Medicinali segnalati e prescritti, medici corrotti: resta da quantificare l'eventuale danno

Condanna severa in primo grado, condanna più leggera in secondo grado. Intercettazioni e documenti attestano i compensi versati dai promotori di ditte farmaceutiche. La derubricazione del reato, però, riapre il fronte della responsabilità civile e dell’ipotesi del risarcimento a Regione e Aziende sanitarie.

Medicinali ‘caldeggiati’ dai promotori delle ditte farmaceutiche, e prontamente prescritti ai pazienti. Per i medici, convenzionati col Servizio sanitario nazionale, compensi legati ai singoli ‘pezzi’ piazzati. Gli effetti, però, non si fanno attendere, con gravissime accuse in materia di corruzione. La posizione dei medici, però, si rivela più leggera non atto contrario ai doveri d’ufficio ma corruzione in atto d’ufficio . E di questo mutamento è necessario tener conto sia sul fronte della responsabilità civile che su quello della individuazione del danno Cassazione, sentenza numero 1207, sesta sezione penale, depositata oggi . Farmaci ‘segnalati’. A finire sul banco degli imputati sono numerosi medici. Le accuse sono legate a un movimento di soldi poco chiaro secondo l’accusa, rappresenterebbero il compenso, da parte dei promotori di alcune ditte farmaceutiche, per la forte prescrizione ai pazienti di alcuni medicinali. Secondo il Tribunale le accuse sono fondate medici condannati per il delitto di corruzione continuata e caratterizzata da atti contrari ai doveri d’ufficio . Però, per i giudici d’Appello la posizione deve essere considerata meno grave corruzione sì, ma semplicemente in atti d’ufficio . Con una doppia conseguenza prescrizione dei reati e conferma della condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, ovvero Regione e Aziende sanitarie. A inguaiare i medici sotto accusa ci sono intercettazioni con informatori farmaceutici e documenti, contenenti indicazione dei compensi elargiti , nonché le dichiarazioni di un informatore farmaceutico coimputato . Quali conseguenze? Proprio la pronuncia di secondo grado costituisce lo spiraglio in cui si inseriscono i ricorsi in Cassazione proposti dai medici. Diversi i nodi, come quelli relativi alla qualificazione del fatto, da un lato, e al ‘peso’ del materiale probatorio, dall’altro, ma quello principale è connesso alla valutazione dei danni effettivi alle pubbliche amministrazioni. Secondo la tesi di un medico ricorrente, ad esempio, erano state effettuate prescrizioni del tutto rispondenti alle esigenze dei pazienti , quindi sarebbe stato logico affermare la insussistenza di un danno, sia patrimoniale sia morale da parte di Regione e Aziende sanitarie. Fronte civile. Sulla ricostruzione della vicenda, secondo i giudici della Cassazione, ci sono pochi dubbi. Difatti, è configurabile la fattispecie di corruzione, data la qualità soggettiva di pubblico ufficiale rivestita dai medici, in quanto inseriti nel Servizio sanitario nazionale . Ma esiste una lacuna, nella pronuncia d’Appello, che, secondo i giudici, è gravemente carente in punto sia di conferma della responsabilità civile sia della individuazione del danno conseguente alle condotte contestate . Perché, sempre per i giudici di Cassazione, la Corte d’Appello ha sbrigativamente riassunto gli elementi di prova a carico dei medici indagati, ha riqualificato i reati e ha dichiarato la prescrizione , limitandosi a osservare che non sussistevano i presupposti di evidente innocenza per il proscioglimento . Eppure, secondo un principio chiaro, il giudice d’Appello, nel prendere atto di una causa estintiva del reato verificatasi nelle more del giudizio di secondo grado , è tenuto a pronunciarsi sull’azione civile . Per questo motivo, alla luce delle carenze evidenziate, la pronuncia contestata va annullata e rimessa al giudice civile competente per valore in grado di appello a quest’ultimo toccherà il compito, esaminate le censure degli imputati in punto di responsabilità per le condotte loro addebitate , di provvedere all’ accertamento della responsabilità civile e di affrontare il punto relativo alla quantificazione dell’eventuale danno , tenendo presente la derubricazione, operata dalla Corte d’Appello, della originaria imputazione, che esclude la contrarietà ai doveri di ufficio delle rispettive condotte .