Spray al peperoncino: nessun arma senza il mix con altre sostanze offensive

Alleggerita la posizione di una donna, che aveva nella propria borsetta una bomboletta come strumento di difesa personale. Comminata una semplice ammenda. Decisive le indicazioni nel Regolamento approntato dal Ministero dell’Interno.

Condanna ad anni di carcere o semplice ammenda? Per il possesso, in luogo pubblico, di uno spray urticante a base di peperoncino – o, in alternativa, di pepe – la qualificazione più leggera del reato è quella plausibile, anche alla luce del Regolamento, datato maggio 2011, ufficializzato dal Ministero dell’Interno come da Cassazione, sentenza n. 3116, Prima sezione Penale, depositata oggi . Difesa vegetale Borsetta a tracolla, e, come accessorio, una piccola bomboletta spray per difesa personale. Strumento, questo, a volte consigliato eppure, la donna protagonista di questa vicenda viene addirittura accusata di aver violato la legge in materia di controllo delle armi . A ridimensionare la questione è il Tribunale, ricalibrando l’accusa e legandola alla violazione della normativa in materia di porto di oggetti atti ad offendere . Ciò, ovviamente, comporta anche una pena lieve 120 euro di ammenda. A sostegno di questa decisione un dato di fatto la bomboletta incriminata non conteneva gas lacrimogeni o irritanti, bensì una composizione vegetale, il cui agente attivo, la capsicina, è responsabile del sapore piccante e delle proprietà irritanti . Di conseguenza, essa è catalogabile, secondo i giudici, come strumento utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa della persona . o prodotto chimico? Di diverso avviso, invece, il Procuratore Generale, che considera illegittima la semplice ammenda. Perché il contenuto urticante della bomboletta doveva essere considerato aggressivo chimico , da un lato, e perché, dall’altro, anche il prodotto ottenuto da peperoncino doveva essere considerato preparato chimico ricavato da un procedimento chimico , capace di provocare sensazioni dolorose estremamente forti . Per giunta, poi, sottolinea il Procuratore Generale nel ricorso in Cassazione, anche la Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi era pervenuta, per siffatti strumenti, di regola alla assimilazione alle armi . Tutto ciò, però, alla luce della mancanza del Regolamento del Ministero dell’Interno Nessun arma. E proprio le indicazione del Ministero dell’Interno, alla fine, aiutano a chiudere la questione, confermando ciò che aveva stabilito il Tribunale, cioè che la borsetta della donna non conteneva armi. Quest’ultima categoria, difatti, ricordano i giudici di piazza Cavour, ricomprende i contenitori di gas contenenti aggressivi chimici, biologici e radioattivi, dotati di una spiccata potenzialità di offesa , come, ad esempio, le bombolette spray che producono gas lacrimogeno o gas paralizzante. Ma il Regolamento del Ministero dell’Interno ha fatto chiarezza sulle bombolette contenenti spray a base di peperoncino, spiegando che la sostanza irritante in questione deve essere mescolata con altre sostanze – infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici – per poter parlare di armi comuni da sparo . Ebbene, la bomboletta incriminata conteneva solo la sostanza irritante, naturale, a base di peperoncino. Per questo, la valutazione compiuta in primo grado, e la relativa condanna, sono assolutamente fondate.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 24 ottobre 2011 – 25 gennaio 2012, n. 3116 Presidente Chieffi – Relatore Caiazzo Ritenuto in fatto Con sentenza in data 6.10.2010 il Tribunale di Verona dichiarava C. E. responsabile del reato di cui all'art. 4/2 legge 110/1975 - così derubricato il delitto contestato di cui agli artt. 4 e 7 della legge 895/1967 - per avere illegalmente portato in luogo pubblico una bomboletta contenente spray urticante della capienza di ml 50, marca Pfeffer, reato commesso in data 2.5.2008, condannando la predetta alla pena di euro 120,00 di ammenda, con il beneficio della non menzione della condanna nel certificato penale. Osservava il Tribunale che la bomboletta