Il PM modifica l’imputazione, allora il giudice può esercitare il proprio potere di regressione

La Cassazione dice sì alla regressione nel processo dopo la libera scelta” del PM di modifica dell’imputazione.

In seguito alla modifica della imputazione da parte del PM, in relazione a titoli di reato che prevedono la citazione diretta a giudizio, non è abnorme il provvedimento del GUP con il quale, riqualificato il nomen juris dei reati contestati, si restituiscano gli atti al Pubblico ministero affinché questi proceda alla citazione diretta. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 46772/2012, depositata il 3 dicembre scorso. Le imputazioni sono state modificate. La Corte di Cassazione, con sentenza del 22 novembre 2011, accogliendo i ricorsi del PM e dell’Agenzia delle Entrate, annullava con rinvio al Tribunale di Milano la sentenza di proscioglimento emessa dal GIP dello stesso tribunale, in relazione all’originaria contestazione del reato di truffa. Il GIP, con ordinanza dell’08.06.2012, disponeva la restituzione degli atti al PM per la citazione diretta a giudizio, tenuto conto che, all’inizio dell’udienza preliminare, la parte pubblica aveva modificato le imputazioni, anche in esecuzione della sentenza pronunciata dalla Cassazione diversamente contestando agli imputati reati tributari per i quali non era prevista l’udienza preliminare. Rilevava, infatti, che, nello specifico, non si poneva una questione di competenza o relativa all’art. 627 c.p.p. che prevede che nel giudizio di rinvio non è ammessa discussione sulla competenza attribuita con la sentenza di annullamento , quanto piuttosto, un problema di corretta modalità di esercizio dell’azione penale. In particolare, se nel caso concreto, questa dovesse essere esercitata attraverso il filtro dell’udienza preliminare oppure con citazione diretta, a seconda del titolo di reato, in effetti, contestato. Non vi era, dunque, nessuna incoerenza tra la ripresa dell’udienza preliminare, su rinvio della Cassazione, e la restituzione degli atti al PM in relazione all’avvenuta successiva contestazione di reato che non prevedeva tale udienza, con il conseguente corretto esercizio di un potere attribuito al giudice dall’art. 33 sexies c.p.p. così come modificato dall’art. 47 L. n. 479/1999. Abnormità si, abnormità no? Gli imputati, ricorrendo tutti per cassazione, hanno eccepito, innanzitutto, una violazione delle norme in materia di competenza, essendosi realizzata una indebita regressione del processo fuori dei casi previsti dall’art. 33 sexies c.p.p., in quanto il rinvio della Corte di Cassazione avrebbe allora già costituito una designazione attributiva di competenza non più discutibile, così come previsto dal primo comma dell’art. 627 c.p.p., non ricorrendo, peraltro, le eccezioni previste dalla norma ai sensi dell’art. 25 c.p.p., l’esistenza di fatti nuovi che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi al modificazione della giurisdizione o della competenza di un giudice superiore . In secondo luogo, veniva eccepita la abnormità del provvedimento del GIP, non versandosi in alcuno dei casi di cui all’art. 33 sexies c.p.p Obbligo di corretta qualificazione del nomen juris del reato contestato. La Corte ha dichiarato l’inammissibilità di tutti i ricorsi, affermando che, correttamente, il GUP ha restituito gli atti al PM dopo l’autonoma modifica delle imputazioni effettuata da quest’ultimo, affinché si procedesse alla citazione diretta a giudizio degli imputati, rito proprio dei reati ora contestati. Di contro, ha specificato la Corte, che ove pure un provvedimento del genere fosse illegittimo, non sarebbe, comunque, soggetto ad impugnazione, posto il principio di tassatività di cui all’art. 568 comma 1 c.p.p Oltre ciò, la Corte, richiamando la propria sentenza di rinvio, ha affermato che nella stessa era stato già affrontato il tema del potere del Giudice dell’Udienza Preliminare di riqualificare il fatto contestato, in quanto l’esatta qualificazione del nomen juris è connaturale all’esercizio della giurisdizione , senza avere mai affermato, d’altra parte, la sussistenza di una attribuzione di una competenza funzionale indisponibile del GUP. Pertanto, secondo la Corte di Cassazione il giudice di merito ha legittimamente esercitato un potere di regressione che, ai sensi dell’art. 33 sexies c.p.p. nelle ipotesi in cui ritenga che il reato per cui si procede preveda la citazione diretta , l’ordinamento gli attribuisce. L’atto con cui il giudice dispone la restituzione degli atti non può, dunque, considerarsi abnorme, difettando i requisiti che connotano di abnormità un provvedimento di per sé inoppugnabile l’atto per la sua singolarità si pone al di fuori del sistema organico della legge o, seppur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e non consenta di proseguirlo .