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 settembre 2011 – 16 gennaio 2012, n. 1207 Presidente Mannino – Relatore Conti Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 5 novembre 2007, il Tribunale di Pisa dichiarava responsabili del delitto di corruzione continuata ex art. 319 cod. pen., tra gli altri, G. G., A.M., M.P. e G.S. per avere, nella loro qualità di medici convenzionati con il S.S.N. prescritto ai pazienti farmaci segnalati da promotori di ditte farmaceutiche dietro compenso di somme di denaro ragguagliate a lire due-tremila per ogni singolo pezzo prescritto. 2. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze, in riforma della sentenza impugnata, ritenuto configurabile per tutti i fatti il delitto di cui all'art. 318, comma secondo, cod. pen., dichiarava la prescrizione dei reati, confermando la condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili Regione Toscana per tutti ASL 5 di Pisa per G., M. e P. e Asl 11 di Empoli per S. . 3. Le prove della responsabilità, valutate ai finii civilistici ex art. 578 cod. proc. pen., venivano individuate in conversazioni intercettate con Informatori farmaceutici e documenti sequestrati contenenti indicazione dei compensi elargiti, nonché, quanto G., M. e P., , nelle dichiarazioni del coimputato informatore farmaceut1co C.B 4. Ricorrono per cassazione i predetti soggetti. 5. Gli avvocati E.M. e M.G.M., nell’interesse di G., deducono 5.1. Erronea qualificazione del fatto come corruzione ex art. 318 cod. pen in presenza di condotta penalmente irrilevante da sussumere al piu nella fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 123 d.lgs. n. 219 del 2006, tenuto conto anche della esiguità delle somme che, secondo l'accusa, sarebbero state corrisposte da M.R. e C.B., ammontanti a venti-trentamila lire, per la prescrizione del farmaco Ecasolv. Ove si fosse ritenuta sussistente la fattispecie contravvenzionale, il reato si sarebbe prescritto prima della sentenza di primo grado, trattandosi di atti del febbraio 2000. 5.2. Mancanza di motivazione circa la prova della dazione di somme di denaro. La Corte di appello si limita genericamente a rilevare che tale prova si ricava dalle intercettazioni telefoniche e dai documenti sequestrati, senza offrirne alcuna precisa illustrazione. La difesa aveva però osservato che la conversazione ritenuta di primaria importanza quella del 2S febbraio 2000 non risultava dalla trascrizione peritale e che il documento dal quale si era desunta la prova del pagamento riguardava farmaci diversi da quello Ecasolv contestato al G. Le dichiarazioni rese dall'allora computato B. in incidente probatorio erano inutilizzabili, non essendogli stato dato l'avviso ex art. 64 cod. p roc. pen. Quanto alle prove desunte ex art 238-bis cod. proc. pen. dalla sentenza del G.u.p. del Tribunale di Pisa, esse, che non si riferivano comunque al G., non risultavano dal testo della sentenza ma da verbali di dichiarazioni raccolte in quel procedimento. 5.3 Mancanza di motivazione per la ritenuta insussistenza dei presupposti di cui all'art. 129, comma 2 cod proc. pen., norma che non doveva in realtà essere applicata dato che nella specie si doveva motivare sui presupposti per l'affermazione della responsabilità penale sia pure ai fini delle conseguenze di carattere civile anche solo una situazione di incertezza sulla responsabilità penale dell’imputato avrebbe dovuto condurre a un suo esonero dalla responsabilità civile. 6. Gli avvocati E.M. e A.M nell’interesse di M, deducono 6.1. Violazione degli artt. 516, 521 e 522 cod. proc. pen. per mancata correlazione tra l'accusa e la sentenza, posto che nella imputazione si faceva riferimento a C. B. come colui che aveva corrisposto al M. compensi mentre in sentenza si è affermato che era stato M. B. a corrispondere al M. somme di denaro. 6.2. Erronea qualificazione del fatto come corruzione ex art. 318 cod. pen. in presenza di condotta penalmente irrilevante da sussumere al più nella fattispecie di cui all’art. 123 d. lgs. 219 del 2006, per considerazioni identiche a quelle esposte nel corrispondente motivo di ricorso di G. 6.3. Mancanza di motivazione circa la prova della dazione di somme di denaro, per considerazioni simili a quelle esposte nel corrispondente motivo di ricorso di G. Si osserva che in realtà le uniche prove utilizzabili erano quelle derivanti da due conversazioni intercettate intercorse tra il R. e B. nelle quali compare il nome del M., sulla cui rilevanza la difesa aveva espresso puntuali critiche nei motivi di appello senza ricevere alcuna risposta nella sentenza impugnata. 6.4. Mancanza di motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti di cui all'art 129, comma 2, cod. proc. pen., per considerazioni identiche a quelle esposte nel corrispondente motivo di ricorso di G 6.5. Erronea applicazione della legge in punto di conferma delle statuizioni civilistiche con riferimento alla ASL 5 di Pisa e alla Regione Toscana nonche mancanza di motivazione sul punto. Alla diversa qualificazione del fatto, rubricato come corruzione susseguente impropria, e alla constatazione che il M. aveva effettuato le prescrizioni mediche del tutto rispondenti alle esigenze dei pazienti, avrebbe dovuto conseguire la insussistenza di un danno, sia patrimoniale sia morale, da parte delle elette pubbliche amministrazioni. 7. L'avv. S.S nell’interesse di P., deduce 7.1. Erroneo riferimento alla regola di cui all'art. 129, comma 2, cod.proc. pen., in presenza di una condanna relativa alla responsabilità civile. 7.2. Erronea qualificazione del fatto come corruzione ex art. 318 cod. pen. in presenza di condotta penalmente Irrilevante da sussumere al piu nella fattispecie di cui all'art . 123 d.lgs. n. 219 del 2006, per considerazioni analoghe a quelle esposte nei corrispondenti motivi di ricorso di G. e M. 7.3. Erronea applicazione dell'art. 535 cod. proc.pen., dovendosi applicare la nuova disciplina recata dalla legge 18 giugno 2009, n. 69. 7.4. Erronea applicazione della legge in punto di conferma delle statuizioni civilistiche con riferimento alla ASL n. 5 di Pisa e Regione Toscana, nonché mancanza di motivazione sul punto, per considerazioni simili a quelle svolte nel corrispondente motivo di ricorso del M., ed inoltre con riferimento alla mancata esclusione della responsabilità solidale, data la individualità di ogni condotta contestata. 8. L’avv. F.P.S. nell’interesse di S., deduce, con un unico motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione, in punto di conferma delle statuizioni civilistiche, per considerazioni analoghe a quelle svolte sul punto dagli altri ricorrenti aggiungendo che la sentenza impugnata non aveva illustrato precisi elementi di prova a carico del ricorrente. 9. nell’interesse del medesimo ricorrente, l'avv. S. D. Co., con un unico motivo, deduce la inosservanza di norme processuali e penali e il e il vizio di motivazione in punto di indeterminatezza del decreto che aveva disposto il giudizio, in cui non erano precisati né i farmaci prescritti dal ricorrente né il momento consumativo dell'asserito accordo criminoso aspetto sul quale la Corte di appello ha replicato solo genericamente, senza rispondere neppure ai precisi e argomentati rilievi difensivi circa la inconsistenza delle fonti di prova costituite da due telefonate intercettate e da alcuni documenti sequestrati. Inoltre non si era data risposta alla eccezione difensiva relativa alla data di di commissione del presunto reato, che si sarebbe dovuto ritenere prescritto già antecedentemente alla sentenza di primo grado né a quella relativa alla inesistenza di danni materiali una volta derubricato il fatto nella ipotesi di corruzione impropria susseguente. Considerato in diritto 1.I ricorsi sono solo parzialmente fondati. 2. Va in primo luogo affrontata, in quanto evocata da diversi ricorrenti, la questione della esatta qualificazione giuridica dei fatti. Si deduce che nella specie doveva ritenersi semmai configurabile la fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 123 d. lgsl. 24 aprile 2006, n. 219, sanzionata a norma dell’art. 147, comma 5, del medesimo decreto. La deduzione è infondata. Come già chiarito da Sez. I, n. 22750 del 02/10/2007, Pettinicchio, la condotta presa in esame dalla citata disposizione deve ritenersi prodromica rispetto a quella, denominata di comparaggio di cui agli artt. 170-172 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 e successive modificazioni , dato che in questa è contenuto l'ulteriore elemento dello scopo dell'agente di agevolare la diffusione di specialità medicinali sicché, come bene è stato messo in rilievo in dottrina, il rapporto tra le due fattispecie si configura secondo lo schema del c.d. reato necessariamente progressivo, che rende applicabile solo la fattispecie più ampia. Ciò chiarito, in rapporto alla fattispecie di corruzione impropria ravvisata dalla Corte di appello, va considerato, in primo luogo, che quella di comparaggio di cui all'art 170 T.U. leggi san. cit., prevede che se il fatto violi pure altre disposizioni di legge, si applicano le relative sanzioni secondo le norme sul concorso dei reati'' sicchè se la stessa condotta è 1 inquadrabile in quella di altra fattispecie incriminatrice nel caso, in quella della corruzione , in deroga ai principi che regolano il concorso di norme, e in particolare il principio di specialità su cui vedi da ultimo Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, Giordano , sono applicabili entrambe le fattispecie penali. Ma a prescindere da questa impostazione, sarebbe comunque configurabile nel caso in esame la fattispecie di corruzione, data la qualità soggettiva di pubblico ufficiale rivestita dai medici, in quanto inseriti nel S.S.N., che costituisce elemento specializzante, sotto il profilo della qualità dell’agente, rispetto al reato di comparaggio”, che ha come destinatari indifferenziatamente quanti esercitino una professione sanitaria. Consegue che, stanti i limiti edittali riconducibili alla fattispecie di cui all'art . 318, comma secondo, cod. pen., la prescrizione è maturata, come correttamente ritenuto dalla sentenza impugnata, successivamente alla pronuncia della sentenza di primo grado, con conseguente applicabilità dell'art. 578 cod. proc. pen. 3. Il rilievo svolto ''nell’interesse del G. e del M., circa gli avvisi che sarebbero mancati in sede d incidente probatorio in cui sono state assunte le dichiarazioni del coimputato B., ex art. 64 cod. proc. pen., appare generico, non specificandosi in cosa esattamente sia consistita tale carenza. Se si allude all'avviso ex art. 64, comma 3, lett. c , esso non doveva essere dato con riferimento alle dichiarazioni riguardanti i concorrenti nel reato, non potendo il dichiarante assumere, prima della definizione del procedimento pendente nei suoi confronti, la veste di testimone assistito , dato che la proposizione fatti concernenti la responsabilità altrui contenuta nella citata disposizione, deve essere interpretata nel senso di fatto che è soltanto altrui , in quanto afferente al reato connesso a norma dell'art. 12, comma 1, lett. c , cod. proc. pen. o collegato a norma dell'art 371, comma 2, lett. b , cod. proc. pen., escluso quindi il caso di connessione ex art. 12, comma 1, lett. a , cod. proc. pen. in termini analoghi Sez. 6, 19/04/2010,. C. Sez. 5, 13/06/2008, F., e. sulla stessa linea, fra molte . Sez. l, 06/06/2007, P. Sez. 1, 05/12/2006. M. Sez. l, 10/ll/2l}J . B. . 4. L'eccezione di indeterminatezza del capo di imputazione formulata nell'interesse dello S. appare manifestamente infondata, posto che, come rilevato sia pure sinteticamente dalla Corte di appello, il tenore dell'atto di imputazione consentiva di individuare tempi e contenuto della condotta contestata, permettendo una completa difesa. 5. La sentenza è invece gravemente carente in punto sia di conferma della responsabilità civile sia della individuazione del danno conseguente alle condotte contestate. Quanto al primo aspetto, va rilevato che la Corte di appello, dopo avere sbrigativamente riassunto gli elementi di prova a carico degli imputati, ed avere dichiarato la prescrizione dei reati, previa loro riqualificazione ex art. 318, secondo comma, cod. pen., si è limitata ad osservare che non sussistevano presupposti di evidente innocenza per il proscioglimento ex art. 129, comma .2, cod. proc. pen. Ora, va ribadito il principio reiteratamente affermato da questa Corte secondo cui il giudice dell'appello, nel prendere atto di una causa estintiva del reato verificatasi more del giudizio di secondo grado, è tenuto a pronunciarsi, in forza dell’art. 578 cod. proc. pen., sull'azione civile ''deve quindi necessariamente compiere una valutazione approfondita dell’acquisito compendio probatorio,. senza essere legato ai canoni di economia processuale che impongono la declaratoria della causa di estinzione del reato quando la prova ciel/a innocenza non risulti ictu oculi ex plurimis , in questi termini, Sez. U, 28/905/2009, T. . 6. Date le accennate carenze, la sentenza Impugnata va pertanto annullata, con rinvio, a norma dell'art 622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grado di appello, il quale, esaminate approfonditamente le censure degli imputati in punto di responsabilità per le condotte loro addebitate, dovrà anche subordinatamente all'accertamento della responsabilità civile affrontare il punto relativo alla quantificazione dell'eventuale danno ex art. 185 cod, pen., tenuto conto della derubricazione operata dalla Corte di appello della originaria imputazione, che esclude la contrarietà ai doveri di ufficio delle rispettive condotte. In tale statuizione risulta assorb1ta ogni altra censura. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.