Le affermazioni riferite ad una “figura emblematica” mettono al riparo il sindaco dall’accusa di diffamazione

Confermando la valenza non lesiva delle affermazioni fatte dal sindaco nei confronti del Collegio dei Geometri e dei Geometri laureati della Provincia, la Cassazione scioglie il nodo della questione sulle scriminanti del diritto di cronaca e di critica in tema di diffamazione.

Così la Suprema Corte con sentenza n. 14896/18 depositata l’8 giugno. Il caso. In riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’Appello riteneva non diffamatorie le affermazioni contenute nel comunicato diffuso dal sindaco, mediante affissione nei locali pubblici del paese, con le quali ella sosteneva che la piazza non era stata ideata da uno sprovveduto geometra di campagna, ma da un pool di ben tre architetti professori universitari della facoltà di architettura di Pescara . Avverso tale decisione, il Collegio dei Geometri e Geometri Laureati decide di proporre ricorso per cassazione. Non è diffamazione. La Corte di legittimità afferma che la questione sollevata dal ricorrente e relativa alla sussistenza delle scriminanti del diritto di cronaca o di critica appare del tutto irrilevante nel caso di specie. Infatti, i Giudici territoriali hanno correttamente escluso ogni tipo valenza lesiva nei confronti della categoria dei geometri, in quanto le espressioni contenute nella missiva si riferivano ad una figura emblematica e non erano riconducibili a nessun geometra associato al Collegio. Tali affermazioni erano solo dirette a sottolineare che la progettazione architettonica della piazza, non potendo essere affidata ad un geometra, era stata presa in carico da un team di professionisti qualificati. Pertanto, ritenendo corretta la valutazione condotta dalla Corte territoriale, i Giudici di legittimità rigettano il ricorso e condannano il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 febbraio – 8 giugno 2018, n. 14896 Presidente Armano – Relatore Pellecchia Fatti Di Causa 1. Nel 2006, il Collegio dei Geometri e dei Geometri Laureati della Provincia di Chieti convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lanciano, G.M.T. ed il Comune di San Vito Chietino. Espose che, nel corso di una disputa sulle modalità di realizzazione di una piazza nel Comune sorta tra un architetto e la G. , sindaco del medesimo Comune, quest’ultima aveva diffuso, mediante affissione nei locali pubblici del paese, un comunicato nel quale affermava che la piazza non è stata ideata da uno sprovveduto il geometra di campagna, ma da un pool di ben tre architetti professori universitari della facoltà di architettura di Pescara . Lamentò che tale espressione, riferita alla categoria dei geometri, era denigratoria ed offensiva della loro dignità e chiese quindi il risarcimento dei danni. Si costituirono i convenuti, deducendo che l’espressione usata non era diffamatoria, perché non era diretta ad alcuno e perché si trattava di una manifestazione di pensiero priva di obiettività, e chiedendo quindi il rigetto della domanda. Il Comune eccepì anche il proprio difetto di legittimazione passiva. Il Tribunale di Lanciano, con sentenza n. 81/2008, accolse la domanda, condannando i convenuti, in solido tra loro, al pagamento della somma di Euro 5.000 a titolo di risarcimento danni e disponendo la pubblicazione della sentenza su un quotidiano, con diritto dell’attore di ripetere le spese ai convenuti. 2. La decisione è stata riformata dalla Corte di Appello de L’Aquila con sentenza n. 145 del 2 febbraio 2015. La Corte ha ritenuto, diversamente dal Tribunale, che le espressioni contenute nella missiva non potevano ritenersi diffamatorie e, comunque, dannose. Il sindaco, infatti, si era limitato a difendere una scelta di progettazione architettonica fatta dall’amministrazione comunale sottolineando che il progetto della piazza era stato redatto da soggetti tecnicamente qualificati e non da un soggetto ipotetico, individuato in un non meglio precisato geometra di campagna. Secondo la Corte di appello, con tali parole, la G. si era riferita ad una figura emblematica - nella quale non sarebbe riconoscibile nessun geometra associato il collegio di Chieti - assunta quale termini comparazione non per denigrare la categoria dei geometri, ma per sottolineare che la progettazione architettonica era stata affidata a soggetti potevano realizzarla e non ad un geometra, la cui legge professionale non gli consente di progettare piazze urbane. Nemmeno la qualificazione di campagna poteva considerarsi spregiativa, considerato che gran parte delle attività professionali che un geometra può compiere sono legate ad aree e fondi rustici. Di conseguenza, in questo contesto, la parola sprovveduto aveva solo il significato letterale di privo di competenze necessarie alla progettazione di una piazza. Il sindaco, quindi, non aveva dato un giudizio negativo della categoria del geometri ma si era limitata ad affermare che per il progetto della piazza, il quale non poteva essere affidato ad un geometra, erano stati incaricati professionisti qualificati. 3. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso in Cassazione il Collegio dei Geometri e dei Geometri Laureati della provincia di Chieti, sulla base di tre motivi. 3.1 G.M.T. ha depositato procura speciale per essere ammessa alla discussione. Il Comune di San Vito Chietino, invece, non ha svolto difese. Ragioni della decisione 4.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., l’erroneità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. e, comunque, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo . La sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che il Collegio dei Geometri ed i Geometri in generale erano del tutto estranei al discorso tra il sindaco e l’architetto. Il motivo è inammissibile, atteso che parte ricorrente omette di argomentare in ordine alla decisività della circostanza asseritamente trascurata dalla Corte di Appello rispetto alla decisione impugnata, la quale ha rigettato la domanda risarcitoria ritenendo che le espressioni contenute nella missiva non avessero valenza diffamatoria o comunque lesiva della dignità della categoria dei geometri e del loro organismo rappresentativo. 4.2. 11 secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., l’erroneità della sentenza impugnata, per violazione degli artt. 595 c.p. e 21 Cost. . La Corte di merito avrebbe ritenuto non diffamatorie le espressioni contenute nella lettera pur non ricorrendo, nella fattispecie, le condizioni del legittimo esercizio del diritto di cronaca. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti . La sentenza impugnata sarebbe censurabile anche per aver escluso la sussistenza della condotta diffamatoria sulla base della mera valorizzazione del rispetto del limite della continenza formale, senza per contro nulla rilevare in ordine agli ulteriori requisiti necessari per il legittimo esercizio del diritto di cronaca verità della notizia, interesse pubblico , ovvero di quello di critica. Entrambi i motivi sono infondati. Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, infatti, la questione relativa alla sussistenza delle scriminanti del diritto di cronaca o di critica appare, nel caso di specie, del tutto irrilevante, avendo la sentenza impugnata escluso qualsiasi valenza lesiva, nei confronti della categoria dei geometri, delle espressioni contenute nella missiva scritta dal sindaco. Il terzo motivo è anche fuori dai limiti posti da Cass. S.U. 80538054/2014. 5. In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Nulla per le spese nei confronti degli intimati non costituiti. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.