Superficie non adeguata all’altezza del gioco per bambini: caduta addebitabile al Comune

Confermata la responsabilità dell’ente locale per la disavventura vissuta da un minore all’interno di un parco giochi. Riconosciuto il risarcimento in favore del genitore del bambino e quantificato in oltre 11mila euro.

Parco giochi comunale non sicuro. A certificarlo il fatto che il materiale – prato in erba sintetica – predisposto per attutire l’eventuale caduta di un bambino non è adeguato. Ciò comporta la condanna dell’ente locale , obbligato a risarcire il padre di un ragazzino vittima di un brutto incidente Cassazione, ordinanza n. 14166/20, sez. VI Civile - 3, depositata oggi . Scenario del fattaccio è un parco giochi comunale in Puglia. Ricostruito facilmente l’episodio un bambino, tenuto sotto controllo dal padre, sta giocando, ma all’improvviso cade da uno scivolo – che ha un’altezza di un metro e venti centimetri dal suolo – e riporta la frattura scomposta dell’omero sinistro. Immaginabile la paura del bambino e del padre, inevitabile la corsa in ospedale. Superato il problema fisico, però, il genitore cita in giudizio il Comune, ritenendolo responsabile per l’incidente capitato al figlio e chiedendo un adeguato ristoro economico. Per i giudici di primo grado nessun addebito è possibile a carico dell’ente locale. Di parere opposto, invece, i giudici di secondo grado così in Appello il Comune viene condannato a versare al papà del bambino oltre 11mila euro. Una volta acclarato che il Comune è custode della villa in cui si è verificata la caduta , i giudici osservano che alla base del gioco da cui è caduto il piccolo vi era solo un prato di erba sintetica assolutamente non sufficiente per garantire la sicurezza dei bambini. A questo proposito, difatti, viene ricordato che la sicurezza all’interno dei ‘parchi giochi’ deve essere realizzata calcolando il punto di possibile caduta e la sua distanza da terra , e la superficie di prato sintetico esistente nella villa era adatta a tenere indenni i bambini dalle cadute verificatesi dall’altezza massima di un metro , mentre, in questo caso, il bambino era caduto da un’altezza maggiore , un metro e venti centimetri, per la precisione. Ciò significa che il Comune avrebbe dovuto collocare sul posto un diverso materiale in grado di ammortizzare la caduta, materiale che pacificamente non era presente . Evidente, quindi, secondo i giudici, la responsabilità dell’ente locale , anche perché non è stato dimostrato alcun uso anomalo della struttura e il padre del bambino era presente, per cui nessun rimprovero poteva essere mosso a suo carico , e peraltro il bambino stava utilizzando uno strumento ludico – uno scivolo – assolutamente adatto alla sua età , circa 5 anni. Inutile il ricorso proposto in Cassazione dal legale del Comune. Inutile la sottolineatura che lo scivolo non era dotato di pericolosità intrinseca . Inutile, infine, l’accusa nei confronti del padre, che, secondo il legale, avrebbe dovuto vigilare sul comportamento del bambino . Per i magistrati del ‘Palazzaccio’ va confermata la decisione presa dai giudici d’Appello, poiché è emersa in modo chiaro la responsabilità dell’ente locale che non ha rispettato il proprio obbligo di custodia sulla villa e sulla sicurezza delle strutture ludiche utilizzate dai bambini. Così, una volta accertata la mancanza di prove su un presunto caso fortuito alla base della rovinosa caduta, è sacrosanta la condanna del Comune, che dovrà versare al genitore del bambino oltre 11mila euro e dovrà sobbarcarsi le spese relative ai tre gradi di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. Vi Civile - 3., ordinanza 20 febbraio – 8 luglio 2020, n. 14166 Presidente Scoditti – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. An. Pa., nella qualità di genitore esercente la potestà sul figlio minore Al. Pa., convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Trani, Sezione distaccata di Andria, il Comune di Andria, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni subiti dal figlio minore il quale, mentre stava giocando all'interno di un parco gestito dal convenuto, era caduto da una panca inclinata che aveva un'altezza di m 1,20 dal suolo, riportando la frattura scomposta dell'omero sinistro. Si costituì in giudizio il Comune convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettò la domanda e condannò l'attore al pagamento delle spese di giudizio. 