Parchi naturali: il vincolo funzionale tra il sentiero e le aree di interesse circostanti non esclude l’oggettiva impossibilità di custodia dell’ente

Per i parchi naturali, l’oggettiva impossibilità della custodia non può affermarsi per i sentieri escursionistici segnati, in quanto destinati alla percorrenza da parte dei visitatori in condizioni di sicurezza, né per le zone immediatamente circostanti agli stessi che costituiscono la ragione di interesse della visita, almeno nei limiti in cui risulti sussistere uno stretto vincolo funzionale tra il percorso segnalato e le aree di interesse a questo circostanti.

La terza sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 1257/18 depositata il 19 gennaio, torna ad occuparsi della responsabilità civile per danni da cose in custodia. Lo fa affermando alcuni principi di diritto relativi ai criteri di imputazione della responsabilità, nello specifico caso dell’obbligo di custodia degli enti sui parchi naturali. Il fatto. La vicenda concerne una domanda di risarcimento danni formulata dai prossimi congiunti di un soggetto precipitato e deceduto a seguito di una caduta all’interno di un pozzo presente nel parco ove stava effettuando una escursione alpina. La domanda era rigettata in primo ed in secondo grado. La Corte di Cassazione era investita del ricorso con cui si eccepiva l’erroneità della sentenza della Corte d’Appello per aver violato e male applicato i principi di cui agli artt. 2051, 2697, 1227 comma 1 e 2043 c.c I Giudici di legittimità ricostruivano il rapporto di custodia di cui all’art. 2051 c.c. specificando che mentre al danneggiato spetta provare il nesso di causalità esistente tra il danno lamentato ed il bene sottoposto a custodia, al custode spetta invece dimostrare l’esistenza del caso fortuito quale elemento capace di escludere il nesso eziologico tra la cosa in custodia ed il danno lamentato, considerando altresì la condotta negligente del danneggiato. Nel caso sottoposto al vaglio della Corte i giudici del merito, di entrambi i grado di giudizio, avevano escluso la responsabilità dell’ente custode del parco sulla scorta della sola considerazione relativa all’estensione territoriale del bene sottoposto alla custodia, prendendo in considerazione la condotta colposa dell’ente, considerando quindi un aspetto che sarebbe stato rilavante ai sensi dell’art. 2043 c.c L’indagine in ordine all’esistenza dell’obbligo di custodia. Sostenevano gli Ermellini che i Giudici di merito avrebbero dovuto verificare se, in capo all’ente dei parchi gravasse un obbligo di custodia, non soltanto sul sentiero segnalato ma anche nei luoghi immediatamente in prossimità del sentiero medesimo ove insistevano numerosi reperti storici della prima guerra mondiale che, in ragione del loro interesse storico, era normale ritenere che sarebbero stati visitati dai numerosi turisti. Nello specifico la buca in cui era caduta la vittima insisteva proprio in un’area limitrofa al parco. Pertanto la Cassazione riteneva che il criterio d’imputazione della responsabilità dell’ente dovesse essere rivalutato dal giudice del rinvio considerando, ai fini del decidere, il principio di diritto in base al quale la presunzione di responsabilità per i danni da cosa in custodia ex art. 2051 c.c. non si applica quelle volte in cui l’ente non possa esercitare un effettivo potere di custodia sul bene, laddove la possibilità concreta di custodia deve essere valutata, non solo tenendo conto dell’estensione del bene bensì anche di ogni circostanza concreta individuabile nel caso. Fondamentale a tal fine risulta la valutazione del tipo di danno e della sua natura nonché dell’estensione geografica, delle dotazioni di sicurezza, della posizione, del luogo ove è accaduto l’evento nonché delle segnalazioni di pericolo ivi presenti. In altri termini, i Giudici di merito avrebbero dovuto dapprima verificare l’esistenza dell’obbligo di custodia in capo all’ente per poi indagare sul fatto se il danneggiato avesse o meno fornito la prova del nesso di causalità tra danno ed evento ciò indipendentemente dalla pericolosità o meno della cosa che aveva provocato il danno. Parimenti i giudici evidenziavano che la violazione di regole o prescrizioni di legge da parte del custode rileverebbe solo ai fini dell’art. 2043 c.c Allo stesso tempo specificavano come per caso fortuito, idoneo a determinare l’interruzione del nesso di causalità, dovesse intendersi un evento imprevedibile ed inevitabile in senso oggettivo senza alcuna rilevanza da attribuire al comportamento del custode in termini di diligenza. Inoltre specificavano come il concorso colposo del danneggiato fosse tanto più incidente quanto più prevedibile era la situazione di possibile danno suscettibile di essere superata attraverso le regole di ragionevole regolazione della propria condotta mediante l’adozione di normali cautele. Il criterio d’imputazione della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. e la prova della condotta colposa dell’ente. La Cassazione specificava altresì che nel caso si fosse escluso l’esistenza di un obbligo di custodia gravante sull’ente