Spazi più ampi per l'applicabilità della normativa

di Davide Galasso

di Davide Galasso * Il giudice dell'esecuzione, ai fini dell'accoglimento o rigetto della domanda di sospensione dell'esecuzione dell'ingiunzione a demolire un manufatto abusivo, emessa dall'Autorità Giudiziaria, deve in primo luogo accertare se è stata presentata domanda di condono ai sensi della l. n. 724/94 ovvero del d.l. n. 269/03, convertito in l. 326/03. Egli deve inoltre verificare la tempestività della domanda, la proponibilità della stessa, l'effettiva ultimazione dei lavori entro il termine previsto per l'accesso al condono, il tipo di intervento e le relative dimensioni volumetriche, la sussistenza di cause di non condonabilità assoluta, l'avvenuto integrale versamento della somma dovuta ai fini dell'oblazione, l'eventuale rilascio di un permesso in sanatoria o alla sussistenza di un permesso in sanatoria tacito e, eventualmente, acquisire informazioni, presso le competenti autorità amministrative, circa le ragioni per le quali la domanda non è stata accolta. Ciò al fine di verificare la possibilità di un suo accoglimento entro tempi ragionevoli. Lo ha stabilito la Terza sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23996, depositata il 15 giugno 2011. La fattispecie. La pronuncia in esame prende le mosse da un'ordinanza con la quale il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Portici, in funzione di giudice dell'esecuzione, aveva respinto un'istanza di revoca di un'ingiunzione a demolire un manufatto abusivo, emessa dal P.M. in esecuzione di un ordine contenuto in sentenza di condanna. Tale decisione veniva impugnata dal ricorrente, il quale, oltre alla violazione ed all'errata applicazione della legge sul condono edilizio, denunciava altresì vizi di motivazione del provvedimento impugnato, relativi - da un lato - alla ritenuta inapplicabilità del divieto di emissione di autorizzazione paesaggistica in sanatoria art. 146 d.lgs. n. 42/04 ai casi di condono edilizio ex l. n. 724/94, nonché - dall'altro lato - all'inapplicabilità della disciplina ordinaria in materia di accertamento di conformità di interventi edilizi art. 36 d.p.r. n. 380/01 , ove siano applicabili le diverse e speciali norme in materia di condono edilizio. Le differenti discipline vigenti in materia di condono edilizio. Preliminarmente, la Suprema Corte effettua un'importante distinzione fra la normativa di cui alla legge sul condono edilizio art. 39, comma 8, l. 724/94 e quella contenente disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici art. 32, comma 26, lett. a e b d.l. n. 269/03, convertito in l. n. 326/03 . In particolare, la Corte sottolinea la più estesa portata applicativa della disciplina del condono edilizio del 1994 rispetto a quella del 2003, attesa la possibilità di fruire della sanatoria anche nei casi di abusi edilizi che non possano essere qualificati come minori , purché la relativa istanza sia presentata per opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993, e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi, ivi incluse le opere abusive, realizzate sempre entro il 31 dicembre 1993, relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria art. 39, comma 1, l. n. 724/94 . La legge sul condono edilizio ha carattere di specialità. Accogliendo parzialmente i motivi esposti dal ricorrente, la Cassazione sottolinea altresì la specialità della normativa del 1994 rispetto a quella di cui al c.d. Testo Unico dell'Edilizia. Da ciò discende, per i Giudici di Piazza Cavour, l'assenza del divieto di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica in sanatoria art. 146, comma 4, d.lgs. n. 42/04 , ove quest'ultima sia stata richiesta non già in via ordinaria, bensì ai sensi della citata legge sul condono edilizio. La Cassazione rileva inoltre l'inapplicabilità ratione temporis del predetto divieto agli abusi commessi prima del 24 febbraio 2004, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 42/04. * Avvocato

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 maggio - 15 giugno 2011, numero 23996 Presidente De Maio - Relatore Lombardi Considerato in fatto e diritto Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Portici, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha respinto l'istanza, proposta da D.C. G., di revoca dell'ingiunzione a demolire un manufatto abusivo emessa dal P.M. in data 5.6.2009 in esecuzione dell'ordine contenuto nella sentenza del Pretore di Portici del 13.6.1996, divenuta irrevocabile il 27.9.1996. Il giudice dell'esecuzione ha osservato che nel caso in esame non sussistono elementi idonei a dimostrare che l'istanza di condono edilizio presentata dalla interessato sia suscettibile di concludersi favorevolmente con l'emanazione di atti incompatibili con I'ordine di demolizione emesso dall' autorità giudiziaria. È stata, al contrario, rilevata nell'ordinanza la inapplicabilità della normativa sul condono edilizio al manufatto di cui è stato disposto l'abbattimento, in quanto ubicato in zona vincolata in cui è possibile ottenere la sanatoria solo per gli interventi edilizi di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di cui ai numero 4, 5 e 6 dell'allegato I restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria , previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo. E' stato inoltre osservato che l'art. 146, comma 10, del d.lgs. numero 42/2004 ha espressamente sancito il divieto e l'inefficacia di nulla osta paesaggistici rilasciati dopo l'esecuzione delle opere, sicché la possibilità di sanatoria ex art. 36 del d.p.r. numero 380/2001 deve intendersi limitata alle sole zone non vincolate. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore del D.C., che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione. Il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione dell'art. 39 della l. numero 724 del 23.12.1994. Si deduce, in sintesi, che la norma citata non prevede alcun limite alla condonabilità dei manufatti realizzati in zona vincolata, previo rilascio del nulla osta da parte dell'amministrazione competente alla tutela del vincolo, sicché il giudice dell'esecuzione, nel disporre la sospensione o revocate dell'ordine di demolizione, deve controllare esclusivamente che la domanda sia stata proposta tempestivamente, nonché la regolarità formale e sostanziale della stessa in relazione della previsione della predetta legge. Si deduce inoltre che nel caso in esame non risulta applicabile il divieto di emissione della autorizzazione paesaggistica in sanatoria, di cui all'art. 146 del d.lgs. numero 42/2004, costituendo la citata normativa sul condono edilizio una legge speciale, che deroga alla norma ordinaria e, pertanto, la legge speciale avrebbe dovuto formare oggetto di espressa abrogazione. Si osserva infine che l'ordinanza ha fatto impropriamente riferimento all'art. 36 del d.p.r. numero 380/2001, che disciplina la possibilità di sanatoria ordinaria degli abusi edilizi, mentre nella specie si applicano le disposizioni sul condono edilizio. Con memoria depositata il 20.4.201I il difensore del D.C. ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati. Secondo l'ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, in sede di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con la sentenza di conferma, il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione dell'esecuzione, a seguito dell'avvenuta presentazione della domanda di condono edilizio, deve accertare la esistenza delle seguenti condizioni a la tempestività e proponibilità della domanda b la effettiva ultimazione dei lavori entro il termine previsto per l'accesso al condono c il tipo di intervento e le dimensioni volumetriche d la insussistenza di cause di non condonabilità assoluta e l'avvenuto integrale versamento della somma, dovuta ai fini dell'oblazione f l'eventuale rilascio di un permesso in sanatoria o la sussistenza di un permesso in sanatoria tacito. cfr. sez. III, 12.12.2003 numero 3992 del 2004, Russetti, RV 227558 sez IV 5.3.2008 numero 15210, Romano, RV 239606 sez. III, 26.9.2007 numero 38997, Di Somma, RV 237816 . Va quindi rilevato che l'art. 39, comma 8, della numero 724 del 23.12.1994 stabilisce che Nel caso di interventi edilizi nelle zone e fabbricati sottoposti a vincolo ai sensi delle leggi 1 giugno 1939 numero 1089, 29 giugno 1939 numero 1497, e del decreto legge 27 giugno 1085 numero 312, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985 numero 431, il rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria, subordinato al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, estingue il reato per la violazione del vincolo stesso . La citata legge sul condono edilizio inoltre, a differenza di quanto previsto dall'art. 32, comma 26 lett. a e b , del d. l. numero 269/2003, convertito con modificazioni dalla legge numero 326/2003, non limita la possibilità di fruire della sanatoria ai soli abusi minori, ma pone quali limiti quelli stabiliti in generale dal primo comma del medesimo articolo per tutte le tipologie di abuso. La giurisprudenza citata nell'impugnato provvedimento, infatti, si riferisce esclusivamente alla applicabilità del condono edilizio previsto dal d.l. numero 269/2003, convertito in . numero 326/2003. Deve essere inoltre osservato che la normativa sul condono edilizio assume certamente carattere di specialità rispetto alle disposizioni che disciplinano la possibilità di sanatoria degli abusi edilizi in via ordinaria art. 36 del d.p.r. numero 380/2001 , sicché il divieto di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica in sanatoria, di cui all'art. 146, comma 4, del d.lgs. numero 42/2004, come sostituito dall'art. 2 comma 1 lett. s , del d.lgs. numero 63/2008, non si applica alle ipotesi in cui la sanatoria stessa sia prevista da una normativa speciale quale quella in materia di condono edilizio. Peraltro, va anche osservato che il predetto divieto deve ritenersi applicabile esclusivamente agli abusi commessi successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. numero 42/2004. Alla luce dei citati principi di diritto e riferimenti normativi, pertanto, il giudice dell'esecuzione, ai fini dell'accoglimento o rigetto della domanda di sospensione dell'esecuzione, deve accertare se nel caso in esame è stata presentata domanda di condono ai sensi della l. numero 724/94 ovvero del d.l. numero 269/2003, convertito in L. numero 326/03, nonché la tempestività della domanda l'esistenza degli altri requisiti sopra precisati e, eventualmente, tramite informazioni presso le competenti autorità amministrative, le ragioni per le quali la domanda non è stata ancora accolta, al fine di verificare la possibilità di un suo accoglimento entro tempi ragionevoli. La ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto dei precisati riferimenti normativi e principi di diritto. P.Q.M. La Corte annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per un nuovo esame.