Il ladro va via a mani vuote. Possibile solo l’accusa di violazione di domicilio

In azione la coppia padre-figlio, ma il blitz non produce frutti nulla di interessante in casa. La condanna in primo e in secondo grado viene annullata, e la posizione dell’imputato viene alleggerita.

Padre e figlio unitissimi, anche nella caccia ad appartamenti da ‘visitare’. Alla componente old del duo, peraltro, viene affidato il ruolo del ‘palo’, anche se è, comunque, previsto un blitz in casa. Ma l’esito infausto della mission , ovvero uscita dall’appartamento a mani vuote, può rendere più leggera l’accusa. Non più tentato furto aggravato in appartamento, ma – chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 203, Sesta sezione Penale, depositata oggi – violazione di domicilio aggravata. Entrati e usciti La coppia padre-figlio tenta la fortuna in un appartamento, ma senza risultati. Il primo funge da ‘palo’, il secondo forza la finestra ed entra, ma la ‘visita’ non porta frutti i due vanno via a mani vuote. Nonostante quest’ultimo particolare, però, scatta comunque la condanna – in primo grado, prima, e in Appello, poi – per il padre, per tentato furto aggravato in appartamento. A contestare la decisione è il genitore, che presenta ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento della condanna e una pronuncia assolutoria per desistenza volontaria, avendo arrestato la sua condotta prima del compimento dell’azione esecutiva, interrotta da motivi di ordine pratico, legati alla circostanza del mancato rinvenimento di beni da asportare . Desistenza. Non punibilità per il ‘palo’ attivo? Questione tutta da valutare, per i giudici, alla luce della giurisprudenza Ciò che, però, viene criticato è il pensiero espresso dalla Corte di merito, ovvero il fatto che, alla luce della condotta dell’uomo, il quale non aveva portato via nulla, pur correttamente escludendo l’ipotesi del reato impossibile non sia stato ravvisato comunque l’esimente della desistenza volontaria . E, in questa ottica, non è comprensibile, secondo la Cassazione, la ragione per cui non sia stato valutato con attenzione il comportamento dell’uomo, ovvero il fatto che egli abbia preferito non persistere nel suo proposito criminoso e non asportare niente , anche tenendo presente che a nulla rileva che tale volontà si sia formata per l’assenza di oggetti di suo gradimento . Di conseguenza, è illogico punire colui che abbandona volontariamente il proposito criminoso . Per questo motivo, la sentenza di condanna viene annullata, l’uomo viene ora accusato di violazione di domicilio aggravata e la questione dovrà essere nuovamente affrontata dalla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 dicembre 2011 – 10 gennaio 2012, n. 203 Presidente Agrò – Relatore Gramendola Fatto e diritto D. G. A. ricorre per cassazione contro la sentenza in data 4/6/2010, con la quale la Corte di Appello di Palermo ha. confermato la decisione in data 21/11/2008 del Tribunale di Trapani, che lo aveva dichiarato colpevole del reato di tentato furto aggravato in appartamento, ex artt. 110-56-624/ bis -625 n. 2 cp e condannato alla pena di giustizia. Il predetto aveva fatto da palo al figlio, introdottosi in una abitazione, previa forzatura della finestra, e ne era uscito, dopo aver rovistato all'interno, senza asportare alcunché. A sostegno della richiesta di annullamento dell’impugnata decisione il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della norma penale in riferimento all'articolo 56/3 c.p., e sostiene che l'imputato avrebbe dovuto essere mandato assolto per desistenza volontaria, avendo arrestato la sua condotta prima del compimento dell'azione esecutiva, interrotta da motivi di ordine pratico, legati alla circostanza del mancato rinvenimento di beni da asportare, per cui o si versava nell'ipotesi del reato impossibile ex articolo 49/2 cp, ovvero doveva ritenersi che l’agente non abbia voluto, pur potendolo fare, impossessarsi di beni di cui valeva la pena asportare. Il ricorso è fondato sia pure nei limiti e con le precisazioni, che seguono. La giurisprudenza di questa corte, che qui pienamente si condivide, ha chiarito che, perché possa essere ritenuta sussistente la causa di non punibilità prevista dall'articolo 56/3 cp., é necessario che la volontà di desistere si sia formata per motivi di una qualsiasi natura, anche pratici, pur se si prescinde da quelli ideologici o dall'autentico pentimento, ma in maniera del tutto libera, non quando i motivi di desistenza prevalgano su quelli di persistenza nell'iter criminoso a cagione di fattori esterni, che coartino la volontà del reo, la quale in tal modo è viziata nella sua formazione Cass. sez. II 29/9-28/10/2009 n. 41484 Rv245233 Sez. IV 24/6-20/8/2010 n. 32145 Rv.288183 Sez. I 21/3-27/6/1989 n. 8864 Rv.181644 . Nel caso in esame non è condivisibile la decisione del giudice di merito, che nella condotta dell'imputato, che si era allontanato dall'abitazione, dopo averne forzato la porta di ingresso e rovistato all’interno di essa e messo tutto a soqquadro, senza avere asportato nulla, pur correttamente escludendo l'ipotesi del reato impossibile, non ha ravvisato comunque l’esimente della desistenza volontaria. Non ha valutato la corte di merito che tra le tante cose presenti, che potevano essere asportate, pur se di scarso valore, trattandosi di una abitazione rurale, l'imputato ha preferito non persistere nel suo proposito criminoso e di non asportare niente, determinandosi liberamente a tale scelta senza che intervenissero fattori esterni, a nulla rilevando che tale volontà si sia formata per l’assenza di oggetti di suo gradimento. Non corrisponde ai criteri della logica e alle regole del diritto punire colui, che abbandona volontariamente il proposito criminoso e di conseguenza nella specie anche il corresponsabile dell'azione criminosa, attuale ricorrente. Va da sé che negli atti. già compiuti è ravvisabile l’ipotesi del reato di concorso in violazione di domicilio aggravata, procedibile di ufficio, onde qualificata la condotta criminosa ex artt. 110-614/4 cp., la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo, che nel demandato nuovo giudizio proceda a carico dell'imputato in ordine a tale ipotesi di reato. P.Q.M. Qualificato il fatto come violazione di domicilio aggravata dall’articolo 614/4 cp., annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo.