La presunzione di pari colpa nel sinistro stradale opera anche per il veicolo non coinvolto nell’impatto

È però necessario l’accertamento del contributo causale nel verificarsi dell’evento dannoso. In tal caso, dunque, la presunzione del comma 2 dell’art. 2054 c.c., secondo cui in caso di scontro tra veicoli si presume fino a prova contraria che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno, trova applicazione analogica.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19197/18, depositata il 19 luglio. La vicenda. Il Tribunale di Vicenza, ritenendo parimenti responsabili i conducenti di due vetture coinvolte in un sinistro stradale, pronunciava condanna al risarcimento dei danni patrimoniale e non subiti dall’attrice. Quest’ultima invocava in appello l’esclusiva o prevalente responsabilità della controparte per essersi immessa sulla strada pubblica provenendo da un’area privata senza rispettare la precedenza. Cercando di evitare l’impatto con la sua vettura, la ricorrente aveva infatti colpito un altro veicolo che sopraggiungeva in senso opposto. La Corte territoriale rigettava il gravame, confermando la pronuncia di prime cure. La vicenda giunge dunque dinanzi alla Corte di Cassazione. Il motivo del ricorso. Per quanto d’interesse, la ricorrente invoca la violazione dell’art. 2054 c.c. Circolazione di veicoli in punto di accertamento della responsabilità per il sinistro nel caso di assenza di collisione tra i due veicoli. Il Giudice di merito aveva infatti affermato che, anche in tal caso, è possibile ricondurre la responsabilità al veicolo non direttamente coinvolto nello scontro sempre che l’evento sia eziologicamente riconducibile alla circolazione stradale e che lo stesso abbia determinato una turbativa nella circolazione. Secondo la ricorrente, da tale premessa non può però discendere una pari responsabilità per entrambi i conducenti, dovendo invece essere riconosciuta la responsabilità esclusiva o prevalente della controparte. Presunzione di pari colpa. Fermo restando che la ricostruzione della dinamica del sinistro, come emergente dalle risultanze istruttorie, è esclusa dall’ambito di cognizione del giudice di legittimità, la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio di diritto secondo cui la presunzione di pari responsabilità di colpa in caso di veicoli è applicabile estensivamente anche ai veicoli coinvolti nell’incidente ma non nella collisione, sempre che venga accertato in concreto l’effettivo contributo causale nella determinazione dell’evento dannoso. Si assiste dunque l’applicazione estensiva del comma 2 dell’art. 2054 c.c., proprio in riferimento alla presunzione di pari colpa, restando irrilevante la diversa disposizione di cui al comma 1 della stessa norma. Prevale infatti l’esigenza, come sottolinea la Corte, di un’applicazione analogica della disciplina della prova del grado di colpa nella valutazione delle condotte di tutti i soggetti responsabili che hanno concorso causalmente all’evento-scontro tra veicoli . Sottraendosi la sentenza impugnata alla doglianza, la Corte, ritenendo infondati anche i successivi motivi sollevati, rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 18 maggio – 19 luglio 2018, n. 19197 Presidente Travaglino – Relatore Olivieri Fatti di causa In relazione alla domanda risarcitoria per i danni subiti da sinistro stradale, proposta da B.A. nei confronti di D.L.C. e di Z.R. , rispettivamente proprietario e conducente del veicolo ritenuto responsabile del sinistro, nonché di ALLIANZ s.p.a. che assicurava la RCA del predetto veicolo, il Tribunale Ordinario di Vicenza, con sentenza in data 14.3.2013 n. 405, ritenuta la pari responsabilità dei conducenti delle vetture coinvolte nel sinistro, condannava i convenuti al risarcimento dei danni patrimoniale e non patrimoniali subiti dalla B. ed accertati dalla c.t.u. medico-legale nel grado del 30% di invalidità biologica permanente che liquidava -in misura corrispondente alla quota del 50% di responsabilità accertata-, secondo i criteri delle Tabelle di Milano aggiornate alla data della aestimatio e riconoscendo il coefficiente massimo di aumento per la personalizzazione del valore punto, in 122.030,00 invalidità permanente , 42.250,00 inabilità temporanea 35.388,70 danno non patrimoniale comprensivo della sofferenza morale e fisica e del pregiudizio alla cenestesi lavorativa , oltre interessi e rivalutazione monetaria. Non riconosceva invece il danno da lucro cessante per perdita della capacita lavorativa della pensionata-casalinga, ritenendo esclusa la prova di una diminuita capacità reddituale della danneggiata. L’appello proposto dalla B. avverso la sentenza di primo grado in punto di accertamento della esclusiva o prevalente responsabilità