Minaccia, mancata perquisizione e omicidio: nesso causale e responsabilità dei giudici

In tema di responsabilità civile la verifica del nesso causale tra la condotta omissiva ed il fatto dannoso consiste nell’accertamento della probabilità, positiva o negativa, che la condotta omessa, se si fosse tenuta, avrebbe evitato il rischio specifico di danno accertamento da compiersi secondo un giudizio controfattuale.

Il giudizio, che opera sostituendo l’omissione con il comportamento dovuto, deve compiersi secondo il criterio del più probabile che non”, conformandosi ad un standard di certezza probabilistica” che in materia civile non può essere ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi c.d. probabilità quantitativa o pascaliana , che potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi disponibili in relazione al caso concreto c.d. probabilità logica o baconiana . In materia di illecito aquiliano, in presenza di più concause, l’accertamento del nesso materiale e di quella c.d. prossima di rilievo” è oggetto dell’apprezzamento di fatto operata dal giudice di merito, che in grado di legittimità è sindacabile sotto il profilo della violazione del norme di diritto sostanziale di cui agli artt. 40 e 41 c.p. e 1227 c.p. Tale in sintesi il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 7760, depositata l’8 aprile 2020, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. I fatti all’origine della vicenda giudiziaria. All’origine della vicenda giudiziaria vi è un efferato omicidio l’uccisione - nell’ottobre 2007 -, a colpi di coltellate sulla pubblica via, di una giovane donna, madre di due minori da parte di quello che stava per diventare il suo ex marito tra i due era infatti in corso una causa di separazione caratterizzata da forte conflittualità in relazione all’affidamento dei figli. L’uomo venne arrestato subito dopo, tratto a giudizio e condannato per l’omicidio della moglie. Ciò su cui i giudici sono chiamati a decidere nel giudizio de quo attiene ad una circostanza in particolare qualche tempo prima di essere uccisa, nel mese di giugno, la donna aveva denunziato che l’uomo le si era mostrato intento a pulirsi le unghie della mano con un coltello. I giudici non avevano disposto la perquisizione dell’uomo e per conseguenza nemmeno il sequestro dell’arma che eventualmente sarebbe seguito. Tale omissione integra, secondo il ricorrente – esercente la potestà genitoriale per conto dei due figli minori della donna – la responsabilità dei magistrati e dunque il diritto al risarcimento dei danni da parte dello Stato in applicazione della l. n. 117 del 13 aprile 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati. Per la Corte d’Appello nessuna condotta avrebbe potuto evitare l’omicidio. Prospettazione, questa, non condivisa dalla Corte d’appello – che riforma la sentenza del tribunale, favorevole alla richiesta attorea -. I giudici dell’appello affermano le seguenti considerazioni. Risulta incontestato che, a seguito delle due denunce presentate dalla donna, non vi fu alcun atto di perquisizione e sequestro, avendo la Procura proceduto solo alla doverosa iscrizione dell’uomo nel registro degli indagati per i reati dei cui agli artt. 612 Minaccia e 388 Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice c.p. e 4 l. n. 110/1975 in materia di porto di armi o oggetti atti ad offendere con successivo esercizio dell’azione penale ex art. 459 e ss. c.p.p. Successivamente, la sentenza evidenza che all’epoca dei fatti le norme non consentivano l’emissione di misure cautelari per i fatti denunziati che non era ancora stato introdotto nell’ordinamento il reato di c.d. stalking oggi previsto nell’art. 612 bis c.p. ad opera del d.l. n. 11/2009, conv. con modif. dalla l. n. 38/2009 che dalle risultanze della C.T.U. disposta nel giudizio di separazione non risultavano patologie psichiatriche dell’uomo che, inoltre, dalla certificazione del Servizio Territoriale delle tossicodipendenze, questi non risultava in stato di dipendenza da droghe mancavano quindi i presupposti previsti per la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico o in casa di cura ex art. 73 e ss. c.p.p. e per il trattamento sanitario obbligatorio ex art. 32 e ss., l. n. 833/1978. Pur con le dette precisazioni, tendenti ad escludere la condotta inadempiente degli organi pubblici, la Corte d’Appello continua però a ritenere dirimente la mancata effettuazione di una perquisizione”, anche se pone il dubbio, per inciso, che il coltello mostrato alla donna ed oggetto di denuncia fosse poi stato quello utilizzato per ucciderla evidenziando peraltro che già in precedenza, nel marzo del 2007, l’uomo aveva consegnato ai carabinieri un coltello . La sentenza prosegue affermando che l’unico addebito che può, pertanto, muoversi alla Procura della Repubblica” è quello della mancata effettuazione della perquisizione dell’arma utilizzata per minacciare la moglie e del successivo sequestro e, nella disamina del nesso causale tra la detta omissione e l’omicidio, conclude che, in considerazione della fermezza mostrata dall’uomo - si era trattato non di un omicidio d’impeto, ma premeditato e compiuto nell’incuranza di essere immediatamente scoperto – l’omissione addebitabile alla Procura sia stata eziologicamente inefficiente, poiché la perquisizione e l’eventuale sequestro non avrebbero impedito la morte della giovane mamma”. Insomma, per la Corte territoriale qualunque intervento dell’ufficio giudiziario non sarebbe valso ad impedire l’uccisione della donna l’uomo si sarebbe potuto facilmente procurare un nuovo coltello e lo avrebbe utilizzato, stante l’intento omicida che emerge dal successivo svilupparsi degli eventi. Il c.d. giudizio controfattuale non ammette la negazione di ogni possibile antecedente logico. La decisone della Corte dell’Appello però, secondo la sentenza qui in commento, non rispetta il criterio del c.d. giudizio controfattuale pur dichiarando di applicarlo, infatti, in realtà lo contraddice, negando la rilevanza di qualunque antecedente logico possibile. La Corte rammenta il principio dalla giurisprudenza in tema di responsabilità civile secondo cui la verifica del nesso causale tra la condotta omissiva ed il fatto dannoso consiste nell’accertamento della probabilità, positiva o negativa, che la condotta, se si fosse tenuta, avrebbe evitato il rischio specifico di danno accertamento da compiersi secondo appunto il giudizio controfattuale. Tale giudizio, una volta sostituita l’omissione con il comportamento dovuto, deve compiersi secondo il criterio del più probabile che non”, conformandosi ad un standard di certezza probabilistica” che in materia civile non può essere ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi c.d. probabilità quantitativa o pascaliana , che potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi disponibili in relazione al caso concreto c.d. probabilità logica o baconiana .” Cass. n. 23197/2018, che a sua volta cita Cass. SS.UU. n. 584/2008 . La sentenza rammenta poi l’orientamento costante di legittimità secondo cui in materia di illecito aquiliano, in presenza di più concause, l’accertamento del nesso materiale e di quella c.d. prossima di rilievo” è oggetto dell’apprezzamento di fatto operata dal giudice di merito, che in grado di legittimità è sindacabile sotto il profilo della violazione di norme di diritto sostanziale di cui agli artt. 40 e 41 c.p. e 1227 c.p. tra le più recenti, si cita Cass. n. 13096/2017 . E, precisa la Corte, accertamento di tipo fattuale è anche quello che il giudice effettua qualora si tratti di responsabilità civile ex l. n. 117/1988, dove l’ipotesi tipica attiene proprio all’interpretazione a applicazione di norme giuridiche richiama Cass. n. 13189/2015 . Nel caso concreto, afferma la Corte, il criterio dell’accertamento controffattuale non è rispettato dalla sentenza impugnata, perché essa, anche attraverso una eccessiva frammentazione dei fatti, con conseguente inintellegibile polverizzazione di alcuni episodi priva di rilevanza l’antecedente logico” dato dall’omissione dove afferma che qualunque condotta sarebbe stata inutile ad evitare l’evento, che si sarebbe comunque verificato. Così operando, si conclude, la Corte d’Appello ha dilatato l’incidenza dell’inadempienza dell’organo giudiziario ai limiti del caso fortuito e della forza maggiore e in ogni caso ha ristretto l’evitabilità dell’evento ai soli casi di assoluta impossibilità di una condotta positiva alternativa”.