Incidente e cedimento del guard-rail: il danno risarcibile è solo quello verificatosi in concreto in dipendenza immediata e diretta dell’evento

Una volta che si sia verificato un evento dannoso ricostruito, con valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, come causalmente ascrivibile anche alla condotta colposa del danneggiato, non può essere presa in considerazione, quale evenienza non impedita e tanto meno al fine di una sua diversa quantificazione risarcitoria, la minore entità del danno che sarebbe dipesa da una serie causale alternativa a quella effettivamente verificatasi in concreto, quale un minore o un assente grado di colpa in capo al responsabile.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 30921/17, depositata il 22 dicembre. Il caso. Nel 2003, un uomo agiva in giudizio, dinanzi alla Sezione distaccata di Tropea del Tribunale di Vibo Valentia, chiedendo che l’Amministrazione provinciale dello stesso capoluogo calabro provvedesse a risarcire i danni da lui subiti, a seguito di una sbandata con la sua autovettura - in una scarpata contigua alla sede stradale -, avvenuta nel dicembre 2002. Il Tribunale, con sentenza depositata nel 2010, accoglieva parzialmente l’istanza del ricorrente ma riconosceva una sua paritaria e concorrente colpa per non aver egli osservato il limite di velocità esistente e per non aver tenuto una andatura adeguata allo stato dei luoghi e alle condizioni metereologiche. Al ricorrente venivano riconosciuti postumi invalidanti permanenti nella misura del 28% e gli veniva liquidata una certa somma di denaro come risarcimento dei danni patiti. L’uomo, non soddisfatto dell’esito del giudizio di primo grado, proponeva appello, avverso la pronuncia, dinanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro, la quale, nel 2014, si pronunciava ritenendo esistente il concorso del fatto colposo del creditore respingeva le doglianze sulla correttezza dell’applicazione delle tabelle e sull’omessa considerazione del danno morale, ma accoglieva, in gran parte, quella sull’inadeguatezza della liquidazione del danno da invalidità temporanea, con condanna finale al pagamento di una ulteriore somma a favore dell’uomo e rideterminava il carico delle spese. Avverso la sentenza della Corte territoriale l’uomo proponeva ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi. L’Amministrazione provinciale di Vibo Valentia resisteva con controricorso. I motivi di impugnazione. Il ricorrente, con il primo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 163, comma 3, nn. 3 e 5, c.p.c., rilevando che dall’atto di citazione emergesse chiaramente come fosse stata dedotta in giudizio anche la responsabilità ex art. 2051 c.c Con il secondo motivo denuncia l’omesso esame, del fatto decisivo per il giudizio, circa le non conformi caratteristiche del guard–rail alla l. n. 181/1962 e al d.m. n. 223/1992. In particolare, si lamentava dell’erroneità della valutazione del concorso della velocità e della sua elevatezza, dinanzi alla non conformità del guard-rail alle regole tecniche vigenti. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 1227, comma 1, c.c., 2059 c.c. e 32 Cost. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla valutazione della documentazione sanitaria e dalla CTU medico-legale, censurando non soltanto la decurtazione per il concorso in colpa ma altresì la liquidazione del danno biologico, ritenuta inadeguata. Infine, con il quarto motivo il ricorrente deduceva l’erroneità della compensazione delle spese di lite per la metà, disposta in seguito all’erroneo riconoscimento del concorso di colpa del danneggiato. La controricorrente eccepiva l’inammissibilità dei quattro motivi. Osservazioni della Corte di Cassazione sull’art. 2051 c.c La Suprema Corte dichiara inammissibile il primo motivo per carenza di interesse all’impugnazione, come prospettato dalla controricorrente. Per i giudici della Terza Sezione, in tema di responsabilità per i danni causati da una cosa in custodia, ai sensi dell’art. 2051 c.c., l'allegazione del fatto del terzo o dello stesso danneggiato, idonea ad integrare l'esimente del caso fortuito, costituisce una mera difesa, che deve essere esaminata e verificata anche d'ufficio dal giudice, attraverso le opportune indagini sull'eventuale incidenza causale del fatto del terzo o