Le scale condominiali sono luogo pubblico: la tentata violenza è anche contraria al pudore

Accettare il risarcimento del danno per le lesioni personali subite durante una tentata violenza sessuale, non vuol dire rimettere tacitamente la querela.

Il caso. Sulle scale di uno stabile condominiale, un ragazzo 26enne all’epoca dei fatti provocava la caduta di una giovane minorenne, sfilandole la gonna e tentando una violenza sessuale che, fortunatamente non veniva portata a termine grazie all’energica reazione della persona offesa. Oltre al reato di tentata violenza sessuale artt. 56 – 609 bis c.p. , l’imputato veniva condannato anche per i reati di atti osceni art. 527 c.p. e lesioni personali aggravate art 582, 585 c.p. . Presenta il ricorso per cassazione l’interessato, lamentando la mancata applicazione delle attenuanti, l’insussistenza del reato di atti osceni e l’insussistenza delle lesioni volontarie, anche perché l’avvenuto risarcimento del danno, secondo il ricorrente, aveva determinato di fatto la remissione di querela. La scalinata condominiale è un luogo pubblico. La S.C. sottolinea che la scalinata condominiale è adibita al passaggio di altre persone, quindi, costituisce luogo aperto al pubblico di conseguenza – precisa il Collegio - la condotta, concretizzatasi nello spogliare anche se solo parzialmente la giovane donna al fine di compiere atti sessuali sulla stessa, costituisce di per sé ed oggettivamente condotta contraria al comune sentimento del pudore , sussistendo così il reato di atti osceni art. 527 c.p. . L’accettazione del risarcimento non è una tacita rimessione di querela. Gli Ermellini, oltre a ritenere inapplicabili le attenuanti generiche - vista la rilevante invasività della sfera sessuale della persona offesa e il grave turbamento psichico subito – precisano che l’accettazione del risarcimento del danno da parte della persona offesa, non comporta di per sé solo la rimessione tacita della querela relativa al reato di cui all’art. 582 c.p. . Posto ciò, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46636/2011 depositata il 15 dicembre, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 novembre – 15 dicembre 2011, n. 46636 Presidente De Maio – Relatore Gentile Svolgimento del processo La Corte di Appello di Napoli, con sentenza emessa il 07/12/010, confermava la sentenza del Gup del Tribunale di S. Maria C. V., in data 14/05/09, appellata da P.L. , imputato dei reati di cui agli artt. 56 - 609 bis c.p. 527 c.p. 582, 585 c.p. [come contestati in atti ai capi a , b , e della rubrica] e condannato alla pena di anni due di reclusione pena sospesa. L'interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606, lett. b ed e c.p.p In particolare il ricorrente esponeva 1. che la decisione impugnata non era congruamente motivata quanto alla sussistenza della responsabilità penale dell'imputato, specie in relazione ai reati di cui agli artt. 56 e 609 bis cp 527 c.p L'avvenuto risarcimento del danno aveva determinato di fatto la rimessione di querela, quanto al reato di lesioni volontarie 2. che la pena inflitta era eccessiva, dovendosi concedere sia le attenuanti generiche che quella del fatto di minore gravità dovendosi, altresì, applicare la già concessa attenuante del risarcimento danni nella massima estensione. Tanto dedotto, il ricorrente chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata. Il P.G. della Cassazione, nella pubblica udienza del 09/11/011, ha chiesto l'inammissibilità del ricorso. Motivi della decisione Il ricorso è infondato. La sentenza della Corte Territoriale, unitamente alla decisione di 1^ grado - i due provvedimenti si integrano a vicenda - ha congruamente motivato tutti i punti determinanti della decisione. In particolare i giudici del merito, mediante un esame analitico e puntuale delle risultanze processuali, hanno accertato che P.L. - nelle condizioni di tempo e di luogo come individuate in atti - aveva posto in essere le seguenti condotte illecite a dopo aver raggiunto Pa.El. nata il , minore degli anni 18 all'epoca dei fatti, commessi il sulle scale di uno stabile condominiale provocava la caduta della giovane a terra, le sfilava la gonna, le abbassava la maglietta, le tappava la bocca e contestualmente tentava di compiere atti libidinosi sul corpo della donna, non riuscendo nell'intento, a causa della energica reazione della persona offesa, che determinava la fuga dell'uomo b provocava alla giovane donna, al fine di commettere la condotta descritta sopra, lesioni personali, giudicate guaribili in gg. 3. Ricorrevano, pertanto, senza ombra di dubbio nella fattispecie in esame, gli elementi costitutivi, soggettivo ed oggettivo, di tutti i reati contestati, ivi compreso quelli di atti osceni. Al riguardo si evidenzia che la scalinata condominiale - essendo adibita al passaggio sia dei condomini che dei terzi diretti verso i singoli appartamenti - costituisce luogo aperto al pubblico. La condotta, concretizzatasi nello spogliare anche se solo parzialmente la giovane donna al fine di compiere atti sessuali sulla stessa, costituisce di per sé ed oggettivamente condotta contraria al comune sentimento del pudore, come percepito attualmente dalla comunità sociale, con conseguente sussistenza dell'elemento obiettivo del reato di cui all'art. 527 c.p Per contro, le censure dedotte nel ricorso sono del tutto generiche, perché meramente ripetitive di quanto esposto in sede di Appello, già ampiamente ed esaustivamente valutate dalla Corte Territoriale. Sono infondate perché in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai giudici di merito. Dette doglianze, peraltro, costituiscono nella sostanza eccezione in punto di fatto, perché non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perché in violazione della disciplina di cui all'art. 606 c.p.p. [Giurisprudenza consolidata Cass. Sez. Unite Sent. n. 6402 del 02/07/97, rv 207944 Cass. Sez. Unite Sent. n. 930 del 29/01/96, rv 203428 Cass. Sez. 1^ Sent. n. 5285 del 06/05/98, rv 210543 Cass. Sez. 5^ Sent. n. 1004 del 31/01/2000, rv 215745 Cass. Sez. 5^ Ord. N. 13648 del 14/04/2006, rv 233381]. Ad abundantiam, si evidenzia altresì 1. che l'accettazione del risarcimento del danno da parte della persona offesa, non comporta di per sé solo la rimessione tacita della querela relativa al reato di cui all'art. 582 cp 2. che la rilevante invasività della sfera sessuale della persona offesa realizzata dall'imputato con la sua condotta illecita nonché il grave turbamento psichico subito dalla medesima persona offesa , sono circostanze ostative alla concessione dell'attenuante del fatto di minore gravità, di cui all'art. 609 bis, 3^ comma, c.p 3. che la gravità della condotta commessa dal P. peraltro similare ad un precedente comportamento posto in essere in danno di altra donna come accertato in atti , costituisce circostanza ostativa alla concessione delle attenuanti generiche 4. che la pena inflitta è proporzionata all'entità dei fatti ed alla personalità del ricorrente il tutto in conformità ai parametri di cui all'art. 133 c.p Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da P.L. con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.