivando poi, successivamente ed a pena in corso, il disposto della legge 199/2010. La soluzione, apparentemente farraginosa, è in realtà del tutto conforma allo spirito ed al dettato legislativo.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 ottobre - 10 dicembre 2012, n. 47859 Presidente Chieffi – Relatore Caiazzo Rilevato in fatto Con ordinanza in data 21.12.2011 la Corte d'appello di Torino dichiarava che l'ordine di esecuzione emesso il 26.10.2011 dal Procuratore generale della Repubblica di Torino nei confronti di F.A. doveva essere sospeso a norma dell'art. 1 della legge 199/2010, e per l'effetto ordinava la scarcerazione del predetto F. . Il F. , condannato alla pena di mesi 2 di reclusione, dopo la sospensione della pena disposta ex art. 656 c.p.p. dalla Procura generale di Torino, aveva chiesto al Tribunale di sorveglianza di detta città di essere ammesso ad una misura alternativa alla detenzione in carcere, ma il Tribunale di sorveglianza aveva respinto la suddetta richiesta. Aveva allora inoltrato istanza di sospensione dell'esecuzione ai sensi della legge 199/2010 al Procuratore generale, il quale gliela aveva respinta. Aveva quindi sollevato incidente di esecuzione davanti alla Corte d'appello che aveva ritenuto ammissibile la seconda istanza, in quanto l'art. 656/7 c.p.p. la sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta non sembrava ostativo all'accoglimento della richiesta del condannato, essendo l'esecuzione della pena presso il domicilio ex legge 199/2010 una misura alternativa, oltre che con diversi presupposti dalla detenzione domiciliare ex art. 47-ter O.P., applicabile solo quando difettano i presupposti per le altre previste dalla legge, e che quindi non poteva essere anteriormente richiesta dal F. . Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazioni il Procuratore generale, chiedendone l'annullamento, sostenendo che non sia possibile sospendere due volte l'ordine di esecuzione e che la procedura di cui alla legge 199/2010 sia alternativa a quella di cui all'art. 656 c.p.p. e rivolta quindi solo a coloro che non possono fruire della più benevola e più ampia possibilità di accedere alle misure alternative secondo la procedura di cui all'art. 656 c.p.p Considerato in diritto Il ricorso è fondato. La legge 26.11.2010 n. 199 disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno non può essere intesa come una seconda possibilità, oltre quella prevista dall'art. 656 c.p.p., di ottenere la sospensione dell'esecuzione al fine di scontare la pena con la speciale misura alternativa prevista dalla suddetta legge. La legge sopra menzionata è stata emanata al fine di ovviare, con una misura temporanea ed emergenziale, al problema del sovraffollamento delle carceri, estendendo il beneficio della detenzione domiciliare a categorie di condannati che, per il disposto dell'art. 656/9 c.p.p., non avrebbero potuto goderne, e in particolare ai condannati ai quali è stata applicata la recidiva prevista dall'art. 99/4 c.p.p L'art. 656 c.p.p., per quanto qui d'interesse, prevede che, se la pena detentiva non è superiore a tre anni, il Pubblico Ministero ne sospende l'esecuzione l'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore, con l'avviso che entro trenta giorni può essere presentata istanza volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative prevista dall'Ordinamento Penitenziario sull'istanza decide il Tribunale di sorveglianza la sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta qualora l'istanza sia stata respinta, il Pubblico Ministero revoca immediatamente il decreto di sospensione dell'esecuzione. Pertanto, è fatto obbligo al Pubblico Ministero, nel caso in cui il Tribunale di Sorveglianza abbia respinto la richiesta di una misura alternativa alla detenzione in carcere, di revocare immediatamente il decreto di sospensione e dar corso all'esecuzione della pena in carcere. L'art. 1 della legge 199/2010 prevede la sospensione delle pene detentive non superiori a dodici mesi ora diciotto mesi solo nel caso in cui il condannato non possa beneficiare di una delle misure alternative alla detenzione in carcere concedibili attraverso l'indicata procedura prevista dall'art. 656 c.p.p., in quanto il comma 3 del detto articolo stabilisce espressamente che la sospensione dell'esecuzione dell'ordine di carcerazione deve essere emesso dal P.M. nei casi previsti dalla stessa legge salvo che debba emettere il decreto di sospensione di cui al comma 5 dell'art. 656 c.p.p. . Quindi, è evidente che se il condannato è nelle condizioni per essere ammesso alle misure alternative alla detenzione in carcere prevista dall'Ordinamento Penitenziario, ha diritto solo alla sospensione prevista dall'art. 656 c.p.p., ed è altresì evidente che, se il beneficio richiesto gli è stato negato dal Tribunale di Sorveglianza in ragione della pericolosità o per altra causa, non potrà usufruire di una seconda sospensione, in attesa che questa volta il Magistrato di sorveglianza valuti se si tratti di un soggetto pericoloso o che comunque se sussistano le condizione per l'esecuzione della pena presso il domicilio l'art. 1/2 lett. d della legge 199/2010 stabilisce che la detenzione presso il domicilio non è applicabile quando vi è la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga ovvero sussistano specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti ovvero quando non sussista l'idoneità e l'effettività del domicilio anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato . Avendo il ricorrente già beneficiato della sospensione dell'esecuzione della pena ex art. 656 c.p.p. ed essendogli stata respinta la richiesta di una misura alternativa dal Tribunale di sorveglianza, non può usufruire di una seconda sospensione della pena, e pertanto l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio. La presente sentenza deve essere comunicata al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Torino per quanto di competenza. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata. Si comunichi al Procuratore generale presso la Corte d'appello di Torino.