Arresti domiciliari e poi assoluzione, ma niente risarcimento

L'assoluzione in appello non dà automaticamente diritto al risarcimento per ingiusta detenzione. L'intervenuta assoluzione non incide sulla causalità tra leggerezza grave e adozione del provvedimento cautelare.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34386/2011 depositata il 20 settembre, ha affermato che l'assoluzione in appello non dà automaticamente diritto al risarcimento per ingiusta detenzione. L'intervenuta assoluzione, infatti, non incide sulla causalità tra leggerezza grave e adozione del provvedimento cautelare. Il caso. I giudici di primo grado condannavano un agente per il disbrigo di pratiche automobilistiche per ripetuta reimmatricolazione di vetture rubate e di grande valore in favore di soggetto munito di documenti falsi. I reati contestati erano falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici art. 479 c.p. , riciclaggio art. 648 bis c.p. e contraffazione di altri pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione e uso di tali sigilli e strumenti contraffatti art. 468 c.p. . Ma, in secondo grado, arriva l'assoluzione perché il fatto non sussiste art. 530 c.p.p. e, di conseguenza, l'imputato chiede la riparazione da ingiusta detenzione pari a € 75.000 per 84 giorni di arresti domiciliari. Richiesta che viene rigettata. Nessun risarcimento per la detenzione domiciliare. Nel ricorso per cassazione si deduce che la misura custodiale non sarebbe stata determinata da colpa grave del prevenuto, ma dalla superficialità e svogliatezza nell'esame degli atti di indagine acquisiti in parte non correttamente percepiti e, in parte neppure presi in considerazione . Si tratta di una leggerezza grave della condotta professionale del ricorrente. La S.C., invece, sottolinea che l'intervenuta assoluzione non incide in alcun modo sul rapporto causale ragionatamente accertato dal giudice di merito tra colpevole leggerezza nonché mancanza di professionalità nella gestione delle pur delicate funzioni di agenzia e spinta di per sé determinante della adozione del provvedimento cautelare . Pertanto, il ricorso viene rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 14 giugno - 20 settembre 2011, n. 34386 Presidente Morgigni - Zecca Ritenuto in fatto Con ordinanza resa in esito all'udienza camerale del 21/1/2010 la Corte di Appello di Napoli ha rigettato la domanda proposta da P. E., per ottenere riparazione da ingiusta detenzione pari a € 75.000 per 84 giorni di arresti domiciliari. Il P. presenta ricorso per cassazione per ottenere l'annullamento del provvedimento appena sopra menzionato. Il ricorso censura l'ordinanza di rigetto per 1 Violazione degli artt. 606 co. 1 lett. b c.p.p. e 314 c.p.p., per errata applicazione della disciplina della colpa grave la misura custodiale sarebbe stata determinata non da colpa grave del P. ma da una superficialità e svogliatezza nell'esame degli atti di indagine acquisiti in parte non correttamente percepiti e, in parte neppure presi in considerazione . 2 Violazione degli artt. 606 co. 1 lett e c.p.p., per mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo dell'ordinanza impugnata e dai singoli atti del processo analiticamente menzionati e allegati a ricorso per cassazione. All'udienza camerale del 14/6/2011 il ricorso è stato deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito. Considerato in diritto La parte ricorrente era stata indagata per i delitti di cui agli artt. 48, 61 n. 2, 81 cpv. 479 c.p. nonché 81 cpv., 110, 648 bis c.p. nonché 61 n. 2, 81 cpv., 110, 476, 477, 482 c.p. e infine per 61 n. 2, 81 cpv., 110, 468 c.p. e assoggettata a 87 giorni di misura cautelare domiciliare. Il P. era stato poi condannato in primo grado per il primo, il secondo e il quarto dei reati a lui addebitati, mentre per il quarto addebito era stata pronunziata sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato causata da intervenuta prescrizione. La sentenza di appello, poi divenuta irrevocabile, assolveva ex art. 530 c.p.p. il P. dai reati a lui addebitati. Questa Corte rileva che diversamente da quanto asserito in ricorso, il provvedimento impugnato individua esplicitamente , secondo la specifica valutazione che spetta al giudice della riparazione valutazione ben diversa da quella operata nel giudizio penale in chiave di accertamento della responsabilità per i reati addebitati , una leggerezza grave della condotta professionale del P., esercente attività di agente per il disbrigo di pratiche automobilistiche, messa in opera per ripetuta reimmatricolazione di vetture rubate e di grande valore in favore di soggetto munito di documenti falsi attestanti il più diffuso nominativo del territorio Gennaro Esposito e mai verificati dallo stesso P Si deve sottolineare che l'ordinanza di applicazione della misura cautelare è stata confermata in sede di riesame. La intervenuta assoluzione dai reati addebitati non incide in alcun modo sul rapporto causale ragionatamente accertato dal giudice di merito tra colpevole leggerezza nonché mancanza di professionalità nella gestione delle pur delicate funzioni di agenzia, e spinta di per sé determinante della adozione del provvedimento cautelare. Non devono essere liquidate spese in favore del Ministero dell'Economia in considerazione della linea motivazionale specificamente qui adottata. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.