Acquisiti i campioni biologici senza l’avvocato? Legittimo se l’indagato non è stato costretto

Se l’indagato non è costretto, è legittima la raccolta dei campioni biologici, senza la presenza del proprio avvocato.

Il caso. Il Tribunale della libertà confermava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di un ragazzo 21enne, accusato del reato di rapina aggravata. Il ricorso per cassazione viene presentato dall’imputato che afferma la nullità degli accertamenti tecnici irripetibili, violazione del diritto di difesa e mancanza di valenza scientifica di valore indiziario degli elementi posti a base dell’ordinanza custodiale. Il ricorrente aggiunge che dall’esame di un cappellino emerge un profilo genetico misto, pertanto manca l’univocità delle risultanze tecniche. Ma quando è necessaria la presenza dell’avvocato? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45929/2011 depositata il 9 dicembre, sostiene che, mentre lo studio e la valutazione critica dei campioni biologici è un’attività ripetibile e, quindi, verificabile dal difensore, l’attività di raccolta o prelievo di tali campioni è irripetibile e non invasiva, di conseguenza, non è necessaria la presenza della difesa. I campioni sono stati raccolti senza costrizione dell’indagato. In più, nella fattispecie, il campione di saliva è stato acquisito a seguito di sputo su un fazzoletto, senza costrizione dell’indagato, su invito dell’operante , quindi è stato eseguito nel rispetto delle norme. Infatti, citando la Corte Costituzionale sent. 238/1996 , il Collegio precisa che non è consentito eseguire coattivamente prelievi di reperti organici sulla persona dell’indagato/imputato al fine di accertamenti peritali , tuttavia, è legittima la raccolta posta in essere tramite il corretto uso del potere-dovere di perquisizione e sequestro, anche se sia finalizzato alla raccolta delle cosiddette tracce biologiche . La S.C., quindi, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 24 novembre – 9 dicembre 2011, n. 45929 Presidente Cosentino – Relatore Chindemi In fatto Il Tribunale della libertà di Caltanissetta, con ordinanza in data 1 giugno 2011, confermava l'ordinanza, in data 10/5/2011, del GIP presso il Tribunale di Nicosia, applicativa della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di C.G. in relazione al reato di rapina aggravata, in concorso, commessa in omissis . Proponeva ricorso per cassazione il difensore dell'indagato deducendo i seguenti motivi a nullità degli accertamenti tecnici irripetibili, violazione dell'articolo 360 c.p.p., violazione del diritto di difesa e mancanza di valenza scientifica di valore indiziario degli elementi posti a base della ordinanza custudiale, con particolare riferimento al cappellino, oggetto di accertamento irripetibile. b mancanza di univocità delle risultanze tecniche e violazione dell'articolo 273, comma uno, c.p.p. essendo emerso, dall'esame del cappellino un profilo genetico misto, derivante da tracce biologiche relativa a 2 o più persone. Motivi della decisione 1 Va disatteso il motivo di ricorso relativo al mancato avviso al difensore indipendentemente dalla circostanza, che non emerge con chiarezza dagli atti, se il procedimento fosse, all'epoca a carico di ignoti con riferimento all'attività di raccolta o di prelievo di campioni biologici, attività priva di carattere di invasività e quindi del necessario intervento della difesa, mentre soltanto il loro studio e la loro valutazione critica costituisce attività tecnica sempre ripetibile e verificabile dal difensore Sez. 2, Sentenza n. 37708 del 24/09/2008 Cc. dep. 03/10/2008 Rv. 242094 . Circa le perplessità della difesa sulle modalità di acquisizione del campione di saliva, il Tribunale ha chiarito che risulta acquisito a seguito di sputo su un fazzoletto, senza alcuna costrizione dell'indagato, su invito dell'operante. Anche se per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 1996, che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 224, comma secondo, cod. proc. pen., e fino al sopravvenire di una normativa ad hoc , non è consentito eseguire coattivamente prelievi di reperti organici sulla persona dell'indagato/imputato al fine di espletare accertamenti peritali, resta, tuttavia, legittima la raccolta di qualsiasi elemento probatorio posta in essere tramite il corretto uso del potere-dovere di perquisizione e sequestro, anche se sia finalizzato alla raccolta delle cosiddette tracce biologiche capelli, sangue, cute, saliva e sperma . Peraltro, nella fattispecie il prelievo di saliva e avvenuto volontariamente da parte dell'indagato, con esclusione di qualunque profilo di illegittimità. Il Tribunale ha anche qualificato l'accertamento molecolare compiuto sul cappellino in sequestro in termini di ripetibilità, non trattandosi di res soggetta a consumazione, idonea, in quanto tale, a mantenere intatte nel tempo le proprie caratteristiche. Anche se tale motivazione appare inesatta in quanto l'accertamento tecnico non era finalizzato a verificare le caratteristiche del cappellino, quali, ad esempio, il peso, la forma, la dimensione, la misura, ma a ricercare sullo stesso eventuali tracce di materiale biologico da cui estrapolare il Dna, quindi saliva, sangue, sudore, capelli, va affermata la ripetibilità delle operazioni di esame molecolare di tali elementi non soggetti a consumazione. L'attività tecnica di estrapolazione di profili molecolari, in base a quanto emerge dagli atti, risulta svolta quando il procedimento era ancora iscritto a carico di ignoti, circostanza che non può comportare l'avviso al difensore e all'indagato che assuma tale veste in epoca successiva. Infatti il prelievo di tracce biologiche su un oggetto rinvenuto nel luogo del commesso reato e le successive analisi dei polimorfismi del DNA., per l'individuazione del profilo genetico per eventuali confronti, sono utilizzabili se non sia stato possibile osservare, in quanto l'indagine preliminare si svolgeva contro ignoti, le garanzie difensive Sez. 2, Sentenza n. 37708 del 24/09/2008 Cc. dep. 03/10/2008 Rv. 242094 Conclusivamente il ricorso va rigettato. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. Non conseguendo dalla presente sentenza la rimessione in libertà dell'indagato, si dispone che la cancelleria, ai sensi dell'art. 94, comma 1-ter, delle norme di attuazione del codice di procedura penale, trasmetta copia di questo provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario nel quale è detenuto il ricorrente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.