del comportamento colposo del danneggiato nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte, purché risultino prospettati gli elementi di fatto sui quali si fonda l'allegazione del fortuito. Ad avviso dei Supremi Giudici, la Corte territoriale si è comportata correttamente, dimostrando la sussistenza del concorso della condotta colposa della vittima, arrivando poi a quantificarla. La Corte, ritiene infondato il secondo motivo è innegabile che la conclusione cui è pervenuta la Corte d’Appello, sulla sussistenza del concorso di colpa del danneggiato, si articola in una ricostruzione di fatto della velocità di guida e dell’effettiva inadeguatezza della condotta dello stesso danneggiato, in rapporto alle circostanze di luogo e alle condizioni metereologiche. La ricostruzione è fondata congruamente su dati di fatto, apprezzati e ricavati dal complesso degli elementi istruttori. I Giudici della Terza Sezione, in definitiva, concludono sul punto affermando che una volta che si sia verificato un evento dannoso ricostruito, con valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, come causalmente ascrivibile anche alla condotta colposa del danneggiato, non può essere presa in considerazione, quale evenienza non impedita e tanto meno al fine di una sua diversa quantificazione risarcitoria, la minore entità del danno che sarebbe dipesa da una serie causale alternativa a quella effettivamente verificatasi in concreto, quale un minore o un assente grado di colpa in capo al responsabile. Il terzo motivo di doglianza viene ritenuto inammissibile in ordine a ciascuno dei profili prospettati. In particolare, la Suprema Corte condivide le osservazioni della controricorrente secondo la quale la documentazione sanitaria, addotta come pretermessa, non era stata trascritta nel ricorso. Con riferimento, infine, al quarto motivo, i Giudici della Terza Sezione ne affermano l’inammissibilità poiché esso non prospetta un vizio della gravata sentenza in ordine al capo sulle spese in quanto tale, quale derivante da una erronea applicazione del principio della soccombenza, ma solo la pretesa infondatezza della soccombenza stessa. In conclusione. I Giudici della Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in oggetto, rigettano il ricorso e condannano il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità. Danno atto, altresì, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 16 novembre – 22 dicembre 2017, n. 30921 Presidente Di Amato – Relatore De Stefano Fatti di causa 1. La domanda proposta, dinanzi alla sezione distaccata di Tropea del Tribunale di Vibo Valentia con citazione notificata il 07/11/2003, da L.S. contro l’Amministrazione Provinciale di quel medesimo Capoluogo per il risarcimento dei danni patiti a seguito di una sbandata con la sua autovettura in una scarpata contigua alla sede stradale, occorsagli il 16/12/2002, fu accolta in parte e, riconosciuta una paritaria concorrente colpa dell’attore per non avere egli osservato il limite di velocità esistente, né tenuto andatura adeguata allo stato dei luoghi ed alle condizioni meteorologiche, gli furono riconosciuti postumi invalidanti permanenti in ragione del 28% e liquidati i danni in Euro 62.608,40 oltre interessi compensativi nella misura legale sulla somma devalutata alla data del sinistro ed annualmente rivalutata fino alla decisione, più interessi legali sul totale da tale al soddisfo . 2. La relativa sentenza, depositata il 02/02/2010, fu gravata di appello dal L. e, in difetto di appello incidentale, l’adita corte territoriale ritenne irrilevante il titolo della responsabilità per l’operatività del concorso del fatto colposo del creditore anche in caso di sussunzione della fattispecie entro l’art. 2051 cod. civ., respinse la doglianza sulla correttezza dell’applicazione delle tabelle e sull’omessa considerazione del danno morale, ma accolse in gran parte quella sull’inadeguatezza della liquidazione del danno da invalidità temporanea, con finale condanna al pagamento di ulteriori Euro 4.000 circa e rideterminato il carico delle spese per la metà compensate e poste quelle per c.t.u. per intero a carico dell’appellata . 3. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 31/12/2014 col n. 1872, ricorre oggi il L. , affidandosi a quattro motivi resiste con controricorso l’Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia e, per l’adunanza in camera di consiglio, non partecipata, del 16/11/2017, il Pubblico Ministero deposita le sue conclusioni scritte di rigetto del ricorso ed entrambe le parti memoria ai sensi, rispettivamente, del secondo e del terzo periodo dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ., come inserito dal co. 1, lett. f , dell’art. 1 bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla l. 25 ottobre 2016, n. 197. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente si duole - col primo motivo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 163, 1 comma, n. 3 e n. 5 c.p.c. in particolare rilevando che dall’atto di citazione si comprendesse chiaramente come fosse stata dedotta anche la responsabilità ex art. 2051 cod. civ., sulla quale si era pure difesa controparte - col secondo motivo, di violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 3 sic 2697 c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c., e in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3 e n. 5 , per omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione delle parti circa le non conformi caratteristiche del guard-rail alla legge 21/41962, n. 181, ed al d.m. 18/2/1992, n. 223 in sostanza lamentando l’erroneità della valutazione del concorso della velocità e della sua elevatezza, dinanzi alla non conformità del guard rail alle regole tecniche vigenti - col terzo motivo, di violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, 1 comma c.c., 2059 c.c., e dell’art. 32 Cost., in relazione all’art. 360, n. 3 , c.p.c. ed omesso esame di un fatto oggetto oggettivo sic decisivo per il giudizio costituito dalla valutazione della documentazione sanitaria e della c.t.u. medico - legale in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3 e n. 5 censurando non solo la decurtazione per il concorso in colpa invece negato, ma comunque siccome inadeguata - la liquidazione del danno biologico sia quanto all’importo di Euro 100 pro die, inferiore a quanto previsto dalle tabelle di Milano, sia per le significative differenze con quanto queste avrebbero potuto consentire in relazione alla serietà delle lesioni patite - col quarto motivo, di violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3 c.p.c. deducendo l’erroneità della compensazione delle spese di lite per la metà, siccome dovuta all’erroneo riconoscimento del concorso della colpa di esso danneggiato. 2. La controricorrente eccepisce l’inammissibilità del primo motivo per difetto di interesse del secondo, perché incentrato su censure di fatto o di merito, perché carente il ricorso della trascrizione dei passaggi salienti della consulenza tecnica di ufficio contestata, perché non configurabile un omesso esame nella valutazione comunque complessiva delle circostanze di fatto del terzo, perché la personalizzazione è avvenuta ed è incensurabile e perché la documentazione sanitaria addotta come pretermessa non è stata trascritta in ricorso del quarto, perché la compensazione delle spese è rimessa alla discrezionalità del giudice, non sindacabile in sede di legittimità. 3. Il Pubblico Ministero rileva la carenza di interesse sul primo motivo e, del secondo, deduce l’inammissibilità in quanto involgente censure di merito alla ricostruzione da parte del c.t.u., ritenute assorbite le altre doglianze. 4. Nelle memorie, poi il ricorrente ribatte invocando i principi ex art. 2051 cod. civ., ed insistendo sulla circostanza della mancata indagine sull’idoneità del guard-rail, se costruito a norma di legge, ad assorbire l’impatto con il suo veicolo, nonché sul carattere apodittico dell’affermazione di una sua colpa concorrente la controricorrente illustra ulteriormente le difese già svolte. 5. Ciò posto, il primo motivo è effettivamente inammissibile, per i difetto di interesse all’impugnazione sotto il profilo prospettato la corte territoriale ha motivato esaurientemente - e correttamente - sull’irrilevanza della fattispecie di responsabilità entro cui sussumere la vicenda, visto che anche ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., il concorso della condotta colposa del danneggiato bene avrebbe potuto rilevare, una volta comunque ammessa la responsabilità della convenuta, ai fini della possibile limitazione della liquidazione dei danni conseguenti. 