Somministrazione di lavoro: se la causale è sbagliata l’agenzia non risarcisce nessuno

In ambito di stipulazione di contratti di somministrazione di lavoro ai sensi degli artt. 20 e ss. d.lgs. n. 276/2003 applicabili ratione temporis non sussiste un obbligo del somministratore di verificare la sufficienza della causale indicata dall'utilizzatore, cosicché non è predicabile una responsabilità risarcitoria del somministratore in caso di successivo accertamento giudiziale di irregolarità della somministrazione e di costituzione, a carico dell'utilizzatore, di un rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 27, comma 1 del medesimo decreto.

La responsabilità risarcitoria è, viceversa, configurabile nel caso in cui il contratto di somministrazione sia carente di qualunque indicazione attinente alla causale della somministrazione o questa sia manifestamente apparente e nell’ipotesi in cui risulti che, al momento della stipulazione, il somministratore avesse conoscenza di accertamenti giudiziali di irregolarità di contratti di somministrazione aventi identiche causali. Lo ha afferma la Cassazione con sentenza n. 26525/20, depositata il 20 novembre. La società utilizzatrice chiede vendetta! Ma se sbaglia le causali del contratto di lavorodi chi è la responsabilità? Il caso definisce il contenzioso avviato da una società utilizzatrice contro l'agenzia di somministrazione. In sostanza, il contratto di somministrazione di lavoro stipulato ai sensi del d.lgs. n. 276/2003, era stato predisposto con delle causali non sufficienti a giustificare le ragioni idonee per stipulare il contratto. Quindi il lavoratore impugnava i contratti di somministrazione ed otteneva la costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, coi relativi oneri conseguenti alla statuizione in capo all’impresa utilizzatrice. All’esito del contenzioso giuslavoristico la società utilizzatrice chiamava in causa l'agenzia di somministrazione per ottenere il risarcimento del danno pari all’esborso affrontato per il contenzioso nei confronti del lavoratore, sostenendo come gli obblighi di correttezza e buona fede, nonché il regime di solidarietà di cui all'art. 18 del decreto Biagi, giustificassero la richiesta risarcitoria. Obblighi di correttezza e risvolti risarcitori dove arriva la responsabilità professionale? La decisione della Cassazione prende spunto dalla giurisprudenza accreditata in materia di obblighi informativi e responsabilità professionale, sostenendo come il professionista o l'agenzia di somministrazione non rispondano ad alcun titolo dei danni causati o meglio, accaduti ai loro clienti nel caso in cui questi ultimi avessero a disposizione tutte le informazioni idonee ad evitare il verificarsi del danno Il contesto normativo del decreto Biagi conferma come le condizioni che consentivano l'accesso alla somministrazione di lavoro ed il contenuto del contratto, erano puntualmente stabiliti dalla legge e risultavano pienamente conoscibili sia al somministratore che all’utilizzatore di conseguenza, nessuna responsabilità poteva ricadere sull’agenzia. La verifica delle causali nel contratto di somministrazione un obbligo integralmente in capo all’utilizzatore. Non essendo ipotizzabile una carenza informativa in capo all’utilizzatore da colmare mediante il somministratore, alla luce dei principi di correttezza, buona fede e diligenza, non può sussistere una responsabilità del somministratore per l'ipotesi di errate indicazioni delle causali e successivo accertamento giudiziale. Di fatto, al somministratore non può essere imposto di verificare l'adeguatezza della causale adottata, trattandosi di valutazione squisitamente riferibile all’utilizzatore e alla sua organizzazione aziendale, con la conseguenza che sull’agenzia non possa ricadere l'onere economico di eventuali accertamenti giudiziali di irregolarità della somministrazione, indipendentemente dall' indiscussa maggior competenza che può avere l'agenzia rispetto all’utilizzatore. Correttezza normativa e opportunità commerciale viaggiano su binari diversi l'utilizzatore necessita di valutazioni organizzative oltre che giuridiche, indipendentemente dal contratto e dai limiti normativi. La questione definita in Cassazione offre lo spunto per svolgere una considerazione quanto mai attuale in tutte le organizzazioni moderne chiunque acquisisca un