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 22 novembre – 3 dicembre 2012, n. 46772 Presidente Agrò – Relatore Citterio Considerato in fatto 1. Con sentenza 22.11.2011 e accogliendo i ricorsi del pubblico ministero e dell'Agenzia delle entrate, questa Corte suprema annullava, con rinvio al Tribunale di Milano per l'applicazione dei principi di diritto enunciati , la sentenza di proscioglimento deliberata dal GIP ambrosiano, ai sensi dell'art. 625 c.p.p., in relazione all'originaria contestazione di cui agli artt. 110, 81 cpv, 640 cpv n. 2 c.p. rivolta a tutti gli imputati D.A. , R. , M. , P. , N. , D.D. , G. . Con ordinanza in data 8.6.12 il GUP di Milano, preso atto che all'inizio dell'udienza preliminare il pubblico ministero aveva modificato le imputazioni sub A, contestando ai suddetti imputati plurime violazioni dell'art. 5 d. lgs. 74/2000 reato che prevede la citazione diretta a giudizio residuava l'imputazione ex art. 4 d.lgs 74/2000, già rivolta in autonomi capi di imputazione ai soli imputati G. e D D. , su sollecitazione della parte civile Agenzia delle Entrate, che aveva posto la relativa questione, disponeva la restituzione degli atti al pubblico ministero per la citazione diretta. Il Giudice argomentava che nella specie veniva in rilievo né una questione di competenza né il disposto dell'art. 627 c.p.p., bensì il tema della corretta modalità di esercizio dell'azione penale, attraverso il filtro dell'udienza penale ovvero la citazione diretta, secondo il titolo del reato per il quale l'azione penale era in concreto esercitata. Nessuna incongruenza, pertanto, tra la ripresa dell'udienza preliminare a seguito dell'annullamento con rinvio e la restituzione degli atti alla parte pubblica in relazione all'avvenuta successiva contestazione di reato che tale udienza non prevedeva, con fisiologico esercizio dei poteri attribuiti al giudice dell'udienza preliminare, nella specie attribuiti dall'art. 33 sexies c.p.p 2. Con autonomi ricorsi, tutti gli imputati hanno impugnato l'ordinanza, deducendone l'abnormità. 2.1 L'avv. Bana, nell'interesse di Luciano PATELLI, deduce con primo motivo che l'ordinanza avrebbe violato gli artt. 25 e 627 c.p.p., così determinando un'indebita regressione del processo al di fuori dei casi previsti dall'art. 33 sexies c.p.p Si tratterebbe di abnormità funzionale, perché il rinvio dalla Corte di legittimità avrebbe costituito una designazione attributiva di competenza non più discutibile, ai sensi dell'art. 627.1 c.p.p., posto che nella fattispecie non ricorrerebbero le condizioni per l'operatività dell'eccezione di cui all'art. 25 c.p.p., non essendo emerso alcun fatto nuovo né essendo risultata competenza di giudice superiore. In ogni caso, ed è il secondo motivo, nella specie non sussisteva alcuno dei casi previsti dall'art. 33 sexies c.p.p., sicché anche per tale ragione la regressione avrebbe dovuto esser considerata abnorme, stante l'eccezionalità strutturale del ritorno del processo alla fase delle indagini preliminari e la mancanza di alcun aspetto afferente una competenza per difetto. La questione se sia o meno abnorme l'ordinanza di restituzione degli atti ex art. 33 sexies c.p.p. al pubblico ministero, da parte del giudice dell'udienza preliminare, nel caso di riduzione dell'imputazione, risulterebbe poi oggetto di contrasto giurisprudenziale, per cui in subordine la causa andrebbe rimessa alle Sezioni unite. 2.2 L'avv. Buresti, nell'interesse di N. , con unico motivo argomenta l'abnormità del provvedimento impugnato deducendo richiami alla disciplina del giudizio di rinvio ed alla natura funzionale dell'attribuzione di competenza che il giudizio di annullamento determinerebbe, non ricorrendo alcuna delle ipotesi disciplinate dall'art. 25 c.p.p 2.3 L'unico ed unitario atto di ricorso degli avvocati Di Noia e Taglioretti non indica alcuna generalità di imputato, risultando tuttavia dal verbale di udienza allegato al ricorso P. che essi rappresentano, anche disgiuntamente, gli imputati D.A. , R. , M. , D D. , G. . Questo atto di impugnazione sviluppa il rilievo della competenza funzionale attribuita dalla sentenza di annullamento con rinvio, osservando che poiché in tale sentenza si affermava che non era configurabile il reato di truffa, e poiché le imputazioni alternative non potevano che essere quelle ex artt. 4 e 5 d. lgs. 74/2000, doveva ritenersi che con il rinvio al Tribunale la Corte suprema avesse deliberato specificamente anche sulla competenza, con il conseguente operare dell'art. 627.1 c.p.p., essendo poi mancate situazioni costituenti eccezione riconducibile all'art. 25 c.p.p 3. Il procuratore generale in sede ha presentato articolate conclusioni scritte per l'inammissibilità dei ricorsi. 