L’anziano nomina la badante erede: se non è incapace non c’è circonvenzione

Se il testatore è capace di autodeterminarsi, la circonvenzione di incapace non si configura. Comunque, per l’integrazione del reato è necessaria una condotta di induzione e non una mera convivenza della badante.

Con la sentenza della Seconda sezione Penale del 12 gennaio 2012, n. 512, la Corte di Cassazione ha modo di intervenire su una fattispecie frequente nella prassi quotidiana. Il caso. Era accaduto che il pubblico ministero avesse agito nei confronti anche della badante di un anziano classe 1912 i cui nipoti, dopo aver riferito di uno stato di abbandono del defunto ad opera della badante, avevano denunciato comportamenti astrattamente idonei ad integrare il reato di circonvenzione di incapace previsto e punito dall’articolo 643. c.p Ebbene, come noto, quell’articolo punisce chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d'infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 206 euro a 2075 euro . Fattispecie usualmente invocata dai parenti diseredati allorché, con la morte, apprendono che il defunto aveva fatto testamento lasciando i propri risparmi alla badante che l’ha accudito in vita e così preferita ai parenti. Necessario lo stato di deficienza psichica o una situazione più modesta? Senonché, nel caso di specie, il Tribunale di Treviso in primo grado aveva assolto gli imputati con la formula il fatto non sussiste anche perché era emerso che l’anziano non si trovava in una situazione di deficienza psichica. Questa valutazione, però, non aveva convinto il Procuratore della Repubblica che, quindi, aveva proposto appello trasmesso poi alla Suprema Corte per competenza sostenendo che nel caso di specie l’anziano versava in una situazione di portata più modesta e non morbosa rispetto alla deficienza psichica idonea, però, ad incidere sulla libertà di autodeterminazione della persona . Il testatore era lucido Per il Tribunale, però, l’istruttoria aveva dimostrato come l’anziano testatore fosse affetto soltanto da un deterioramento cognitivo di grado lieve . Egli, in altri termini, era lucido e, come si è soliti dire in queste occasioni, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali chiese ed ottenne una consulenza legale sul contenuto del testamento, optò per un testamento depositato presso un notaio anziché in casa alla mercé dei terzi. Ed in particolare di quei terzi di cui diceva di non fidarsi e, cioè, dei parenti diseredati legittimante dal momento che non erano legittimari . Ma v’è di più. Dalla motivazione della sentenza emerge un anziano che con il testamento voleva trarre un’utilità accogliendo in casa l’imputata ha corrisposto una parte del compenso sotto forma di vitto e alloggio risparmiando così liquidità garantendosi anche la costante presenza della donna, mentre con la redazione del testamento si è garantito l’assistenza della [badante] fino alla morte, come risulta dalla relativa clausola testamentaria . Peraltro, pure a volere ammettere la deficienza non dimostrata , il Tribunale aveva osservato che per l’integrazione del reato sarebbe stata necessaria una condotta di induzione e non già una mera convivenza di per sé non significativa. Esclusa ogni irragionevolezza della motivazione Ebbene, per la Suprema Corte la motivazione del giudice di merito è priva di illogicità dal momento che la ricostruzione dei fatti è stata operata su elementi concreti e si è fondata su una motivazione che appare logica e coerente. Essendo precluso alla Corte di Cassazione un esame di merito volto a verificare quale tra due possibili interpretazioni del materiale probatorio è da preferire letture alternative dello stesso materiale , la Suprema Corte conclude con una dichiarazione di inammissibilità.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 dicembre 2011 – 12 gennaio 2012, n. 512 Presidente Casucci – Relatore Chindemi Osserva in fatto Il Tribunale di Treviso, con sentenza in data 8 maggio 2007, dichiarava non doversi procedere nei confronti di C.M. e C.V. perché il fatto non sussiste, in relazione al reato di circonvenzione incapace, loro ascritto in concorso, per aver indotto M.P.L. classe , abusando dello stato di infermità e deficienza psichica dello stesso, a formare un testamento olografo a favore degli indagati. Proponeva appello, trasmesso per competenza a questa Corte, il Procuratore della Repubblica di Treviso deducendo violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento alla ritenuta mancanza di deficienza psichica del M. , rilevando come situazione di portata più modesta e non morbosa, asseritamente presenti nella fattispecie in esame, fossero idonee a incidere sulla libertà di autodeterminazione della persona. Motivi della decisione Il ricorso è inammissibile. Il Tribunale, con motivazione coerente e logica, ha valutato le circostanze emerse, prendendo in esame anche gli elementi a sostegno dell'ipotesi accusatoria, ritenendo, all'esito di uno accurato esame delle risultanze probatorie, ancorché dalla certificazione medica risultasse un deterioramento cognitivo di grado lieve la mancanza di una diminuzione della capacità del soggetto tali da alterare la sua libertà e spontaneità di autodeterminazione all'epoca in cui fu redatto il testamento a favore della C. e del marito. I giudici di merito hanno attentamente valutato le dichiarazioni dei testi escussi, ritenendo maggiormente attendibili quelle rese da soggetti che non avevano un interesse diretto nella vicenda. A solo titolo di esempio il teste G.L. , conoscente della famiglia, ha riferito che il M. , a suo parere, è sempre stato lucido e consapevole di quello che voleva e, avendo interpellato un medico di sua conoscenza Dott.ssa L B. per verificarne le condizioni mentali in epoca successiva al trasferimento della famiglia C. presso l'abitazione del M. , quest'ultimo le aveva riferito di averlo trovato in buone condizioni e lucido . Inoltre, a seguito di una visita medica effettuato nel mese di omissis al M. dal proprio figlio G. , quest'ultimo le aveva riferito di avere constatato le buone condizioni mentali dell'anziano e, nonostante le sollecitazioni alla prudenza da parte della teste, il M. le rispose che aveva aspettato anche troppo . B.L. , all'epoca vicesindaco del Comune di , ha riferito di aver visitato il M. , così come gli altri anziani del Comune, nelle festività di Natale e nel mese di omissis , dichiarando che il predetto si era lamentato dei parenti, riferendo di una conversazione del tutto normale, nel corso della quale il M. espresse liberamente le proprie opinioni e intenzioni. Anche il teste M.L. , omonima e legale del defunto, ha riferito di una normale lucidità del M. con riferimento alla cura dei propri interessi, rappresentando la sua ira e sfiducia nei confronti dei parenti, manifestandole l'intenzione di accogliere in casa la C. e la sua famiglia e di modificare il precedente testamento, disponendo dei beni in favore della donna. L'avvocato M. ha anche affermato di aver discusso con l'anziano il contenuto del testamento, redatto dalla stessa, affidato successivamente al notaio, dimostrando così il M. di essere consapevole dell'importanza giuridica dell'atto e del fatto che non venisse conservato in casa alla portata di terzi. Anche il teste Ros Ennio ha dichiarato che il M. era una persona autonoma, intraprendente, dotata di spirito d'iniziativa e fisicamente in buone condizioni compatibilmente con l'età che aveva . Il Tribunale, oltre ad aver ritenuto che non risulta la prova di una situazione di incapacità del M. ha rilevato mancare anche la condotta materiale del reato in quanto la sola circostanza della convivenza all'interno dell'abitazione del M. , da parte dei prevenuti, non può costituire abuso in assenza di qualsiasi concreta condotta di induzione, neanche ipotizzata nel suo concreto atteggiarsi nel capo d'imputazione. Tutti i predetti testi hanno riferito di aver appreso direttamente dall'anziano, in assenza degli imputati, le sue intenzioni testamentarie. Il Tribunale evidenzia, inoltre, come diverse circostanze rappresentate al Comune di da M M. siano state smentite. Ad esempio nell'esposto si descrive uno stato di assoluto abbandono del parente da parte della badante, il grande disordine e sporcizia in cui veniva tenuta la casa, la denutrizione dell'anziano per mancanza di adeguate cure, circostanze tutte smentite dalla relazione degli incaricati comunali che, avendo effettuato una visita a sorpresa, hanno riscontrato che il M. era pulito e sbarbato, stava consumando un pasto caldo, rilevando come la casa fosse ordinata e ben tenuta. Il Tribunale rileva come la decisione assunta di accogliere in casa la badante del marito e di nominarla erede universale non risponde, a seguito degli elementi emersi, a un impulso irragionevole, di cui sarebbe lecito ritenere l'induzione da parte di terzi, bensì a un ragionamento razionale e opportunistico dell'anziano, non più autosufficiente, che accogliendo in casa l'imputata ha corrisposto una parte del compenso sotto forma di vitto e alloggio, risparmiando così liquidità, garantendosi anche la costante presenza della donna, mentre con la redazione del testamento si è garantito l'assistenza della C. fino alla morte, come risulta dalla relativa clausola testamentaria. Non è illogico il ragionamento del Tribunale in base al quale il M. ha avuto vantaggi dalla redazione del testamento, indipendentemente dall'effetto negativo sulle aspettative successorie dei nipoti peraltro non legittimari. Non rilevante è stata ritenuta dal giudice di merito la circostanza, riferita dal medico di base, che negli ultimi mesi di vita il M. fosse inappetente, affetto da torpore e sonnolenza, trattandosi di una situazione sostanzialmente fisiologica per una persona di età avanzata circa 94 anni , affetta da diverse patologie. Correttamente e logicamente il Tribunale ha quindi ritenuto che il M. , all'epoca in cui ha redatto il testamento, fosse lucido e capace di esprimere le proprie idee e volontà, sia pure per il tramite del proprio legale. La lamentata illogicità della motivazione in realtà non esiste. Si tratta di una ricostruzione dei fatti, operata dalla sentenza, che si fonda su elementi concreti e si basa su una motivazione che appare logica e coerente. Si deve rimarcare che il sindacato di legittimità si limita al riscontro dell'esistenza di una motivazione che rispetti i canoni logici, verificando cioè che sussista una coordinazione logica tra le varie proposizioni della motivazione, senza alcuna possibilità di effettuare una diversa valutazione delle emergenze processuali, essendo limitati i vizi denunciabili, quanto alla motivazione, alla mancanza, alla manifesta illogicità o contraddittorietà risultante dal testo o da altri atti del processo. Ne consegue che le censure che vengono mosse nel ricorso, nei confronti di non condivise ricostruzioni dei fatti operate dal tribunale, non possono trovare spazio in questa sede, trattandosi di valutazioni di merito, fondate sull'apprezzamento di circostanze di fatto, peraltro alternative rispetto a quelle contenute nella gravata sentenza che, come si è detto, non appaiono affette da alcuna illogicità. Si deve rimarcare che il sindacato di legittimità si limita al riscontro dell'esistenza di una motivazione che rispetti i canoni logici, verificando cioè che sussista una coordinazione logica tra le varie proposizioni della motivazione, senza alcuna possibilità di effettuare una diversa valutazione delle emergenze processuali, essendo limitati i vizi denunciabili, quanto alla motivazione, alla mancanza, alla manifesta illogicità o contraddittorietà risultante dal testo o da altri atti del processo. Ne consegue che le censure che vengono mosse nel ricorso, nei confronti di non condivise ricostruzioni dei fatti operate dai giudici di appello, non possono trovare spazio in questa sede, trattandosi di valutazioni di merito, fondate sull'apprezzamento di circostanze di fatto, peraltro alternative rispetto a quelle contenute nella gravata sentenza che, come si è detto, non appaiono affette da alcuna illogicità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.