Il file PDF certifica la falsità delle attestazioni, doveroso il sequestro preventivo

Confermata la condanna di un uomo che, a fronte di indimostrate prestazioni di consulenza, garantiva un risparmio di imposta per un Consorzio amico”. Le operazioni inesistenti ex art. 2 d.lgs. n. 74/2000 rientrano in una nozione ampia, comprendente sia i casi di mancanza assoluta, sia quelli in cui si palesa una divergenza tra la realtà commerciale e l’espressione documentale. Perciò si concretizza il reato anche nell’eventualità di operazioni che – seppur realmente effettuate – siano da considerare come giuridicamente inesistenti in quanto si attesta il compimento di un negozio giuridico diverso da quello effettivamente intercorso tra le parti, con conseguente fenomeno di evasione.

In questa direzione si è espressa la Cassazione Penale, Terza sezione, nella sentenza n. 28619 del 17 luglio 2012. Imposte evase. Il GIP di Brindisi disponeva il sequestro preventivo di tutte le somme versate sui conti correnti o altri rapporti bancari, intestati a un uomo e a un Consorzio per la gestione delle manutenzioni industriali. Il prevenuto, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicava nella dichiarazione annuale elementi passivi fittizi in tal modo poteva detrarre l’imposta sul valore aggiunto in quantità maggiore, avvalendosi in particolare di quattro fatture rigorosamente per operazioni inesistenti emesse al Consorzio da un altro studio, a sua volta indagato per emissione di documentazione falsa . Il Tribunale di Brindisi, chiamato a pronunciarsi sull’istanza di riesame interposta, confermava il sequestro preventivo l’uomo ricorreva quindi per cassazione. Carta canta. I motivi appaiono infondati e vengono rigettati dalla Suprema Corte. Gli elementi di fatto, richiamati a sostegno del provvedimento, risultano idonei a configurare, sia pure in chiave di fumus , la sussistenza del reato ipotizzato a carico del soggetto. L’accordo per la cessione di quote societarie, rinvenuto nel file PDF, regolarmente sottoscritto dai contraenti, e la univoca corrispondenza tra il suo contenuto e le fatture emesse dalla società cedente a fronte di indimostrate prestazioni di consulenza , costituisce un indizio dotato di un elevato grado di gravità in relazione alla ipotizzata falsità delle attestazioni le fatture, in sostanza, sono state emesse per coprire una parte del parte del prezzo corrispondente sotto forma di costo per prestazioni ricevute dal Consorzio. Fini chiaramente elusivi. L’operazione così congeniata ha come scopo quello di garantire un risparmio di imposta per il consorzio acquirente, per la cifra accertata dalla Guardia di Finanza. Le operazioni inesistenti art. 2 d.lgs. n. 74/2000 rientrano – spiega la Cassazione – in una nozione ampia, comprendente i casi in cui vi sia mancanza assoluta delle operazioni fatturate, sia quelli in cui si palesa una divergenza tra la realtà commerciale e l’espressione documentale. La giurisprudenza di legittimità ha già valutato Cass. n. 13975/08 la concretizzazione del reato anche nell’eventualità di operazioni che – seppur realmente effettuate – siano da considerare come giuridicamente inesistenti in quanto nel documento viene attestato il compimento di un negozio giuridico diverso da quello effettivamente intercorso tra le parti, con conseguente evasione di imposta.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 giugno – 17 luglio 2012, n. 28619 Presidente Mannino – Relatore Gazzara Ritenuto in fatto Il Gip presso il Tribunale di Brindisi, con decreto del 17/10/2011, disponeva il sequestro preventivo di tutte le somme versate sui conti correnti o altri rapporti bancari, sui beni mobili registrati e immobili, intestati a V L. e alla CO.GE.MA.IN Consorzio per la gestione delle manutenzioni industriali, fino alla concorrenza di Euro 22.087,50, quale equivalente del profitto del reato di cui all'art. 2, dlvo 74/2000, contestato al predetto prevenuto, il quale al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto indicava nella dichiarazione annuale dei redditi e del valore aggiunto, presentata per l'anno di imposta 2009, elementi passivi fittizi pari a Euro 46.500,00, con conseguente evasione di imposta sui redditi per un