Sinistro privo di scontro tra veicoli: come opera la presunzione di colpa?

La circostanza che non vi sia stato uno scontro tra veicoli impedisce l’applicazione della presunzione di ugual concorso di colpa, enunciata al secondo comma dell’art. 2054 c.c., ma non la presunzione di responsabilità prevista nel primo comma dello stesso articolo, in quanto tale presunzione insorge a carico del conducente sempre che sia accertato il nesso di causalità tra la circolazione di un veicolo e il danno all’altro veicolo.

La prova del nesso di causalità, che grava a carico dell’attore, si risolve nella prova di un comportamento del conducente contrario alle norme, generiche e specifiche, che regolamentano la circolazione stradale, e che ha generato il danno posto a fondamento della domanda. Il principio, ormai risalente, è stato ribadito dalla III Sezione Civile della Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 5433/20 depositata il 27 febbraio. I fatti. L’amministratore di sostegno di un uomo agiva per il risarcimento dei danni che aveva riportato il proprio amministrato, caduto dallo scooter a seguito di una brusca frenata. Dalla caduta era seguita una grave invalidità permanente. L’amministratore sosteneva la tesi secondo la quale il sinistro era stato originato da una manovra di emergenza posta in essere dall’amministrato, dopo che si era visto invadere parzialmente la propria carreggiata, da parte di un’autovettura condotta da un uomo. Asseriva inoltre che, alla responsabilità del conducente dell’autoveicolo, doveva sommarsi, a titolo di responsabilità concorrente, quella di una donna che aveva parcheggiato la propria automobile in una zona vietata e in una posizione che, di fatto, ostacolava la libera visuale sull’incrocio. Ciò posto, l’amministratore di sostegno conveniva in giudizio entrambi gli automobilisti e le loro rispettive compagnie di assicurazione, chiedendo l’accertamento delle rispettive responsabilità e, per l’effetto, il risarcimento dei danni subiti dall’amministrato in conseguenza del sinistro, nonostante non si fosse verificato scontro alcuno. L’inoperatività del principio di presunzione di pari responsabilità. Nei gradi di merito era stato osservato che, stante la mancanza di un effettivo scontro tra i veicoli asseritamente coinvolti nel sinistro stradale, per l’effetto risultava non applicabile la presunzione di pari responsabilità disciplinata dall’art. 2054, comma 2, c.c., e neppure la previsione del comma primo, in quanto non era stata fornita la prova della correlazione causale tra il danno subito dal soggetto amministrato e l’ulteriore di cui si era prospettata la condotta colposa. Dai rilievi eseguiti dalla Polizia Locale e dalle dichiarazioni rese da un testimone, era emerso che uno degli automobilisti convenuti in giudizio proveniva da una strada con diritto di precedenza, e che la sua automobile non aveva invaso la carreggiata occupata dallo scooterista che, invece, stava percorrendo una strada inibita ai veicoli ordinari, peraltro procedendo a velocità elevata. Pertanto, nel merito, si era concluso che l’incidente fosse riconducibile, in via esclusiva, alla condotta gravemente colposa dell’amministrato il quale, verosimilmente, aveva perso il controllo del motoveicolo, dato che nessun ulteriore mezzo aveva interessato la corsia dal medesimo percorsa. Più precisamente, la donna che aveva parcheggiato la macchina in sosta vietata era stata sanzionata ai sensi dell’art. 158 c.d.s. Divieto di fermata e di sosta dei veicoli , riconoscendo tuttavia che tale condotta non aveva fornito alcun contributo causale nell’evento dannoso. Quando opera il principio dell’uguale concorso di colpa. L’amministratore di sostegno ricorre per la Cassazione, dove il Collegio della III Sezione Civile, dopo aver precisato gli estremi dell’applicabilità dei principi di cui all’art. 2054 c.c., ha rigettato il ricorso. Lo stesso Collegio di legittimità ha infatti posto in rilievo che il giudice di il secondo cuore ha reso una conclusione corretta, negando l’applicabilità del disposto di cui al comma primo dell’art. 2054, decisa a seguito dell’esclusione della sussistenza del nesso di casualità tra le condotte dei due automobilisti convenuti e la caduta del motociclista, e da ciò ha fatto conseguire l’impossibilità di richiedere ai medesimi convenuti la prova liberatoria sull’assenza di colpevolezza prevista dal primo comma. E ciò in conformità al principio affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 20 agosto 1998, n. 8249 e già reso nel 1978 , secondo cui la circostanza che non si sia verificato uno scontro tra i veicoli asseritamente coinvolti impedisce l’applicazione della presunzione dell’uguale concorso di colpa, prevista al comma secondo dell’art. 2054 c.c., ma non la presunzione di responsabilità dettata al primo