Caduta provocata dal ghiaccio sul marciapiede: niente risarcimento dal Comune

L’episodio si è verificato a pochi passi dal Municipio. La vittima ha attribuito la disavventura alle precarie condizioni di quel tratto di strada, mentre per i Giudici, invece, il capitombolo è stato frutto della sua scarsa diligenza.

Pessima riuscita per la passeggiata di una donna in clima quasi natalizio. Fatale il ghiaccio che, presente sul marciapiede antistante il Municipio, ne provoca la caduta. Nonostante la difficile condizione di quel tratto, la disavventura è addebitata alla scarsa attenzione della donna, che perciò deve dire addio all’ipotesi di un risarcimento da parte del Comune Cassazione, ordinanza n. 1064/18, sez. VI Civile, depositata oggi . Visibilità e diligenza. L’episodio si verifica la mattina del 18 dicembre 2008 in un piccolo paese in provincia di Trento. All’improvviso, durante una tranquilla camminata, la donna si ritrova a terra, con annesse lesioni e relativi dolori. A suo dire, la caduta è stata causata dal ghiaccio presente sul marciapiede antistante il Palazzo Comunale , e consequenziale è la richiesta di un ristoro economico da parte dell’ente locale. La pretesa è però ritenuta priva di fondamento. Su questo punto i Giudici della Cassazione concordano con quanto stabilito prima in Tribunale e poi in Corte d’appello in sostanza, il capitombolo è addebitabile proprio alla condotta tenuta dalla donna. In particolare, viene richiamato il fatto che la situazione di pericolosità determinata dalla lastra di ghiaccio sul marciapiede era, per le circostanze di tempo e di luogo, sicuramente visibile e quindi non tale da rendere l’evento molto probabile, se non inevitabile . Poi, per dare forza a questo dato, viene posta in evidenza anche la scarsa diligenza mostrata dalla donna, che era scivolata mentre dal marciapiede scendeva attraverso due scalini .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 4 dicembre 2017 – 17 gennaio 2018, n. 1064 Presidente Amendola – Relatore Vincenti Fatto e diritto Ritenuto che, con ricorso affidato a quattro motivi, Ga. Ti. ha impugnato la sentenza della Corte d'Appello di Trento, in data 19 ottobre 2016, che ne aveva rigettato il gravame proposto avverso la decisione del Tribunale della medesima città, sezione distaccata di Cavalese, che, a sua volta, aveva respinto la domanda avanzata dalla medesima Ti. nei confronti del Comune di Pozza di Passa che chiamava in causa a fini di manleva la ditta appaltatrice F.lli Pe. s.n.c. , per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti a causa di una caduta, occorsa la mattina del 18 dicembre 2008 nel territorio di detto Comune, dovuta alla presenza di ghiaccio sul marciapiede antistante al Palazzo Comunale che resistono con controricorso il Comune di Pozza di Fassa e la F.lli Pe. s.n.c. di Pe. Mi. & amp C che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c, è stata comunicata ai difensori delle anzidette parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quali la ricorrente e la controricorrente F.lli Pe. s.n.c. hanno depositato memoria che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata. Considerato che a con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c, violazione ed erronea applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c., per travisamento dell'oggetto della prova e lesione del principio di divisione della prova , per aver la Corte territoriale disatteso e distorto le risultanze probatorie sulla dinamica dell'evento lesivo, invertendo anche l'onere probatorio sulla sussistenza del caso fortuito, ex art. 2051 c.c., addossandolo ad essa danneggiata. b con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c, violazione ed erronea applicazione degli artt. 2051, 1227, secondo comma, e 2697 c.c., per travisamento dell'oggetto della prova e violazione del principio della divisione del relativo onere sotto ulteriore profilo , per aver la Corte territoriale erroneamente escluso la sussistenza del nesso causale tra la cosa e il danno, addossando ad essa danneggiata il relativo onere probatorio, anche in punto di concorso colposo ai sensi dell'art. 1227 c.c., quale norma attinente, peraltro, solo al profilo del quantum debeatur e non dell'an. c con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c, violazione ed erronea applicazione degli artt. 2051 c.c., 112, 115 e 116 c.p.c, travisamento delle risultanze della prova e lesione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato , per aver la Corte territoriale travisato la prova raggiunta sulla mancata tempestiva pulizia del marciapiede, violato il principio di valutazione delle prove, escludendo la sussistenza del nesso causale , essere andata ultra ed extra petita presumendo una mancata diligenza della Ti., la cui prova incombeva sul custode della strada . a1.-b1.