Minaccia e maltratta moglie e figli: niente carcere se cessa il pericolo di reiterazione

Davanti al Tribunale del riesame le parti devono ritenersi ammesse a produrre anche elementi successivi alla ordinanza del gip tali da consentire la applicazione del principio per cui la emissione del titolo deve basarsi su una valutazione della situazione cautelare aggiornata al massimo e il più possibile aderente alla realtà procedimentale.

La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. L’adeguatezza esclusiva della stessa può essere ritenuta soltanto quando elementi specifici, inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità del soggetto indichino quest’ultimo come propenso all’inosservanza degli obblighi connessi di una diversa misura. Così afferma la Sesta sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza n. 3887/12, depositata il 31 gennaio scorso. Il caso. Lui è un marito e padre violento. Ossessionato dal sospetto di tradimenti, minaccia la moglie fino a passare alle vie di fatto. Nei suoi confronti viene dunque applicata la misura cautelare della custodia in carcere perché accusato di maltrattamenti ai danni della moglie e di due figli minori e di lesioni volontarie nei confronti della compagna. Dopo qualche tempo, il gip sostituisce la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari e, successivamente, con quella dell’obbligo di dimora. Se cambia la situazione, può venire meno la necessità della misura. A giudizio del gip., le esigenze cautelari si sono affievolite in considerazione di un riavvicinamento tra i coniugi avvenuto in vista della ricerca di un accordo circa i loro rapporti patrimoniali e l’affidamento dei figli, nel frattempo rientrati nel paese di origine. I fatti possono essere oggetto di diversa interpretazione. Il pm, però, non è dello stesso avviso e si rivolge al Tribunale che, riformando le ordinanze del gip, dispone nuovamente la custodia in carcere. Secondo il Tribunale, infatti, la situazione necessita di una differente lettura. Il riavvicinamento da parte della moglie sarebbe da considerarsi come la conseguenza di un ricatto alla quale la donna avrebbe ceduto per poter rivedere i figli. Sarebbe solo questo, dunque, il motivo della remissione delle querele da parte della donna. Anche alcune lettere, inviate dai figli, utilizzate dal padre e valorizzate positivamente dal gip, sarebbero il frutto di un suggerimento dell’indagato piuttosto che un gesto spontaneo dei ragazzi. L’uomo non ci sta e ricorre in Cassazione lamentando violazione di legge e vizio di motivazione nel provvedimento del Tribunale che non avrebbe adeguatamente considerato il mutamento radicale del quadro tutelare, disponendo quindi una misura inadeguata e sproporzionata in base ai nuovi elementi emersi. Il carcere è l’extrema ratio. La Suprema Corte ricorda come la custodia cautelare in carcere possa essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata e quindi ritiene necessario ribadire il principio secondo cui l’adeguatezza esclusiva della stessa può essere ritenuta soltanto quando elementi specifici, inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità del soggetto indichino quest’ultimo come propenso all’inosservanza degli obblighi connessi di una diversa misura. Nel caso specifico, il Tribunale ha basato la sua decisione su considerazioni non spiegate e illogiche dato che dapprima ha ammesso che il trasferimento dei figli all’estero e il collocamento della donna in una struttura protetta possono evitare il reiterarsi della condotta criminale, in un secondo momento si è espresso a favore della misura più severa. Inoltre l’ordinanza impugnata nulla dice circa l’inadeguatezza della misura domiciliare con riguardo alla presunta situazione di ricatto. Esiste dunque un vizio di motivazione che impone alla Suprema Corte di annullare l’ordinanza con rinvio al Tribunale per una nuova deliberazione. Davanti al Tribunale del riesame le parti possono produrre elementi successivi all’ordinanza del Gip. I giudici di legittimità ricordano poi come il Tribunale che dovrà pronunciarsi dovrà considerare anche i fatti nuovi addotti dalla difesa e lo fa richiamando l’orientamento della stessa Corte che riconosce una certa espansività dei poteri propri del Tribunale del riesame quando è chiamato, in sede di appello, ad emettere una ordinanza applicativa della misura cautelare su appello del pm. In tal caso, le parti devono ritenersi ammesse a produrre anche elementi successivi alla ordinanza del gip e comunque tali da consentire la applicazione del principio di cui all’art. 299 c.p.p., per cui la emissione del titolo deve basarsi su una valutazione della situazione cautelare aggiornata al massimo e il più possibile aderente alla realtà procedimentale .