comma dello stesso articolo, in quanto tale presunzione sorge a carico del conducente sempre che sia stata accertato il nesso di causalità tra la circolazione di un veicolo e il danno all’ulteriore veicolo. La prova del nesso di causalità, che grava a carico dell’attore, si risolve nella prova di un comportamento del conducente contrario alle norme, generiche e specifiche, che regolano la circolazione stradale, causativo del danno posto a fondamento della domanda. Per il collegio di legittimità non potrebbe ritenersi sufficiente che il danno si sia verificato nell’ambito della circolazione stradale, poiché l’onere del convenuto di fornire la prova liberatoria di aver posto in essere tutto il possibile per evitare il danno, può insorgere unicamente quando si è stato dimostrato, da parte dell’attore, che il danno sia stato realmente causato dall’asserito responsabile. La circostanza che fosse vietato il transito veicolare. L’amministratore di sostegno, nel ricorso di legittimità, ha inoltre denunciato la nullità della sentenza, resa dal giudice di seconde cure, per travisamento della prova, rilevando che il medesimo giudice aveva fondato la decisione sulla circostanza, smentita dagli atti di causa, che lungo la via interessata fosse stato vietato il transito ai veicoli, ed altresì evidenziando che nel verbale del sinistro non era stato neanche menzionato il divieto di transito. La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile la doglianza, ha specificato che l’errore concernente la lettura delle risultanze istruttorie non poteva essere fatto valere in quella sede, pure a prescindere dalla considerazione che la circostanza della circolazione su una strada vietata ai mezzi ordinari non ha rappresentato un elemento decisivo ai fini dell’affermazione dell’esclusiva responsabilità in capo al soggetto amministrato. I risvolti umani delicatissimi” della vicenda non incidono sulla liquidazione delle spese processuali. Infine, l’amministratore di sostegno ha assunto che le gravi ragioni” le quali, secondo il giudice del gravame, avevano giustificato la compensazione delle spese del giudizio innanzi al Tribunale, avrebbero dovuto condurre a compensare finanche le spese innanzi alla Corte d’Appello, tenuto conto che la vicenda in questione aveva sortito dei risvolti umani delicatissimi”. Secondo il Collegio di legittimità lo spiegato motivo risulta infondato, poiché la circostanza che il giudice di seconde cure avesse ritenuto non censurabile la decisione del Tribunale in ordine alla compensazione delle spese, non comportava che pure il giudice d’appello dovesse avvalersi della facoltà di compensare, tanto più in un contesto ove non si era manifestata la necessità di svolgere, per la prima volta, la ricostruzione delle dinamiche del sinistro stradale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 13 novembre 2019 – 27 febbraio 2020, n. 5433 Presidente Armano – Relatore Sestini Fatto e diritto RILEVATO che l’amministratore di sostegno di M.G. agì per il risarcimento dei danni riportati dall’amministrato a causa della caduta dal proprio motoveicolo, determinata ad una brusca frenata, cui era conseguita una gravissima invalidità permanente sostenne l’attore che l’incidente era dipeso da una manovra di emergenza posta in essere dal M. che, mentre percorreva omissis , aveva visto invadere parzialmente la propria carreggiata da un’autovettura condotta da G.A. , proveniente dalla laterale OMISSIS aggiunse che sussisteva una responsabilità concorrente di D.E. , che aveva parcheggiato la propria autovettura in zona vietata ed in posizione tale da ostacolare la libera visuale dell’incrocio convenne pertanto in giudizio sia il G. e la sua compagnia assicuratrice Generali Italia s.p.a. che la D. , i quali si costituirono contestando la domanda propose intervento volontario la Zurich Insurance P.l.c., assicuratrice della D. il Tribunale rigettò le richieste attoree e compensò le spese di lite la Corte di Appello di Milano ha rigettato sia l’appello principale del M. che quello incidentale della D. , condannando il primo al pagamento delle spese del grado in favore di tutti gli appellati e dichiarando interamente compensate le spese del giudizio di appello fra la D. e la Zurich la Corte ha osservato, fra l’altro, che era pacifico che non vi era stato alcuno scontro fra veicoli, risultando pertanto inapplicabile la presunzione di pari responsabilità di cui all’art. 2054 c.c., comma 2 neppure risultava applicabile la previsione di cui all’art. 2054 c.c., comma 1, in difetto della prova della correlazione causale fra l’altrui condotta colposa e il danno subito dall’attore dai rilievi della Polizia locale e dalle dichiarazioni del teste F. ritenute più attendibili di quelle rese dal teste D.M. emergeva che il G. proveniva da una strada avente