servizio, compresa la società utilizzatrice che acquista il lavoro in somministrazione mediante l'agenzia, richiede e necessita di supporto organizzativo. Il fatto che l’utilizzatrice abbia in questo contenzioso preteso un supporto consulenziale, che dal punto di vista normativo non poteva e non doveva essere erogato, rappresenta in maniera quanto mai evidente l’aspettativa degli operatori economici quando approcciano il mercato del lavoro e le sue complicazioni c’è sempre necessità di supporto utile a coniugare i servizi specialistici acquistati con la realtà della singola organizzazione, sia col fine di evitare dispersioni di denaro in contenziosi che, soprattutto, per rendere servizi ad elevato valore aggiunto.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 28 settembre – 20 novembre 2020, n. 26525 Presidente Travaglino – Relatore Sestini Fatti di causa La società Sviluppo Italia Campania s.p.a. in liquidazione convenne in giudizio la Randstad Italia s.p.a. -che aveva somministrato all’attrice lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, per sentirla condannare al risarcimento dei danni dalla stessa patiti in conseguenza della stipulazione di due contratti di lavoro a tempo determinato con tale R.R. , contratti che il Tribunale di Napoli aveva successivamente dichiarato irregolari, accertando la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e dispondendo, a carico dell’attrice, gli oneri economici conseguenti a far data dall’instaurazione del rapporto. Dedusse la Sviluppo Italia che la convenuta doveva rispondere, a titolo contrattuale, per violazione dei doveri di buona fede e correttezza che imponevano alla somministratrice di informare l’utilizzatrice che le causali del contratto andavano specificate con maggior grado di dettaglio aggiunse che la Randstad doveva rispondere anche in via extracontrattuale per avere determinato, con la propria inerzia, un danno all’attrice sostenne che, sebbene le ragioni giustificanti la somministrazione fossero state indicate dalla Sviluppo Italia, la Randstad si era limitata a recepirle nel contratto di cui era parte, senza avvisare la richiedente che tali ragioni erano insufficienti, come invece avrebbe dovuto in considerazione della propria specifica professionalità. Il Tribunale di Milano rigettò la domanda. La Corte di Appello ha confermato la sentenza di primo grado, affermando che la pretesa dell’attrice doveva inquadrarsi nell’ambito della responsabilità contrattuale, in quanto i due contratti di somministrazione di cui il Tribunale di Napoli aveva dichiarato l’irregolarità costituivano esecuzione del contratto quadro stipulato in precedenza tra le parti in causa che il D.Lgs. n. 276 del 2003, pone inequivocabilmente in capo al solo utilizzatore l’obbligo di indicare le ragioni che giustificano la somministrazione a tempo determinato il D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 20, avendo il somministratore il solo obbligo di riportare nel contratto le ragioni che gli vengono indicate dall’utilizzatore che il legislatore non ha previsto, quindi, il dovere della società di somministrazione di verificare la correttezza delle causali ad essa comunicate dall’utilizzatore e non potrebbe essere diversamente, trattandosi di motivazioni che presuppongono la diretta conoscenza di dati interni alla società utilizzatrice e di sua esclusiva competenza che neppure si ravvisano, nel caso di specie, obblighi informativi ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla legge o dal contratto in quanto gli obblighi informativi che eventualmente possono discendere dall’applicazione della clausola generale di buona fede riguardano soltanto le informazioni che la controparte non possa acquisire aliunde, tenendo una condotta mediamente diligente che pertanto, avendo la società utilizzatrice il dovere di conoscere e rispettare le norme di legge che regolano la somministrazione di lavoro e il dovere della puntuale specificazione dei motivi per i quali ricorre alla somministrazione, le conseguenze della somministrazione irregolare non possono ricadere, neppure indirettamente, sulla società di somministrazione che non può dirsi tenuta a risarcire gli eventuali danni conseguenti alla dichiarazione di irregolarità del contratto di somministrazione . Ha proposto ricorso per cassazione -basato su un unico motivo illustrato da