Rastafariano e legittimato all’uso della marijuana? A salvarlo dall’accusa di spaccio, nonostante la quantità, è la non suddivisione in dosi

A distanza di anni ritorna in ballo una curiosa vicenda per il ritrovamento di una grossa quantità di marijuana in un camper. L’uomo sotto accusa, e adepto del rastafarianesimo, è assolto. Ma ciò che risulta decisivo è il fatto che la sostanza stupefacente, da cui era possibile trarre oltre settanta dosi, fosse sfusa legittima l’ipotesi della scorta personale.

Erba medicinale, ma anche ausilio alla preghiera ecco l’impiego ‘alternativo’ della marijuana per gli adepti del Rastafarianesimo, movimento politico-religioso nato in Giamaica agli inizi degli anni ‘30. Anche di questo elemento bisogna tenere conto, in ambito giudiziario, per valutare la attendibilità dell’uso personale Cassazione, sentenza n. 14876, Seconda sezione Penale, depositata oggi . Replay. A distanza di quasi quattro anni, torna alla ribalta lo strano legame tra marijuana e religione, Rastafarianesimo, per la precisione. Quattro anni fa, difatti, proprio la Cassazione aveva annullato la condanna emessa in Appello nei confronti di un uomo per illecita detenzione di sostanza stupefacente . Secondo quanto affermato all’epoca dai giudici, andava approfondita anche l’appartenenza dell’uomo alla religione rastafariana per decidere sulla ipotizzabilità dell’ uso personale . Salvo. Ebbene, alla luce di questo spunto, la Corte d’Appello, riaffrontando la questione, aveva assolto l’uomo, considerando il fatto in esame come non previsto dalla legge come reato . A pesare, però, non solo l’appartenenza al movimento Rastafarianesimo, ma anche il fatto che la sostanza stupefacente – ritrovata nel camper utilizzato dall’uomo e da un suo amico – fosse non suddivisa in dosi . Sfusa. A distanza di tempo, però, la vicenda riapproda in Cassazione. A presentare ricorso, difatti, è la Procura Generale, contestando la pronuncia assolutoria emessa in Appello. Assolutamente inaccettabile, secondo il ricorrente, difatti, il richiamo a documenti sulla religione rastafariana, che non dimostravano comunque che l’uomo ne fosse un seguace , e assolutamente incomprensibile, poi, il non aver considerato che il numero di dosi ricavabili dalla sostanza stupefacente sequestrata era pari a settanta, numero incompatibile con un uso esclusivamente personale e, infine, l’aver ritenuto decisivo che la sostanza sequestrata non fosse suddivisa in dosi . Ma ora, quattro anni dopo, i giudici della Cassazione spostano i riflettori soprattutto sulla sostanza stupefacente e sulla credibilità della tesi dell’uomo, secondo cui quella ritrovata nel camper costituiva una scorta di marijuana per uso personale . Resta in ombra, quindi, l’aspetto più curioso quello relativo all’adesione, affermata dall’uomo, alla religione rastafariana. Perché, mostrando di condividere l’opinione espressa in Appello, i giudici sottolineano che la destinazione all’attività di spaccio doveva ritenersi esclusa dalla circostanza che la sostanza stupefacente non era suddivisa in dosi, ma sfusa .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 gennaio – 18 aprile 2012, n. 14876 Presidente Casucci - Cammino Fatto e diritto Con sentenza in data 13 dicembre 2004 la Corte di appello di Perugia confermava la sentenza emessa il 23 settembre 2002 dal Tribunale di Terni con la quale G.G. era stato dichiarato colpevole del reato di illecita detenzione di sostanza stupefacente marijuana , reato accertato in Narni Scalo il 30 aprile 1999, ed era stato condannato, con le circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 4.000,00 di multa, con il beneficio della sospensione condizionale. Con sentenza in data 3 giugno 2008 la sesta sezione penale di questa Corte annullava la predetta sentenza con rinvio alla Corte di appello di Firenze, per l’insufficiente motivazione in relazione all’esclusione dell’invocato uso esclusivamente personale della sostanza stupefacente, in ossequio ai dettami della religione