diritto di precedenza e che, comunque, la sua auto non aveva invaso la carreggiata occupata dal motociclista, il quale – invece percorreva una strada inibita ai veicoli ordinari e procedeva a velocità eccessiva il sinistro era dunque riconducibile in via esclusiva alla condotta gravemente colposa del M. , il quale aveva perso il controllo dello scooter avendo posto in essere manovre di emergenza inconsulte, dato che nessun veicolo, per quanto con diritto di precedenza, stava per interessare la sua corsia di percorrenza nella quale si sarebbe potuto e dovuto fermare senza alcun pregiudizio qualora avesse adottato una velocità consona ai luoghi nè era ravvisabile alcun profilo di responsabilità a carico della D. ancorché sanzionata ai sensi dell’art. 158 C.d.S. in quanto la violazione prospettata non aveva svolto alcun contributo causale nell’evento dannoso , trovandosi il M. nelle condizioni di poter percepire la presenza di auto in movimento e in fase di avvicinamento all’intersezione, particolarmente ampia, come ben visibile nelle fotografie in atti, e di assumere una velocità consona ai luoghi ha proposto ricorso per cassazione il M. , rappresentato dal proprio amministratore di sostegno, affidandosi a quattro motivi hanno resistito, con controricorso, il G. , la D. , la Generali Italia e la Zurich Insurance la D. ha anche proposto ricorso incidentale nei confronti della Zurich che ha resistito con autonomo controricorso e ricorso incidentale condizionato nei confronti del M. hanno depositato memoria il M. , la D. e la Zurich Insurance. Considerato, quanto al ricorso principale, che il primo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2054 c.c. e art. 158 C.d.S. e la mancata applicazione da parte del giudice di merito dei principi fondamentali di diritto assume il ricorrente che, nella specie, avrebbe dovuto trovare applicazione l’art. 2054 c.c., comma 1 essendo pacifico che il danno era derivato dalla circolazione di veicoli nella cui nozione doveva ricomprendersi anche la sosta degli stessi aggiunge che l’onere della prova a carico del danneggiato doveva riguardare il nesso di causalità tra la circolazione dei veicoli ed il danno, rimanendo in capo ai signori G. e D. la dimostrazione di aver fatto tutto il possibile per evitare il verificarsi dell’evento precisa che il fatto che nel caso di specie non vi sia stato scontro tra i veicoli non può certamente valere ad aggravare la posizione del soggetto danneggiato al contrario grava i danneggianti dell’onere della prova liberatoria una volta -ovviamente che sia dimostrato il nesso di causalità tra la circolazione del veicolo ed il danno contesta, infine, che la posizione irregolare del veicolo della D. non abbia aggravato la condizione di pericolosità dell’incrocio, rilevando che gli stessi elementi considerati dalla Corte non fanno che confermare l’ostruzione della visibilità il motivo è infondato la Corte ha deciso in conformità allo stesso criterio individuato dal ricorrente, giacché ha negato l’applicabilità dell’art. 2054 c.c., comma 1 dopo avere escluso la sussistenza di nesso causale fra le condotte del G. e della D. e la caduta del motociclista dal che ha fatto correttamente conseguire l’impossibilità di richiedere ai convenuti la prova liberatoria sull’assenza di colpevolezza prevista dall’art. 2054 c.c., comma 1 il tutto in conformità al principio secondo cui la circostanza che non vi sia stato scontro tra veicoli impedisce l’applicazione della presunzione di ugual concorso di colpa di cui all’art. 2054 c.c., comma 2 ma non la presunzione di responsabilità prevista nel comma 1 cit. articolo, poiché tale presunzione sorge a carico del conducente sempre che sia accertato il nesso di causalità tra la circolazione di un veicolo e il danno all’altro veicolo. La prova del nesso di causalità, che grava a carico dell’attore, si risolve nella prova di un comportamento del conducente contrario alle norme, generiche e specifiche, che regolano la circolazione stradale, causativo del danno posto a fondamento della domanda Cass. n. 8249/1998, conforme a Cass. n. 2786/1978 nè alla luce di tale condivisibile principio potrebbe ritenersi sufficiente come parrebbe ritenere il ricorrente che il danno si sia verificato nell’ambito della circolazione, giacché l’onere del convenuto di fornire la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno può sorgere soltanto una volta che sia stato dimostrato dall’attore che il danno è stato prodotto ossia causato dall’asserito responsabile col secondo motivo omessa motivazione su fatto controverso e decisivo , erronea applicazione del ragionamento logico presuntivo ed al giudizio di causalità giuridica, violazione art. 41 c.p. , il ricorrente lamenta che la Corte di Appello ha violato i principi che presiedono al ragionamento presuntivo, affermando