della Z. e di liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante, veniva dichiarato inammissibile dalla Corte d’appello di Venezia con ordinanza in data 9.1.2015 resa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c B.A. ha impugnato per cassazione, ai sensi dell’art. 348 ter comma 3 c.p.c., la sentenza di prime cure, con ricorsi ritualmente notificati alle parti intimate, deducendo quattro motivi. Resiste con controricorso ALLIANZ s.p.a. Non hanno svolto difese gli altri intimati. Le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 380 bis.1 c.p.c. Ragioni della decisione Il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata. La eccezione di inammissibilità – recte improcedibilità del ricorso formulata da ALLIANZ s.p.a., per omessa indicazione ed allegazione al ricorso dei documenti prodotti in giudizio e sui quali vengono fondati i motivi di ricorso, è priva di pregio. Le censura infatti vengono a criticare le argomentazioni in diritto svolte dalla sentenza impugnata e dunque prescindono dalla consultazione e verifica del contenuto di atti e documenti del processo di merito che non appaiono necessari a supportare le censure. Il ricorso per cassazione proposto ai sensi dell’art. 348 ter comma 3 c.p.c., può accedere all’esame della Corte, avendo la ricorrente assolto all’onere, della trascrizione ricorso pag. 3-4 dei motivi di gravame dedotti con l’atto di appello dichiarato inammissibile dalla Corte distrettuale ex art. 348 bis comma 1 c.p.c., adempimento prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, comma 1, n. 3 , c.p.c. e ritenuto indispensabile per consentire a questa Corte il controllo in ordine alla insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame cfr. Corte cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 8942 del 17/04/2014 id. Sez. 6 3, Ordinanza n. 10722 del 15/05/2014 id. Sez. 6 3, Ordinanza n. 6140 del 26/03/2015 id. Sez. 6 3, Ordinanza n. 18623 del 22/09/2016 id. Sez. 6 3, Ordinanza n. 26936 del 23/12/2016 . Venendo all’esame dei motivi di ricorso osserva il Collegio quanto segue. Primo motivo violazione art. 2054 comma 2 c.c Sostiene la ricorrente che il principio di diritto, affermato dal Tribunale, secondo cui la responsabilità ex art. 2054 c.c. è configurabile anche in assenza di collisione tra i veicoli, purché l’evento sia riconducibile eziologicamente alla circolazione stradale anche del veicolo non direttamente coinvolto nello scontro, nel caso in cui lo stesso abbia determinato turbativa alla circolazione, doveva condurre, non all’accertamento della pari responsabilità dei conducenti delle autovetture nella produzione del danno, ai sensi dell’art. 2054 comma 2 c.c., ma alla affermazione della esclusiva o prevalente responsabilità della Z. che si era immessa su strada pubblica da area privata senza dare la dovuta precedenza, ai sensi dell’art. 2054 comma 1 c.c Inoltre il Giudice di merito non aveva considerato che dalle deposizioni dei testi escussi erano emersi fatti che attestavano inequivocamente la esclusiva riconducibilità dell’evento dannoso alla colposa condotta di guida della Z. . Inammissibile deve ritenersi la censura formulata sub specie di errore di diritto ma volta a veicolare, attraverso la richiesta di rivalutazione del materiale istruttorio, una critica interamente rivolta all’ errore di fatto con invasione dell’ambito discrezionale valutativo riservato ex art. 116 c.p.c. al Giudice di merito insindacabile avanti questa Corte, salva l’ipotesi che non ricorre nel caso di specie della omessa considerazione da parte del Giudice di un fatto storico decisivo contemplata dall’art. 360co 1 n. 5 c.p.c., nel testo modificato dall’art. 54 del DL n. 83/2012 conv. in legge n. 134/2012, e nei limiti definiti dalla interpretazione della norma processuale fornita da questa Corte cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 id. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 22/09/2014 id. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016 . Per il resto il motivo deve ritenersi infondato. La ricostruzione della dinamica del sinistro compiuta in base alle risultanze istruttorie ha consentito di accertare che il veicolo condotto dalla B. era andato a collidere con altro veicolo che sopraggiungeva in senso opposto, dopo aver sbandato a causa della turbativa costituita dalla vettura condotta dalla Z. che si stava immettendo sulla strada da un’area di sosta privata. Tanto premesso il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo cui la presunzione di pari responsabilità di colpa, prevista in caso di scontro di veicoli dall’art. 2054 comma 2 c.c., è applicabile estensivamente anche ai veicoli coinvolti nell’incidente ma rimasti estranei alla collisione, sempre che sia