Nessuna risposta al citofono, ma era guasto: violazione dei domiciliari tutta da dimostrare

Controllo dei carabinieri che non va a buon fine. L'allontanamento, però, non è scontato. Anche perché l'amministratore di condominio conferma il problema

Solito controllo di routine nei confronti di una persona agli arresti domiciliari prima diverse bussate al citofono, poi una telefonata sul cellulare. Risposte nessuna. Eppure la violazione della misura cautelare non può essere considerata automatica. Anzi, essa deve essere dimostrata in maniera chiara, soprattutto se la persona 'incriminata' pone sul tavolo elementi di rilievo a proprio favore. Bussata a vuoto. La storia in questione - affrontata dalla Cassazione con sentenza n. 34281, Sesta sezione Penale, depositata ieri - è davvero curiosa. I carabinieri di turno, addetti a verificare la presenza della persona ai domiciliari, effettuano l'usuale controllo, nella serata di Ferragosto bussano al citofono, senza ottenere risposta poi fanno una telefonata sul cellulare del condannato - per produzione, detenzione e traffico di stupefacenti -, anche in questo caso a vuoto. E deducono la violazione della misura cautelare. Conseguenze? Passaggio obbligato dai domiciliari alla prigione. Anche perché le rimostranze del condannato vengono respinte dal Tribunale. Secondo il condannato il citofono era guasto, ma i carabinieri avevano affermato di aver notato, in occasione del controllo, altra persona entrare nello stabile dopo aver citofonato . Quindi, of course, il citofono non poteva essere guasto! Chiuso per guasto tecnico. Tutto concluso? Relativamente Perché la persona condannata, e ora in prigione, decide di presentare ricorso in Cassazione, contestando la ricostruzione effettuata dal Tribunale. Innanzitutto, il citofono guasto era soltanto quello del suo appartamento, non quello degli altri condomini. Eppoi, il cellulare contattato dai carabinieri, afferma ancora, era nella disponibilità di un suo familiare, che all'epoca era in Albania . Inoltre, la mancata affissione al citofono di un cartello che ne segnalasse il guasto non poteva, secondo questa ricostruzione, essere sufficiente a ritenere violati i domiciliari. Senza dimenticare, viene sottolineato nel ricorso, che i carabinieri sarebbero comunque potuti entrare nello stabile in cui era ubicato l'appartamento, facendo aprire il cancello dagli addetti alla vigilanza che prestavano servizio continuativo . Amministratore di condominio in soccorso. Tutti questi elementi vengono attentamente valutati dai giudici di piazza Cavour. Che sottolineano come il Tribunale avrebbe dovuto prenderli in esame, in maniera più approfondita, prima di rigettarli, per poi confermare la custodia in carcere. Tenendo presente, peraltro, che, a sostegno della ricostruzione proposta dalla persona nel ricorso, c'era anche un altro elemento la dichiarazione dell'amministratore del condominio, il quale, incaricato di attivarsi per la relativa riparazione , non aveva potuto provvedere per le difficoltà incontrate, dato il periodo, nel reperimento del tecnico . Anche per questo, il ricorso viene accolto dal Palazzaccio, che rimette la questione alla valutazione, più approfondita, del Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 giugno - 16 settembre 2011, n. 34281 Presidente Mannino - Relatore Milo Fatto e diritto 1. Deve premettersi che nei confronti di A. A. del reato di cui agli art. 73 e 80 dpr n. 309/'90, per il quale aveva già riportato condanna in primo grado, era stata disposta, in data 2/9/2010, la sostituzione -ex art. 276 cod. proc. pen.- della misura cautelare degli arresti domiciliari a cui era sottoposto con quella più rigorosa della custodia in carcere, in quanto i Carabinieri addetti al controllo, recatisi presso la sua abitazione la notte del precedente 15 agosto, pur avendo ripetutamente bussato al citofono, non avevano ricevuto alcuna risposta e ne avevano dedotto l'arbitrario allontanamento dell'imputato dal luogo di restrizione domiciliare. 