che dall’esclusione della responsabilità di G.A. dovesse automaticamente discendere la negazione del nesso di causalità tra la condotta di D.E. ed il sinistro , giacché l’ostruzione della visuale ha fatto sì che il motociclista abbia visto l’automobile avvicinarsi quando già era nell’immediata vicinanza dell’incrocio aggiunge che la Corte ha anche violato i principi di cui all’art. 41 c.p., in punto di concorso di cause, facendo discendere automaticamente dalla dichiarazione di responsabilità del M. l’esclusione di un concorso della D. il motivo, inammissibile laddove denuncia un vizio di omessa motivazione non più deducibile ai sensi del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 applicabile ratione temporis , è parimenti inammissibile nella parte in cui ipotizza l’erroneo ricorso a criteri presuntivi e la violazione dei principi sul concorso causale senza individuare specifici errori di diritto, ma contestando nella sostanza l’apprezzamento di merito circa l’irrilevanza causale della posizione irregolare del veicolo della D. il terzo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e la nullità della sentenza per travisamento della prova il ricorrente rileva che la Corte ha fondato la propria decisione sulla circostanza, smentita dagli atti di causa, che lungo la OMISSIS fosse vietato il transito ai veicoli , evidenziando che nel verbale relativo all’incidente non vi era alcuna menzione del divieto di transito il motivo è inammissibile in quanto prospetta un errore di lettura delle risultanze istruttorie che avrebbe dovuto essere fatto valere in via revocatoria il tutto a prescindere dalla considerazione che -alla luce della complessiva motivazione la circostanza della circolazione in strada vietata ai mezzi ordinari non ha costituito elemento decisivo per l’affermazione dell’esclusiva responsabilità del M. col quarto motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., interpretazione e comunque mancata applicazione da parte del giudice di merito dei principi fondamentali di diritto, nullità della sentenza per contrasto tra motivazione e dispositivo , il ricorrente assume che le gravi ragionì che secondo la Corte di appello avevano giustificato la compensazione delle spese del giudizio di primo grado avrebbero dovuto condurre a compensare anche le spese del secondo grado, tenuto conto dei risvolti umani delicatissimi della vicenda il motivo è infondato, giacché la circostanza che la Corte di Appello abbia ritenuto non censurabile la decisione del primo giudice che aveva disposto la compensazione non comportava che anche il giudice del gravame dovesse avvalersi della facoltà di compensare il cui mancato esercizio non è sindacabile in sede di legittimità , tanto più in una situazione in cui non si poneva la necessità di effettuare per la prima volta la ricostruzione delle modalità dell’incidente. Considerato, quanto al ricorso incidentale della D. , che con i due motivi, la ricorrente censura la sentenza per non avere condannato la Zurich a rifondere alla propria assicurata le spese di costituzione in giudizio, ai sensi dell’art. 1917 c.c., comma 3 l’interesse della D. a censurare la statuizione sulle spese non è sorto in conseguenza della proposizione del ricorso principale, ma era originario e conseguente al fatto stesso della pronuncia della sentenza tanto premesso e considerato che il ricorso incidentale risulta tardivo in quanto proposto il 7.2.18, oltre la scadenza del termine lungo di impugnazione , deve affermarsene l’inammissibilità alla luce del principio secondo cui l’impugnazione incidentale tardiva, da qualunque parte provenga, va dichiarata inammissibile laddove l’interesse alla sua proposizione non possa ritenersi insorto per effetto dell’impugnazione principale Cass. n. 12387/2016 e Cass. n. 6156/2018 . Considerato, quanto al ricorso incidentale condizionato della D. , che lo stesso risulta assorbito dal rigetto del ricorso principale. CONSIDERATO altresì, che le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo sussistono, in relazione al ricorso principale e a quello incidentale, le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale, dichiarando inammissibile il ricorso incidentale e assorbito il ricorso incidentale condizionato condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate, per compensi, in Euro 4.000,00 in favore del G. e della Generali Italia e in Euro 5.000,00 in favore di ciascuno degli altri controricorrenti, oltre ad Euro 200,00 per esborsi ed oltre al rimborso delle spese forfettarie e degli accessori di legge condanna la D. al pagamento delle spese in favore della Zurich Insurance, liquidandole in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi , oltre rimborso spese forfettarie ed accessori di legge Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.