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 febbraio – 8 aprile 2020, n. 7760 Presidente Amendola – Relatore Valle Fatti di causa La Corte di Appello di Messina ha, con sentenza n. 00198 del 19 marzo 2019, riformato la sentenza n. 01566 in data 01/06/2017 del Tribunale della stessa sede - al quale la causa era stata rimessa da questa Corte sentenza n. 19265 del 12/09/2014, integrata dall’ordinanza n. 15095 del 17/07/2015 a seguito della cassazione del decreto di conferma dell’originario provvedimento dello stesso Tribunale di inammissibilità della domanda - che aveva accolto la domanda di C.C. , quale esercente la potestà genitoriale sui minori C.N.C. , S. e St. , e condannato lo Stato italiano al pagamento, in favore dei suddetti, della somma di Euro duecentocinquantanovemila e duecento, oltre interessi al saggio legale sulla somma devalutata dalla data dell’evento OMISSIS , uccisione di M.M. madre dei minori da parte del padre N.S. e rivalutazione anno per anno a titolo di danno patrimoniale, in applicazione della L. 13 aprile 1988, n. 118, sulla responsabilità civile dei magistrati. Avverso la sentenza d’appello propone ricorso, con atto affidato a quattro motivi, C.C. , nella qualità di esercente la potestà genitoriale sui predetti minori. Resiste con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Non sono state depositate memorie. All’udienza di discussione del 10 febbraio 2020 il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso. La difesa del ricorrente ha concluso per l’accoglimento. Ragioni della decisione 1. Il ricorso si articola su quattro motivi. 1.1. Il primo mezzo propone censura di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2 anche se erroneamente scritto a pag. 4 del ricorso ed anche successivamente, comma 1 , ed assume il carattere meramente apparente della motivazione resa dal giudice d’appello 1.2. Il secondo motivo propone censura di violazione e o falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente della L. n. 117 del 1988, art. 2 e dell’art. 2043, in ordine al nesso di causalità tra la condotta omissiva dei magistrati incardinati nella Procura della Repubblica di Caltagirone e l’evento omicidio di M.M. . 1.3. Il terzo mezzo propone censura di omesso esame di fatto decisivo, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, relativamente ad alcuni fatti ed atti processuali ed evidenzia il travisamento di alcune prove. La censura si appunta segnatamente a contro il preteso giudicato formatosi in relazione a svariate denunce tra quelle che, in numero di dodici e con connotati di estrema circonstanzialità, secondo la prospettazione dell’impugnante, erano state presentate dalla M. nell’arco di un anno giudicato che coprirebbe la negativa valutazione della responsabilità dei magistrati in relazione alle stesse b contro il richiamo, reputato affatto incongruente, a non meglio specificati tempi tecnici per l’adozione di provvedimenti c contro il travisamento nella lettura degli esiti della consulenza tecnica di ufficio svolta nel giudizio di separazione. 1.4. Il quarto ed ultimo motivo propone censura di violazione e o falsa applicazione della L. n. 117 del 1988 e dell’art. 2059 c.c. e ripropone la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale disattesa dal Tribunale di Messina. 2. I primi tre motivi di ricorso, in quanto strettamente connessi, possono essere congiuntamente esaminati. 2.1. I fatti non controversi sono i seguenti M.M. fu uccisa dal marito N.S. , con il quale aveva in corso causa di separazione connotata da accesa conflittualità per l’affidamento dei figli, il omissis - grosso centro in provincia di ma ricadente nell’ambito del circondario del Tribunale di Caltagirone - sulla pubblica via, con plurimi fendenti di un coltello a serramanico di 9,5 centimetri di lunghezza N.S. venne arrestato subito dopo, venne tratto a giudizio e riconosciuto colpevole del delitto di omicidio in danno della moglie. 2.2. La Corte di Appello di Messina ha, con la sentenza impugnata, ritenuto che i fatti rilevanti in causa fossero quelli fatti oggetto della denuncia presentata da M.M. il omissis ed ha affermato, a pag. 5 della motivazione, che il Tribunale aveva ritenuto la sussistenza di una grave violazione di legge, commessa con negligenza inescusabile, in relazione ai fatti denunciati da M.M. nel omissis , in quanto la M. aveva evidenziato che il N. le si era mostrato intento a pulirsi le unghie della mano con un coltello, ed ha successivamente precisato che l’inadempimento dell’organo della pubblica accusa era da ravvisarsi nella mancanza di una perquisizione e dell’eventuale successivo sequestro del coltello nei confronti del N. . 