rastafariana di cui l’imputato era adepto, e alla mancata considerazione delle circostanze di tempo e di luogo e delle modalità comportamentali all’atto del controllo da parte dei Carabinieri. La Corte di appello di Firenze, con sentenza in data 7 febbraio 2011, riformava la sentenza di primo grado assolvendo l’imputato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Avverso la sentenza del giudice di rinvio la Procura Generale presso la Corte di appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione. Con il ricorso si deduce 1 il vizio della motivazione risultante dalla documentazione prodotta dalla difesa e allegata al verbale del giudizio di appello definito con la sentenza annullata tale documentazione sarebbe costituita da documenti sulla religione rastafariana, che non dimostravano comunque che l’imputato ne fosse un seguace, e da atti relativi all’appartenenza del G. ad un gruppo musicale nella sentenza impugnata sarebbero state inoltre valutate le dichiarazioni rese al riguardo dall’imputato al teste brig. F. la cui deposizione sul punto sarebbe stata tuttavia inutilizzabile ex artt. 62 e 191 c.p.p. 2 la mancanza e manifesta illogicità della motivazione per non essere stato considerato che il numero di dosi ricavabili dalla sostanza stupefacente sequestrata era pari a settanta, numero incompatibile con un uso esclusivamente personale, e per essere stato illogicamente ritenuto indice dell’uso personale il fatto che la sostanza sequestrata non fosse suddivisa in dosi. Il ricorso è inammissibile. Il ricorrente tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito. Nel caso in esame, il giudice di merito ha ineccepibilmente osservato che la marijuana, consegnata spontaneamente ai Carabinieri dal G., era detenuta non solo dall’imputato ma anche dall’altro occupante del veicolo attrezzato a camper sottoposto a controllo mentre era fermo in una piazzola della superstrada nei pressi di Narni, secondo quanto dichiarato dal teste F., e che la destinazione all’attività di spaccio doveva ritenersi esclusa dalla circostanza che la sostanza stupefacente non era suddivisa in dosi, ma sfusa. L’assoluzione del ricorrente risulta nella sentenza impugnata, indipendentemente dalle giustificazioni addotte dall’imputato al brig. F. e quindi dalla sua asserita adesione ai dettami della religione rastafariana le dichiarazioni rese dall’imputato al teste non risultano utilizzate nella motivazione del giudice di rinvio, per cui non si pone nemmeno la prospettata questione della loro utilizzabilità , adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una puntuale valutazione delle emergenze dibattimentali, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile. Altrettanto va detto con riferimento al secondo motivo di ricorso. Il giudice di rinvio - con motivazione fondata anche sulle modalità di detenzione della marijuana e sulla spontanea consegna della sostanza, e non esclusivamente sul dato ponderale - si è adeguato ai dettami della sentenza di annullamento ed ha ritenuto plausibile - con motivazione logicamente coerente, che si manifesta come il risultato di una coordinata valutazione dei parametri indicati dall’art. 73 co. 1 bis lett. a D.P.R. 309/90 quantità, modalità di presentazione, altre circostanze dell’azione per l’apprezzamento della destinazione ad un uso non esclusivamente personale della sostanza stupefacente detenuta sez. VI 1° ottobre 2008 n. 40575, Marsilli sez. VI 18 settembre 2008 n. 39017, P.G. in proc. Casadei sez. VI 29 gennaio 2008 n. 17899. P.M. in proc. Corrucci sez. IV 17 dicembre 2007 n. 16373, Pagliaro - la tesi difensiva di precostituzione di una scorta di marijuana per uso personale da parte dell’imputato e dell’amico che si trovava con lui sul veicolo sottoposto a controllo da parte dei Carabinieri. Questa valutazione, adeguatamente motivata, è incensurabile in questa sede, trattandosi di valutazione di fatto sottratta al sindacato di legittimità. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso.