La responsabilità della Germania per la strage di Roccaraso del 1943

In occasione dell’Anniversario della Liberazione, l’Autore e Diritto e Giustizia hanno deciso di segnalare ai lettori la pronuncia del Tribunale di Sulmona del 2 novembre 2017 con la quale è stata accertata, per l’eccidio commesso nel novembre 1943 dai soldati del Corpo d’Armata Tedesco ai danni di 128 abitanti della frazione di Pietransieri, nel Comune di Roccaraso, la responsabilità della Repubblica Federale di Germania, quale successore del Terzo Reich. Con l’occasione, il quotidiano dà appuntamento ai suoi lettori a giovedì 26 aprile, mentre la newsletter tonerà nelle vostre caselle di posta elettronica venerdì 27 aprile.

La pronuncia ripercorre, in modo analitico e con ampio percorso motivazionale, i terribili fatti al tempo occorsi che condussero all’uccisione di oltre 120 abitanti di Pietransieri per la maggior parte anziani e bambini e definisce tale sterminio compiuto dalla squadra della morte” quale crimine di guerra e contro l’umanità. Esclusa l’immunità della Repubblica Federale di Germania dalla giurisdizione civile italiana ed accertata la sua responsabilità in relazione ai tremendi crimini perpetrati ai danni della popolazione civile inerme, questa è stata condannata al risarcimento del danno non patrimoniale nei confronti sia degli eredi e parenti delle vittime, sia del Comune di Roccaraso per le sofferenze inflitte alla comunità locale. Il caso. Con ricorso depositato il 14 gennaio 2015, il Comune di Roccaraso AQ , in persona del sindaco pro tempore, nonché A. C. e V. M., quest’ultima anche nella qualità di erede del padre C. M., chiedevano al Tribunale di Sulmona di condannare la Repubblica Federale di Germania, nonché, occorrendo, i Ministeri delle Finanze e degli Esteri di detto Stato, al risarcimento dei danni subiti per l’eccidio commesso tra il 16 ed il 21 novembre 1943 dai soldati appartenenti alla XI Compagnia del III Battaglione del I Reggimento della I Divisione paracadutisti, sotto il comando del LXXVI Corpo d’Armata tedesco, ai danni di 128 abitanti della frazione di Pietransieri, nel Comune di Roccaraso. Nessuno si costituiva per la Repubblica Federale Tedesca che, pertanto, veniva dichiarata contumace. Interveniva nel giudizio, a sostegno della Repubblica Federale Tedesca, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Italiano esponendo di avere interesse al rigetto delle domande in quanto proposte in violazione dell’immunità che il diritto internazionale consuetudinario riconosce agli Stati esteri nei confronti delle giurisdizioni nazionali, con conseguente esposizione dell’Italia al rischio di condanna per il risarcimento dei danni subiti dalla Germania. Intervenivano poi nel giudizio ulteriori parenti delle vittime dell’eccidio. Senza compimento di attività istruttoria la causa veniva assunta a decisione. Riconosciuta la giurisdizione italiana ed esclusa l’immunità della Repubblica Federale di Germania. Osserva, anzitutto, il Giudice che la giurisdizione italiana va determinata secondo i criteri posti dalla Convenzione di Bruxelles del 27 marzo 1968, ratificata con legge 21 giugno 1971, n. 804, per le materie dalla stessa regolamentate e, in difetto, dalle regole dettate in materia di competenza. Nel caso di specie, la pretesa risarcitoria dei ricorrenti ed intervenuti scaturisce dal fatto illecito che si assume commesso tra il 16 ed il 21 novembre 1943, allorché i soldati appartenenti al Corpo d’armata tedesco, nell’ambito di un’ampia operazione di rastrellamento contro i partigiani e la popolazione civile, che a quelli si mostrava solidale, senza necessità e senza giustificato motivo, uccisero 128 abitanti del Comune di Roccaraso, tra cui anche anziani, donne e bambini. Ad avviso del Tribunale di Sulmona, trattasi di crimini contro l’umanità e di guerra, ai sensi degli artt. 7 e 8 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale che espressamente vietano, oltre all’omicidio volontario, gli attacchi contro civili che non prendano direttamente parte alle ostilità, gli attacchi e i bombardamenti, con qualsiasi mezzo, di città, villaggi, abitazioni o costruzioni che non siano difesi e che non costituiscano obiettivi militari, nonché, ai sensi dell’art. 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, gli atti di violenza contro la vita e l'integrità della persona, in particolare tutte le forme di omicidio, le mutilazioni, i trattamenti crudeli e la tortura. Prosegue il Tribunale osservando che, trattandosi di atti riconducibili a strategia di sistematica ferocia attuata, per disposizioni provenienti dai capi supremi dello Stato nazista, anche contro la popolazione civile in violazione dei beni supremi della vita e della dignità delle persone Cass. Pen., sez. I, 21 ottobre 2008, n. 1072 , deve essere affermata la giurisdizione italiana e la competenza del Tribunale di Sulmona ai sensi dell’art. 5 n. 3 della citata Convenzione [come sostituito dapprima dall’art. 5 del Regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 e, successivamente, dall’art. 7 del Regolamento UE n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012], secondo cui la giurisdizione per i fatti illeciti dolosi e colposi si radica in capo al giudice del luogo in cui è avvenuto o può avvenire l’evento dannoso. La strage di Pietransieri. I ricorrenti hanno dimostrato, mediante allegazione rappresentata anche da studi storiografici, che tra il 16 ed il 21 novembre 1943, soldati tedeschi appartenenti al III Battaglione del I Reggimento della I Divisione paracadutisti, sotto il comando del LXXVI Corpo d’Armata uccisero 128 civili, per la maggior parte bambini, donne ed anziani, abitanti della frazione di Pietransieri, nel Comune di Roccaraso. Osserva il Tribunale che tali fatti sono stati ammessi dalla Repubblica Federale di Germania nella comparsa di costituzione depositata nell’ambito di un precedente giudizio incardinato con identico oggetto n. 83/2012 R.G.A.C.C. ma lasciato estinguere a seguito della pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia del 3 febbraio 2017. In detto atto processuale, puntualizza il Giudice, è riportato testualmente che i tremendi crimini perpetrati ai danni della popolazione civile inerme, costituiscono una realtà inoppugnabile, il cui peso morale ricade sul popolo tedesco e per la cui responsabilità la Germania chiede anche in questa sede il perdono delle vittime, dei loro parenti e del popolo italiano tutto . Nel ricostruire con precisione i fatti, il Giudice evidenzia che la tragica vicenda scaturì dall’ordine di evacuazione, tra gli altri, del Comune di Roccaraso, disposto ed attuato dai soldati tedeschi per liberare la linea del fronte denominata Gustav. In loco si trovava il III Battaglione, facente parte del I Reggimento della I Divisione paracadutisti, sotto il comando del LXXVI Corpo d’Armata. Per la tesi più risalente, il Feldmaresciallo al comando, il 30 ottobre 1943, avrebbe ordinato l’evacuazione di Roccaraso e Pietransieri, da effettuarsi entro le ore 12 del 31 ottobre 1943, disponendo che dopo la predetta data e ora, tutti coloro che si troveranno ancora in paese o sulle montagne circostanti saranno considerati ribelli e ad essi sarà riservato il trattamento stabilito dalle leggi di guerra dell’esercito germanico . A detta del Tribunale, è fuor di discussione che l’ordine non fu eseguito, se non parzialmente, a Pietransieri, i cui abitanti, pur abbandonando le proprie case, decisero di non allontanarsi dalle zone natie e si rifugiarono in alcune masserie site a sud-est del paese, in una zona chiamata Limmari o, paradossalmente, Valle della Vita. E fu qui che, la mattina del 21 novembre 1943, 109 di essi vennero immotivatamente e barbaramente trucidati. Puntualizza il Giudice che l’esigenza di sfollamento, che derivava dal fatto che il Comune di Roccaraso si trovava nella cd. fascia di rispetto” o di sicurezza” antistante la linea difensiva principale, ricorreva anche in relazione all’area dei Limmari di cui pure, pertanto, doveva garantirsi il pieno controllo da parte delle milizie tedesche. Seguirono atti intimidatori dei soldati tedeschi, dando fuoco alle masserie e uccidendo gli sfortunati incontrati per strada. Tali episodi costellarono le giornate dal 15 al 21 novembre senza, tuttavia, far conseguire ai tedeschi l’abbandono volontario dell’area da parte della popolazione civile. Ma il 20 novembre 1943 fu anche il giorno di inizio della battaglia tra i tedeschi e le truppe alleate assediate sulle rive del fiume Sangro. E così, l’indomani, il timore di un imminente attacco fece apparire non più procrastinabile la liberazione della c.d. fascia di sicurezza” e non più realizzabile l’evacuazione forzosa. E i militari non trovarono altro rimedio se non quello di sterminare la popolazione rimasta, in larga parte costituita da donne, anziani e bambini. Reputa, in sintesi, il Tribunale che lo sterminio degli abitanti di Pietransieri fu lo strumento attraverso il quale l’esercito tedesco, intimorito dall’avanzare delle avanguardie alleate, fece piazza pulita dei civili ancora presenti nella fascia di sicurezza. La responsabilità della Germania e la sua condanna al risarcimento del danno. Osserva inoltre il Tribunale che simile strage fu resa possibile proprio dalla sistematica accondiscendenza, quando non dalla sollecitazione, da parte dei vertici dell’esercito tedesco di tali atti di assassinio, sterminio, deportazione e violazione della vita privata ai danni della popolazione civile e con il dichiarato fine di contrastare qualsivoglia pericolo alla supremazia tedesca. Aggiunge il Giudice che non si trattò per il Reich soltanto” di tollerare le barbarie compiute dal proprio esercito ai danni di civili inermi ma di sostenere ed incitare tali crudeltà, garantendo l’impunità di coloro che se ne fossero resi autori. Da qui l’accertamento della responsabilità della Repubblica Federale di Germania per gli illeciti perpetrati dall’esercito del Terzo Reich ai danni degli abitanti di Pietransieri Ciò sul presupposto che sia fuor di dubbio che il Terzo Reich fosse direttamente responsabile delle nefandezze dei suoi soldati, ai sensi dell’art. 2043 c.c., per aver teorizzato ed attuato, per il tramite delle forze armate, una vera e propria politica del terrore. D’altro canto, conclude il Tribunale, la Repubblica Federale di Germania non ha mai contestato tale rapporto di successione, né la propria legittimazione passiva innanzi ai tribunali nazionali ed internazionali presso cui è stata chiamata a rispondere dei crimini nazisti. Oltre al danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale riconosciuto a favore degli eredi e parenti delle vittime quantificato in modo analitico nella decisione in discorso , il Tribunale di Sulmona riconosce anche un danno non patrimoniale al Comune di Roccaraso per le sofferenze inflitte alla comunità locale, il depauperamento delle capacità lavorative e di sostentamento, derivante dall’uccisione della popolazione, che hanno determinato ripercussioni negative sull’opportunità di crescita sociale, economica e culturale collettiva, segnando la comunità di Roccaraso per diverse generazioni sul tema, cfr. Trib. Firenze, 22 febbraio 2016, emessa nel procedimento n.r.g. 14740/09 Trib. Firenze, 6 luglio 2015, n. 2469 .

Tribunale di Sulmona, ordinanza 2 novembre 2017 Giudice Bilò Svolgimento del processo 1. Con ricorso depositato il 14.01.2015, il Comune di Roccaraso, in persona del sindaco pro tempore, nonché Ar. Co. e Vi. Me., quest’ultima anche nella qualità di erede del padre Ca. Me., chiedevano al Tribunale di Sulmona di condannare la Repubblica Federale di Germania, nonché, occorrendo, i Ministeri delle Finanze e degli Esteri del detto Stato, al risarcimento dei danni subiti per l’eccidio commesso tra il 16 ed il 21 novembre 1943 dai soldati appartenenti alla XI Compagnia del III Battaglione del I Reggimento della I Divisione paracadutisti, sotto il comando del LXXVI Corpo d’Armata tedesco, ai danni di 128 abitanti della frazione di omissis . Tra questi vi erano i genitori e la sorella del Co., Al. Di Vi. e Do. e Ge. Co., e la madre e i cinque fratelli della Me., El. Be., Al., Si., Ma., Et. e Ar. Me 2. Nessuno si costituiva per la Repubblica Federale Tedesca che, pertanto, veniva dichiarata contumace all’udienza del 16.09.2015. L’Ambasciata tedesca in Italia trasmetteva, tuttavia, nota verbale n. 2/15 del 17.07.2015, parimenti inviata al Ministero degli Esteri, nella quale rappresentava che non avrebbe depositato ulteriori atti nel corso del giudizio, non riconoscendo la giurisdizione italiana in relazione alla causa in oggetto, conformemente a quanto statuito dalla Corte Internazionale di Giustizia con sentenza del 03.02.2012 cui l’Italia aveva l’obbligo di conformarsi, ai sensi dell’art. 94, par. 1, dello Statuto delle Nazioni Unite. 3. Con comparsa del 07.08.2015 spiegava intervento autonomo Pi. Co., in proprio e quale erede del padre Ir. Co., per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’uccisione, nella strage di Pietransieri, della madre, Ma. Co 4. Con ulteriore comparsa del 04.09.2015 interveniva nel giudizio, a sostegno delle ragioni della resistente Repubblica Federale Tedesca, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano, esponendo di avere interesse al rigetto delle domande in quanto proposte in violazione dell’immunità che il diritto internazionale consuetudinario riconosce agli Stati esteri nei confronti delle giurisdizioni nazionali, con conseguente esposizione dell’Italia al rischio di condanna per il risarcimento dei danni subiti dalla Germania, ed eccependo l’inammissibilità delle domande proposte per avere lo Stato Italiano rinunciato ad ogni pretesa nei confronti della Germania in forza dell’art. 77 del Trattato di pace di Parigi del 10.02.1947, nonché dell’art. 3 dell’Accordo di Bonn del 02.06.1961. Rilevava, inoltre, come fosse intervenuta decadenza dal termine semestrale per proporre domanda di indennizzo al Ministero del Tesoro ai sensi dell’art. 6 D.P.R. 06.10.1963, n. 2043 e, in ogni caso, eccepiva la prescrizione dei diritti azionati non ravvisandosi l’esistenza di una norma consuetudinaria in punto di imprescrittibilità dei crimini di guerra e contro l’umanità. Depositava, infine, le note verbali n. 279/2015 del 17.07.2015, n. 361/2015 e n. 483/2015, ricevute dall’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania in Roma, con le quali quest’ultima restituiva il ricorso, gli atti di intervento, il decreto e i verbali di fissazione di udienza notificati, in quanto ritenuti in violazione dell’art. 22 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18.04.1961 e lesivi dell’immunità dello Stato destinatario. 5. Con comparsa del 15.09.2015 spiegavano ulteriore intervento autonomo Ro. Me., in proprio e quale erede dei genitori Eg. Di Gr. e Ni. Me., per la morte del nonno materno, To. Di Gr., e dei nonni paterni, St. Me. e Co. Di Ma. Lu. Co., Ma. Fr. Co. e Sa. Co., in proprio e quali eredi dei genitori Ir. Co. e Em. Di Sa., per la morte della madre e degli zii, St., Ir., Er. e Do. Di Sa. On. Bu., in proprio e quale erede del nonno An. Pa., per la morte della sorella di lui, De., e degli otto figli di quest’ultima, Ia. An., An., Gi., Gi., Mi., Ro., Ug. e Va. Ot. Ia., in proprio e quale erede del padre Am. Ia., per la morte dello zio di quest’ultimo, Co. Ia., e dei cugini, An., Va., Gi., Ug., An., Ro., Mi. e Gi. Ia. To. Co., in proprio e quale erede della madre Gi. Di Gr. e del fratello Er. Me., per la morte dello zio, To. Di Gr. Gi. Od. e Fa. Od., in proprio e quali eredi del padre Fi. Od., per la morte della zia, An. Od., e dei cugini, Sa., Sa. e Gi. Gu. La. Od., in proprio e quale erede del padre Ba. Od., per la morte della zia, An. Od., e dei cugini, Sa., Sa. e Gi. Gu. Lu. Od., in proprio e quale erede del padre Ce. Od., Pi. Gu., Ro. Gu. e Ro. Gu., in proprio e quali eredi del padre An. Gu., per la morte della zia, An. Od., e dei cugini, Sa., Sa. e Gi. Gu. An. Gu., in proprio e quale erede della madre Ai. Me., per la morte dei nonni di quest’ultima, Gi. Me. e Ma. Bu. Ro. D’Al., in proprio e quale erede del padre Ma. D’Al., per la morte dei nonni, Gi. D’Al. e Fe. Ca. Li. D’Al., in proprio e quale erede del padre Am. D’Al., per la morte della madre Va. Od., della zia, An. Od., e dei cugini, Sa., Sa. e Gi. Gu. nonché An. D’Al., quale erede del padre Am. D’Al., per la morte della moglie di lui. 6. Ulteriore intervento autonomo veniva, poi, proposto, con comparsa del 25.01.2016, da Li. Di Cr., Ma. Od. e Gi. Od., in proprio e quali eredi di Ba. Od., per la morte della sorella di costui, An. Od., e dei di lei figli, Sa., Sa. e Gi. Gu. Er. Od., Re. Od. e Pa. Od., in proprio e quali eredi del padre Fi. Od., per la morte della sorella di lui, An. Od., e dei di lei figli, Sa., Sa. e Gi. Gu. Sa. Od., in proprio e quale erede del padre Ce. Od., per la morte della sorella di quest’ultimo, An. Od., e dei di lei figli, Sa., Sa. e Gi. Gu. Ro. Gi., En. Pa. e Da. Pa., in proprio e quali eredi di Lu. Pa., per la morte della zia di lui, De., e degli otto figli di quest’ultima, Ia. An., An., Gi., Gi., Mi., Ro., Ug. e Va. El. Di Co., Re. Od., Ri. Od., Ma. Ma. Od., Br. Od. e Ce. Od., in proprio e quali eredi di Mi. Od., per la morte della sorella di lui, An. Od., e dei di lei figli, Sa., Sa. e Gi. Gu 7. La causa veniva assunta a decisione, previa assegnazione di termine per il deposito di note conclusionali, senza compimento di atti istruttori. Motivi della decisione I. Sulla regolarità delle notifiche. 1. Tanto il ricorso, quanto le comparse di intervento, ai sensi dell’art. 292 c.p.c., sono state notificate alla Repubblica Federale di Germania mediante consegna degli atti al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il quale ha provveduto alla trasmissione degli stessi presso l’Ambasciata tedesca in Roma. Trattasi di procedura conforme al diritto consuetudinario internazionale, come riconosciuto, con le circolari n. 10-1215/2062 56 del 18.04.1956 e n. 7-247/3478 57 del 17.09.1957, dall’allora Ministero di grazia e giustizia, il quale, a fronte delle doglianze formulate da alcune autorità diplomatiche straniere, relativamente ad atti giudiziari provenienti da cittadini italiani persone fisiche e/o giuridiche , e notificati direttamente, mediante il servizio postale, ai Capi di Stati stranieri o ai rispettivi governi, invece che in via diplomatica, secondo una consuetudine comunemente seguita in materia”, ritenne di dover sollecitare gli ufficiali giudiziari a conformarsi alla detta consuetudine, provvedendo alla notifica degli atti in oggetto mediante trasmissione al Ministero degli affari esteri Ufficio del cerimoniale diplomatico della Repubblica per il successivo inoltro alle autorità competenti di quello Stato estero. 2. Le notifiche risultano, pertanto, correttamente eseguite nel rispetto della procedura di diritto internazionale. 3. Neppure è ravvisabile nelle modalità adottate la lamentata violazione dell’art. 22 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18.04.1961, la quale si occupa dell’inviolabilità dei locali destinati alle missioni diplomatiche che non si vede come possa essere stata pregiudicata dalla notifica di un atto giudiziario, non risultando, in particolare, che la consegna dello stesso presso i locali dell’Ambasciata sia intervenuta senza il consenso del capomissione”. 4. Infine, non osta all’intervenuto perfezionamento delle notifiche, quantomeno ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c., la restituzione degli atti giudiziari al Ministero degli esteri, dal momento che le note allegate ne evidenziano la sicura presa di conoscenza da parte dell’Ambasciatore che li ha sottoscritti. E tra le funzioni di quest’ultimo, proprio in forza dell’art. 3 della citata Convenzione di Vienna, rientrano la rappresentanza dello Stato accreditante presso lo Stato accreditatario la protezione nello Stato accreditatario degli interessi dello Stato accreditante e dei suoi membri, dentro i limiti ammessi dal diritto internazionale, ecc. Fra gli interessi da proteggere sono compresi - a parte quelli attinenti alla sfera delle relazioni pubblicistiche - anche quelli attinenti alla sfera del diritto privato, sia perché la norma pattizia resa esecutiva in Italia non distingue, sia perché, fra le funzioni della missione diplomatica e del suo capo, l'ambasciatore esiste quella della protezione degli interessi dei cittadini dello Stato estero, che evidentemente possono essere di carattere privatistico. A maggior ragione, la suddetta tutela può riguardare anche gli interessi privatistici dello Stato accreditante. Nel campo delle relazioni sostanziali, la dottrina distingue tre tipi di atti compiuti dall'agente diplomatico 1 atti compiuti quale organo del proprio Stato, considerato come soggetto di diritto internazionale e cioè gli atti tipici della missione diplomatica, come la stipulazione di un accordo internazionale o la notifica di una protesta 2 atti compiuti dall'agente diplomatico come organo del proprio Stato, che agisce nella qualità di soggetto di diritto nel suo ordinamento per esempio, il rilascio di una certificazione o di un passaporto 3 atti compiuti dall'agente diplomatico come organo del proprio Stato, in quanto esso appare quale soggetto di diritto nell'ordinamento dello Stato presso cui l'agente è accreditato tali atti ricadono nella sfera dell'ordinamento locale e sono produttivi di rapporti da esso regolati, ma soggetto di tali rapporti è non l'agente diplomatico, bensì lo Stato per cui ha agito. Tali principi, operanti nel campo sostanziale, possono trasportarsi in quello processuale solo in quanto la lex fori lo consenta”. 5. Per lo Stato straniero deve farsi applicazione dell’art. 75, comma 3, c.p.c., secondo cui Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello statuto”. Se ne ricava che secondo legge n. 1 lettera a dell'art. 3 della legge n. 804 del 1967 lo Stato accreditante è rappresentato dalla missione diplomatica quindi dal suo capo, che è l'ambasciatore e, in tal caso, rappresentanza sostanziale e rappresentanza processuale dell'organo coincidono.” Cass. sez. I, 05.12.1992, n. 12951. Conf. Cass. sez. lav., 09.11.2000, n. 14549 Cass. Sez. Un., 22.06.2007, n. 14570 Cass. sez. III, 29.01.2010, n. 2041 . 6. Tanto la notifica dell’atto introduttivo, quanto quella delle comparse di intervento risultano, pertanto, correttamente effettuate all’Ambasciatore della Repubblica Federale Tedesca in Italia, la cui mancata comparizione in giudizio impone di confermare la relativa declaratoria di contumacia. 7. Nessun rilievo può, infatti, essere attribuito alla nota verbale n. 2/15 del 17.07.2015, irritualmente trasmessa alla Cancelleria del Tribunale tramite raccomandata a/r pervenuta il 29.07.2015 e non idonea ad essere qualificata in termini di atto processuale. 8. D’altro canto, anche per le rappresentanze degli Stati esteri sussiste l’obbligo di difesa tecnica posto dall’art. 82, comma 3, c.p.c. di cui l’Ambasciata tedesca non risulta essersi avvalsa. II. Sulla giurisdizione italiana e l’immunità della Repubblica Federale di Germania. 1. Ai sensi dell’art. 3, comma 2, l. 31.05.1995, n. 218, la giurisdizione italiana va determinata secondo i criteri posti dalla Convenzione di Bruxelles del 27.03.1968, ratificata con l. 21.06.1971, n. 804, per le materie dalla stessa regolamentate e, in difetto, dalle regole dettate in materia di competenza. 2. Come anticipato, la pretesa risarcitoria degli odierni ricorrenti ed intervenuti scaturisce dal fatto illecito che si assume commesso tra il 16 ed il 21 novembre 1943, allorché i soldati appartenenti al Corpo d’armata tedesco, nell'ambito di un'ampia operazione di rastrellamento contro i partigiani e la popolazione civile, che a quelli si mostrava solidale, senza necessità e senza giustificato motivo, uccisero 128 abitanti del Comune di Roccaraso AQ , tra cui anche anziani, donne e bambini. Trattasi di crimini contro l’umanità e di guerra, ai sensi degli artt. 7 e 8 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale che espressamente vietano, oltre all’omicidio volontario, gli attacchi contro civili che non prendano direttamente parte alle ostilità, gli attacchi e i bombardamenti, con qualsiasi mezzo, di città, villaggi, abitazioni o costruzioni che non siano difesi e che non costituiscano obiettivi militari, nonché, ai sensi dell’art. 3 comune alle quattro Convenzioni di Gi. del 12.08.1949, gli atti di violenza contro la vita e l'integrità della persona, in particolare tutte le forme di omicidio, le mutilazioni, i trattamenti crudeli e la tortura. Secondo il consolidato insegnamento di dottrina e giurisprudenza, inoltre, i crimini contro l’umanità si connotano per il fatto di essere delitti particolarmente odiosi, che non corrispondono ad eventi sporadici o isolati ma costituiscono una prassi estesa o sistematica di atrocità, determinanti una seria lesione della dignità umana ovvero una grave umiliazione di uno o più civili o, se commessi in tempo di guerra, di persone che non prendono parte alle ostilità armate. Trattasi, pertanto, di atti illeciti perseguibili e punibili tanto se commessi durante un conflitto bellico quanto se commessi in tempo di pace Cass. pen., sez. I, 21.10.2008, n. 1072 . Non vi è dubbio, anche in considerazione di quanto emerso nei procedimenti celebrati in Italia in relazione ad analoghe barbarie cfr. Cass. pen., sez. I, 21.10.2008, n. 1072, Milde, in relazione alla strage di Civitella, Cornia e San Pancrazio Cass. pen., sez. I, 08.11.2007, n. 4060, So. + altri, riguardante il massacro di S. An. di Stazzema Cass. pen., sez. I, 16.11.1998, n. 1230, Pr. e Ha., riguardante l'eccidio delle Fosse Ardeatine , che tali requisiti ricorrano tutti nel caso che ci occupa, senz’altro riconducibile a quella strategia di sistematica ferocia attuata, per disposizioni provenienti dai capi supremi dello Stato nazista, anche contro la popolazione civile in violazione dei beni supremi della vita e della dignità delle persone Cass. pen., sez. I, 21.10.2008, n. 1072 . 3. Se si ritiene che gli atti che integrano crimini di guerra o contro l’umanità non possano, per ciò solo, qualificarsi come atti iure imperii, in quanto esorbitanti dall’esercizio tipico della potestà di governo Cass. Sez. Un. 29.07.2016, n. 15812 , la giurisdizione italiana e la competenza dell’adito Tribunale vanno affermate ai sensi dell’art. 5 n. 3 della citata Convenzione, come sostituito dapprima dall’art. 5 del regolamento CE n. 44/2001 del 22.12.2000 e, successivamente, dall’art. 7 del regolamento UE n. 1215/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12.12.2012, secondo i quali la giurisdizione per i fatti illeciti dolosi e colposi si radica in capo al giudice del luogo in cui è avvenuto o può avvenire l’evento dannoso. 4. Qualora, invece, si mantenga la qualificazione degli eccidi compiuti dalle milizie tedesche nel corso della seconda guerra mondiale come espressione della sovranità statuale, trattandosi di atti posti in essere nel corso di operazioni belliche Cass. Sez. Un. 11.03.2004, n. 5044 C.I.G. 03.02.2012, Germany v Italy Greece intervening , i regolamenti richiamati non potranno ricevere applicazione, in quanto da ultimo l’art. 1 del reg. 1215/2012 stabilisce che esso non si estende alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell'esercizio di pubblici poteri acta iure imperii ”. Dovrà, pertanto, farsi riferimento alle regole dettate dal codice di procedura civile in materia di competenza e, nello specifico, all’art. 20 c.p.c. che, in relazione alle obbligazioni da fatto illecito, richiama il locus commissi delicti quale luogo in cui l’obbligazione risarcitoria è sorta. 5. E poiché la strage posta a fondamento delle pretese dei ricorrenti è intervenuta nel territorio di Roccaraso AQ , che rientra nel circondario del Tribunale di Sulmona, ed in tale luogo i ricorrenti hanno sofferto le conseguenze connesse alla perdita dei familiari, vanno affermate tanto la giurisdizione italiana, quanto la competenza di questo giudice. 6. Non osta a tale conclusione la consuetudine di diritto internazionale che sottrae alla giurisdizione civile interna gli atti posti in essere dagli Stati esteri nell’esercizio della propria sovranità. Infatti, a fronte della sentenza del 03.02.2012, con la quale la Corte Internazionale di Giustizia ha escluso che tale regola trovi un limite nel compimento di crimini di guerra o contro l’umanità, la Corte Costituzionale è intervenuta a statuire l’incompatibilità di una consuetudine di tale estensione la cui esistenza ha comunque ritenuto non più sindacabile a fronte dell’accertamento compiuto dalla Corte de L’Aja con i principi fondanti della nostra Carta Costituzionale. Più precisamente, con sentenza del 22.10.2014, n. 238, il Giudice delle Leggi ha dichiarato l’illegittimità, per contrasto con gli artt. 2 e 24 Cost., dell'art. 3 della l. 14.01.2013, n. 5, nella parte in cui obbligava il giudice nazionale ad adeguarsi alla citata pronuncia della C.I.G., affermando l'obbligo del giudice italiano di negare la propria giurisdizione nella cognizione della causa civile di risarcimento del danno per crimini contro l'umanità, commessi iure imperii dal Terzo Reich nel territorio italiano. Parimenti illegittimo è stato dichiarato l’art. 1 della l. 17.08.1947, n. 848, nella parte in cui, recependo l'art. 94 dello Statuto delle Nazioni Unite, obbligava il giudice nazionale ad adeguarsi alla citata pronuncia della Corte internazionale di giustizia e, quindi, a negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l'umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona. 7. La Consulta ha, invece, ritenuto infondato il dubbio di illegittimità costituzionale prospettato in relazione alla disposizione prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento, ai sensi dell'art. 10, primo comma, Cost., della norma consuetudinaria di diritto internazionale sull'immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati”, ribadendo, però, che il meccanismo costituzionale di adeguamento automatico al diritto internazionale non possa operare in relazione a norme che si pongono in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento e confermando che la disposizione internazionale sull'immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, nella parte in cui comprende anche atti, seppure ritenuti iure imperii, in violazione dei diritti fondamentali della persona, collide con detti principi fondamentali, tra cui va senz’altro annoverata la tutela, anche giurisdizionale, dei diritti inviolabili dell’uomo, ai sensi degli artt. 2 e 24 Cost. C. Cost. 22.10.2014, n. 238 . 8. Vero è che il Giudice delle Leggi è intervenuto, in parte qua, con una pronuncia interpretativa di rigetto, come tale non direttamente vincolante, quantomeno, per i giudici diversi da quello rimettente. Ma la stessa Cassazione, nel dare seguito alle indicazioni della Consulta, ha ricordato come dalle sentenze interpretative di rigetto derivi un vincolo negativo consistente nell'imperativo di non applicare la norma ritenuta non conforme al parametro costituzionale evocato e scrutinato dalla Corte costituzionale Cass. Sez. Un. 02.01.2015, n. 2146, che richiama Cass. Sez. Un., 16 dicembre 2013, n. 27986 . Tale vincolo non preclude la ricerca di terze interpretazioni”, diverse da quella avallata dal Giudice delle Leggi e, nondimeno, ritenute parimenti compatibili con la Costituzione, né osta a che sia sollevato nuovamente, in gradi diversi dello stesso processo a quo o in un diverso processo, la questione di legittimità costituzionale della medesima disposizione, sulla base di una diversa interpretazione ovvero anche in considerazione della lettura già rifiutata dalla Corte costituzionale, seppure, in tale ultimo caso, solo evocando parametri costituzionali diversi da quello precedentemente indicato e scrutinato cfr. Cass. Sez. Un., 16 dicembre 2013, n. 27986 cit. Conf. Cass. Sez. lav., 26.02.2014, n. 4592 . La natura accentrata del controllo di costituzionalità preclude, invece, quantomeno nei fatti, la riproposizione della questione nei medesimi termini in cui è già stata esaminata dalla Consulta, come, del resto, dimostrato dalla declaratoria di inammissibilità resa nel febbraio 2015 per inesistenza ab origine dell’oggetto del giudizio. E, infatti, se la parte della norma sull’immunità dalla giurisdizione degli Stati che confligge con i predetti principi fondamentali non è entrata nell’ordinamento italiano e non vi spiega, quindi, alcun effetto”, non si è prodotta la norma interna oggetto di censura C. Cost. 11.02.2015, n. 30 . 9. Si è osservato, in dottrina, che residuerebbe a fondare l’obbligo di riconoscere l’immunità egli Stati esteri nei giudizi risarcitori promossi dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità, l’art. 1 della l. 23.03.1958, n. 411, di esecuzione della Convenzione Europea per il regolamento pacifico delle controversie, firmata a Strasburgo il 29.04.1957 ed invocata dalla Germania a fondamento della competenza della Corte Internazionale di Giustizia. Infatti, l'art. 39 della Convenzione, con una norma dal contenuto analogo all'art. 94 della Carta delle Nazioni Unite, dispone che Ciascuna Alta Parte Contraente si conformerà al decreto della Corte internazionale di Giustizia o alla sentenza del Tribunale in ogni controversia nella quale è parte”. 10. E, tuttavia, a fronte dell’interpretazione adeguatrice fornita dalla Corte Costituzionale in relazione all’art. 94 anzidetto e tenuto conto dell’onere del giudice del merito di interpretare secundum costitutionem le norme di legge che è chiamato ad applicare, non pare residuare alcun margine per una lettura dell’art. 39 della Convenzione di Strasburgo che non sia quella di escluderne l’operatività in relazione alla sentenza della C.I.G. del 03.02.2012. 11. Né può dirsi che una tale operazione ermeneutica avrebbe l’effetto di sostituire un controllo di costituzionalità diffuso a quello, invero accentrato, delineato dalla nostra Carta Costituzionale. Anzitutto, infatti, è la stessa Consulta a richiedere al giudice comune di sperimentare preventivamente la possibilità di dare al testo legislativo un significato compatibile con la Costituzione, e, in caso di tentativo infruttuoso, di offrirne adeguata motivazione nell’ordinanza di rimessione, pena la declaratoria di inammissibilità della questione sollevata C. Cost. 29.07.1989, n. 456 . E ciò in quanto in linea di principio, le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali e qualche giudice ritenga di darne , ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali” C. Cost. 22.10.1996, n. 356 C. Cost. 14.11.2007, n. 359 C. Cost. 16.05.2008, n. 147 . Nella fattispecie, in ogni caso, non si tratta di propugnare una propria reductio ad legitimitatem del testo normativo in luogo e a prescindere dall’intervento del Giudice delle Leggi ma di fare applicazione di quell’interpretazione adeguatrice che proprio la Consulta ha elaborato in relazione a disposizioni di contenuto identico a quella da ultimo richiamata. 12. Deve ritenersi, pertanto, che neppure l’art. 39 della Convenzione Europea per il regolamento pacifico delle controversie crei margini per il riconoscimento in favore della Repubblica Federale di Germania dell’immunità dalla giurisdizione civile nei termini in cui è stata accertata dalla C.I.G. Salvo a voler violare gli artt. 2 e 24 Cost., cui il giudice è soggetto, ai sensi dell’art. 101 Cost., sovvertendo l’ordine gerarchico delle fonti mediante l’anteposizione della norma internazionale ai principi fondamentali dell’ordinamento. 13. A dire il vero, a cinque anni dalla pronuncia della Corte de L’Aja, può forse dubitarsi anche dell’attuale persistenza, nell’ordinamento internazionale, di una consuetudine di siffatta ampiezza. Il dichiarato intento della Consulta di produrre un ulteriore ridimensionamento della portata della predetta norma, limitato al diritto interno ma tale da concorrere, altresì, ad un'auspicabile e da più parti auspicata evoluzione dello stesso diritto internazionale” C. Cost. 22.10.2014, n. 238 ha, infatti, trovato pieno riscontro nelle pronunce dei giudici nazionali, tanto di merito Trib. Ascoli 08.03.2016 , quanto di legittimità Cass. Sez. Un., 29.07.2016, n. 15812 Cass. pen., sez. I, 29.10.2015, n. 43696 Cass. Sez. Un. 02.01.2015, n. 2146 . 14. In particolare, la Cassazione è, da ultimo, intervenuta a precisare che il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana ha assunto, anche nell'ordinamento internazionale, il valore di principio fondamentale, riducendo la portata e l'ambito di altri principi ai quali tale ordinamento si è tradizionalmente ispirato, quale quello del rispetto delle reciproche sovranità, cui si collega il riconoscimento dell'immunità statale dalla giurisdizione civile straniera. Ne consegue che la norma consuetudinaria di diritto internazionale generalmente riconosciuta – che impone agli Stati l'obbligo di astenersi dall'esercitare il potere giurisdizionale nei confronti degli Stati stranieri per gli atti iure imperii - non ha carattere incondizionato, ma, quando venga in contrapposizione con il parallelo principio, formatosi nell'ordinamento internazionale, del primato assoluto dei valori fondamentali della libertà e dignità della persona umana, ne rimane conformata, con la conseguenza che allo Stato straniero non è accordata un'immunità totale dalla giurisdizione civile dello Stato territoriale, in presenza di comportamenti di tale gravità da configurarsi quali crimini contro l'umanità che, in quanto lesivi di quei valori universali di rispetto della dignità umana che trascendono gli interessi delle singole comunità statali, segnano il punto di rottura dell'esercizio tollerabile della sovranità” Cass., Sez. Un., 13.01.2017, n. 762 che, in tal modo, ripropone le conclusioni cui erano già giunte, anteriormente alla pronuncia della C.I.G. del 03.02.2012, Cass. sez. I, 20.05.2011, n. 11163 Cass. Sez. Un., 29.05.2008, n. 14201 Cass. Sez. Un. 11.03.2004, n. 5044 . 15. Non sussiste, dunque, l’immunità della Repubblica Federale di Germania dalla giurisdizione civile italiana, in relazione ai fatti descritti nel ricorso. 16. Quanto al diritto applicabile alla controversia, esso va individuato, ai sensi dell’art. 62, comma 1, l. 31.05.1995, n. 218, nella legge italiana in quanto legge dello Stato in cui si è verificato l'evento. III. Sull’intervento del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale. 1. Il Ministero degli esteri è intervenuto a sostegno delle ragioni della Repubblica Federale di Germania e al dichiarato fine di non incorrere in una violazione del diritto internazionale, con le connesse responsabilità. Trattasi di intervento adesivo dipendente, consentito, ai sensi dell’art. 105, comma 2, c.p.c., in presenza di un interesse dell’interventore non di mero fatto, ma giuridico, nel senso che tra adiuvante e adiuvato deve sussistere un vero e proprio rapporto giuridico sostanziale, tale che la posizione soggettiva del primo in questo rapporto possa essere - anche solo in via indiretta o riflessa - pregiudicata dal disconoscimento delle ragioni che il secondo sostiene contro il suo avversario in causa” Cass. Sez. Un., 16.11.2016, n. 23304 Cass. Sez. Un., 26.07.2016, n. 15422 . 2. La giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare la rilevanza, a tal fine, dell’interesse dello Stato italiano ad assolvere ai propri obblighi internazionali nei confronti degli Stati ospitati Cass. Sez. Un., 17.07.2008, n. 19600 . E poiché è fuor di dubbio che la sottoposizione dell’adiuvata all’odierno giudizio espone l’Italia al rischio di violazione del diritto internazionale, l’intervento del Ministero degli esteri va ritenuto ammissibile. Esso è, inoltre, assolutamente tempestivo, essendo stata la comparsa depositata il 04.09.2015 e, pertanto, nei dieci giorni precedenti l’udienza di trattazione, ai sensi dell’art. 702-bis, comma 3, c.p.c. In applicazione dell’art. 268 c.p.c., pertanto, il Ministero non è incorso in alcuna preclusione. 3. Trattandosi, tuttavia, di intervento adesivo dipendente in favore di parte contumace, che, quindi, non ha svolto difese, l’interveniente vede i propri poteri processuali limitati all’allegazione e prova dei soli fatti posti a fondamento delle eccezioni rilevabili d'ufficio nel senso che i poteri dell'intervenuto ai sensi dell’art. 105, comma 2, c.p.c., sono limitati all'espletamento di un'attività accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvata, potendo egli sviluppare le proprie deduzioni ed eccezioni unicamente nell'ambito delle domande ed eccezioni proposte da detta parte, cfr. Cass. sez. III, 16.11.2006, n. 24370 Cass. sez. lav., 04.07.1994, n. 6309. 4. Ne consegue che sono inammissibili, in quanto non rilevabili d’ufficio ai sensi degli artt. 2938 e 2969 c.c., le eccezioni di prescrizione e decadenza del diritto disponibile al risarcimento degli istanti. IV. Sui fatti a fondamento dell’istanza. 1. Allegano i ricorrenti che, tra il 16 ed il 21 novembre 1943, soldati tedeschi appartenenti al III Battaglione comandato dal Cap. Karl Heinz Becker del I Reggimento capeggiato dal Col. Karl Lothar Schulz della I Divisione paracadutisti guidata dal Gen. Richard He. , sotto il comando del LXXVI Corpo d’Armata del Feldmaresciallo Al. Ke. , uccisero 128 civili, per la maggior parte bambini, donne ed anziani, abitanti della frazione di Pietransieri, nel Comune di Roccaraso AQ . ii. Tali fatti, va premesso, sono stati ammessi dalla Repubblica Federale di Germania nella comparsa di costituzione depositata nell’ambito del precedente giudizio n. 83/2012 R.G.A.C.C. incardinato, con identico oggetto, innanzi all’intestato Tribunale, ma lasciato estinguere a seguito della pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia del 03.02.2017. Si legge in detto atto processuale che i tremendi crimini perpetrati ai danni della popolazione civile inerme, costituiscono una realtà inoppugnabile, il cui peso morale ricade sul popolo tedesco e per la cui responsabilità la Germania chiede anche in questa sede il perdono delle vittime, dei loro parenti e del popolo italiano tutto” E si prosegue spiegando che tale premessa non può ritenersi messa in discussione dalla posizione processuale, di diniego della giurisdizione italiana, assunta dallo Stato tedesco in quella come in altre sedi giudiziarie All. 15 al ricorso . 3. Trattandosi di comparsa sottoscritta dal solo difensore ad litem, alla stessa non può riconoscersi valore confessorio, ma senz’altro indiziario Cass sez. III, 24.02.2011, n. 4475 Cass. sez. I, 02.10.2007, n. 20701 Cass. sez. lav., 13.01.2004, n. 319 . 4. Anche a prescindere da tale ammissione, tuttavia, i fatti di causa furono oggetto di indagine, all’indomani della liberazione, sia da parte delle autorità locali cfr. il rapporto del Comando Reali Carabinieri di L’Aquila del 30.10.1944, n. 35/69, quello redatto dai Carabinieri di Pescocostanzo per il Procuratore di Stato di Sulmona il 07.09.1946 e l’altro a cura dei Carabinieri di Sulmona del 23.07.1947, n. 26/4, indirizzato alla Questura de L’Aquila , sia ad opera del War Crimes Group, Sez. Padova, per il tramite del Cap. R. L. Stayer, il quale raccolse le deposizioni delle superstiti Vi. Me. e Laura Calabrese, il 03.11.1947, e riferì sull’esito delle indagini nei rapporti del 09.11 e del 16.12.1947. Gli elementi probatori acquisiti per tale via sono sicuramente apprezzabili nel presente giudizio, tenuto conto del fatto che i rapporti di polizia fanno piena prova, fino a querela di falso, delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza e, comunque, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell'indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, il verbale, per la sua natura di atto pubblico, ha pur sempre un'attendibilità intrinseca che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria Cass. sez. III, 06.10.2016, n. 20025 Cass. sez. III, 09.09.2008, n. 22662 . 5. A Sulmona furono anche celebrati, a partire dal 1945, alcuni procedimenti a carico di civili accusati di depredazione di cadaveri nei confronti delle vittime della strage, oltre che di morte come conseguenza dell’omissione di soccorso ad alcuni superstiti. In tale circostanza, furono nuovamente raccolte le deposizioni, oltre che delle due sopravvissute, anche di coloro che, non trovandosi nelle masserie al momento dell’aggressione, scamparono alla strage. E non vi è dubbio che pure i risultati dell’attività istruttoria svolta in altro procedimento, civile o penale, anche tra parti diverse, possano essere utilizzati dal giudice al fine di formare il proprio convincimento Cass., sez. lav., 05.12.2008, n. 28855. Conf. Cass. sez. III, 20.01.2015, n. 840 Cass. sez. lav., 25.02.2011, n. 4652 . 6. Determinante è stato, inoltre, lo sforzo di ricostruzione operato dagli studiosi, sia italiani che tedeschi, interessatisi alla vicenda, i quali hanno attinto, oltre che alle testimonianze dei sopravvissuti, anche alle liste di inumazioni nei cimiteri di guerra, ai registri delle perdite di unità e comandi e alle raccolte di Ordini di battaglia, conservati presso la Deutsche Dienststelle di Berlino, nonché ai documenti cartacei estratti dai fondi dell’esercito, dell’aviazione, della marina, delle SS e della polizia, raccolti presso il Bundesarchiv-Militärarchiv di Friburgo in Brisgevia. E’ stato, infine, esaminato l’archivio presso la caserma dei paracadutisti di Schongau in Baviera. 7. Alla stregua di tutto questo materiale, confluito nel presente fascicolo processuale per il tramite degli studi storiografici prodotti dai ricorrenti cfr. All. 2, 3, 6 – 10 ed apprezzabili, quantomeno, alla stregua di deposizioni stragiudiziali Cass. sez. III, 15.10.2004, n. 20335 Cass. sez. III, 18.10.2001, n. 12751 Cass. sez. II, 28.01.1983, n. 809 se non, addirittura, di c.t.p. Cass. sez. III, 22.04.2009, n. 9551 , è possibile affermare che i 128 abitanti di Pietransieri, compresi i parenti degli odierni ricorrenti ed intervenuti, furono uccisi dai soldati tedeschi di stanza sulla linea Gustav, nel territorio di Roccaraso, tra il 15 ed il 21 novembre 1943. 8. La tragica vicenda scaturì dall’ordine di evacuazione, tra gli altri, del Comune di Roccaraso, disposto ed attuato dai soldati tedeschi per liberare la linea del fronte denominata Gustav. Come anticipato, in loco si trovava il III Battaglione, facente parte del I Reggimento della I Divisione paracadutisti, sotto il comando del LXXVI Corpo d’Armata e, pertanto, del Feldmaresciallo Al. Ke Per la tesi più risalente, quest’ultimo, il 30.10.1943, avrebbe ordinato l’evacuazione di Roccaraso e Pietransieri, da effettuarsi entro le ore 12 00 del 31.10.1943, disponendo che dopo la predetta data e ora, tutti coloro che si troveranno ancora in paese o sulle montagne circostanti saranno considerati ribelli e ad essi sarà riservato il trattamento stabilito dalle leggi di guerra dell’esercito germanico”. E’ possibile che le date non furono propriamente quelle riportate. Ma è fuor di discussione che l’ordine non fu eseguito, se non parzialmente, a Pietransieri, i cui abitanti, pur abbandonando le proprie case, decisero di non allontanarsi dalle zone natie e si rifugiarono in alcune masserie site a sud-est del paese, in una zona chiamata Limmari o, paradossalmente, Valle della Vita. E fu qui che, la mattina del 21.11.1943, 109 di essi vennero immotivatamente e barbaramente trucidati. 9. Si noti che l’esigenza di sfollamento, che derivava dal fatto che il Comune di Roccaraso si trovava nella cd. fascia di rispetto” o di sicurezza” antistante la linea difensiva principale, ricorreva anche in relazione all’area dei Limmari di cui pure, pertanto, doveva garantirsi il pieno controllo da parte delle milizie tedesche. Nondimeno la permanenza in loco di molti civili venne tollerata almeno fino al 15 novembre. A tale data, infatti, l’unica morte inutile conseguita all’attuazione dell’ordine di evacuazione era stata, probabilmente, quella di Ba. Od. di anni 74 , anziana paralitica lasciata bruciare nel rogo della propria casa allorché i soldati del Reich procedettero alla distruzione del villaggio di Pietransieri. 10. Per il resto, anziché procedere all’evacuazione forzosa della linea del fronte, i soldati preferirono compiere atti intimidatori, dando fuoco alle masserie e uccidendo gli sfortunati incontrati per strada, confidando ancora nell’autonoma mobilitazione dei superstiti. Fu in tali circostanze che, il 16.11.1943, poco dopo che Ma. Co. di anni omissis era stata travolta dallo scoppio di una mina nei pressi del Casolare Me., vennero prima catturati e poi uccisi, a colpi di mitra, Al. e Si. Me. rispettivamente di anni omissis , i fratelli An. e Vi. Gu. rispettivamente di anni omissis , Vi. Od. di anni omissis , Ar. Od. di anni omissis e Lo. Me. di anni omissis . Poco distanti, nella stessa giornata, vennero trucidati Al. Di Pa. di anni omissis e Co. Ia. di anni omissis . Probabilmente il giorno seguente, 17.11.1943, fu accoltellata Ma. Bu. di anni omissis e fucilato il marito Gi. Me. di anni omissis , sorpresi tra i boschi accanto ad un fuoco. Il 18.11.1943, ancora, colpi di mitra attinsero Ri. Di Cr. di anni omissis , intenta a radunare il bestiame, e, più tardi, il padre Ac. Di Cr. di anni omissis , avventuratosi alla ricerca della figlia. Infine, il 20 novembre, furono uccisi An. e An. Di Fl. di anni omissis , Gi. Di Fl. e To. Di Gr. di anni omissis . Alcuni testi collocano in tale data anche la morte di Vi. Od., nonché quella di Ba. Od., rimasta vittima del rogo del paese. 11. Tali episodi costellarono le giornate dal 15 al 21 novembre senza, tuttavia, far conseguire ai tedeschi l’abbandono volontario dell’area da parte della popolazione civile. Ma il 20 novembre 1943 fu anche il giorno di inizio della battaglia tra i tedeschi e le truppe alleate assediate sulle rive del fiume Sangro. E così, l’indomani, il timore di un imminente attacco fece apparire non più procrastinabile la liberazione della cd. fascia di sicurezza” e non più realizzabile l’evacuazione forzosa. E i militari non trovarono altro rimedio se non quello di sterminare la popolazione rimasta, in larga parte costituita da donne, anziani e bambini, raggiungendola presso i casali. 12. La strage non costituì, quindi, una rappresaglia all’uccisione di due soldati tedeschi, di cui non si dà atto neppure nei diari di guerra dei paracadutisti, né, più in generale, una reazione all’assistenza prestata dai civili ai partigiani, i quali non rivendicarono mai alcuna attività nella zona, seppure queste furono le principali ragioni a fondamento del conferimento, al Comune di Roccaraso, della Medaglia d’oro al valor militare, con decreto presidenziale del 18.01.1967, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del successivo 27 febbraio. Neppure, infine, si trattò di arrestare con le armi la fuga dei dissidenti rispetto all’ordine di evacuazione. 13. Lo sterminio degli abitanti di Pietransieri fu, più cinicamente, lo strumento attraverso il quale l’esercito tedesco, intimorito dall’avanzare delle avanguardie alleate, fece piazza pulita dei civili ancora presenti nella fascia di sicurezza. 14. La mattina del 21.11.1943, dunque, un manipolo di 4-7 soldati tedeschi scese da Pietransieri e raggiunse, dapprima, il casolare D’Al. dove, irrompendo in casa, trucidò, a colpi di arma da fuoco Ca. Fe. nata il omissis , D’Al. Gi. nato il omissis , D’Am. Ol. Ro. nata il omissis , Del Ve. Ma. Gi. nata il omissis , Di Vi. Er. nata il omissis e Od. Va. nata il omissis . 15. La squadra della morte” si spostò, poi, alla Masseria Me., i cui occupanti fece radunare nell’orto adiacente per sterminarli sotto il fuoco delle mitragliatrici, preoccupandosi, poi, di finire i sopravvissuti con un colpo di pistola alla nuca. In tali circostanze persero la vita Ci. Li. nata il omissis , Co. Pa. nata il omissis , D’Al. Ma. Gi. nata il omissis , Del Ve. Pa. nata il omissis , Di Gr. Ag. Co. nata il omissis , Di Ma. Co. nata il omissis , Me. Do. nata il omissis , Me. El. nata il omissis , Me. En. St. nato il omissis , Me. Er. nato il omissis , Me. Ge. nato il omissis , Me. Ro. nata il omissis , Me. St. nato il omissis , Pa. Ce. nata il omissis e Pa. Fi. An. nata il omissis . 16. A colpi di mitra furono sterminati anche gli occupanti del Casolare Di Vi. – Di Ba. Bu. Ad. nata il omissis , Bu. El. nata il omissis , Bu. Ni. nato il omissis , Ca. Er. nata il omissis , Ci. Ca. Do. nata il omissis , Co. Do. nato il omissis , Co. Ge. nata il omissis , Co. Gi. nata il omissis , D’Al. Ez. nato il omissis , D’Al. Si. nata il omissis , D’Am. Co. nata il omissis , D’Am. Ir. nata il omissis , D’Am. Te. nata il omissis , Di Ba. Eu. nato il omissis , Di Ba. Fi. nata il omissis , Di Ba. Fr. nato il omissis , Di Ba. Li. nata il omissis , Di Ba. Ro. nata il omissis , Di Cr. An. nata il omissis , Di Cr. Cl. nata il omissis , Di Cr. Ed. nata il omissis , Di Cr. Ma. nata il omissis , Di Cr. Ra. nato il omissis , Di Cr. Ro. nata il omissis , Di Gr. Ca. nata il omissis , Di Vi. Al. nata il omissis , Di Vi. Bi. nata il omissis , Di Vi. Sa. Fi. nata il omissis , Gu. Gi. nato il omissis , Gu. Sa. nato il omissis , Gu. Sa. nata il omissis , Me. An. nata il omissis , Od. An. nata il omissis , Od. Pi. nata il omissis e Co. Ro. Ub. nato il omissis . 17. Per l’ultimo dei casolari di competenza del comando, quello della famiglia D’Am., il plotone di esecuzione” decise, invece, di sfruttare la mina che si era portata al seguito nel suo percorso di morte. Fece, pertanto, radunare tutti i civili presenti sul piazzale antistante il casolare e li fece saltare in aria. L’esplosione straziò i corpi di Am. Ed. nata il omissis , Be. El. nata il omissis , Ci. Ba. nato il omissis , D’Am. Gaetana nata il omissis , D’Am. Em. nata il omissis , Di Cr. Camilla nata il omissis , Di Cr. Clelia nata il omissis , Di Cr. Ma. nata il omissis , Di Cr. Pi. nata il omissis , Di Cr. Ro. nata il omissis , Di Ma. Cl. nata il omissis , Di Ma. Co. nata il omissis , Di Ma. Fl. Ba. nato il omissis , Di Ma. Fr. nato il omissis , Di Ma. Ro. nata il omissis , Di Pa. Ag. nata il omissis , Di Pa. El. nata il omissis , Di Pa. Sa. nata il omissis , Di Sa. Do. nato il omissis , Di Sa. Er. nata il omissis , Di Sa. Ir. nata il omissis , Ia. An. nata il omissis , Ia. An. nata il omissis , Ia. Gi. nato il omissis , Ia. Gi. nata il omissis , Ia. Mi. nata il omissis , Ia. Ro. nato il omissis , Ia. Ug. nato il omissis , Ia. Va. nata il omissis , Me. Ar. nato il omissis , Me. As. nata il omissis , Me. Et. nato il omissis , Me. Fl. nata il omissis , Me. Ma. nata il omissis , Me. Ma. nata il omissis , Me. Ma. nata il omissis , Me. Pi. nato il omissis , Me. Ro. nata il omissis , Me. Va. nata il omissis , Od. Os. nato il omissis , Od. Nu. nato il omissis , Od. Or. nato il omissis , Pa. De. nata il omissis , Pa. Lu. nata il omissis , Ro. An. nata il omissis , Tr. Al. nato il omissis , Tr. An. nata il omissis , Tr. Ed. Id.? nata il omissis , Tr. Sa. nata il omissis , Tr. Gi. nata il omissis , Tr. Ma. Sa. nata il omissis e Do. Mi. nei Sa. di anni omissis , di Ateleta . 18. Pressoché pacifica, ormai, la presenza del III battaglione in loco, non è stato, però, possibile approfondire oltre la conoscenza dell’organico presente a Pietransieri all’epoca dei fatti e, pertanto, risalire alle responsabilità individuali, in quanto le carte divisionali e reggimentali delle truppe occupanti l’Alto Sangro sono andate distrutte. 19. E così, ferma l’impossibilità di identificare i soldati che materialmente eseguirono la strage, permangono due ipotesi quanto all’identità dell’ufficiale che partorì il relativo ordine. Secondo gli studi più recenti commissionati dal Comune di Roccaraso l’area era presidiata dall’XI Compagnia del III battaglione, quest’ultimo capeggiato da George Schulz. La ricerca storiografica più risalente, invece, attribuisce la decisione dello sterminio al Maggiore Wo.-We. von der Sc., a capo del I battaglione ma, temporaneamente, anche del I reggimento paracadutisti, e/o al suo vice, il capitano Sc., entrambi di stanza a Roccaraso all’epoca dei fatti. 20. In realtà, è possibile che i comandi superiori non fossero al corrente dell’iniziativa che ben può essere ascritta ad un qualche ufficiale desideroso di ovviare alla propria inerzia dei giorni precedenti. Il gen. He. negò fin sul letto di morte la responsabilità per l’accaduto, escludendo che l’ordine di uccisione fosse promanato dal comando della I divisione e che, anzi, questo ne fosse mai stato a conoscenza. Neppure il feldmaresciallo Ke. fu chiamato a rispondere dell’eccidio di Pietransieri nel giudizio che lo vide imputato innanzi all’Alta Corte insediatasi a Venezia. Mentre l’ulteriore procedimento iscritto a suo carico negli anni ‘90, proprio in relazione alla strage di Pietransieri, fu archiviato per morte del reo. 21. L’identificazione dei singoli responsabili dell’eccidio non è mai giunta, pertanto, a compimento. V. Sulla responsabilità della Repubblica Federale Tedesca. 1. Che l’uccisione di oltre 120 civili, per la maggior parte anziani e bambini, costituisca un crimine di guerra e contro l’umanità non pare possa essere seriamente messo in discussione. In tal senso si esprime l’art. 6, comma 2, dello Statuto del Tribunale Militare Internazionale del 08.08.1945, il quale annovera, tra i crimini di guerra, ai sensi della lett. b , l’assassinio, i cattivi trattamenti e la deportazione per lavori forzati, o per qualsiasi altro scopo, delle popolazioni civili dei territori occupati, l'assassinio o i cattivi trattamenti di prigionieri di guerra o delle persone sul mare, l'esecuzione di ostaggi, il saccheggio di beni pubblici o privati, la distruzione ingiustificata di città e di villaggi, ovvero le devastazioni non giustificate da esigenze d'ordine militare”. Parimenti rientrano tra i crimini contro l'umanità, ai sensi della lett. c , l’assassino, lo sterminio, la riduzione in schiavitù, la deportazione e qualsiasi altro atto inumano commesso contro popolazioni civili, prima e durante la guerra, ovvero le persecuzioni per motivi politici, razziali o religiosi, quando tali atti o persecuzioni - abbiano esse costituito o meno una violazione del giudizio interno del Paese dove sono state perpetrate - siano state commesse in seguito di qualunque delitto che rientri nella competenza del Tribunale, o in collegamento con tale delitto”. Anche l’art. 147 della Convenzione di Gi. del 12.08.1949 per la protezione delle persone civili in tempo di guerra, qualifica come infrazione grave l'omicidio intenzionale, la tortura o i trattamenti inumani, compresi gli esperimenti biologici, il fatto di cagionare intenzionalmente grandi sofferenze o di attentare gravemente all'integrità fisica o alla salute, la deportazione o il trasferimento illegali, la detenzione illegale, il fatto di costringere una persona protetta a prestar servizio nelle forze armate della Potenza nemica, o quello di privarla del suo diritto di essere giudicata regolarmente e imparzialmente secondo le prescrizioni della presente Convenzione, la presa di ostaggi, la distruzione e l'appropriazione di beni non giustificate da necessità militari e compiute in grandi proporzioni ricorrendo a mezzi illeciti e arbitrari”. E, secondo l’art. 85, comma 4, del Protocollo aggiuntivo del 08.06.1977 sono considerate infrazioni gravi, ove provochino la morte o lesioni gravi all’integrità fisica o alla salute, tra gli altri a fare oggetto di attacco la popolazione civile o le persone civili d fare oggetto di attacco località non difese e zone smilitarizzate e fare oggetto di attacco una persona che si sa essere fuori combattimento”. L’omicidio e lo sterminio delle popolazioni civili, infine, costituiscono crimini di guerra e contro l’umanità anche ai sensi degli artt. 7 e 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, concluso a Roma il 17.07.1998 e ratificato dall’Italia con l. 12.07.1999, n. 232. 2. Ed è parimenti indiscutibile l’applicabilità di tali disposizioni anche ai fatti posti in essere precedentemente alla loro entrata in vigore, trattandosi di principi di diritto comuni a tutte le nazioni civili prima e a prescindere dalla loro formalizzazione nei richiamati trattati. In tal senso si esprime, del resto, espressamente l’art. 7, comma 2, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, statuendo che il principio nulla poena sine lege non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione o di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili” Cfr. Cass. sez. II, 12.04.2016, n. 15107 . E, invero, se a Norimberga era risultato problematico, alla luce del principio di legalità, il riconoscimento e la punizione dei crimini contro la pace, diversamente è a dirsi per le violazioni del diritto bellico concretizzatesi in attacchi indiscriminati ai danni della popolazione civile. Come anche il Tribunale Internazionale ebbe ad affermare, il riconoscimento del carattere criminoso di tali condotte preesisteva alla sua istituzione, e se è vero che le disposizioni convenzionali all’uopo delineate risalivano a pochi decenni addietro, la componente consuetudinaria era di antica formazione. 