memoria la Invitalia Partecipazioni s.p.a., succeduta a seguito di acquisizione dell’azienda in tutte le posizioni attive e passive della Sviluppo Italia Campania s.p.a. la Randstad Italia ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1175, 1176 e 1375 c.c., nonché del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, commi 3 e 4 premesso che l’art. 1175 c.c., stabilisce che il debitore ed il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza nello svolgimento del rapporto obbligatorio, in applicazione del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., e che la buona fede impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere del neminem laedere, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte , la ricorrente assume che risulta lesivo dei suddetti principi che il Giudice di primo grado e di appello non abbiano ravvisato alcuna responsabilità in capo alla Randstad per avere violato gli obblighi di comportamento derivanti dall’Accordo Quadro ed in generale dai principi su richiamati evidenzia che l’irregolarità dei contratti di somministrazione rilevata dal Tribunale di Napoli era stata di carattere formale e non sostanziale e sostiene che, con riferimento alla causale del contratto, mentre l’utilizzatore è tenuto a indicare motivi di ricorso alla somministrazione che abbiano il carattere della corrispondenza al vero, il somministratore è tenuto a vigilare sulla regolarità degli stessi, con la diligenza professionale che si richiede a soggetti a tale specifico fine abilitati aggiunge che il fatto che la legge faccia discendere conseguenze negative sull’utilizzatore, mediante la costituzione forzosa del rapporto di lavoro, non implica affatto l’esclusione di una responsabilità del somministratore, tant’è vero che D.Lgs n. 276 del 2003, art. 18, prevede sanzioni amministrative a carico di somministratore e utilizzatore in caso di violazioni degli obblighi di cui all’art. 20, commi, 1, 3, 4 e 5, e che, in ipotesi di somministrazione fraudolenta effettuata con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto , è prevista un’ammenda per somministratore ed utilizzatore sottolinea che, se una società svolge una specifica attività quella di somministrazione di lavoro appunto avrà conoscenze più specifiche della materia rispetto a chi invece si rivolge alla stessa, per esigenze contingenti, richiedendo i lavoratori somministrati conclude che la Randstad era tenuta non solo ad eseguire ciò che era contrattualmente previsto ed, in via integrativa, i comportamenti imposti dalla legge, dagli usi e dall’equità ma anche ad assumere quelle condotte solidali che risultavano rispettose degli interessi di Invitalia Partecipazioni, come ad esempio quella di informarla che le causali indicate nel contratto non fossero sufficienti e a collaborare alla corretta esplicitazione delle predette ragioni per stipulare dei contratti rispondenti al dettato normativo . 2. È pacifico che gli obblighi di correttezza e buona fede, che permeano la vita del contratto ai sensi degli artt. 1175, 1337 e 1375 c.c. , impongono a ciascuna parte di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicché dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sé, un danno risarcibile Cass., S.U. n. 28056/2008 conformi Cass. n. 23273/2006, Cass. n. 21250/2008, Cass. n. 1618/2009 e Cass. n. 22819/2010 . Tali obblighi, valutati alla luce della diligenza generica o qualificata richiesta al debitore ai sensi -rispettivamente del 1 e dell’art. 1176 c.c., comma 2 , comportano anche la necessità che ciascun contraente svolga un’attività di informazione e di protezione nei confronti della controparte che valga a non esporla a rischi o conseguenze pregiudizievoli di cui la stessa non possa avere contezza e che rientrano, viceversa, nella conoscenza o -comunque nella sfera di conoscibilità dell’altra parte in tal modo realizzandosi la finalità dichiarata dalla Relazione ministeriale al codice civile di richiamare nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse del creditore . In tale prospettiva, questa Corte ha avuto modo di affermare che, in materia di contratto di assicurazione, l’assicuratore come il proprio intermediario o promotore ha il dovere primario ai sensi degli artt. 1175, 1337 e 1375 c.c., di fornire al contraente una informazione esaustiva, chiara e completa sul contenuto