-c.1 che i motivi - da doversi scrutinare congiuntamente - sono in parte manifestamente infondati e in parte inammissibili che il giudice di appello - in forza dell'accertamento fattuale secondo cui la situazione di pericolosità determinata dalla lastra di ghiaccio sul marciapiede era, per le circostanze di tempo e di luogo, sicuramente visibile e non già tale da rendere molto probabile se non inevitabile l'evento , anche in ragione del difetto di ordinaria diligenza che avrebbe dovuto tenere in dette circostanze la stessa Ti. là dove, peraltro, era emerso - in contrasto con quanto dedotto dall'attrice - che essa era scivolata mentre dal marciapiede scendeva attraverso due scalini - fatto corretta applicazione del principio, consolidato cui il Collegio intende dare continuità , per cui in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato così Cass. n. 11526/2017 analogamente Cass. n. 2660/2013, Cass. n. 6306/2013, Cass. n. 21212/2015, Cass. n. 12895/2016 che, dunque, sono manifestamente infondate le doglianze di errores in indicando investenti l'applicazione dell'art. 2051 c.c., dell'art. 1227 c.c. quanto al concorso del danneggiato nella causazione dell'evento - primo comma -, con portata anche elidente del nesso causale e dell'art. 2697 c.c. sul riparto dell'onere probatorio in riferimento alla fattispecie di cui al citato art. 2051, correttamente operato, là dove, poi, la ricorrente confonde con esso la formazione del convincimento della Corte territoriale in base all'intero compendio delle risultanze probatorie in forza del principio di c.d. acquisizione, per cui il giudice è tenuto ad utilizzare le prove raccolte indipendentemente dalla provenienza delle stesse dalla parte gravata dell'onere probatorio tra le tante, Cass., S.U., n. 28498/2005, Cass. n. 27231//2014 , né essendo altresì riscontrabile alcuna violazione dell'art. 112 c.p.c. avendo il giudice del gravame deciso soltanto sulla domanda risarcitoria proposta dall'attrice, là dove l'applicazione del primo comma dell'art. 1227 c.c., quanto all'accertamento dell'elisione del nesso causale, è rimessa alla valutazione officiosa del giudice e non costituisce eccezione in senso stretto Cass. n. 6529/2011 che sono, poi, inammissibili, le restanti doglianze, volte a criticare l'accertamento fattuale operato dal giudice del merito in base alla valutazione delle prove ed ad esso esclusivamente riservato, senza neppure introdurre una idonea specifica e congruente denuncia ai sensi del vigente n. 5 dell'art. 360 c.p.c d con il quarto mezzo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 333, 342 e 112 c.p.c, per lesione del principio della forma dell'appello incidentale, della corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, della natura personale, non reale, dell'appello , per aver la Corte territoriale erroneamente interpretato la comparsa di costituzione della F.lli Pe. s.n.c. come appello incidentale sulla statuizione del primo giudice relativa alle spese processuali, nonché errato nel condannare essa appellante al pagamento delle spese del doppio grado in favore della parte chiamata in causa dal Comune a fini di manleva, senza esserne costretto dal comportamento processuale dell'attrice d.1. che il motivo - premesso che, contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente, è consolidato principio quello per cui in tema di liquidazione delle spese di giudizio, le spese sostenute dal terzo chiamato in garanzia, nella specie impropria, una volta che sia stata rigettata la domanda principale, vanno poste a carico della parte che, rimasta soccombente, abbia provocato e giustificato la chiamata in garanzia, trovando tale statuizione adeguata giustificazione nel principio di causalità, che governa la regolamentazione delle spese di lite Cass. n. 2492/2008, Cass. n. 23552/2011, Cass. n. 2492/2016 -è inammissibile, non avendo la ricorrente fornito alcuna contezza dei contenuti specifici della comparsa di costituzione in appello della F.lli Pe. s.n.c. su cui si fonda la doglianza né avendo provveduto alla relativa localizzazione processuale ai sensi dell'art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c , così da non consentire neppure l'ingresso della delibazione rimessa a questa Corte come giudice del fatto processuale tra le tante, Cass. n. 2771/2017 che la memoria depositata dalla ricorrente non offre argomenti tali, e diversi da quelli già spesi con il ricorso, da consentire di superare i rilievi che precedono che il ricorso va, quindi, rigettato e la ricorrente condannata al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00, per compensi, in favore del Comune di Pozza di Fassa, e in Euro 5.000,00, per compensi, in favore della F.lli Pe. s.n.c., oltre, in favore di ciascuna parte controricorrente, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.