2.3. La Corte territoriale ha esplicitamente concentrato la propria disamina sulle denunce effettuate da M.M. nel omissis affermando che Può, pertanto, ritenersi dato incontestato la mancata effettuazione, a seguito delle denunce del omissis , di alcun atto di perquisizione e sequestro, avendo la Procura, una volta ricevuta la notitia criminis, proceduto esclusivamente alla - doverosa - iscrizione del N. nel registro degli indagati per i reati di cui agli artt. 612 e 388 c.p. L. n. 110 del 1975, art. 4, con successivo esercizio dell’azione penale ex artt. 459 c.p.c. e segg. così nel testo . Nel prosieguo la sentenza d’appello evidenzia che il quadro normativo dell’epoca non consentiva la richiesta, e quindi l’emissione, di misura cautelare per i fatti di cui alle denunce del omissis , nè era stato introdotto nell’ordinamento il reato di cd. stalking, di cui al D.L. 23 novembre 2009, n. 11 convertito con modificazioni nella L. n. 38 del 23 aprile 2009, che ha introdotto l’art. 612 bis c.p. , che, alle stregua delle risultanze della consulenza tecnica di ufficio eseguita nella causa di separazione coniugale tra la M. ed il N. , non risultavano patologie psichiatriche del N. e che, sulla base della certificazione del Servizio Territoriale per le tossicodipendenze, lo stesso non era in stato di dipendenza da droghe, con conseguente esclusione dei presupposti applicativi della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o in casa di cura di cui agli artt. 73 c.p.p. e segg. e per il trattamento sanitario obbligatorio di cui alla L. 23 dicembre 1978, n. 833 artt. 32 e segg. . La Corte d’Appello, tuttavia, ha continuato a ritenere dirimente, pur con le evidenziate precisazione, tendenti ad escludere una condotta inadempiente degli organi pubblici, la mancata effettuazione di una perquisizione nei confronti del N. , anche se per inciso ha posto in dubbio che quello con cui il N. si mostrò alla M. fosse lo stesso coltello successivamente utilizzato per l’omicidio in altro passo della motivazione la Corte territoriale aveva, peraltro, evidenziato che un coltello era già stato consegnato, nel omissis , dal N. ai Carabinieri . La sentenza d’appello a pag. 15 afferma che l’ unico addebito che può, pertanto, muoversi alla Procura della Repubblica di Caltagirone consiste nella mancata effettuazione di una perquisizione volta alla ricerca del coltello utilizzato dal N. per minacciare la moglie e nel successivo sequestro e prosegue nella disamina della sussistenza o meno del nesso causale tra la condotta omessa mancata attuazione della condotta dovuta e l’evento dannoso e giunge alla conclusione, alle pagg. 16 e seguenti, che in considerazione della fermezza del proposito omicida del N. testualmente, a pag. 17 Non si è trattato, infatti, di un omicidio d’impeto ma accuratamente programmato , il quale uccise M.M. per strada, sotto gli occhi di diversi passanti e dello stesso padre della vittima, incurante, quindi, di essere immediatamente scoperto, che l’omissione addebitabile alla Procura sia stata eziologicamente inefficiente, poiché la perquisizione e l’eventuale sequestro del coltello non avrebbero impedito la morte della giovane mamma . 2.4. La contraddizione della motivazione del giudice d’appello è evidente in concreto la Corte di merito afferma che, stante l’intento omicidiario del N. del tutto comprovato, dal successivo svilupparsi degli eventi, qualsiasi intervento dell’Ufficio giudiziario sarebbe stato ininfluente, così testualmente a pag. 18 si legge Il N. , infatti, avrebbe potuto facilmente procurarsi un’altra arma avente caratteristiche similari a quello utilizzato per uccidere, semplicemente acquistandola . In tal modo la Corte di merito ha, pur affermando di effettuare il cd. giudizio controfattuale, escluso la rilevanza causale di qualsiasi possibile antecedente logico, operando in modo difforme da quanto costantemente prescritto in materia. La giurisprudenza di questa Corte Cass. n. 23197 del 27/09/2018 afferma, con orientamento che in questa sede si reputa ribadire, che In tema di responsabilità civile, la verifica del nesso causale tra condotta omissiva e fatto dannoso si sostanzia nell’accertamento della probabilità positiva o negativa del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio contro fattuale, che pone al posto dell’omissione il comportamento dovuto. Tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del più probabile che non , conformandosi ad uno standard di certezza probabilistica, che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi cd. probabilità quantitativa