Coppia in crisi e separazione difficile: lei infastidisce telefonicamente il marito e ora deve risarcirlo

Confermato il diritto del marito ad ottenere un ristoro economico per il danno morale subito. Per i Giudici, però, va confermata la cifra stabilita in appello 5mila euro. Respinta la sua pretesa di ottenere una vittoria più corposa nei confronti della moglie.

Scoppiata la coppia, diventa complicata anche la gestione della separazione coniugale. A testimoniarlo non solo la conflittualità palese tra moglie e marito, ma anche il fastidio arrecato da lei a lui grazie a ripetute, moleste telefonate. E questo comportamento provoca un ulteriore strascico giudiziario, con un contenzioso che si chiude col risarcimento in favore dell’uomo 5mila euro per lui – che ne avrebbe voluti molti di più – per il disagio subito a causa del comportamento tenuto dall’ex amata compagna Cassazione, ordinanza n. 26262/19, sez. VI Civile - 3, depositata oggi . Lesione. La ‘guerra’ infinita tra due coniugi in rottura non si limita all’ambito del procedimento relativo alla loro separazione. Al contrario, essa si amplia, aprendo un secondo fronte, concernente il risarcimento del danno lamentato dal marito per il bombardamento telefonico subito ad opera della moglie. Mettendo da parte i nodi del matrimonio da chiudere ufficialmente, i giudici prendono in esame la discutibile condotta tenuta dalla donna, e riconoscono la lesione morale subita dall’uomo, che, di conseguenza, si vede riconosciuto il diritto ad un adeguato ristoro economico. Sulla cifra i giudici di primo e di secondo grado non si mostrano concordi, e così in Appello la somma stabilita in Tribunale viene ridotta a soli 5mila euro. Decisiva è la constatazione che le accertate molestie telefoniche subite perpetrate dalla donna ai danni del marito si collocano in un contesto caratterizzato dai rapporti conflittuali esistenti tra loro in relazione alla separazione coniugale in corso . Questa valutazione è ritenuta corretta anche dalla Cassazione, che respinge il ricorso proposto dall’ex marito, ricorso finalizzato a vedere aumentato il risarcimento in suo favore. Nessun dubbio, sia chiaro, né sui comportamenti della donna né sul danno morale subito dall’uomo. Tuttavia, l’intera vicenda va contestualizzata, come fatto in Appello, e ‘letta’ alla luce del tenore dei rapporti conflittuali intercorrenti tra i coniugi, in ragione della loro crisi matrimoniale .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 16 maggio – 16 ottobre 2019, n. 26262 Presidente Frasca – Relatore Dell’Utri Rilevato che con sentenza resa in data 28/9/2017, la Corte d'appello di L'Aquila, in accoglimento per quanto di ragione dell'appello proposto da Da. Gi., e in parziale riforma della decisione del primo giudice, ha rideterminato contenendolo nell'importo di Euro 5.000 l'entità della condanna pronunciata nei confronti dell'appellante e in favore di Gi. Di Gi. per il risarcimento dei danni subiti da quest'ultimo in conseguenza delle molestie telefoniche di cui la Gi. si era resa responsabile nei confronti dell'attore che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come, sulla base della natura del reato accertato a carico della Gi., nonché dei rapporti conflittuali tra le parti in relazione alla separazione coniugale tra le stesse in corso e dunque del contesto all'interno del quale le molestie si erano andate verificando , la somma equitativamente determinata a titolo risarcitorio potesse contenersi nell'importo di Euro 5.000, inferiore a quello liquidato dal primo giudice che, avverso la sentenza d'appello, Gi. Di Gi. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d'impugnazione. che Da. Gi. resiste con controricorso che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. le parti non hanno presentato memoria Considerato che con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. , per avere la corte territoriale contraddittoriamente affermato in motivazione di dover rigettare l'appello, con integrale conferma della sentenza appellata , salvo poi, in accoglimento dello stesso appello, ridurre l'importo del danno riconosciuto in favore del Di Gi., inserendo tale obiettiva contraddittorietà argomentativa nel quadro di una motivazione perplessa e in più punti contraddittoria in ordine alla disposta riduzione dell'importo risarcitorio determinato che, con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c , per essere la corte territoriale incorsa nella violazione del parametro normativo richiamato in ragione del carattere meramente apparente e irriducibilmente contraddittorio della motivazione dettata a fondamento della decisione assunta che, con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1126 e 2056 c.c., dell'art. 185 c.p. e dell'art. 113 c.p.c. nonché per vizio di motivazione, per avere la corte territoriale illegittimamente esercitato il potere di liquidare equitativamente il danno non patrimoniale, omettendo di esplicitare in modo riconoscibile le ragioni utilizzate ai fini della determinazione dell'importo individuato a titolo risarcitorio che tutti e tre i motivi - congiuntamente esaminabili in ragione dell'intima connessione delle questioni dedotte - sono manifestamente infondati che, preliminarmente, varrà osservare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte che il Collegio condivide e fa proprio, al fine di assicurare continuità , il contrasto tra motivazione e dispositivo, suscettibile di determinare la nullità della sentenza, ricorre unicamente là dove incida sull'idoneità del provvedimento, nel suo complesso, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, ricorrendo nelle altre ipotesi un mero errore materiale cfr., ex plurimis, Sez. 6-5, Ordinanza n. 26074 del 17/10/2018, Rv. 651108 - 01 che, nel caso di specie, dall'intero sviluppo argomentativo della sentenza impugnata emerge in modo inequivoco la volontà del giudice d'appello di procedere, in accoglimento del gravame esaminato, alla rideterminazione in diminuzione dell'importo risarcitorio liquidato dal primo giudice, tanto desumendosi dalla preliminare affermazione della fondatezza del motivo d'appello il motivo è fondato cfr. pag. 2 della sentenza impugnata e dell'asserzione con la quale la stessa corte d'appello ha affermato di voler rideterminare in via equitativa le somme dovute a titolo di risarcimento del danno morale in Euro 5.000,00 cfr. pag. 3 della sentenza impugnata in forza delle ragioni espressamente richiamate, in conformità a quanto statuito nella parte dispositiva della medesima decisione che, ciò posto, l'affermazione incidentalmente caduta nella motivazione della sentenza d'appello per cui l'appello va rigettato con integrale conferma della sentenza impugnata deve ritenersi tale da costituire un evidente refuso, suscettibile d'essere qualificato alla stregua di un mero errore materiale che, con riguardo alla questione concernente l'idoneità della motivazione della sentenza impugnata a integrare gli estremi del cd. 'minimo costituzionale' ai sensi degli artt. 360 n. 5 e 132, co. 2, n. 4, c.p.c. varrà osservare come, ai sensi dell'art. 132, n. 4, c.p.c. il difetto del requisito della motivazione si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza nel senso che alla premessa dell'oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l'enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione , ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum che, infatti, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell'atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili che, in ogni caso, si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un'eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353 - 01 che, ciò posto, nel caso di specie, la motivazione dettata dalla corte territoriale a fondamento della decisione impugnata risulta, non solo esistente, bensì anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico che, infatti, la corte d'appello, ha espressamente sottolineato come gli indici obiettivi costituiti dalla natura del reato accertato a carico della Gi., nonché dal tenore dei rapporti conflittuali intercorrenti tra le parti in ragione della situazione di crisi matrimoniale in cui le stesse erano venute a trovarsi , valessero a giustificare una rivisitazione dell'entità del danno liquidato dal primo giudice, ritenendone opportuno, proprio sulla scorta delle ragioni richiamate, un contenimento nell'importo di Euro 5.000,00 che l'iter argomentativo così compendiato dal giudice a quo vale a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente che, infine, quanto al preteso illegittimo esercizio del potere di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, alla stregua del quale l'esercizio, in concreto, del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità quando la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell'uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito cfr. Sez. 3 - , Sentenza n. 24070 del 13/10/2017, Rv. 645831 - 01 che, nella specie, il giudice a quo, nell'aver legato la determinazione dell'importo liquidato alle circostanze costituite dalla natura del reato accertato a carico della Gi., nonché dal tenore dei rapporti conflittuali intercorrenti tra le parti in ragione della situazione di crisi matrimoniale in cui le stesse erano venute a trovarsi , risulta aver dato conto in modo sufficientemente congruo del peso specifico attribuito ad ognuno degli indici valorizzati, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito cfr., sul punto, Sez. 3 - , Sentenza n. 22272 del 13/09/2018, Rv. 650596 - 01 che, conseguentemente, sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, dev'essere pronunciato il rigetto del ricorso che le difficoltà interpretative imposte dalla natura delle questioni esaminate e il differente tenore delle decisioni di merito valgono a giustificare l'integrale compensazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio che dev'essere attestata la sussistenza dei presupposti per il pagamento del doppio contributo, ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002 P.Q.M. Rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell'art. I-bis, dello stesso articolo 13.