del contratto, oltre quello di proporgli polizze assicurative realmente utili alle sue esigenze, integrando la violazione di tali doveri una condotta negligente ex art. 1176 c.c., comma 2 Cass. n. 8412/2015 che nel contratto di sponsorizzazione, in quanto rapporto caratterizzato da un rilevante carattere fiduciario, assumono particolare importanza i doveri di correttezza e buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., contribuendo essi ad individuare obblighi, ulteriori o integrativi di quelli tipici del rapporto stesso, il cui inadempimento è patrimonialmente valutabile, ai sensi dell’art. 1174 c.c., e tale da giustificare una richiesta di risarcimento danni Cass. n. 8153/2014 che i reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, giusta l’art. 2 Cost., artt. 1175 e 1375 c.c., prescrivono un autonomo obbligo di condotta che si aggiunge e concorre con l’adempimento dell’obbligazione principale, in quanto diretto alla protezione di interessi ulteriori della parte contraente, estranei all’oggetto della prestazione contrattuale, ma comunque coinvolti dalla realizzazione del risultato negoziale programmato Cass. n. 24071/2017 . 3. La giurisprudenza di questa Corte ha tuttavia escluso che ricorra violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, con relativi riflessi risarcitori, nell’ipotesi in cui non sussista un deficit informativo di una delle parti, ossia laddove anche il contraente che abbia subito pregiudizio dall’adempimento del contratto conoscesse o si trovasse nella condizione di poter conoscere la circostanza che da cui è derivato il danno. La questione è stata specificamente affrontata in materia di responsabilità professionale, laddove si è affermato che non sussiste la responsabilità professionale del notaio che abbia omesso di indicare la presenza di iscrizioni ipotecarie su immobili trasferiti mediante atto da lui rogato quando sia provato che il contraente interessato a tale informazione conosceva l’esistenza di quelle formalità Cass. n. 17010/2018 e che non sussiste la responsabilità professionale del notaio che abbia omesso di indicare la presenza di vincoli limitativi della proprietà su immobili trasferiti mediante atto da lui rogato quando sia provato che il contraente interessato a tale informazione conosceva certamente dell’esistenza di quei vincoli nella specie per averli costituiti , non ravvisandosi in tale ipotesi nè la violazione del dovere di diligenza qualificata previsto dall’art. 1176 c.c., da doversi comunque interpretare alla stregua del canone generale di buona fede, nè il nesso di causalità tra l’omessa informazione e la stipulazione dell’atto traslativo Cass. n. 25111/2017 . 4. Applicati tali principi al caso in esame, deve ritenersi che non appaia configurabile la dedotta violazione degli obblighi di correttezza, buona fede e diligenza, alla luce del contenuto del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20 e segg. abrogati dal D.Lgs. n. 81 del 2015, ma applicabili ratione temporis , in quanto l’art. 20, comma 3 individua i casi in cui può essere concluso il contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, mentre il comma 4 stabilisce che la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore il successivo art. 21 disciplina la forma del contratto di somministrazione stabilendo che lo stesso debba essere stipulato in forma scritta e debba contenere, fra l’altro, i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 20 l’art. 27 somministrazione irregolare stabilisce, al comma 1, che quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui all’art. 20 e art. 21, comma 1, lett. a , b , c , d ed e , il lavoratore può chiedere giudizialmente la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, con decorrenza dall’inizio della somministrazione il comma 3 dispone che, ai fini della valutazione delle ragioni di cui l’art. 20, commi 3 e 4, che consentono la somministrazione di lavoro, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento dell’esistenza delle ragioni che la giustificano e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano all’utilizzatore da siffatto contesto normativo emerge che le condizioni che consentono l’accesso alla somministrazione di lavoro e il contenuto del relativo contratto a tempo indeterminato o determinato sono puntualmente stabiliti dalla legge e risultano