Tagliando assicurativo falso: il danneggiato cita il Fondo di Garanzia vittime della strada

Colui che sia stato danneggiato in un sinistro stradale non deve necessariamente citare, in modo autonomo, l’assicurazione che appare titolare del contrassegno assicurativo, nel caso ove la prova della falsità, ovvero della mancata attribuibilità del tagliando assicurativo a tale assicurazione, emerga dagli atti del giudizio instaurato verso il Fondo vittime della strada, per essere stata dallo stesso danneggiato spontaneamente e preventivamente accertata. In tal modo sarebbe superflua l’instaurazione di un giudizio autonomo verso la compagnia apparente che, nell’eventuale causa, si limiterebbe a invocare il fatto notorio della falsità del contrassegno.

Questo il principio di diritto ribadito dalla III Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 6300/19 depositata il 5 marzo, dando così continuità alla giurisprudenza già formatasi sul punto. L’ermeneutica dell’art. 127 c.d.a La compagnia di assicurazione risulta responsabile, ai sensi dell’art. 127 d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 cd. c.d.a., acronimo di codice delle assicurazioni private , per il solo fatto del rilascio del contrassegno assicurativo, ed indipendentemente dall’inefficacia o invalidità del rapporto di assicurazione, pure in ipotesi di contrassegno contraffatto o falsificato, salvo che l’assicuratore dia prova dell’insussistenza di una propria condotta colposa, tale da ingenerare in capo al danneggiato, l’incolpevole affidamento in merito alla sussistenza del rapporto assicurativo. L’azione di risarcimento in ipotesi di falsità del tagliando. Il collegio della III Sezione civile della Corte di Cassazione, nell’ordinanza in commento, si è posto in assoluta linea con la risalente giurisprudenza di legittimità, condividendo le doglianze espresse dai ricorrenti. Secondo questi, il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere che la denuncia alle autorità inquirenti, come pure l’accertamento della falsità del contratto di assicurazione, non costituissero condizioni di ammissibilità dell’azione di risarcimento verso il Fondo di Garanzia vittime della strada. Più in particolare, a dir della difesa dei ricorrenti, i giudici di merito non avevano tenuto in considerazione la circostanza che il soggetto danneggiato, spontaneamente e preventivamente, aveva verificato la falsità del tagliando assicurativo, in tal modo rendendo superfluo, finanche per ragioni di economia processuale, l’instaurazione di un autonomo giudizio verso l’apparente, ma già verificata come non effettiva, compagnia di assicurazione falsamente indicata nel tagliando. L’indirizzo consolidato. Secondo la ricostruzione ermeneutica prospettata dai ricorrenti, e condivisa dal collegio, la pronuncia rimessa alla lente della Corte sarebbe stata censurabile per non avere prospettato la migliore interpretazione degli artt. 127 c.d.a. Certificato di assicurazione e contrassegno” e 1901 c.c. Mancato pagamento del premio” , nel senso di concedere al danneggiato dell’incidente l’opzione tra il promuovere la causa di risarcimento verso l’assicurazione indicata nel contrassegno, facendo così valere il principio dell’apparenza e la tutela dell’affidamento, oppure adire direttamente il Fondo di garanzia per le vittime della strada. Il principio di diritto. La Corte di Cassazione ha quindi annullato la pronuncia resa in appello, rinviando la causa al Tribunale, e ribadendo il principio di diritto in conformità del quale non sussiste, in capo al soggetto danneggiato, la necessità di citare in giudizio, in modo autonomo, l’assicurazione apparentemente titolare del contrassegno assicurativo, quando la prova della falsità o della non attribuibilità del tagliando assicurativo, a detta compagnia di assicurazione, emerga dagli atti del giudizio promosso verso il Fondo di Garanzia vittime della strada, per essere quindi stata, ad opera del danneggiato, spontaneamente e preventivamente accertata, e rendendo in tal modo superfluo l’incardinamento di un autonomo giudizio nei confronti della compagnia apparente, la quale, nel giudizio, si limiterebbe ad invocare il fatto notorio della falsità del contrassegno.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 17 ottobre 2018 – 5 marzo 2019, n. 6300 Presidente Armano – Relatore Moscarini Fatti di causa Autofficina Touring di Q.S. & amp co. s.n. c. e Autocarrozzeria M. & amp P. di M.E. ricorrono per la cassazione del Tribunale di Pistoia, emessa in sede di appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Monsummano Terme che, confermando la sentenza di primo grado e dichiarando inammissibile l’appello, ha dichiarato la carenza di legittimazione passiva di Fondiaria Sai S.p.A. nella qualità di impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, ritenendo sussistente la responsabilità di Axa Assicurazioni S.p.A. nonostante la prova della falsità del contrassegno assicurativo dalla stessa emesso, in un incidente stradale in cui G.A. , alla guida di un’autovettura Mercedes, risultata poi priva di assicurazione per la responsabilità civile, aveva tamponato il veicolo che lo precedeva e danneggiato tre veicoli parcheggiati tra cui quello del sig. Gi. , successivamente cedente, in favore delle ricorrenti, del credito nei confronti del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada. I Giudici di merito hanno dichiarato di voler dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’assicuratore è responsabile D.Lgs. n. 209 del 2005, ex art. 127 per il solo fatto del rilascio del contrassegno assicurativo, indipendentemente dall’inefficacia o invalidità del rapporto