Sinistro stradale: la mancata proprietà del veicolo non può escludere il risarcimento

Smentita in Cassazione la concorde valutazione compiuta dai giudici di merito. Riprende vigore la richiesta risarcitoria avanzata dal conducente – non proprietario – di un veicolo coinvolto in un incidente stradale. La mancata prova della proprietà del veicolo stesso non può far cadere il diritto al risarcimento per il danno subito a seguito dell’incidente.

Irrilevante il dato della proprietà del veicolo per poter ottenere adeguato risarcimento per le lesioni subite a seguito dell’incidente stradale. Smentita la visione che aveva spinto i giudici di merito a respingere la richiesta avanzata da un automobilista Cassazione, ordinanza n. 9192/20, sez. III Civile, depositata oggi . L’origine della vicenda risale al settembre del 2002, quando lungo una strada della Campania si verifica un brutto incidente. In sostanza, un motociclo compie una azzardata manovra di sorpasso, ‘stringendo’ sulla vettura che lo precede, arrivando a colpirla e provocandone lo sbandamento. L’esito finale è l’urto del veicolo contro un muro di cemento. Logica la richiesta di risarcimento avanzata dall’automobilista nei confronti del conducente del motociclo e della sua assicurazione , richiesta poggiata su due elementi, cioè danni materiali pari a quasi 27mila euro e lesioni personali. A sorpresa, però, i giudici di merito ritengono priva di fondamento la pretesa avanzata dall’automobilista. Decisivo, sia in Tribunale che in Appello, un dato il conducente non era, al momento del sinistro, proprietario del veicolo , essendolo diventato soltanto due mesi dopo . In particolare, in secondo grado viene evidenziato che l’automobilista non ha mai depositato alcuna prova di avere stipulato un contratto di acquisto del veicolo danneggiato e si è limitato a depositare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in cui egli dichiara di avere acquistato il veicolo dal precedente proprietario, ma tale documento non è sufficiente a dimostrare la proprietà del veicolo , concludono i giudici. La visione tracciata tra primo e secondo grado viene censurata dai Giudici della Cassazione. Questi ultimi ritengono fondata l’obiezione proposta dal legale dell’automobilista, obiezione mirata a sostenere che erroneamente è stata respinta la domanda di risarcimento del danno alla salute subito dal conducente della vettura sol perché egli non era il proprietario del veicolo danneggiato, al momento del sinistro . Per i Giudici del ‘Palazzaccio’ è priva di senso la valutazione compiuta in appello. Difatti, una volta escluso che il conducente era il proprietario del veicolo coinvolto nell’incidente , comunque, i giudici di secondo grado avrebbero dovuto stabilire se il sinistro era davvero avvenuto, e se al momento del sinistro la persona che ha presentato richiesta di risarcimento si trovava davvero a bordo del veicolo coinvolto nell’incidente e se, in conseguenza di tale sinistro, aveva subito lesioni personali . Necessario, quindi, un approfondimento in Appello. Assolutamente illogico, concludono dalla Cassazione, sostenere che chi non dimostra di essere proprietario del veicolo su cui viaggia coinvolto in un incidente, non ha diritto al risarcimento del danno alla persona .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 18 novembre 2019 – 19 maggio 2020, n. 9192 Presidente Vivaldi – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Nel 2003 To. Cr. convenne dinanzi al Tribunale di Nocera Ca. An. e la HDI Assicurazioni s.p.a. d'ora innanzi, la HDI , chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale avvenuto il 9 settembre 2002. Espose che in tale data Ca. An., effettuando un'azzardata manovra di sorpasso alla guida di un motociclo, urtò il veicolo da lui condotto, provocandone lo sbandamento e l'urto contro un muro di cemento. Aggiunse di avere subito danni materiali per 26.776,79 Euro, oltre che lesioni personali. 2. Il Tribunale di Nocera con sentenza 12 ottobre 2009 n. 1273 rigettò la domanda, rilevando che l'attore, al momento del sinistro, non era affatto proprietario del veicolo danneggiato, ma lo diventò soltanto due mesi dopo. La sentenza venne appellata dal soccombente. 3. La Corte d'appello di Salerno, con sentenza 21 febbraio 2018 n. 231 rigettò il gravame. Anche la Corte d'appello ritenne che l'attore non avesse affatto fornito la prova di essere proprietario del veicolo danneggiato al momento del sinistro. Rilevò che l'attore non aveva mai depositato alcuna prova di avere stipulato un contratto di acquisto dell'autoveicolo danneggiato che si era limitato a depositare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del 5 agosto 2002, nella quale lui stesso dichiarava di avere acquistato il veicolo da tale Al. An. che tale documento era insufficiente a dimostrare la proprietà del veicolo che il suddetto Al. An., interpellato dal consulente tecnico di ufficio nominato dal Tribunale, negò di avere acquistato il suddetto veicolo in Belgio, al contrario di quanto riferito dall'attore. 4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da To. Cr. con ricorso fondato su sei motivi. Ha resistito con controricorso la HDL Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell'articolo 342 c.p.c. Nell'illustrazione del motivo il ricorrente sostiene che, a suo avviso, la Corte d'appello avrebbe reputato generico il suo atto di impugnazione e che tale valutazione sarebbe erronea. 1.2. Il motivo è inammissibile, perché censura una statuizione che la sentenza impugnata non contiene la Corte d'appello, infatti, ha esaminato e rigettato l'appello nel merito, ma non l'ha affatto dichiarato inammissibile per aspecificità, ai sensi dell'art. 342 c.p.c. 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo il ricorrente invoca la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell'articolo 132, comma secondo, n. 4 c.p.c. Sostiene che la Corte d'appello, dopo avere ritenuto in fatto che egli al momento del sinistro non era il proprietario del veicolo danneggiato, ha rigettato altresì la sua domanda di risarcimento del danno alla salute, e dunque con motivazione del tutto disancorata dalla fattispecie concreta. 2.2. Il motivo è fondato. Una volta escluso che l'attore fosse il proprietario del veicolo coinvolto nel sinistro, la Corte d'appello avrebbe comunque dovuto stabilire se un sinistro era davvero avvenuto se al momento del sinistro l'attore si trovava davvero a bordo del veicolo coinvolto in esso se in conseguenza di tale sinistro l'attore avesse subito lesioni personali. Per contro, la motivazione adottata dalla Corte d'appello è, su questo aspetto, totalmente inintelligibile essa infatti si riduce in un vero e proprio entimema, secondo cui chi non dimostra di essere proprietario del veicolo su cui viaggia, non ha diritto al risarcimento del danno alla persona. 3. Il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso. 3.1. Gli ultimi quattro motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perché pongono questioni analoghe. Con tutti e quattro i suddetti motivi il ricorrente lamenta in buona sostanza che la Corte d'appello avrebbe erroneamente valutato le prove, erroneamente valutato gli indizi, e malamente motivato la propria decisione con cui ha escluso che l'attore fosse proprietario del veicolo danneggiato. 3.2. Tutti e quattro i motivi sono inammissibili, in quanto censurano il modo in cui il giudice di merito ha valutato le prove offerte, per pervenire alla conclusione che il veicolo danneggiato non fosse di proprietà dell'odierno ricorrente. Ma una censura di questo tipo contrasta col consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito ex permultis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747 Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004 Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230 Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019 Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448 Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677 Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021 Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557 Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229 Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706 Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486 Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214 e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ripetuto per sessant'anni e cioè che la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione . 4. Le spese. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio. Per questi motivi la Corte di cassazione - rigetta il primo, il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso - accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa in relazione ad esso la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.