e, dunque, si fosse optato per il regime di responsabilità di cui all’art. 2043 c.c., dovrà essere il danneggiato a provare la condotta colposa dell’ente. In questo quadro potrà presumersi la colpa in caso di anomalo funzionamento del bene, salvo che il danneggiato, non potesse avvedersi della situazione di pericolo attraverso l’adozione di una ordinaria diligenza. Anche sotto il profilo di indagine dell’art. 2043 c.c. l’eventuale condotta imprudente del danneggiato – che potrà integrare gli estremi del caso fortuito ovvero del concorso colposo assumerà un proprio valore giacché dovrà essere valutata considerando l’affidamento riposto dal soggetto in mancanza di divieti segnalati e della generale valutazione dello stato dei luoghi. Per queste ragioni la sentenza era cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello cui era richiesto il rispetto dei principi di diritto affermati nella sentenza.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 20 settembre 2017 – 19 gennaio 2018, n. 1257 Presidente Di Amato – Relatore Tatangelo Fatti di causa V.D. , nonché D.L.A. e S. rispettivamente moglie e figli di D.L.P. , hanno agito in giudizio nei confronti di dell’Ente Parco Paneveggio - Pale di San Martino, per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del decesso del loro congiunto, finito in un profondo pozzo presente nel parco nel corso di un’escursione alpina. La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Trento. La Corte di Appello di Trento ha confermato la decisione di primo grado. Ricorrono la V. e i D.L. , sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso l’Ente Parco Paneveggio - Pale di San Martino. Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380-bis.1 c.p.c Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. . Con il secondo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 c.c. e 2697 c.c., nonché dell’art. 1227, comma 1, c.c. . Con il terzo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 2697 c.c. . Con il quarto motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 c.c. e 1227, comma 1, c.c. . I primi quattro motivi del ricorso sono connessi, e possono quindi essere esaminati congiuntamente. Essi sono fondati, nei limiti che si esporranno. 1.1 In base ai principi di diritto affermati da questa Corte, può in estrema sintesi affermarsi che il criterio di imputazione della responsabilità fondato sul rapporto di custodia di cui all’art. 2051 c.c. opera in termini rigorosamente oggettivi, e quindi impone al danneggiato di provare il solo nesso di causa tra la cosa in custodia a prescindere dalla sua pericolosità o dalle sue caratteristiche intrinseche ed il danno, mentre al custode spetta l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima giurisprudenza consolidata cfr. ad es., tra le tante Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5031 del 20/05/1998, Rv. 515604 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 4480 del 28/03/2001, Rv. 545244 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 5236 del 15/03/2004, Rv. 571144 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 376 del 11/01/2005, Rv. 579857 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 20317 del 20/10/2005, Rv. 584522 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 21684 del 09/11/2005, Rv. 584436 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 26086 del 30/11/2005, Rv. 585883 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 2563 del 06/02/2007, Rv. 594374 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 4279 del 19/02/2008, Rv. 601911 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 20427 del 25/07/2008, Rv. 604902 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 11016 del 19/05/2011, Rv. 618175 - 01 Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 12821 del 19/06/2015, Rv. 635770 - 01 . In particolare, la condotta incauta o negligente della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., va graduata sulla base di un accertamento di fatto in ordine alla sua effettiva incidenza sull’evento dannoso, e può giungere anche ad assumere efficienza causale esclusiva del danno sul rilievo della condotta della vittima, si vedano ad es., tra le più recenti Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8229 del 07/04/2010, Rv. 612442 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 23919 del 22/10/2013, Rv. 629108 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 287 del 13/01/2015, Rv. 633949 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 18317 del 18/09/2015, Rv. 636857 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 15761 del 29/07/2016, Rv. 641162 - 01 Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 11526 del 11/05/2017, Rv. 644282 - 01 Sez. 3, Ordinanza n. 25837 del 31/10/2017, non massimata . Il suddetto criterio oggettivo di imputazione della responsabilità, per i danni subiti dagli utenti di beni demaniali di rilevante estensione, può essere escluso unicamente in caso di comprovata concreta impossibilità di esercitare la custodia, quale potere di fatto sul bene stesso. Tale impossibilità deve essere accertata non solo in relazione all’estensione complessiva del bene ed alla possibilità di esercitare un puntuale e diffuso controllo su di esso, ma in relazione alla causa concreta del danno di cui va valutata la natura e la tipologia , in quanto all’ente pubblico custode possono essere addossati esclusivamente i rischi di cui egli può effettivamente gestire il controllo cfr., in proposito, ad es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12449 del 16/05/2008, Rv. 603341 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 15042 del 06/06/2008, Rv. 603742 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 9546 del 22/04/2010, Rv. 612432 - 01 . Unicamente laddove sia esclusa la possibilità di una effettiva custodia del bene demaniale, può pertanto applicarsi il diverse criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2043 c.c., che opera in termini soggettivi, richiedendo la dimostrazione da parte del danneggiato della colpa dell’ente proprietario del bene, la quale può peraltro di fatto presumersi laddove il danneggiato dimostri che il danno si è verificato in ragione di una anomalia della cosa, ma che non sussiste laddove sia dimostrato che la suddetta anomalia risultava percepibile o prevedibile e il conseguente danno evitabile con l’ordinaria diligenza, e quindi sostanzialmente anche in tal caso in ragione della condotta del danneggiato stesso cfr. ancora, ad es., le già citate Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11016 del 19/05/2011, Rv. 618175 - 01 Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 12821 del 19/06/2015, Rv. 635770 - 01 . 1.2 I giudici di merito non hanno correttamente applicato i principi di diritto appena esposti. Essi hanno deciso la controversia negando la sussistenza di un effettivo potere di custodia in capo all’ente convenuto sul bene demaniale affidato alla sua gestione. Di conseguenza, non si sono limitati a verificare la sussistenza del nesso di causa tra cosa e danno eventualmente accertando se questo fosse imputabile esclusivamente ad un comportamento della vittima di imprudenza tale da potersi ritenere causa esclusiva dell’incidente, e quindi integrante il caso fortuito, in considerazione della situazione di rischio percepibile, o quanto meno sufficiente ad assumere efficacia causale concorrente nella determinazione del danno , come sarebbe stato necessario in caso di applicabilità alla fattispecie dell’art. 2051 c.c., ma hanno preso in esame circostanze rilevanti essenzialmente sul piano della condotta colposa dell’ente convenuto, condotta colposa rilevante ai sensi dell’art. 2043 c.c. e che invece nella sistematica della disposizione di cui all’art. 2051 c.c. è del tutto inconferente se non nell’ottica esclusiva della dimostrazione dello stato della cosa e della sua capacità o incapacità di recare danno, cioè in relazione alla prova del rapporto causale tra la cosa stessa e l’evento dannoso . L’esclusione della possibilità di esercitare un effettivo potere di fatto sulla cosa è stata peraltro sostanzialmente ritenuta solo in ragione della rilevante estensione del bene demaniale, senza l’esame di tutte le concrete circostanze di fatto in cui aveva avuto luogo l’incidente. In particolare, avrebbe dovuto certamente considerarsi in proposito che, se la buca in cui era caduto il D.L. si trovava ad una certa distanza 50 mt. dal sentiero segnalato, quest’ultimo - classificato come escursionistico di tipo E , gestito e mantenuto dall’Ente Parco e liberamente accessibile anche in pieno inverno - attraversava un sito turistico di particolare interesse soprattutto in ragione della presenza dei reperti storici della prima guerra mondiale che si trovano disseminati in prossimità di esso e che normalmente gli escursionisti hanno interesse a visitare, e avrebbe quindi dovuto accertarsi se in concreto poteva dirsi esistente la possibilità di una effettiva custodia, oltre che in relazione al percorso del sentiero segnato - in merito al quale non possono sussistere dubbi di sorta, data la sua estensione relativamente limitata e la sua destinazione alla percorrenza da parte dei visitatori in condizioni di sicurezza - anche in relazione alle aree immediatamente limitrofe, in cui risultano allocati i reperti di interesse per gli escursionisti, che è ragionevole presumere che questi ultimi possano intendere raggiungere nel corso della visita almeno in mancanza di espresse limitazioni in tal senso adeguatamente segnalate . 