accertato, in concreto, l’effettivo contributo causale nella produzione dell’evento dannoso cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 3131 del 04/04/1996 id. Sez. 3, Sentenza n. 10751 del 23/07/2002 id. Sez. 3, Sentenza n. 3704 del 09/03/2012 . Il principio di diritto diversamente da quanto assunto dalla difesa della ricorrente si riferisce espressamente alla applicazione estensiva della presunzione di pari gradazione della responsabilità per colpa, prevista dal comma 2 dell’art. 2054 c.c., non venendo, pertanto, in questione la diversa disposizione del comma 1 della medesima norma, prevalendo la esigenza di una applicazione della analoga disciplina della prova del grado di colpa nella valutazione delle condotte di tutti i soggetti responsabili che hanno concorso causalmente all’evento-scontro tra veicoli. Nella specie il Tribunale ha accertato previamente la incidenza causale della condotta di guida della Z. nella determinazione dello scontro tra il veicolo condotto dalla B. e l’altra autovettura proveniente in senso opposto, rilevando altresì come analogo contributo causale doveva riconoscersi alla condotta di guida della B. non adeguata alle circostanze del caso -essendo bagnato e scivoloso il fondo stradale a causa della pioggia e che aveva determinato il mancato controllo del veicolo e la tempestiva adozione delle misure di emergenza tra cui specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile , come prescritto dall’art. 141, comma 2, Codice Strada Dlgs n. 285/1992 e succ. mod. . Il Giudice di merito ha quindi ritenuto, in assenza di altri parametri di valutazione in concreto del grado di colpa ascrivibile ai singoli conducenti, di applicare la presunzione di pari responsabilità prevista dal comma 2 dell’art. 2054 c.c., conformandosi in tal modo agli arresti giurisprudenziali di questa Corte, sopra richiamati. Né vale in contrario il richiamo operato dalla ricorrente alla giurisprudenza penale di questa Corte che ha statuito, in tema di responsabilità colposa da sinistri stradali, che il conducente di un veicolo non può essere chiamato a rispondere delle conseguenze lesive di uno scontro per non avere posto in essere una manovra di emergenza, qualora si sia venuto a trovare in una situazione di pericolo dovuta all’altrui condotta di guida illecita, non utilmente ed agevolmente percepibile, tenuto conto dei tempi di avvistamento, della repentinità della condotta del soggetto antagonista, dei concreti spazi di manovra, dei necessari tempi di reazione psicofisica cfr. Corte cass. Sez. 4, Sentenza n. 1031 del 30/10/2002 Ud. dep. 14/01/2003 id. Sez. 4, Sentenza n. 29442 del 24/06/2008 Ud. dep. 16/07/2008 , solo che si osservi come il principio di diritto enunciato presupponga la prova del tutto assente nel caso di specie di circostanze di tempo e luogo tali da non rendere utilmente ed agevolmente percepibile il pericolo tenuto conto dei tempi di avvistamento, della repentinità o meno della condotta del soggetto antagonista, degli spazi di manovra, dei necessari tempi di reazione psico-fisica e da impedire una efficace e tempestiva manovra di emergenza, escludendo quindi del tutto gli stessi profili di responsabilità invece individuati nella condotta di guida della B. dal Tribunale. Ne segue che la sentenza impugnata va esente dal vizio di legittimità denunciato. Secondo motivo violazione degli artt. 141-145 Codice della Strada. La ricorrente censura, con riferimento alle norme del Codice della Strada che dettano gli obblighi di condotta da tenere nella circolazione dei veicoli, l’apprezzamento in fatto compiuto dal Tribunale in ordine alle condotte tenute dai conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro. La censura è inammissibile in quanto attraverso l’errore di diritto si viene a reiterare la richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttore, secondo la differente prospettazione di merito favorevole della ricorrente, nonché la inammissibile revisione dell’accertamento compiuto dal Tribunale. Terzo motivo violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c La ricorrente censura la statuizione della sentenza impugnata che ha ritenuto sfornita di prova la domanda risarcitoria volta ad ottenere la liquidazione del danno da lucro cessante per perdita della capacità lavorativa specifica , non avendo considerato il Tribunale che dalla prova orale era emerso che la B. si occupava delle faccende domestiche per sé ed i suoi familiari e si occupava anche del lavoro nei campi, attività cui non si era potuta dedicare durante la convalescenza e la riabilitazione, e permanendo attuali algie agli arti inferiori che le impedivano di svolgere tali occupazioni. Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi . Debbono richiamarsi, in proposito, i principi di diritto, enunciati da questa Corte, in materia di risarcimento del danno subito dalla casalinga, secondo i quali se viene accertata una perdita o riduzione della capacità lavorativa generica , possono applicarsi -avuto riguardo al grado percentuale di invalidità permanente accertato in sede medico legale le presunzioni intese a provare la esistenza di un danno patrimoniale -emergente e da lucro cessante cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 16392 del 13/07/2010 id. Sez. 3, Sentenza n. 25726 del 05/12/2014 determinato dall’impedimento o dalla riduzione della attività di lavoro domestico che il soggetto svolgeva -anche a suo favore se invece il lavoro domestico era svolto a titolo gratuito o in adempimento dei doveri di solidarietà familiare, a vantaggio di soggetti terzi, i danneggiati sono esclusivamente questi ultimi Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 4657 del 03/03/2005 , trattandosi di attività suscettiva di valutazione economica cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 2639 del 09/02/2005 id. Sez. 3, Sentenza n. 24471 del 18/11/2014 , che trova fondamento negli artt. 4, 36 e 37 Cost. cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 15580 del 11/12/2000 id. Sez. 3, Sentenza n. 20324 del 20/10/2005 , e che potrà ricevere adeguato ristoro attraverso il criterio di liquidazione equitativa del danno, tenuto conto dei parametri forniti dal calcolo del reddito figurativo desunto dal contratto collettivo delle COLF contratto collettivo di lavoro ovvero del criterio legale del triplo della pensione sociale se, invece, viene accertato secondo i criteri propri della medicina legale un danno da cenestesi lavorativa -nel senso che l’attività domestica potrà essere espletata anche in futuro, ma in condizioni di usura maggiore o con maggiore gravosità-, senza che la invalidità si comunichi anche alla capacità lavorativa del soggetto da intendersi come persistenza, nonostante i postumi invalidanti, della attitudine del soggetto a svolgere un determinato lavoro produttivo di un determinato reddito , allora un tale pregiudizio, che si colloca interamente nell’ambito della lesione del diritto alla salute, dovrà essere risarcito quale danno biologico e compensato attraverso la ulteriore congrua personalizzazione del valore-punto tabellare. Nella specie il Tribunale non si è limitato ad affermare, con la statuizione censurata e che non appare in linea con i principi indicati, che il danno patrimoniale da lucro cessante non doveva essere liquidato per genericità delle prove fornite dalla danneggiata e per difetto di accertamento di una riduzione reddituale durante la malattia, in quanto la B. era pensionata, ma ha precedentemente rilevato che era stata esclusa dal CTU una lesione della capacità lavorativa specifica , avendo invece accertato l’ausiliario che le menomazioni comportano un maggiore affaticamento e difficoltà nello svolgimento del lavoro domestico tenuto conto del presumibile livello sofferenza di grado medio/ medio grave , e che tale danno, da ricomprendere nella categoria del danno biologico, veniva ad essere compensato attraverso la personalizzazione del punto di invalidità previsto dalle Tabelle milanesi di liquidazione del danno biologico e non patrimoniale, che doveva essere pertanto aumentato con l’applicazione del coefficiente massimo del 29%. La censura risulta dunque decentrata rispetto alla indicata ratio decidendi in quanto rivolta a colpire soltanto un aspetto parziale degli argomenti svolti nella motivazione della sentenza impugnata, senza incidere sull’elemento dirimente del mancato accertamento all’esito delle indagini medico legali di una riduzione della capacità della B. di continuare ad attendere ai lavori domestici. Quarto motivo violazione art. 91 c.p.c La ricorrente si lamenta della liquidazione delle spese di lite compiuta dal Tribunale che le aveva compensate per la metà tra la B. e gli altri convenuti, mentre avrebbe dovuto liquidarle per intero a favore della danneggiata, ove avesse correttamente ritenuto la esclusiva responsabilità della Z. nella causazione del sinistro. Il motivo non integra i requisiti prescritti dall’art. 3656 co1 c.p.c. atteso che la censura, non attiene alla attività di giudizio svolta dal Giudice di merito nella applicazione del criterio di attribuzione delle spese di lite, ma risulta formulata in modo meramente condizionato e dipendente dall’accoglimento dei precedenti motivi di ricorso per cassazione, ritenuti inammissibili od infondati. In conseguenza il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo. P.Q.M. rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1 comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.