3. Quindi l’illiceità dell’eccidio di Pietransieri appariva scontata già alla luce delle norme vigenti all’epoca dei fatti, e ciò sia nell’ambito internazionale, sia alla stregua del diritto interno, come detto applicabile in questa sede in forza dell’art. 62 l. 31.05.1995, n. 218. 4. Quanto al primo profilo, può richiamarsi l’art. 46 del Regolamento concernente le leggi e gli usi della guerra per terra”, allegato alla Convenzione de L’Aja del 18.10.1907, che, nel dichiarato intento di servire, anche nell’estrema ipotesi di conflitto armato tra le nazioni, agli interessi dell’umanità e alle esigenze ognora crescenti della civiltà”, già imponeva il rispetto dell’ onore e i diritti della famiglia, la vita degli individui e la proprietà privata, come pure le convinzioni religiose e l’esercizio dei culti”. L’art. 3 della Convenzione, poi, sanciva l’obbligo di risarcire i danni scaturenti dalla violazione del citato regolamento, prevedendo espressamente che la parte belligerante sarebbe stata responsabile di tutti gli atti commessi da persone che fanno parte della sua forza armata”. 5. Il superamento della prassi di riconoscere il perdono generale” all’esito di un conflitto armato, onde agevolare il ritorno alla pace, era del resto già stato sperimentato proprio dalla Germania all’esito della I guerra mondiale, allorché con gli artt. 228 e 229 del Trattato di Versailles del 28.06.1919, le venne imposto il riconoscimento del diritto delle potenze alleate di giudicare i suoi cittadini responsabili di aver violato le leggi e gli usi di guerra. Tali disposizioni non ricevettero esecuzione, giacché il governo tedesco successivamente si rifiutò di consegnare gli accusati. Ma è parimenti indiscutibile che questi ultimi furono comunque processati e, seppur solo in parte e blandamente, puniti dal Reichsgericht, il Tribunale Supremo tedesco, che proprio sulla base del Patto di Versailles riconobbe valido il principio di penale responsabilità dei militari che si erano resi responsabili di crimini nel corso della guerra. 6. Con riferimento al diritto interno, il codice penale fin dal 1930 contempla tanto il delitto di strage art. 422 c.p. , all’epoca dei fatti punito addirittura con la pena di morte, quanto, ovviamente, quello di omicidio art. 575 c.p. . E alle pene stabilite da detto codice rinvia, fin dall’entrata in vigore, intervenuta il 21.05.1941, l’art. 185, comma 2, del codice penale militare di guerra, nel sanzionare la condotta del militare, che, senza necessità o, comunque, senza giustificato motivo, per cause non estranee alla guerra, usa violenza contro privati nemici, che non prendono parte alle operazioni militari se la violenza consiste nell’omicidio”. Infine, l’art. 13 c.p.m.g. reputa tale ultima disposizione applicabile anche ai militari e a ogni altra persona appartenente alle forze armate nemiche, quando alcuno di tali reati sia commesso a danno dello stato italiano o di un cittadino italiano”. 7. Dunque, non può discutersi la sussistenza degli elementi oggettivi dell’illecito con riferimento all’azione posta in essere dai militari tedeschi ai danni della popolazione inerme di Pietransieri. 8. Ma ricorre, parimenti, l’elemento soggettivo del dolo che, nella fattispecie, non viene messo in discussione dalla presenza di una norma interna all’ordinamento tedesco capace di rivestire di legittimità formale un siffatto ordine criminoso. E’ noto, infatti, che l’osservanza del diritto nazionale non può avere efficacia esimente dal punto di vista della responsabilità internazionale. Esso, tuttavia, potrebbe incidere sulla configurabilità dell’elemento soggettivo, se fonte di un ordine illegittimo, secondo lo schema delineato, all’epoca dei fatti, dall’art. 40, comma 4, c.p.m.p. e, ancora oggi, dagli artt. 51, comma 3, c.p. e 59, comma 4, c.p. cfr. Cass. pen. sez. I, 16.11.1998, n. 12595, Pr. + altri . Tuttavia, appurato che lo sterminio non costituì una rappresaglia per l’omicidio di due soldati tedeschi, né una punizione per l’assistenza prestata ai partigiani, non esisteva all’epoca dei fatti una direttiva o ordine che potesse indurre i militari del Terzo Reich a reputarsi scriminati nel compimento dell’eccidio dei Limmari. E ciò anche a voler applicare, in esecuzione dell’ordine di sgombero del 31.10.1943, le leggi di guerra dell’esercito germanico ai civili dissidenti. 9. Un tale sterminio non avrebbe potuto giustificarsi in forza della direttiva di combattimento contro le bande dell’Est dell’11.11.1942, la quale, al n. 84, contemplava sì l’uccisione di donne e bambini, ma a condizione che fossero stati implicati nell’attività di supporto ai partigiani mediante condotte di spionaggio o da franchi tiratori. Le disposizioni, peraltro, erano state elaborate con riferimento all’Est Europa e l’estensione delle stesse al fronte di guerra italiano intervenne, formalmente, solo il 28.11.1943 e, pertanto, dopo la verificazione dei fatti di causa. Ma, in ogni caso, anche in applicazione di tali norme la decisione dello sterminio non avrebbe potuto essere rimessa ad un singolo ufficiale di battaglione, prevedendo espressamente l’ordine emanato il 04.10.1943 dalla 26. divisione corazzata, alle dipendenze del LXXVI Corpo d’Armata, che le persone di sesso femminile e bambini sono da sorvegliare per ragioni di controspionaggio e, nei casi dubbi, devono essere condotti alla sezione Ic i.e. sezione informazioni spionaggio e controspionaggio dello stato maggiore . 10. Soprattutto, ai sensi del par. 13. dell’ordinamento penale speciale di guerra tedesco, prima di procedere all’uccisione di civili sarebbe stata necessaria la convocazione di una corte marziale. Obbligo, quest’ultimo, che fu sì sospeso con l’emanazione della direttiva per la lotta alle bande dell’Est Europa dell’11.11.1942 ma che, formalmente, al 21.11.1943 non era ancora stata estesa all’Italia. Pertanto, neppure la violazione dell’ordine di evacuazione del 30.10.1943 avrebbe giustificato lo sterminio indiscriminato dei ribelli” i quali, lo si ribadisce, non furono uccisi mentre tentavano di sottrarsi alla cattura ma mentre attendevano alle loro incombenze domestiche, ignari di quel che sarebbe di lì a poco successo in quanto avvezzi, ormai da un paio di settimane, a subire le visite e le razzie dei militari alle masserie che, nondimeno, tolleravano la loro permanenza in loco. 11. La verità è che una simile strage fu resa possibile proprio dalla sistematica accondiscendenza, quando non dalla sollecitazione, da parte dei vertici dell’esercito tedesco di tali atti di assassinio, sterminio, deportazione e violazione della vita privata ai danni della popolazione civile e con il dichiarato fine di contrastare qualsivoglia pericolo alla supremazia tedesca. Come ampiamente acclarato nelle svariate sentenze di condanna emesse dai giudici nazionali in relazione a fatti analoghi a quello per cui è causa, non si trattò per il Reich soltanto” di tollerare le barbarie compiute dal proprio esercito ai danni di civili inermi ma di sostenere ed incitare tali crudeltà, garantendo l’impunità di coloro che se ne fossero resi autori. 12. E’ fuor di dubbio, dunque, che il Terzo Reich fosse direttamente responsabile delle nefandezze dei suoi soldati, ai sensi dell’art. 2043 c.c., per aver teorizzato ed attuato, per il tramite delle forze armate, una vera e propria politica del terrore. Né osta, a tale affermazione di responsabilità, l’incertezza circa l’identificazione dei soldati che materialmente eseguirono l’eccidio, avendo la Cassazione già avuto modo di statuire come l'azione civile per il risarcimento del danno, nei confronti di chi è tenuto a rispondere dell'operato dell'autore del fatto che integra una ipotesi di reato, è ammessa - tanto per i danni patrimoniali che per quelli non patrimoniali - anche quando difetti una identificazione precisa dell'autore del reato stesso e purché questo possa concretamente attribuirsi ad alcune delle persone fisiche del cui operato il convenuto sia civilmente responsabile in virtù di rapporto organico o di dipendenza Cass. sez. III, 03.10.2013, n. 22585 . 13. E poiché, come anticipato, nel diritto internazionale vige la presunzione di continuità della personalità statale, in ossequio al principio di conservazione dei valori C.I.G. 22.12.1986, Burkina Faso vs Mali , va affermata la responsabilità della Repubblica Federale di Germania per gli illeciti perpetrati dall’esercito del Terzo Reich ai danni degli abitanti di Pietransieri. D’altro canto, la convenuta non ha mai contestato tale rapporto di successione, né la propria legittimazione passiva innanzi ai tribunali nazionali ed internazionali presso cui è stata chiamata a rispondere dei crimini nazisti. Al contrario, come sopra esposto, la Repubblica Federale Tedesca ha espressamente riconosciuto la propria responsabilità anche per l’eccidio dei Limmari nella comparsa di costituzione e risposta del 26.11.2012, resa nell’ambito del procedimento n. 83/2012 R.G.A.C.C. VI. Sul danno da perdita del rapporto parentale. 1. La pretesa risarcitoria delle persone fisiche ricorrenti ed intervenute, seppure negli atti introduttivi genericamente indirizzata alle componenti sia patrimoniali che non patrimoniali del danno, può essere presa in considerazione solo sotto quest’ultimo profilo. Le allegazioni e le produzioni documentali fornite a supporto della domanda, infatti, si limitano alla descrizione, oltre che degli eventi, del rapporto di parentela e, eventualmente, di convivenza esistente tra gli istanti e le vittime primarie e tali dati utilizzano al fine di quantificare il danno da perdita del rapporto parentale, comprensivo sia del dolore patito nel momento in cui la perdita viene percepita, sia della sofferenza che si proietta in modo dinamico nell’esistenza futura dell’istante, per la definitiva privazione del godimento del congiunto e la compromissione delle reciproche relazioni interpersonali Cass. sez. III, 17.12.2015, n. 25351 . 2. Per la quantificazione di tale pregiudizio, trattandosi di lesione che si protrae nel futuro, la giurisprudenza consente il ricorso a valutazioni prognostiche ed elementi presuntivi, purché basati su dati obiettivi che è onere del danneggiato fornire. Tra questi ultimi rilevano, in particolare, l’intensità del vincolo familiare, la situazione di convivenza, la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini della vittima e dei singoli superstiti, le rispettive età Cass. sez. IV pen. 11.04.2016, n. 14768 . 3. Alla stregua di tali elementi e muovendo, così, all’esame delle singole posizioni, non può negarsi il risarcimento del danno non patrimoniale richiesto da Me. Vi., iure proprio, per la perdita della madre, El. Be., e dei cinque fratelli, Al., Si., Ma., Et. ed Ar., nonché, iure hereditario, per l’analoga sofferenza sofferta dal proprio padre, Ca. Me., in conseguenza del decesso della moglie e dei figli. 4. Trattandosi di componenti della famiglia nucleare, senz’altro conviventi alla stregua del certificato dello stato di famiglia versato in atti All. 16 del fascicolo di parte ricorrente , lo sconvolgimento esistenziale conseguente alla perdita dei rapporti parentali in oggetto può presumersi, secondo l’id quod plerumque accidit Cass. sez. un., 11.11.2008, n. 26972 e si ritiene debba essere quantificato, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, in applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano Cass. sez. III, 07.06.2011, n. 12408 Cass. sez. III, 30.06.2011, n. 14402 . 5. Il debito di valore in tal modo quantificato dovrà, poi, essere devalutato, tuttavia, non fino alla data di verificazione dei fatti, ma fino al 01.01.1947, data in cui si arrestano le rilevazioni Istat in relazione al tasso di inflazione. Sugli importi così ottenuti e via via rivalutati, si calcoleranno, infine, gli interessi al tasso legale ex multis, dopo Cass. sez. un., 17.02.1995, n. 1712, cfr. Cass. sez. III, 10.10.2014, n. 21396 Cass. sez. III, 25.08.2006, n. 18490 Cass. sez. III, 17.09.2005, n. 18445 . 