2. Il Tribunale di Bari, con ordinanza 17/1/2011, decidendo in sede di appello ex art. 310 Cod. proc. pen., confermava il provvedimento 9/9/2010 della Corte d'Appello di Bari, che aveva rigettato la richiesta, avanzata dall'imputato, di revoca della custodia in carcere e di ripristino degli arresti domiciliari. Il Tribunale riteneva accertata, sulla base di quanto riferito dai Carabinieri, la trasgressione da parte dell'imputato alle prescrizioni degli arresti domiciliari, considerato che l'assunto difensivo del presunto guasto al citofono non era stato dimostrato e, anzi, era smentito dalla circostanza che i verbalizzanti, in occasione del controllo eseguito la notte del 15/8/20lO avevano notato altra persona entrare nello stabile dopo avere citofonato. 3.Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l 'imputato, deducendo il travisamento della prova in ordine al ritenuto funzionamento del citofono e l'illogicità della motivazione nella parte in cui non aveva dato alcun rilievo alle allegazioni difensive. La difesa ha, inoltre, depositato memoria con la quale ha eccepito l'omessa notifica all'imputato dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale dinanzi al Tribunale. 4. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito precisate. Preliminarmente va disattesa l'eccezione in rito, dedotta con la memoria difensiva, considerato che l'avviso dell'udienza camerale ex art. 310 cod proc. pen. dinanzi al Tribunale risulta essere stato regolarmente e tempestivamente notificato ali'imputato a mani proprie presso la Casa Circondariale di Lecce. Pertinenti e rilevanti sono, invece, le censure mosse all'apparato argomentativo su cui riposa l'ordinanza impugnata, che, in maniera frettolosa e superficiale, ritiene provata la violazione da parte dell'imputato del divieto di allontanarsi dal luogo di restrizione domiciliare, sulla base della sola inferenza conseguente alla mancata risposta al citofono ripetutamente azionato dai Carabinieri addetti al controllo. Tale conclusione, basata su una mera presunzione, omette di analizzare specificamente, sia pure per disattenderle motivatamente, le articolate allegazioni difensive e non è conseguentemente sorretta da adeguato e logico percorso argomentativo. Ed invero, l'imputato, a dimostrazione del guasto del citofono che serviva la sua abitazione, ha allegato la corrispondente dichiarazione dell'amministratore del condominio, A. P., incaricato di attivarsi per la relativa riparazione, non potuta tempestivamente eseguire per le difficoltà incontrate, dato il periodo feriale, nel reperimento del tecnico. Non ha mancato l'imputato di sottolineare, a propria difesa, le seguenti ulteriori circostanze. non prive di rilievo a dal constatato funzionamento regolare del citofono che serviva l'appartamento di altro condomino non poteva inferirsi anche l'efficienza dell'impianto relativo al proprio appartamento b il numero di utenza mobile .che pure i Carabinieri avevano inutilmente tentato di contattare, per verificare la sua presenza in casa, non era nella sua disponibilità, ma in quella di un suo familiare che, all'epoca, era in Albania c la mancata affissione al citofono di un cartello che ne segnalasse il guasto non dimostrava la trasgressione alle prescrizioni inerenti alla misura cautelare d i Carabinieri sarebbero comunque potuti entrare nello stabile in cui era ubicato il suo appartamento, facendo aprire il cancello dagli addetti alla vigilanza, che prestavano servizio continuativo. A tali specifici rilievi l'ordinanza in verifica non dà alcuna risposta e deve, pertanto, essere annullata con rinvio al Tribunale di Bari, che dovrà, con ampia libertà di giudizio riesaminare il caso e motivare adeguatamente e logicamente la decisione che andrà ad adottare. Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all'art. 94/l 0ter disp. att. cod. proc. pen P.q.m. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bari. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94/1°ter disp. att. cod. proc. pen