o pascaliana , la quale potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma e, nel contempo, di esclusione di altri possibili alternativi disponibili nel caso concreto cd. probabilità logica o baconiana . È, inoltre, giurisprudenza costante di questa Corte di recente Cass. n. 13096 del 24/05/2017 che In materia di illecito aquiliano, l’accertamento del nesso di causalità materiale, in relazione all’operare di più concause ed all’individuazione di quella cd. prossima di rilievo nella verificazione dell’evento dannoso, forma oggetto di un apprezzamento di fatto del giudice di merito che è sindacabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , sotto il profilo della violazione delle regole di diritto sostanziale recate dagli artt. 40 e 41 c.p. e art. 1227 c.c., comma 1 . 2.5. Così come effettuato dalla Corte di Appello di Messina il giudizio sul nesso causale che è, e resta, come detto, un giudizio di fatto, rimesso per ciò solo al giudice di merito, anche qualora si tratti di cause di responsabilità civile ai sensi della L. n. 117 del 1988, in cui si controverte dell’ipotesi tipica in cui il magistrato è chiamato ad interpretare ed applicare norme di diritto Cass. n. 13189 del 26/06/2015, non massimata non è in realtà correttamente impostato, in quanto, anche attraverso una eccessiva frammentazione dei fatti, con conseguente inintelligibile polverizzazione di alcuni di episodi per quanto subito si dirà , si priva di rilevanza l’antecedente logico, ossia la condotta omessa, poiché si afferma che qualunque essa potesse essere, l’evento di danno si sarebbe comunque verificato. Così motivando la Corte di Appello ha dilatato l’incidenza dell’inadempienza dell’organo giudiziario ai limiti del caso fortuito e della forza maggiore, o, comunque, ha ristretto l’evitabilità dell’evento ai soli casi di assoluta impossibilità di una condotta positiva alternativa. Ne deriva che il percorso argomentativo del giudice territoriale è in contrasto con le regole che governano l’accertamento del nesso eziologico la motivazione offerta è perplessa e contraddittoria a prescindere da ogni questione di sufficienza della motivazione . Segnatamente del tutto incomprensibile è il richiamo al giudicato formatosi sui fatti oggetto di talune denunce peraltro neppure chiaramente individuate , per avere il N. , in relazione agli stessi, patteggiato le relative condanne dopo la morte della moglie censura svolta nel terzo mezzo come omesso esame di un fatto decisivo e che si presta a essere apprezzata anche sotto il profilo della impossibilità di risalire, attraverso l’apparato argomentativo della pronuncia impugnata, all’iter logico posto a base del convincimento del decidente. 2.6. I primi tre motivi di ricorso sono, pertanto, fondati nei sensi innanzi precisati, assorbito ogni altro rilievo in essi svolto. 3. Il quarto motivo, meramente reiterativo dell’impugnazione di merito in punto di danno non patrimoniale non riconosciuto dal Tribunale di Messina, che ha ritenuto non applicabile la L. n. 18 del 2015, di modifica dell’originario testo della L. n. 117 del 1988, non avendo essa efficacia retroattiva, è assorbito e dovrà essere riproposto al giudice di rinvio. 4. Il ricorso è, pertanto, accolto. 4.1. La sentenza impugnata deve essere cassata e, non sussistendo i presupposti per la decisione nel merito, la causa rinviata, in applicazione dell’art. 383 c.p.c., comma 1, alla Corte di appello di Catanzaro, ossia a altro giudice di pari grado a quello che ha pronunciato la sentenza qui cassata, essendosi gli Uffici giudiziari di Messina già pronunciati, con esiti grandemente difformi, nelle fasi preliminari al merito e di merito. 4.2. Al giudice del rinvio è demandato di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di cassazione. 4.3. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, deve darsi atto dell’insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, in quanto l’impugnazione è stata accolta. 5. Il Collegio reputa opportuno disporre, in considerazione della minore età dei fratelli C.N. all’epoca dei fatti ed essendo due di essi ancora minorenni, che in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza. P.Q.M. accoglie il ricorso, per quanto di ragione cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catanzaro, anche per le spese di questo giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Dispone oscuramento dati identificativi e generalità.