1.3 La questione del criterio di imputazione della responsabilità dovrà pertanto essere rivalutata, in sede di rinvio, alla luce del seguente principio di diritto la presunzione di responsabilità per danni da cose in custodia prevista dall’art. 2051 c.c. non si applica, per i danni subiti dagli utenti dei beni demaniali, le volte in cui non sia possibile esercitare sul bene stesso la custodia intesa quale potere di fatto sulla cosa la possibilità concreta di esercitare tale potere non va valutata solo in base all’estensione dell’intero bene demaniale, ma alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, e in primo luogo della natura e della tipologia dell’evento dannoso in proposito assumono rilievo determinante la natura, la posizione e l’estensione della specifica area in cui si è verificato l’evento dannoso, le dotazioni e i sistemi di sicurezza nonché di possibile segnalazione di eventuali pericoli disponibili, e ogni altro elemento rilevante in particolare, per i parchi naturali, l’oggettiva impossibilità della custodia non può affermarsi per i sentieri escursionistici segnati, in quanto destinati alla percorrenza da parte dei visitatori in condizioni di sicurezza, né per le zone immediatamente circostanti agli stessi che costituiscono la ragione di interesse turistico, naturale, storico o di altro tipo della visita, almeno nei limiti in cui risulti sussistere uno stretto vincolo funzionale tra il percorso segnalato e le aree di interesse a questo circostanti . Una volta stabilito il criterio giuridico di imputazione della responsabilità applicabile nella fattispecie concreta art. 2051 c.c. o art. 2043 c.c. , quest’ultima dovrà altresì essere nuovamente scrutinata, alla luce dei principi esposti in precedenza. Di conseguenza, nel caso in cui fosse ritenuto applicabile l’art. 2051 c.c. per l’accertata sussistenza del rapporto di custodia in relazione al luogo dell’incidente , dovranno essere, in particolare, applicati i seguenti principi di diritto l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicchè incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, solo il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima la deduzione di omissioni, violazione di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c. salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, e a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso il caso fortuito è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale o della causalità adeguata , senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode con la precisazione che, incidendo le modifiche improvvise della struttura della cosa in rapporto alle condizioni di tempo, esse divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa, di cui il custode deve rispondere nella categoria delle cause di esclusione della responsabilità oggettiva per danno da cose, la condotta del danneggiato che entri in interazione con queste si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione - anche officiosa - dell’art. 1227, comma 1, c.c. quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione, oggetto di dovere generale riconducibile all’art. 2 Cost. e comunque rispondente ad un’esigenza di ragionevole regolazione della propria condotta, delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso quando la causa di esclusione della responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. sia indicata nella condotta del danneggiato può prescindersi dalla necessità, ai fini dell’esonero, di un’imprevedibilità ed inevitabilità intese nel suddetto senso di estraneità alla regolarità o adeguatezza causale, come invece rimane necessario quando si invoca un caso fortuito o un’elisione del nesso causale per altra ragione . Nel caso in cui invece, per l’accertata insussistenza del rapporto di custodia, fosse applicabile l’art. 2043 c.c., dovrà invece naturalmente essere posto a carico dell’attore l’onere della prova della condotta colposa dell’ente, e la colpa potrà presumersi in caso di danno derivante da anomalia del bene demaniale, ma andrà esclusa in caso di possibilità per l’utente di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia ed evitare pertanto il danno, salva anche in tale ipotesi la possibilità di concorso ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c Ai fini delle valutazioni indicate, l’eventuale condotta imprudente dell’utente del bene demaniale danneggiato tanto ai fini dell’accertamento del caso fortuito quanto ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227 c.c. andrà naturalmente giudicata anche alla luce dell’affidamento che questi ordinariamente ripone, in mancanza di espressi divieti generali idoneamente pubblicizzati o di adeguate specifiche segnalazioni in loco, sulla sicurezza dei sentieri escursionistici segnati e delle zone di interesse immediatamente circostanti agli stessi e a questi legate da uno stretto nesso funzionale ai fini della visita, secondo quanto è ragionevole prevedere in considerazione della natura dei luoghi. In definitiva, la sentenza impugnata va cassata, affinché si possa provvedere in sede di rinvio ad una rivalutazione delle domande proposte, alla luce dei principi di diritto esposti. 2. Con il quinto motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti . Il quinto motivo resta assorbito in ragione dell’accoglimento dei primi quattro. 3. Sono accolti i primi quattro motivi di ricorso, assorbito il quinto. La sentenza impugnata è cassata in relazione, con rinvio alla con rinvio alla Corte di Appello di Trento, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie i primi quattro motivi del ricorso, assorbito il quinto, e cassa in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Trento, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.