Reddito autocertificato minore di quello effettivo, nessuna truffa per la conseguente esenzione dal ticket

Assolta una donna, anziana e poco pratica in materia fiscale. Aveva conteggiato solo la propria pensione, non il reddito del figlio convivente. Omissione compiuta senza dolo, secondo i giudici.

Anziana e poco pratica in materia fiscale. Allora, l’errore nella ‘certificazione’ del reddito familiare è scusabile, e il vantaggio conseguente, ovvero l’esenzione dal pagamento del ticket sanitario, non può dar sostanza all’accusa di truffa Cassazione, sentenza numero 46278/2011, seconda sezione penale, depositata ieri . Ticket. Una semplice autocertificazione diventa, per una anziana signora, motivo di grande preoccupazione. Tanto da essere condannata, in primo grado, per falso e truffa. L’accusa? Aver dichiarato un reddito familiare inferiore a quello effettivo - omettendo di conteggiare quello del figlio convivente –, ottenendo così indebitamente prestazioni sanitarie gratuite A ribaltare la pronuncia, però, è la Corte d’Appello, che assolve la donna perché il fatto non costituisce reato per la mancanza dell’elemento soggettivo del reato . Che errore? A contestare l’assoluzione, però, è il Procuratore Generale, con ricorso per cassazione. A suo avviso, difatti, l’errore compiuto nella autocertificazione del reddito familiare non è errore di fatto, quale causa di esclusione dell’elemento soggettivo del reato ma, bensì, errore di diritto , da vagliare, quindi, sotto il profilo della scusabilità o evitabilità dell’errore . La questione va riesaminata, secondo il Procuratore Generale, partendo, come detto, dall’esame delle caratteristiche dell’errore, e tenendo presente che non è possibile invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale . Inconsapevolezza. La posizione della donna, però, viene considerata non attaccabile anche dai giudici della Cassazione, che respingono il ricorso del Procuratore Generale e confermano l’assoluzione. Alla base della decisione la considerazione – espressa in Appello, e condivisa dalla Cassazione – che è mancata la consapevolezza , da parte della donna, di trarre in inganno il destinatario della dichiarazione e di conseguire illecitamente il beneficio dell’esenzione del pagamento del ticket sanitario . Più sinteticamente, è mancato l’elemento psicologico del reato . Difatti, la donna, poco pratica in materia fiscale, aveva dichiarato solo il reddito personale e non quello familiare, non considerando il reddito del proprio figlio convivente, prossimo a sposarsi, che non contribuiva alle esigenze del nucleo familiare . Ma quell’omissione è stata commessa, secondo i giudici, senza dolo, come dimostrato, infine, anche dal fatto che la donna, nella autocertificazione, aveva indicato correttamente il proprio reddito personale, costituito da una pensione al minimo mentre dai controlli effettuati dalla Guardia di Finanza risultava un reddito pari a zero .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 23 novembre – 14 dicembre 2011, n. 46278 Presidente Esposito – Relatore Chindemi Osserva in fatto Il Tribunale di Avellino, con sentenza in data 13/12/2005, dichiarava D.C.E.E. colpevole di falso e truffa per aver dichiarato, nella dichiarazione auto - certificativa, un reddito familiare inferiore a quello effettivo, ottenendo indebitamente prestazioni sanitarie gratuite e condannata, concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, alla pena di mesi quattro di reclusione e Euro 200 di multa, con i doppi benefici di legge. La Corte di appello di Napoli, con sentenza in data 11/2/2010, in riforma della sentenza appellata dell'imputata, la assolveva perché il fatto non costituisce reato per la mancanza dell'elemento soggettivo del reato. Proponeva ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Napoli lamentando l'erronea applicazione della legge penale ritenendo trattarsi non di un errore di fatto, quale causa di esclusione dell'elemento soggettivo del reato, ma di errore di diritto, dovendo essere vagliato sotto il profilo della scusabilità o evitabilità dell'errore, ai sensi dell'art. 5 c.p Il difensore produceva memoria difensiva illustrativa volta a puntualizzare i motivi di ricorso. Motivi della decisione il ricorso è infondato. La Corte territoriale ha rilevato, con motivazione non illogica, che la D.C. , nel dichiarare il proprio reddito, non essendo pratica in materia fiscale, aveva dichiarato solo quello personale e non quello familiare, non considerando il reddito del proprio figlio convivente, di circa quarant’anni, prossimo a sposarsi che non contribuiva alle esigenze del nucleo familiare, ritenendo mancare, sotto il profilo dell'errore nella dichiarazione, l'elemento soggettivo, cioè il dolo nel rendere false dichiarazioni, avendo peraltro indicato correttamente nella stessa dichiarazione il proprio reddito personale costituito da una pensione al minimo, pur risultando dei controlli effettuati dalla Guardia di Finanza un reddito pari a zero. Non viene quindi prospettata dai giudici di merito, in via principale, alcuno errore di diritto. La Corte di merito ha ritenuto mancare la consapevolezza, da parte della D.C. , di occultare il reddito del figlio al fine di trarre in inganno il destinatario della dichiarazione medesima e di conseguire illecitamente il beneficio dell'esenzione del pagamento del ticket sanitario, ritenendo, in via prioritaria, mancare l'elemento psicologico del reato, prospettando, solamente in via subordinata, un possibile errore, peraltro di fatto, dell'imputata. Tale valutazione non è illogica, mentre le argomentazioni del ricorrente Procuratore Generale ipotizzano una diversa ricostruzione dei fatti, inammissibile nel ricorso per Cassazione. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.