6. Muovendo, dunque, alla quantificazione del danno subito da Vi. Me., occorre tener conto del fatto che la ricorrente aveva, all’epoca dei fatti, 7 anni e che ella assistette all’uccisione della madre e dei fratelli Ma., El. e Ar., scampando alla morte solo perché protetta dal corpo materno che le fece da scudo. Alla strage sopravvissero, tuttavia, anche il padre e la nonna paterna. Pertanto, considerato che la madre, El. Be., aveva 48 anni all’epoca del decesso e tenuto conto che per la morte del genitore le tabelle del Tribunale di Milano del 2014 individuano una forbice compresa tra gli Euro 163.990,00 e gli Euro 327.990,00, si ritiene equa la somma richiesta per la perdita della madre di importo pari ad Euro 245.000,00. Tale somma, devalutata al 1947, ed integrata degli interessi al saggio legale calcolati sulle successive rivalutazioni, va, pertanto, determinata in Euro 502.787,99. Con riferimento ai fratelli, invece, tenuto conto della forbice compresa tra gli Euro 23.740,00 e gli Euro 142.420,00, fissata dalle tabelle milanesi, si ritiene di riconoscere alla ricorrente complessivi Euro 380.000,00, così ripartiti - Euro 80.000 per la perdita del fratello Ar., all’epoca di dieci anni - Euro 80.000 per la perdita del fratello Et., all’epoca di quattrodici anni - Euro 80.000 per la perdita della sorella Ma., all’epoca di sedici anni - Euro 70.000 per la perdita del fratello Si., all’epoca di diciotto anni - Euro 70.000 per la perdita del fratello Al., all’epoca di venti anni. Adeguando tali importi in considerazione del tasso di inflazione e degli interessi al saggio legale, si perviene, così, all’importo di Euro 779.832,87. 7. Spetta, inoltre, alla ricorrente anche il risarcimento del danno subito dal padre, deceduto il 07.12.1991. Tenuto conto che le tabelle del Tribunale di Milano individuano una forbice, per la perdita sia del coniuge che dei figli, che va da Euro 163.990 a Euro 327.990, e considerato, altresì, che Ca. Me., all’epoca dei fatti quarantenne, ebbe la fortuna di non assistere alla strage, si ritiene di liquidare Euro 200.000,00 per la morte della moglie, pari ad attuali 410.438,47, ed Euro 200.000,00 per la morte di ciascuno dei cinque figli e, così, complessivi Euro 1.200.000,00, che, adeguati al tasso di inflazione e al decorso degli interessi corrispondono a Euro 2.052.192,35. 8. Quanto a Co. Ar., egli ha richiesto, iure proprio, il risarcimento del danno da perdita dei genitori, Al. Di Vi. e Do. Co., e della sorella Ge Anche in tal caso, lo stato di famiglia attesta il rapporto di parentela e la situazione di convivenza tra i congiunti All. 17 del fascicolo di parte ricorrente . L’istante, all’epoca dei fatti quattordicenne, non assistette allo sterminio e con lui sopravvisse anche il fratello Adelchi, di diciotto anni. Si ritiene, pertanto, di liquidare - Euro 220.000 per la perdita della madre, Al. Di Vi., all’epoca di cinquantanove anni. All’attualità tale importo corrisponde ad Euro 451.482,24 - Euro 200.000 per la perdita del padre, Co. Do., all’epoca di sessantasette anni, pari ad odierni Euro 410.438,47 - Euro 70.000 per la perdita della sorella Ge., diciannovenne, corrispondenti ad Euro 143.652,56 attuali. 9. Pi. Co., in proprio e quale erede del padre Ir. Co., deceduto il 18.01.1997, ha chiesto il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’uccisione della madre, Ma. Co., squarciata dall’esplosione di una mina. Dallo stato di famiglia allegato alla comparsa di intervento All. 7 , oltre al rapporto di filiazione e alla situazione di convivenza fra i tre, emerge che l’intervenuta, alla data dei fatti, aveva 5 anni, suo padre ne aveva trentuno e sua madre ventotto. Pertanto, si ritiene di riconoscere all’istante, iure proprio, l’importo di Euro 300.000,00 per la perdita della madre, che, adeguati al tasso di inflazione ed integrati degli interessi, ammontano ad Euro 615.659,61. Spetta, inoltre, all’intervenuta, iure hereditatis, ¼ del complessivo importo di Euro 200.000,00, pari ad Euro 102.609,21, per la perdita della moglie da parte del padre. Co. Pi. concorre, infatti, nella successione paterna con i quattro consaguinei, figli di secondo letto di Ir. Co 10. Non può essere accolta, invece, la domanda di Ro. Me. che ha richiesto, in proprio e quale erede dei genitori Eg. Di Gr. e Ni. Me., di essere risarcita per la morte del nonno materno, To. Di Gr., e dei nonni paterni, St. Me. e Co. Di Ma Non è stata fornita alcuna prova del rapporto di filiazione tra l’istante e gli asseriti genitori. Negli stati di famiglia relativi ad Eg. Di Gr. e Ni. Me., infatti, questi risultano non coniugati alla data dei fatti All. 3 e 4 del fascicolo degli intervenuti . Né può utilizzarsi, al fine di colmare la lacuna, la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà redatta dall’istante All. 1 e 2 del fascicolo degli intervenuti . Per orientamento consolidato dei giudici di legittimità, infatti, l’atto ex artt. 46 e 47 D.P.R. 28.12.2000, n. 445, non ha valore probatorio nel processo civile, esaurendo i suoi effetti nell’ambito dei rapporti con la P.A. e nei relativi procedimenti amministrativi Cass. sez. VI - II, 19.12.2016, n. 26211 Cass. sez. IV pen., 11.04.2016, n. 14768 Cass. sez. un., 29.05.2014, n. 12065 . La contumacia della Repubblica Federale Tedesca, d’altro canto, preclude qualsivoglia valutazione della circostanza anche alla luce del principio di non contestazione, ai sensi dell’art. 115 c.p.c. Cass. sez. VI - II, 04.11.2015, n. 22461, ord. . Infine, non può riconoscersi valore, a tal fine, al silenzio serbato dal Ministero degli esteri, dal momento che, per quanto in precedenza esposto, la propria qualità di interventore adesivo dipendente non gli consente di porre in essere attività assertiva in sostituzione della parte e, peraltro, a detrimento della stessa. 11. La domanda avanzata dall’istante iure proprio sarebbe, inoltre, comunque infondata nel merito, per essere Ro. Me. nata nove anni dopo il verificarsi dei fatti di causa e non aver provato alcunché in elazione all’esistenza del danno conseguenza. Al riguardo è pur vero che la struttura del fatto illecito delineata dall’art. 2043 c.c. non postula la contemporaneità o contiguità temporale tra la condotta illecita ed il danno Cass. sez. III, 03.05.2011, n. 9700 Cass. sez. III, 25.05.2004, n. 10035 Cass. sez. IV pen., 21.06.2000, n. 11625 . Tuttavia la mera titolarità di un rapporto familiare non può essere considerata sufficiente a giustificare la pretesa risarcitoria, occorrendo di volta in volta verificare in che cosa il legame affettivo sia consistito” Cass. sez. un. 01.07.2002, n. 9556 . In particolare, il risarcimento del pregiudizio conseguente all’uccisione dei nonni richiede la prova del pregresso concreto dispiegarsi della relazione personale che si assume recisa Cass. sez. III, 20.10.2016, n. 21230 Cass. sez. III, 06.09.2012, n. 14931 Cass. sez. III, 15.07.2005, n. 15019 o, deve ritenersi, quantomeno l’allegazione di circostanze di fatto che, per la loro peculiarità, consentano di dimostrare che la mancanza ab origine di tale relazione abbia ingenerato una lesione tale da superare la soglia minima di tollerabilità Cass. sez. III, 21.04.2016, n. 8037 Cass. sez. III, 15.07.2014, 16133 Cass. sez. III, 11.05.2012, n. 7256 . Il solo vincolo di parentela, infatti, non è, in tal caso, in grado di far presumere la futura configurazione del danno conseguenza Cass. sez. III, 27.09.2016, n. 25486 Cass. sez. III, 16.03.2012, n. 4253 . 12. Con riferimento alle domande presentate da Lu., Ma. Fr. e Sa. Co., occorre distinguere. Può senz’altro accogliersi la pretesa risarcitoria da costoro vantata in qualità di eredi del padre Ir. Co., per la perdita della prima moglie di quest’ultimo. La prova del rapporto di filiazione si ritiene possa, infatti, essere ricavata dall’ammissione resa in tal senso dalla sorella unilaterale Co. Pi., nella distinta comparsa di intervento del 07.08.2015, che fornisce riscontro alla dichiarazione sostitutiva prodotta da Sa. Co. Allegato n. 5 alla comparsa di intervento del 15.09.2015 . Gli intervenuti concorrono, pertanto, con la sorella unilaterale nel diritto del padre al risarcimento del danno per la morte della moglie, come detto pari a complessivi Euro 200.000,00, da dividere in quattro quote eguali, ai sensi dell’art. 566 c.c Devalutando l’importo di Euro 50.000,00 al 01.01.1947 e, poi, calcolando gli interessi al saggio legale sulla somma via via rivalutata si perviene, così, ad Euro 102.609,21 per ciascun coerede. 13. Non possono, invece, accogliersi le domande avanzate in proprio per la perdita della prima moglie del padre, essendo il decesso di costei intervenuto prima della nascita degli istanti. Parimenti devono rigettarsi le richieste avanzate, in proprio e quali eredi di Em. Di Sa., per la morte dei fratelli di quest’ultima, St., Ir., Er. e Do. Di Sa Non vi è prova, infatti, né del rapporto di coniugio tra Ir. Co. ed Em. Di Sa., né del rapporto di filiazione tra quest’ultima e gli istanti. La dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa dal solo Sa. Co. All. 5 e 6 del fascicolo degli intervenuti e sfornita di qualsiasi riscontro, per quanto detto sopra non è idonea a sopperire alla lacuna probatoria. La domanda va, pertanto, rigettata. 14. On. Bu., in proprio e quale erede del nonno An. Pa., e Ro. Gi., En. Pa. e Da. Pa., in proprio e quali eredi di Lu. Pa., hanno chiesto di essere risarciti per la morte della sorella di An. e zia di Lu., De. Pa., nonché degli otto figli di quest’ultima, Ia. An., An., Gi., Gi., Mi., Ro., Ug. e Va Manca anche in tal caso la prova del rapporto di parentela e della qualità di eredi degli intervenuti, avendo essi prodotto due sole dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà ed un’attestazione anagrafica del rapporto di filiazione tra An. e Lu. Pa. All. 10 alla comparsa del 15.09.2015 e all. 1 e 2 alla comparsa del 25.01.2016 che, però, nulla consentono di ricavare in ordine al vincolo di parentela che lega questi ultimi agli istanti. Il risarcimento non può, pertanto, essere accordato. 15. Va, ancora, rigettata la domanda di Ot. Ia., presentata in proprio e quale erede del padre Am. Ia., per la morte dello zio, Co. Ia., e dei cugini, An., Va., Gi., Ug., An., Ro., Mi. e Gi. Ia Anche in tal caso non vi è prova del rapporto di filiazione dell’istante da Am. Ia., né della sua qualità di erede. Difetta, altresì, la prova del rapporto di fratellanza tra Am. e Co. Ia 16. To. Co., che ha chiesto di essere risarcito in proprio e quale erede della madre Gi. Di Gr., per la morte del nonno, To. Di Gr., nonché quale erede del fratello unilaterale Me. Er., per la morte di Pa. Fiorentina, Me. El. e Me. Er., non ha fornito alcuna prova del rapporto di filiazione di Gi. Di Gr. da To. Di Gr., né del rapporto di parentela tra Er. Me. e la famiglia di Me. An 17. Nel merito, poi, va ribadito che il danno da perdita del rapporto parentale postula, in punto di prova, qualcosa di più della mera presunzione, allorquando a dolersi della scomparsa di un familiare sia, come nella fattispecie, una persona non ancora nata all’epoca dei fatti che nulla allega circa la probabile valenza di quel rapporto potenziale. 18. Quanto alle domande presentate da Gi., Fa., Er., Re. e Pa. Od., in proprio e quali figli di Fi. Od., da La., Ma. e Gi. Od., in proprio e quali figli di Ba. Od., da Li. Di Cr., in proprio e quale coniuge di Ba. Od., da Sa. e Lu. Od., in proprio e quali figli di Ce. Od., da Re., Ri., Ma. Ma., Br. e Ce. Od., in proprio e quali figli di Mi. Od., e da El. Di Co., in proprio e quale coniuge di Mi. Od., può ritenersi provato il vincolo di filiazione e di coniugio vantato dagli istanti alla stregua di un raffronto incrociato tra le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà depositate Allegati 18, 21 e 22 alla comparsa di intervento del 15.09.2015 , lo stato di famiglia di Gu. Vi. All. 19 alla comparsa di intervento del 15.09.2015 e la certificazione anagrafica relativa ai rapporti di fratellanza fra i de cuius All. 20 alla comparsa di intervento del 15.09.2015 , non contestati dagli eredi intervenuti. Di conseguenza, va accolta la domanda, iure successionis, di risarcimento del danno subito dai de cuius Fi., all’epoca dei fatti ventenne, Ba., diciottenne, Ce., ventinovenne, e Mi., quindicenne, per la perdita della sorella An Tenuto conto del fatto che i fratelli non convivevano all’epoca della strage, essendo An., venticinquenne, già coniugata, e che le tabelle del Tribunale di Milano contemplano, per la perdita del fratello, un risarcimento compreso in una forbice tra gli Euro 23.740,00 e gli Euro 142.420,00, si ritiene di riconoscere a ciascuno dei fratelli e, pertanto, agli odierni intervenuti quali eredi, l’importo di Euro 60.000,00 ciascuno. Pertanto, ai sensi degli artt. 566 e 581 c.c., le quote spettanti a ciascuno vanno determinate come di seguito - Euro 12.000 a Gi. Od., quale figlio di Fi. Od., pari ad attuali Euro 24.626,15 - Euro 12.000 a Fa. Od., quale figlio di Fi. Od., pari ad attuali Euro 24.626,15 - Euro 12.000 a Er. Od., quale figlio di Fi. Od., pari ad attuali Euro 24.626,15 - Euro 12.000 a Re. Od., quale figlio di Fi. Od., pari ad attuali Euro 24.626,15 - Euro 12.000 a Pa. Od., quale figlia di Fi. Od., pari ad attuali Euro 24.626,15 - Euro 20.000 a Li. Di Cr., quale coniuge di Ba. Od., rideterminati, in considerazione di svalutazione ed interessi, in Euro 41.042,14 - Euro 13.333 a La. Od., quale figlio di Ba. Od., pari ad attuali Euro 27.361,43 - Euro 13.334 a Ma. Od., quale figlio di Ba. Od., pari ad attuali Euro 27.362,11 - Euro 13.333 a Gi. Od., quale figlio di Ba. Od., pari ad attuali Euro 27.361,43 - Euro 30.000 a Sa. Od., quale figlio di Ce. Od., corrispondenti ad Euro 61.565,43 - Euro 30.000 a Lu. Od., quale figlia Ce. Od., corrispondenti ad Euro 61.565,43 - Euro 20.000 ad El. Di Co., quale coniuge di Mi. Od., rideterminati in Euro 41.042,14 - Euro 8.000 a Re. Od., quale figlio di Mi. Od., rideterminati in Euro 16.417,47 - Euro 8.000 a Ri. Od., quale figlia di Mi. Od., rideterminati in Euro 16.417,47 - Euro 8.000 a Ma. Ma. Od., quale figlia di Mi. Od., rideterminati in Euro 16.417,47 - Euro 8.000 a Br. Od., quale figlia di Mi. Od., rideterminati in Euro 16.417,47 - Euro 8.000 a Ce. Od. Od., quale figlio di Mi. Od., rideterminati in Euro 16.417,47. 19. Non possono, invece, accogliersi le domande risarcitorie relative alla scomparsa dei figli di An., cugini degli intervenuti e nipoti dei de cuius. Quanto alla pretesa vantata iure proprio, infatti, gli istanti sono nati tutti dopo i fatti di causa. Quanto alla pretesa iure successionis, non è stato fornito alcun ulteriore elemento idoneo a provare l’esistenza di un vincolo affettivo stabile e duraturo tra zii e nipoti, leso dal decesso. Il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale non coincide, infatti, con l’interesse leso ma deve essere provato da chi ne chiede il risarcimento Cass. sez. IV pen., 11.04.2016, n. 14768 . Nel caso di specie, a fronte di un vincolo di parentela non particolarmente stretto, specie se considerato alla luce della molteplicità dei componenti delle famiglie coinvolte, e pur escludendo la necessità della convivenza, nella fattispecie non ricorrente, al fine di attribuire rilevanza ad un legame parentale Cass. sez. III pen., 04.06.2013, n. 29735 , gli istanti avrebbero dovuto allegare e provare altri elementi, quali la diuturnitas della frequentazione, il mutum auditorium, ecc. Cass. sez. III, 21.04.2016, n. 8037 , atti a dimostrare l’esistenza di un vincolo affettivo stabile e significativo, idoneo a configurare quel danno conseguenza che la pretesa risarcitoria fatta valere in questa sede mira a compensare Cass. sez. un. 01.07.2002, n. 9556 . 20. Può, ancora, ritenersi provato il rapporto di filiazione tra Pi. Gu., Ro. Gu. e Ro. Gu., da un lato, ed il padre An. Gu., dall’altro. In tal caso all’identità di cognome si affianca, infatti, lo stato di famiglia che annovera tutti i soggetti da ultimo citati con il relativo rapporto di parentela All. 24 del fascicolo degli intervenuti . La pretesa risarcitoria per la morte della zia, An. Od., e dei cugini, Sa., Sa. e Gi. Gu. va, tuttavia, rigettata nel merito quanto alla pretesa iure successionis perché, essendo An. Gu. premorto rispetto ai fatti del 21.11.1943, il diritto al risarcimento del danno non è mai sorto nel patrimonio del de cuius quanto alla domanda iure proprio perché, in assenza di un rapporto di convivenza escluso dagli stati di famiglia dei due nuclei all. 19 e 24 e di qualsivoglia altro elemento atto a provare l’esistenza di un vincolo affettivo stabile, non vi è prova del danno conseguenza da risarcire. 21. An. Gu., in proprio e quale erede della madre Ai. Me., ha chiesto di essere risarcito per la morte dei nonni di quest’ultima, Gi. Me. e Ma. Bu La domanda in proprio va rigettata, essendo nato l’istante tre anni dopo i fatti e non avendo allegato alcunché a dimostrazione del danno subito. Ma va rigettata anche la domanda iure successionis, in quanto la certificazione anagrafica depositata attesta che An. Gu. è nipote di Me. Gi. e Bu. Ma. ma nulla dimostra quanto al rapporto di filiazione tra lui e Ai. Me. e tra Ai. Me. e le vittime primarie della strage. 22. Analoghe considerazioni devono farsi in relazione alle domande di Ro. D’Al., in proprio e quale erede del padre Ma. D’Al., per la morte dei nonni, Gi. D’Al. e Fe. Ca Non vi è prova, al di fuori della solita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà All. 28 alla comparsa di intervento , dei rapporti di filiazione e della qualità di erede. 23. Li. D’Al. ha, invece, richiesto, in proprio e quale erede dei genitori Am. D’Al. e Va. Od., il risarcimento del danno per la morte della madre Va. Od., della zia, An. Od., e dei cugini, Sa., Sa. e Gi. Gu Posto che il rapporto di filiazione e la qualità di erede si ricava dallo stato di famiglia versato in atti All. 30 del fascicolo degli intervenuti , va riconosciuto all’istante, iure proprio, per la scomparsa della madre, l’importo di Euro 200.000,00, pari ad Euro 410.438,47, tenendo conto degli effetti del tasso di inflazione e degli interessi, e, iure successionis, nella qualità di erede del padre, l’ulteriore importo di Euro 200.000,00, anche questi rivalutati in Euro 410.438,47 somma che dovrà, poi, essere ripartita con i coeredi non costituiti Cass. sez. un. 28.11.2007, n. 24657 . xxiii. Va, invece, anche in tal caso rigettata la domanda avanzata in relazione alla zia ed ai cugini in difetto di prova in ordine alla natura e alla profondità del legame che si assume reciso. 24. Infine, va rigettata la domanda di An. D’Al., essendo rimasto indimostrato il rapporto di filiazione da Am. D’Al. e la sua qualità di erede. VII. Sul danno al Comune di Roccaraso. 1. La risarcibilità del danno non patrimoniale cagionato da un fatto costituente reato in favore degli enti pubblici costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Se, infatti, le sofferenze fisiche e psichiche non sono logicamente rapportabili alle persone giuridiche, l’art. 185 c.p. consente, nondimeno, la liquidazione dei turbamenti morali della collettività pregiudizievoli all’attività dello Stato e/o dell’ente territoriale cfr. Cass. sez. I pen. 14.12.1988, Paticchia . Questi ultimi assumono, infatti, la posizione di danneggiati per i loro compiti di tutela degli interessi delle comunità locali che rappresentano Cass. sez. I pen., 18.10.1995, n. 10371, Costioli Cass. sez. VI pen., 10.01.1990, n. 59, Monticelli . 2. Nella fattispecie i crimini di guerra e contro l’umanità ascritti al Terzo Reich, come detto, hanno determinato lo sterminio di buona parte della popolazione di Pietransieri, frazione del Comune di Roccaraso, composta prevalentemente da anziani, donne e bambini, e sono stati attuati con modalità efferate, in spregio del più elementare senso di umanità e dei valori accolti in ogni società civile. Non può, allora, porsi in dubbio che i fatti di causa abbiano provocato dolore, sofferenze e sbigottimento nella collettività di cui il Comune di Roccaraso costituisce ente esponenziale, creando nella memoria collettiva una ferita non rimarginata che è, ancora oggi, fonte di indelebile turbamento e, pertanto, di danno non patrimoniale risarcibile Cass. sez. I pen., 08.11.2007, n. 4060 . Questa sofferenza trova una testimonianza evidente nelle celebrazioni che, di anno in anno, nel mese di novembre, riaccendono il ricordo di quei tragici giorni. Ricordo, peraltro mai sopito perché presidiato dalle opere che adornano il Parco della Memoria” ed il Sacrario, ove riposano i resti delle vittime, nonché dagli sforzi, anche economici, sostenuti dalle istituzioni locali a sostegno dell’attività di studio e ricerca volta al definitivo accertamento dei fatti. Ricordo, infine, che viene tenuto vivo nelle nuove generazioni mediante attività didattiche appositamente organizzate nelle scuole e fondate sul dialogo ed il confronto con i propri ascendenti. 3. Parimenti le sofferenze inflitte alla comunità locale, il depauperamento delle capacità lavorative e di sostentamento, derivante dall’uccisione della popolazione, hanno determinato ripercussioni negative sull’opportunità di crescita sociale, economica e culturale collettiva, segnando la comunità di Roccaraso per diverse generazioni. 4. Allineandosi ai parametri accolti dalla giurisprudenza di merito, già chiamata a pronunciarsi su analoghe vicende Trib. Militare La Spezia, 10.10.2006, n. 49, Milde + 1 , si ritiene, pertanto, di riconoscere al Comune di Roccaraso, a titolo di danno non patrimoniale, l’importo di Euro 800.000,00, oltre interessi dalla data della presente pronuncia al saldo. Tale importo, devalutato al 01.01.1947 e, poi, integrato degli interessi al saggio legale sulla somma via via rivalutata, va, dunque, fissato in Euro 1.641.755,22. VIII. Sulle spese di lite. 1. In ossequio al principio di soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., la Repubblica Federale di Germania e, in solido, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale della Repubblica Italiana Cass. sez. III, 23.02.2007, n. 4213 vanno condannati a rifondere alle parti vittoriose le spese di lite. 2. Queste, in applicazione del d.m. 10.03.2014, n. 55 e tenuto conto, da un lato della complessità di questioni, dall’altro dell’assenza di attività istruttoria e dell’elevato numero di parti, si ritiene di quantificare nei termini che seguono - Euro 20.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, Iva e Cpa, in favore di Me. Vi. - Euro 15.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, Iva e Cpa, in favore di Co. Ar. - Euro 8.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, Iva e Cpa, in favore di Co. Pi., in proprio e quale erede di Ir. Co. - Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, Iva e Cpa, in favore di Co. Lu., Co. Ma. Fr. e Co. Sa., quali eredi di Co. Ir. - Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, Iva e Cpa, in favore di Od. Gi., Od. Fa., Od. Er., Od. Re. e Od. Pa., quali eredi del padre Od. Fi. - Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, Iva e Cpa, in favore di Od. La., Od. Gi., Od. Ma. e Di Cr. Li., quali eredi di Od. Ba. - Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, Iva e Cpa, in favore di Od. Sa. e Od. Lu., quali eredi di Od. Ce. - Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, Iva e Cpa, in favore di Od. Re., Od. Ri., Od. Ma. Ma., Od. Br., Od. Ce. e Di Co. El., quali eredi di Od. Mi. - Euro 15.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, Iva e Cpa, in favore di D’Al. Li. - Euro 20.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, Iva e Cpa, in favore del Comune di Roccaraso. 3. Va, invece, disposta la compensazione delle spese nei rapporti tra Ro. Me., On. Bu., Ro. Gi., En. Pa., Da. Pa., Ot. Ia., To. Co., Pi. Gu., Ro. Gu., Ro. Gu., An. Gu., Ro. D’Al., Li. D’Al. e An. D’Al., da un lato, e la Repubblica Federale Tedesca, dall’altro, in ragione della contumacia di quest’ultima. 4. Nonostante la soccombenza degli intervenuti da ultimo citati si ritiene, inoltre, di compensare le spese anche nei confronti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale della Repubblica Italiana, in considerazione delle ragioni del rigetto che attengono, in via esclusiva, alla prova del danno conseguenza, lasciando impregiudicata la drammaticità e l’importanza storica dei fatti di causa. P.Q.M. Il Tribunale di Sulmona, in composizione monocratica, accerta e dichiara che la Repubblica Federale di Germania, quale successore del Terzo Reich, è responsabile dell’uccisione di - Co. Ma. di anni omissis - Me. Al. di anni omissis - Me. Si. di anni omissis