pertanto egualmente conoscibili sia al somministratore che all’utilizzatore rispetto a quest’ultimo non appare pertanto ipotizzabile un deficit informativo che richieda di essere colmato dal somministratore alla luce dei principi di correttezza, buona fede e diligenza premesso che all’utilizzatore compete, quale parte direttamente interessata all’acquisizione della prestazione lavorativa, l’indicazione delle ragioni la causale che giustificano il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4 , va escluso che il somministratore sia onerato della verifica della sufficienza di tale indicazione, giacché l’utilizzatore si trova già nella condizione di conoscere direttamente e compiutamente -sulla base delle specifiche previsioni normative sia gli elementi che debbono essere contenuti nel contratto di somministrazione che le conseguenze della somministrazione irregolare e, quindi, di valutare la ricorrenza delle condizioni legali e l’adeguatezza dell’indicazione effettuata nel caso in cui il contratto di somministrazione contenga tutti gli elementi prescritti, non è predicabile un obbligo del somministratore di verificare l’adeguatezza della causale indicata col corollario di doverne rispondere in via risarcitoria , giacché ciò determinerebbe un’ingiustificata traslazione dall’utilizzatore al somministratore dell’onere economico di un eventuale accertamento giudiziale di irregolarità della somministrazione e, quindi, del relativo rischio nè un siffatto obbligo potrebbe farsi discendere tout court dall’assunto di una maggiore competenza che deriverebbe al somministratore dall’essere operatore specializzato nella materia, giacché l’esperienza operativa non consente, di per sé, di individuare con certezza l’adeguatezza della causale , che va rapportata ai singoli casi concreti a diversa conclusione può pervenirsi soltanto nell’ipotesi in cui il somministratore abbia avuto esperienza di situazioni identiche sottoposte a vaglio giudiziale negativo, nel qual caso evidenti ragioni di correttezza impongono di informarne l’utilizzatore al fine di non esporlo ad un accertamento di irregolarità della somministrazione lo stesso deve ritenersi per l’ipotesi estrema che il contratto non contenga alcuna indicazione che sia riconducibile ad una causale in tal caso, infatti, ricorre l’esigenza che il somministratore, quale operatore qualificato, collabori con l’altro contraente -nell’ottica dei doveri di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., sottesi ai doveri di correttezza e buona fede contrattuali per conseguire il risultato utile richiesto dall’utilizzatore deve affermarsi, in definitiva, che, in ambito di stipulazione di contratti di somministrazione di lavoro ai sensi del D.Lgs n. 276 del 2003, artt. 20 e ss., applicabili ratione temporis , non sussiste un obbligo del somministratore di verificare la sufficienza della causale indicata dall’utilizzatore, cosicché non è predicabile una responsabilità risarcitoria del somministratore in caso di successivo accertamento giudiziale di irregolarità della somministrazione e di costituzione, a carico dell’utilizzatore, di un rapporto di lavoro ai sensi del medesimo D.Lgs. art. 27, comma 1 la responsabilità risarcitoria è, viceversa, configurabile nel caso in cui il contratto di somministrazione sia carente di qualunque indicazione attinente alla causale della somministrazione o questa sia manifestamente apparente e nell’ipotesi in cui risulti che, al momento della stipulazione, il somministratore avesse conoscenza di accertamenti giudiziali di irregolarità di contratti di somministrazione aventi identiche causali 5. Va esclusa rilevanza, in senso contrario, alla circostanza che il D.Lgs. n. 276 del 2003, artt., 18 e 28, prevedano sanzioni sia per l’utilizzatore che per il somministratore in caso di violazione degli obblighi e dei divieti di cui agli artt. 20 e 21 o di somministrazione fraudolenta infatti, la scelta del Legislatore di sanzionare entrambi i contraenti attiene ad un ambito pubblicistico che nulla ha a che vedere con rapporto interno fra somministratore e utilizzatore, che rimane assoggettato esclusivamente alla disciplina contrattuale. 6. Il ricorso va pertanto rigettato. 7. Attesa la novità della questione, sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio. 8. Ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.