di assicurazione, anche nel caso di contrassegno contraffatto o falsificato, salvo che l’assicuratore dimostri l’insussistenza di un proprio comportamento colposo tale da ingenerare nel danneggiato l’incolpevole affidamento sulla sussistenza del rapporto assicurativo. Gli appellanti avevano chiesto di dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la denuncia alle autorità inquirenti e l’accertamento della falsità del contratto di assicurazioni non costituiscono condizioni di ammissibilità dell’azione di risarcimento nei confronti del Fondo di Garanzia Vittime della Strada ma il Giudice di appello ha rilevato che gli appellanti non avevano in alcun modo proposto alcuna ragione di critica all’unico argomento del Giudice di Pace che aveva fondato l’impianto motivazionale sul D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 127, sicché l’appello è stato dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 342 c.p.c Avverso la sentenza, come si è riferito, Autofficina Touring e Autocarrozzeria M. , in qualità di cessionarie del credito risarcitorio nei confronti del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste con controricorso la Unipolsai Assicurazioni S.p.A Ragioni della decisione 1.Con il primo motivo le ricorrenti denunciano la nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 348 bis c.p.c La sentenza sarebbe affetta da nullità derivata dall’errata decisione del secondo giudice di dichiarare inammissibile il gravame nonostante l’impugnativa contenesse tutti gli elementi previsti dall’art. 342 c.c. e prendesse posizione su ogni aspetto sollevato dal primo giudice. Gli appellanti hanno sottoposto a critica l’impugnata sentenza di primo grado con particolare riguardo al capo di sentenza relativo all’efficacia probatoria del contrassegno assicurativo di dimostrare, fino a prova contraria l’esistenza di una copertura indipendentemente dalla validità o meno del rapporto tra assicurato ed assicuratore, qualora quest’ultimo abbia creato affidamento sullo stesso. 1.1 Il motivo è fondato e merita accoglimento. In effetti i motivi di appello, lungi dall’incorrere nella sanzione dell’inammissibilità ai sensi dell’art. 342 c.p.c., erano del tutto specifici e circostanziati, di guisa che la decisione del giudice di appello di dichiarare il medesimo inammissibile appare intrinsecamente viziata e meritevole di riforma. 2. Con il secondo motivo denunciano la violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 127 e dell’art. 1901 c.c. per avere, inter alla, il primo come il secondo giudice erroneamente interpretato l’art. 127 CdA, comma 1 ed averlo malamente applicato alla fattispecie per cui è causa ed in ogni caso per avere le decisioni assunte, applicando tali norme, condotto a conseguente giuridiche contrarie alle norme in questione così come interpretate dalla prevalente giurisprudenza di legittimità. Ad avviso dei ricorrenti i giudici di merito non avrebbero tenuto in considerazione la circostanza che il danneggiato spontaneamente e preventivamente aveva verificato la falsità del tagliando con ciò rendendo superflua, anche per ragioni di economia processuale, l’instaurazione di un autonomo giudizio nei confronti dell’apparente, ma già verificata come non effettiva, assicurazione, falsamente indicata nel tagliando. La sentenza avrebbe errato e sarebbe censurabile per non aver prospettato la migliore interpretazione dell’art. 127 CdA e dell’art. 1901 c.c. nel senso di concedere al danneggiato del sinistro l’opzione tra il promuovere la causa nei confronti dell’assicurazione indicata nel contrassegno, facendo valere il principio dell’apparenza e la tutela dell’affidamento, ovvero adire direttamente il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada. Ad opinare diversamente si ipotizzerebbe un’assurda condizione di procedibilità dell’azione nei confronti del Fondo di Garanzia contraria alla ratio legis dell’intera disciplina dell’assicurazione della responsabilità civile ispirata all’esigenza di rafforzare la posizione dell’assicurato danneggiato. Ipotizzare, come presupposto dai giudici del merito, che il danneggiato, pur essendo in possesso della prova della falsità del contrassegno assicurativo, dovesse comunque citare in giudizio la Axa per costringerla a dimostrare di aver adoperato l’ordinaria diligenza per impedire la circolazione di un cedolino falso a proprio nome costituirebbe una pretesa tautologica, destinata soltanto a moltiplicare adempimenti processuali e ad allontanare la tutela del danneggiato. Sulla base di questi presupposti i ricorrenti hanno chiesto di affermare il principio di diritto secondo il quale non sussiste per il danneggiato la necessità di citare autonomamente l’assicurazione apparentemente titolare del contrassegno assicurativo allorché la prova della falsità o comunque della non attribuibilità del tagliando assicurativo all’assicurazione citata emerga dagli atti del giudizio promosso nei confronti del Fondo Vittime della Strada per essere stata dal danneggiato spontaneamente e preventivamente accertata, rendendo superflua l’instaurazione di un autonomo giudizio nei confronti dell’apparente compagnia, la quale si limiterebbe ad invocare il fatto notorio della falsità del contrassegno. 3. Il secondo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo. 4. Conclusivamente il ricorso va accolto con riguardo al primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza cassata in relazione e la causa rinviata al Tribunale di Pistoia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza in relazione e rinvia la causa al Tribunale di Pistoia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.