La famiglia del detenuto è facoltosa: non basta per respingere l’istanza di remissione del debito

Un detenuto deve pagare le spese di giustizia, ma non ha i soldi. La sua richiesta di remissione viene respinta perché i genitori risultano proprietari di immobili e titolari di una attività commerciale, ma la Cassazione precisa che il riferimento alla condizioni economiche del nucleo familiare può assumere rilevanza come un indice presuntivo di ricchezza, ma non può essere il fondamento esclusivo del rigetto dell’istanza di remissione.

Il caso. Un detenuto condannato per omicidio, partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso ed altro, propone istanza di remissione del debito relativo alle spese di giustizia afferenti il procedimento promosso nei suoi confronti. La somma richiesta è di 300.000 euro e l’uomo sostiene di non potervi fare fronte avendo come unico reddito disponibile 1.000 euro annui percepiti dal lavoro penitenziario. La situazione economica florida della famiglia di provenienza è estesa al detenuto. Il Magistrato di sorveglianza, però, respinge l’istanza. L’uomo, essendo celibe e senza figli, continua a fare riferimento alla famiglia di provenienza che gode di una situazione economica particolarmente florida essendo proprietaria di numerosi immobili, di alcuni terreni agricoli e di una attività commerciale. Di conseguenza, secondo il giudice, tale situazione economica florida” può essere estesa al detenuto. I genitori non rispondono delle obbligazioni del figlio. L’uomo non ci sta e ricorre in Cassazione. A suo dire, i giudici avrebbero sbagliato a riferire alla sua posizione la situazione economica dei genitori in capo ai quali non potrebbe riconoscersi alcun effettivo dovere di adempiere l’obbligazione del figlio. La Suprema Corte, con la sentenza n. 12232/12, depositata il 2 aprile scorso, accoglie il ricorso, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per un nuovo esame. Il requisito economico per la concessione della remissione del debito è personale. Di certo, ai fini della deliberazione di una istanza di remissione del debito deve ritenersi di per sé consentito il riferimento alle condizioni economiche dell’intero nucleo familiare dell’istante , tuttavia deve anzitutto escludersi che tale riferimento possa intendersi come assunzione di obblighi del condannato ad opera di soggetti estranei al reato, in presenza di un dato normativo che pone in termini personali il requisito economico per la concessione della remissione del debito . Il solo riferimento alle condizioni economiche della famiglia non basta per rigettare l’istanza. Il riferimento alla condizioni economiche del nucleo familiare può dunque assumere rilevanza come un indice presuntivo di ricchezza e di sostanziale cointeressenza alle attività imprenditoriali formalmente intestate ad altri componenti della famiglia, ma il rigetto dell’istanza di remissione non può essere fondato in via esclusiva sulla mera rilevazione di una situazione particolarmente florida del nucleo familiare dell’istante.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 febbraio – 2 aprile 2012, n. 12232 Presidente Chieffi – Relatore Cavallo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 21 giugno 2011 il Magistrato di sorveglianza di Pisa respingeva l'istanza proposta da D.G.R. di remissione del debito relativo alle spese di giustizia afferenti il procedimento promosso nel suoi confronti e definito con sentenza di condanna per omicidio, partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso ed altro, avendola ritenuta infondata per difetto del presupposto delle disagiate condizioni economiche, tenuto conto che dall'istruttoria esperita era emersa in capo al nucleo familiare di appartenenza” a cui il condannato, celibe, continuava, secondo la relazione UEPE, a fare riferimento, una situazione economica particolarmente florida” caratterizzata dalla proprietà in capo ai genitori del detenuto” di molteplici beni immobili, tra cui appartamenti e terreni agricoli, e dalla titolarità di una pasticceria alle cui dipendenze lavoravano ben cinque persone patrimonio che, anche a fronte delle ingenti somme dovute dall'Interessato all'Erario, appariva sufficiente a far fronte ai debito, per altro di natura solidale. 