valore pari ad Euro 22.087,50, e detrazione di imposta sul valore aggiunto per un importo pari a Euro 9.300,00, avvalendosi di n. 4 fatture per operazioni inesistenti, emesse nei confronti del predetto Consorzio, dal 30/10/2009 al 30/12/2009, dalla Studio Nuove Applicazioni Industriali, esercente l'attività di ricerca nel campo delle scienze naturali e ingegneria, il cui legale rappresentante risultava A D.P. , anch'egli indagato per la emissione delle suddette false fatture. Il Tribunale di Brindisi, chiamato a pronunciarsi sulla istanza di riesame interposta nell'interesse del L. , con ordinanza del 18/11/2011, ha confermato il sequestro preventivo. Propone ricorso per cassazione la difesa del prevenuto, con i seguenti motivi - difetto del requisito del fumus commissi delicti alla base della misura cautelare adottata, in quanto le n. 4 fatture in contestazione erano relative ad un rapporto professionale intercorso tra la COGEMA.IN e la Snai, la quale aveva effettivamente prestato attività di consulenza in favore della prima nel periodo in contestazione e non solo, tanto che da tale rapporto sorgeva un contenzioso per il mancato pagamento del dovuto tra le due società. Erra, pertanto il Tribunale nel ritenere che le fatture de quibus rappresenterebbero il corrispettivo per la cessione delle quote societarie acquistate dal L. dalla Snai - nella specie, in ogni caso, non può trovare comunque applicazione il dettato normativo di cui all'art. 2 del d.Lvo 74/2000, bensì, parzialmente, il disposto dell'art. 3 del medesimo decreto, in quanto è evidente che l'operazione tra le parti è stata realmente definita, ma essa risulta diversa da quella dichiarata. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va rigettato. La argomentazione motivazionale appare logica e corretta. Ad avviso del decidente gli elementi di fatto, richiamati a sostegno del provvedimento di sequestro, risultano concretamente idonei a configurare, sia pure in chiave di fumus, la sussistenza del reato ipotizzato a carico del ricorrente l'accordo per la cessione di quote societarie, rinvenuto nel file PDF, regolarmente sottoscritto dai contraenti, e la univoca corrispondenza tra il suo contenuto e le fatture emesse dalla società cedente Snai s.r.l., a fronte di indimostrate prestazioni di consulenza, costituisce, a parere del Tribunale, a giusta ragione, un indizio dotato di un elevato grado di gravità in relazione alla ipotizata falsità delle predette fatture, emesse, in realtà, per coprire una parte del prezzo corrispondente sotto forma di costo per prestazioni ricevute dal Consorzio COGEMA.IN Pertanto, l'operazione di carattere di certo elusivo, così realizzata, avrebbe l'unico fine di garantire un risparmio di imposta per il consorzio acquirente, per come accertato dalla Guardia di Finanza, per un complessivo importo di Euro 22.078,50, di cui Euro 12.787,50 per i.r.e.s. ed Euro 9.300,00 per i.v.a Priva di fondamento si palesa la eccepita insussistenza del fumus del reato di cui all'art. 2, visto che, secondo la tesi della difesa del L. , semmai la condotta ascritta all'indagato dovrebbe farsi rientrare nell'ipotesi prevista dall'art. 3 del medesimo decreto. Osservasi sul punto che diverse sono le decisioni succedutesi in relazione alla fattispecie di cui al citato art. 2 che, insieme al parallelo art. 8, costituisce la fonte di maggiore intervento in materia tributaria, specificando come nella nozione di operazione insistente rientrino, oltre ai casi in cui vi sia una mancanza assoluta della operazione fatturata, anche quelli ove, a fronte di una operazione realmente effettuata, vi sia una divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale. La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha valutato la concretizzazione del reato di cui all'art. 2, dlvo 74/2000 anche nel caso di operazioni, che seppur realmente effettuate, siano da considerare come giuridicamente inesistenti in quanto nel documento viene attestato il compimento di un negozio giuridico diverso da quello realmente intercorso tra le parti, determinato o indirizzato a consentire una evasione di imposta Cass. 6/3/2008, n. 13975 , come nel caso in esame. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.