2. La pronuncia è stata impugnata dall'attore soccombente e la Corte d'appello di Bari, con sentenza del 20 febbraio 2018, ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza del Tribunale, ha condannato il Comune appellato al risarcimento dei danni liquidati nella somma complessiva di Euro 11.399, con interessi e con il carico delle spese dei due gradi di giudizio. Ha osservato la Corte territoriale che era rimasto accertato che il Comune di Andria era custode della villa comunale all'interno della quale si era verificata la caduta. Dall'espletata istruttoria era emerso che alla base dei giochi dai quali era caduto il piccolo vi era solo un prato di erba sintetica in base alla normativa Uni En 1176 e 1177, la sicurezza all'interno dei parchi giochi deve essere realizzata calcolando il punto di possibile caduta e la sua distanza da terra. Ora, la superficie di prato sintetico esistente in loco era adatta a tenere indenni i bambini dalle cadute verificatesi dall'altezza massima di un metro nella specie, quindi, poiché il bambino era caduto da una panca ad un'altezza maggiore, il Comune avrebbe dovuto collocare sul posto un diverso materiale in grado di ammortizzare la caduta, materiale che pacificamente non c'era. Non era stato dimostrato, del resto, alcun uso anomalo della struttura ed il padre era presente, per cui nessun rimprovero di omissione poteva essere mosso a suo carico e d'altra parte il bambino, che aveva cinque anni all'epoca dei fatti, stava utilizzando uno strumento ludico assolutamente adatto alla sua età. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Bari ricorre il Comune di Andria con atto affidato a due motivi. Resiste con controricorso Al. Pa., frattanto divenuto maggiorenne. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-te cod. proc. civ., e il controricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 cod. civ., dell'art. 112 cod. proc. civ. per travisamento dei fatti ed omessa motivazione circa un fatto decisivo, nonché dell'art. 2697 cod. civ. e dell'art. 115 cod. proc. civ. per radicale travisamento delle risultanze istruttorie. Rileva il Comune che l'accesso al parco comunale era consentito solo previa registrazione e rilascio della tessera di accesso al parco giochi, cui corrispondeva una polizza di assicurazione che, nella specie, non era stata rilasciata in favore del Pa Non era stata dimostrata in alcun modo la situazione di irregolarità della panca dalla quale il bambino era caduto, né la sussistenza di un qualche indizio di pericolosità mentre sarebbe evidente che un genitore che accompagna il figlio in un parco giochi con attrezzi deve avere presenti i pericoli che ciò comporta e non può invocare una situazione di pericolo presunto. 1.1. Il motivo è inammissibile. È evidentemente inammissibile la prima parte della doglianza, nella quale si pongono questioni - quale l'esistenza di una polizza di assicurazioni e la necessità della previa iscrizione, con rilascio di apposita tessera - che esigerebbero indagini di merito di sicuro incompatibili con il giudizio di legittimità. Ciò premesso, la Corte osserva che la sentenza impugnata è pervenuta alla decisione di condanna richiamando le normative Uni En 1176 e 1177 sulla sicurezza per le attrezzature di gioco riservate ai bambini ed ha rilevato che nella specie esse non erano state rispettate. La censura nulla dice su questo punto, né evidenzia quale potrebbe essere l'errore in diritto commesso dalla sentenza impugnata il ricorrente osserva soltanto che lo scivolo non era dotato di pericolosità intrinseca punto che è però irrilevante rispetto a quanto rilevato dalla sentenza e che il padre avrebbe dovuto vigilare sul comportamento del bambino, senza tuttavia considerare che la sentenza impugnata ha compiuto un accertamento sulla correttezza del comportamento del genitore, non più discutibile in sede di legittimità. Ne consegue che, pacifico essendo l'obbligo di custodia a carico del Comune ricorrente, rimane non superato l'accertamento compiuto dalla sentenza secondo cui il Comune non ha dimostrato l'esistenza del caso fortuito, unico elemento che avrebbe potuto escludere la sua responsabilità. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta un errore giuridico nell'applicazione dell'art. 2697 cod. civ., sostenendo che nessuna prova sarebbe stata fornita dal danneggiato circa l'esistenza della presunta irregolarità nel prato sintetico esistente per la protezione dalle cadute. 2.1. Il motivo è inammissibile, vuoi per l'evidente genericità vuoi perché tende a sollecitare il riesame del merito. 3. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile. A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono, inoltre, le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.