3.1 Gli avvocati Taglioretti e Dinoia sempre senza indicare alcuna generalità tra gli imputati hanno depositato memoria di confutazione della conclusione della parte pubblica, evidenziando tra l'altro come il requisito della stasi processuali non rileverebbe per le abnormità da carenza di potere. Ragioni della decisione 4. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili perché l'ordinanza impugnata è atto inoppugnabile e non abnorme. Conseguente è la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1500 equa in relazione ai casi in favore della Cassa delle ammende. 4.1 Risulta dal provvedimento impugnato, dai ricorsi e dalle conclusioni scritte del procuratore generale in sede che, in esito al rinvio dalla Corte di cassazione, alla rinnovata udienza preliminare, e subito dopo l'accertamento della costituzione delle parti, il pubblico ministero ha modificato le imputazioni anche in esecuzione della sentenza pronunciata dalla Cassazione in data 22.11.2012. È pacifico tra le parti che in esito a tale modifica i reati contestati prevedessero la citazione diretta e che in esito al mutamento delle imputazioni, operato autonomamente dalla parte pubblica, il giudice per l'udienza preliminare abbia restituito gli atti al pubblico ministero, perché procedesse con citazione diretta, rito proprio dei reati ora soli contestati. 4.2 È altresì pacifico che il provvedimento del GUP, ancorché in ipotesi illegittimo, non è soggetto ad impugnazione, in ragione del principio di tassatività delle stesse art. 568.1 c.p.p. . L'ambito di ammissibilità dei ricorsi odierni è quindi ristretto all'aspetto dell'eventuale abnormità dell'ordinanza impugnata. 4.3 La sentenza di annullamento al punto 6 della motivazione ha affrontato il tema del potere del giudice dell'udienza preliminare di riqualificare il fatto imputato, affermandolo sussistente in quanto l'esatta attribuzione del nomen juris è connaturale all'esercizio della giurisdizione . Non ha tuttavia in alcun modo argomentato oltre, in particolare in termini tali da far ritenere incardinata una sorta di competenza funzionale indisponibile del GUP, quali che fossero l'iniziativa e l'esito dell'eventuale riqualificazione del resto, tale competenza - in realtà regola interna di ripartizione degli affari tra i giudici monocratici e collegiali - non può che sussistere in relazione a titoli di reato che la prevedano, specialmente dopo la modifica dell'art. 33 sexies c.p.p., apportata dall'art. 47 legge 479 del 1999, che ha escluso la possibilità per il GUP di emettere direttamente il decreto di citazione a giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica . Sono pertanto manifestamente infondati i motivi che deducono la violazione dell'art. 627 c.p.p. quale fonte della dedotta abnormità. 4.3 Nella fattispecie, poi, è pacifico che la modifica della contestazione sia stata conseguenza di un'iniziativa del tutto autonoma del pubblico ministero, della quale il GUP si è limitato a prendere atto, trovandosi quindi a dover delibare su reati i cui titoli, già in astratto, nel momento in cui venivano, soli e unici, portati alla sua cognizione, imponevano la citazione diretta. Non vi è stata pertanto alcuna modifica dei fatti per i quali procedere da parte del GUP, il che, come bene evidenziato nelle conclusioni scritte del procuratore generale, rende irrilevante il contrasto giurisprudenziale sul punto. 4.4 Occorre allora ulteriormente constatare come, da un lato, il GUP ha esercitato un potere di regressione che l'ordinamento gli attribuisce, quello di cui all'art. 33 sexies c.p.p. Sez. 6, sent. 41037/2009 Sez.4, sent 7295/2004 Sez.5, sent 40489/2002 dall'altro, la regressione del processo strutturalmente fisiologica in relazione all'esercizio di quel potere astrattamente esercitabile non ha determinato alcuna stasi, posto che la citazione diretta costituisce fisiologico seguito proprio per le imputazioni come modificate dal pubblico ministero sicché con l'emissione del relativo decreto la parte pubblica non compie alcun atto nullo o comunque pregiudizievole per i diritti di difesa degli imputati . Difettano pertanto i due requisiti che, necessariamente, debbono coesistere per connotare di abnormità un provvedimento per sé inoppugnabile S.U. sent 25957/2009 SU sent 21243 da rilievo al solo profilo strutturale - genetico, ma nel caso di provvedimento che per sé conduceva alla conclusione del processo . P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1500 in favore della Cassa delle ammende.