2. Ha proposto impugnazione l'interessato, personalmente, che chiede l'annullamento del provvedimento denunziando violazione di legge e vizio di motivazione il Magistrato di sorveglianza aveva erroneamente considerato insussistenti le condizioni disagiate sulla base di informazioni relative al nucleo familiare di origine senza affatto verificare e considerare l'effettiva capacità reddituale dell'interessato e le sue proprie effettive condizioni economiche disponibilità di un reddito di soli Euro 1000,00 all'anno, derivante dal lavoro penitenziario aveva riferito alla sua posizione la situazione economica dei genitori in capo al quali non poteva essere riconoscersi alcun effettivo dovere di adempiere l'obbligazione del figlio e ciò a prescindere dall'assenza in atti di elementi dimostrativi dell'erogazione nei suoi confronti di un effettivo aiuto economico da parte dei genitori aveva, in altri termini, fatto riferimento alle condizioni e ai modus vivandi di chi non era chiamato a rispondere del pagamento, senza considerare che la somma richiesta era di 300.000 Euro e che il suo pagamento avrebbe ridotto il ricorrente all'indigenza assoluta laddove, secondo la giurisprudenza occorreva avere riguardo all'entità del debito e all'impatto che il suo assolvimento provocherebbe sulla situazione complessiva dei condannato, in rapporto all'esigenza di sopperire alle esigenze di vita fondamentali e al pericolo dunque di comprometterne il recupero. 3. Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta ha concluso per il rigetto del ricorso, avendo ritenuto razionale l'inferenza che il magistrato di sorveglianza ha tratto dalle obiettive condizioni di vita del condannato persona celibe, senza figli che continua a fare riferimento al suo nucleo familiare da ciò desumendo la sostanziale estensione a costui della situazione economica particolarmente florida della famiglia, sicché la reiezione del richiesto beneficio risulta assistita da congrua motivazione, in questa sede non ridiscutibile nel merito”. 4. Il ricorso è, nei termini di seguito precisati, fondato. La motivazione con la quale il giudice del merito ha escluso l'esistenza di condizioni economiche disagiate del condannato presenta, infatti, ad avviso del Collegio, significative lacune ed insufficienze argomentative che ne impongono l'annullamento con rinvio. Se pure, Infatti, ai fini della deliberazione di una istanza di remissione del debito ex art. 6 d.P.R. 115/2002 deve ritenersi di per sé consentito il riferimento alle condizioni economiche dell'intero nucleo familiare dell'istante - così come riconosciuto, del resto, anche da una recente pronuncia di questa Corte la sentenza n. 17937 dell'8 aprile 2010, Celli, non massimata , deve anzitutto escludersi, che tale riferimento possa intendersi come assunzione di obblighi del condannato ad opera di soggetti estranei al reato, in presenza di un dato normativo che pone in termini personali il requisito economico per la concessione della remissione del debito”, così come correttamente evidenziato dal ricorrente ed anche dal Procuratore Generale presso questa Corte nella sua requisitoria scritta. In realtà il riferimento alla condizioni economiche del nucleo familiare, così come questa Corte ha già avuto modo di precisare nella citata decisione, può assumere rilevanza come un indice presuntivo di ricchezza e di sostanziale cointeressenza alle attività imprenditoriali formalmente intestate ad altri componenti la famiglia, a fronte dell'assenza di dati fiscali affidabili”. Ciò posto, nei termini sin qui delineati, il richiamo contenuto nel provvedimento Impugnato alla situazione economica particolarmente florida” del nucleo familiare di origine del condannato, si rivela però insufficiente e del tutto incongruo, ricollegandosi esso, per un verso, al rilievo in fatto, desunto dalla relazione UEPE, che il condannato, celibe e senza figli, continua a far riferimento al proprio nucleo familiare”, il quale però, così come formulato, si rivela quanto mai generico, non precisando l'esatta natura e consistenza di tate riferimento”, ovvero se esso si estrinsechi in termini di sostegno affettivo corrispondenza, visite periodiche, invio pacchi dall'altro, non illustrando alcun concreto elemento da cui possa desumersi una cointeressenza del detenuto all'attività economica dei genitori, eventualmente anche in termini di partecipazione ad un'impresa familiare. Da ciò discende, per un verso, che il rigetto dell'Istanza di remissione non può essere fondato, in via esclusiva, sulla mera rilevazione di una situazione particolarmente florida” del nucleo familiare dell'istante in remissione e che comunque, ove venga valorizzato anche tale dato per escludere le disagiate condizioni economiche dello stesso, risulti però adeguatamente accertata l'effettiva incidenza delle risorse patrimoniali familiari sulle condizioni economiche dell'istante. L'ordinanza impugnata va perciò annullata, con rinvio per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Pisa. P.Q.M. annuita l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Pisa.