che l'imputata teneva in tasca non conteneva gas lacrimogeni o irritanti, bensì una composizione vegetale come l' oleoresin capsicum che è un estratto di piante di pepe o peperoncino il cui agente attivo contenuto, la capsicina, è responsabile del sapore piccante e delle proprietà irritanti. Pertanto il contenuto non era costituito da gas costituenti aggressivi chimici, di cui alla legge 895/67, non avendo tra l'altro la capacità di offendere che caratterizza detti aggressivi. Riteneva, quindi, di qualificare la bomboletta nel reato previsto dall'art. 4 legge/1975 come uno strumento utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa alla persona, il cui porto fuori dell'abitazione è vietato senza giustificato motivo. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Procura generale di Venezia, chiedendone l'annullamento per illegittima riqualificazione del fatto nella suddetta contravvenzione. Secondo il ricorrente, doveva essere considerato aggressivo chimico il contenuto il lacrirnogeno paralizzante o urticante delle bombolette in questione, secondo il maggioritario filone interpretativo della Corte di Cassazione. Anche il prodotto ottenuto da peperoncino capsicum doveva essere considerato un preparato chimico ricavato da un procedimento chimico, provocando sensazioni dolorose estremamente forti nelle persone colpite dal gas contenuto nella bomboletta in questione, come attestato dallo stesso costruttore. Anche la Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi era pervenuta, per siffatti strumenti, di regola alla assimilazione degli stessi alle armi e non era stato ancora emanato il regolamento del Ministro dell'Interno che avrebbe dovuto definire le caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa che nebulizzano un principio attivo naturale a base di oleoresin capsicum e che non abbiano l'attitudine a recare offesa alla persona. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Deve senz'altro escludersi che la bomboletta in questione, contenente spray urticante a base di p1eperoncino, possa essere ricompresa nelle armi da guerra o tipo guerra, per assoluta mancanza delle caratteristiche indicate nell'art l della legge 110/1975,, che si riferisce, con riguardo a contenitori di gas, solo ad aggressivi chimici, biologici e radioattivi dotati di una spiccata potenzialità di offesa. L'art. 2 della citata legge considera armi comuni da sparo anche quelle ad emissione di gas, salvo che la commissione! consultiva di cui all'art. 6 della stessa legge, escluda l'attitudine a reca re offesa alla persona. La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che rientrassero nelle armi comuni da sparo sia le bombolette spray contenenti gas lacrimogeno V. Sez. 1 sent. 21932 del 9.6.2006, Rv. 234697 sia quelle contenenti gas paralizzanti V. Sez. 1 sent. n. 1300 del 10.11.1993, Rv. 197244 . Bombolette spray contenenti sostanze urticanti sono state considerate aggressivi chimici, quando dette sostanze erano risultate idonee in concreto a compromettere, anche in via temporanea, l'integrità dell'organismo umano V. Sez. 1 sent. 6106 del 13.1.2009, Rv. 243349 . Per quanto riguarda bombolette contenenti la sostanza in questione oleoresin capsicum è intervenuto in data 12.5.2011 in data successiva al ricorso della Procura generale di Venezia il Regolamento del Ministero dell'Interno con il quale sono state definite quali caratteristiche tecniche devono possedere gli strumenti di autodifesa che nebulizzano il principio attivo naturale a base di detta sostanza per escludere l'attitudine a recare offesa alla persona. La bomboletta in questione, all'epoca del fatto in libera vendita, conteneva solo la suddetta sostanza irritante, non miscelata ad altre sostanze infiammabili, corrosive, tossiche , cancerogene o aggressivi chimici che avrebbero fatto rientrare la bomboletta in questione nelle armi comuni da sparo né risulta che avesse altre sostanziali caratteristiche tecniche in difformità di quanto previsto dal citato Regolamento. Pertanto il ricorso deve essere rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.