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 1 dicembre 2011 - 31 gennaio 2012, n. 3887 Presidente Agrò – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Torino, adito dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria quale giudice dell'appello, riformava le ordinanze del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Alessandria ed applicava a R.G. la misura cautelare della custodia in carcere. Con le suddette ordinanze il G.i.p. aveva sostituito, dapprima in data 31 marzo 2011, la misura cautelare della custodia carceraria applicata al R. con quella degli arresti domiciliari e, poi in data 9 aprile 2011, quest'ultima con la misura cautelare dell'obbligo di dimora nella provincia di Alessandria. Il R. era stato attinto dalla misura cautelare per i reati di maltrattamenti ai danni della moglie e di due figli minori e di lesioni volontarie nei confronti della moglie. Il G.i.p. aveva ritenuto, con la prima ordinanza, affievolite le originarie esigenze cautelari in considerazione del contenuto dell'interrogatorio reso dall'indagato e della documentazione depositata, relativa ad un verbale di accordo tra i coniugi nella seconda, aveva ravvisato un ulteriore affievolimento delle esigenze cautelari, alla luce della ripresa dei rapporti tra i coniugi anche in vista della ricerca di un accordo circa i loro rapporti patrimoniali e l'affidamento dei figli, nel frattempo trasferiti in Romania. Il Tribunale valutava al contrario il R. come persona pericolosa, deponendo in tal senso la gravità dei fatti denunciati dalla moglie, vittima di violenze e minacce di costui, ossessionato dal sospetto di tradimenti. Secondo il Tribunale, più che di normali contatti ed accordi tra coniugi, doveva parlarsi di una situazione di ricatto in cui la vittima si era venuta a trovata per riavere i figli, sino al punto di rimettere le querele sporte. Anche la lettera trasmessa dal figlio minorenne dalla Romania, che era stata valorizzata positivamente dal G.i.p., andava letta, ad avviso dei Giudici a quibus , come una sorta di memoria difensiva dell'indagato, più che come la spontanea lettera di un ragazzo. 2. Avverso la suddetta ordinanza, ricorre per cassazione nell'interesse del R. il difensore di fiducia, deducendo - la violazione di legge, in relazione agli artt. 275 e 299 cod. proc. pen., evidenziando i fatti, che avevano mutato radicalmente il quadro cautelare, così da giustificare l'adozione di misure meno afflittive, in ossequio al principio di adeguatezza e proporzionalità, sino al punto di far cessare il pericolo di reiterazione criminosa lettere manoscritte dal figlio maggiore plurimi contatti tra l'indagato e la moglie la transazione siglata tra i coniugi per regolare i loro rapporti personali e patrimoniali la remissione di querela per i reati precedibili a querela . - il vizio di motivazione, con riguardo all'adeguatezza e proporzionalità della misura e alla valutazione dei nuovi elementi emersi dopo l'applicazione della originaria misura, fondata su argomentazioni apodittiche. Con memoria depositata il 22 novembre 2011, il difensore ha allegato la sentenza del 27 ottobre 2011 del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Alessandria, con la quale il R. è stato prosciolto per i reati di lesioni, perché estinti per remissione della querela, nonché l'ordinanza del 23 settembre 2011 Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale che ha revocato del tutto la misura cautelare in atto, per cessazione delle esigenze cautelari. Pertanto, ha chiesto che la Corte pronunci l'annullamento della impugnata ordinanza, essendo venuti meno i presupposti di legalità. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato relativamente al giudizio di esclusiva adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere. Infatti l'art. 275, comma 3, prima parte, cod. proc. pen. prevede che ”la custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata” e quindi va ribadito il principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di misure cautelari, l'adeguatezza esclusiva della custodia cautelare in carcere, per quanto specificamente riguarda le esigenze di prevenzione di cui all'art. 274, lett. c , cod. proc. pen. può essere ritenuta soltanto quando elementi specifici, inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità del soggetto indichino quest'ultimo come propenso all'inosservanza degli obblighi connessi di una diversa misura. Nel caso in esame, tale giudizio è stato affidato dai giudici di merito a considerazioni assolutamente non spiegate e d'altronde illogiche, posto che la stessa ordinanza da atto che la moglie non convive più con l'indagato ed è stata collocata in una struttura protetta proprio per evitare la reiterazione della condotta, mentre i figli sono stati trasferiti in Romania presso la nonna materna. D'altro canto, non emerge dall'ordinanza impugnata neppure un collegamento tra la situazione di ricatto”, attraverso la quale il R. avrebbe cercato di normalizzare” i rapporti coniugali, e la inadeguatezza della misura domiciliare. Tale vizio della motivazione impone pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata limitatamente al giudizio di adeguatezza della misura, con rinvio degli atti ai Tribunale di Torino per un nuovo esame sul punto, il quale, nel pronunciarsi, dovrà altresì considerare anche il fatto nuovo addotto dalla difesa, ovvero il proscioglimento del ricorrente dai reati di lesioni di cui ai capi b e c della rubrica. Deve richiamarsi, al riguardo, l'orientamento di questa Corte che ha consentito una certa espansività dei poteri propri del Tribunale del riesame quando è chiamato, in sede di appello, ad emettere una ordinanza applicativa della misura cautelare su appello del P.M In tal caso, le parti devono ritenersi ammesse a produrre anche elementi successivi alla ordinanza del G.i.p. e comunque tali da consentire la applicazione del principio di cui all'art. 299 cod. proc. pen., per cui la emissione del titolo deve basarsi su una valutazione della situazione cautelare aggiornata al massimo e il più possibile aderente alla realtà procedimentale Sez. U, n. 18339 del 31/03/2004, Donelli, Rv. 227357 . P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Torino.