6. Infatti, se è vero che, ai fini della fattispecie di cui all’art. 2051 cod. civ., è sufficiente per il danneggiato la prova del nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, è vero pure che l’allegazione del fatto del terzo o dello stesso danneggiato, idonea ad integrare l’esimente del caso fortuito o ad escludere il nesso causale, deve essere esaminata e verificata anche d’ufficio dal giudice, attraverso le opportune indagini sull’eventuale incidenza causale del fatto del terzo o del comportamento colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte, purché risultino prospettati gli elementi di fatto sui quali si fonda l’allegazione del fortuito o della causa efficiente alternativa ma esclusiva integrando una mera difesa la fattispecie di cui al primo comma dell’art. 1227 cod. civ. per tutte, Cass. 30/09/2014, n. 20619 Cass. Sez. U. 03/06/2013, n. 13902 . 7. E tanto la corte territoriale ha fatto in concreto, giungendo alla prova della sussistenza di un concorso della condotta colposa della vittima e poi quantificandola ciò che correttamente vale a limitare, ai sensi dell’art. 1227 c.c., come richiamato in sede di disciplina della responsabilità extracontrattuale dall’art. 2056 c.c., il danno risarcibile sia ai sensi dell’art. 2043, che dell’art. 2051 cod. civ., con conseguente irrilevanza, se non altro nella fattispecie in esame, della sua puntuale - o di una sua migliore - qualificazione. 8. Il secondo motivo è, nel suo complesso, infondato benché effettivamente si fosse dedotta l’idoneità astratta del guard-rail ad evitare l’evento, è innegabile che la conclusione della corte territoriale sulla sussistenza del concorso di colpa si articola in una ricostruzione di fatto della velocità di guida del danneggiato stesso e dell’effettiva inadeguatezza della sua condotta in rapporto alle circostanze di luogo violazione dei segnali di pericolo in un tratto dalle caratteristiche oggettivamente insidiose ed alle condizioni meteorologiche pioggia , desunta - tra l’altro e ben significativamente - dalla stessa descrizione dell’evento da parte del danneggiato sbandamento e scarrocciamento laterale di diversi metri, urto sul guard-rail di destra, suo piegamento e conseguente sua funzione di rampa per il volo nella sottostante scarpata . 9. Non solo tale ricostruzione è tutt’altro che apodittica, ma deve essa dirsi congruamente basata su dati fattuali comunque apprezzati e ricavati dal complesso degli elementi istruttori, il cui eventuale ma evidente e macroscopico travisamento unico, in estrema ipotesi, a potere rilevare neppure è stato adeguatamente reso oggetto di censura in questa sede al riguardo, una riconsiderazione della ricostruzione del fatto è sempre preclusa nella presente sede di legittimità, a maggior ragione dopo la novella del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., che ha ridotto al minimo costituzionale il controllo in sede di legittimità sulla motivazione Cass. Sez. U. nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014 , rimanendo comunque gli apprezzamenti di fatto se scevri, come lo sono nella specie, da quei soli ed evidenti vizi logici o giuridici ammessi dalle or ora richiamate pronunzie delle Sezioni Unite - istituzionalmente riservati al giudice del merito come da consolidato insegnamento, su cui, per tutte, v. Cass. Sez. U., n. 20412 del 2015, ove ulteriori riferimenti . 10. A questo punto, va ricordato che la teoria generale del diritto riconduce al novero dei danni risarcibili le sole conseguenze immediate e dirette del fatto assurto a criterio di imputazione della responsabilità una volta verificatasi una determinata sequenza di fatti ed eventi, tra loro legati da un nesso causale, inteso a sua volta come relazione tra i due caratterizzata dall’idoneità di uno di quelli a determinare il successivo in base a leggi naturali o anche solo a regole di comune esperienza , tale relazione va apprezzata secondo il criterio della causalità adeguata sul quale, amplissimamente e per tutte, v. Cass. Sez. U. 11/01/2008, n. 576 in base al quale neppure è sufficiente tale relazione causale per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all’interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che, nel momento in cui si produce l’evento causante non appaiano del tutto inverosimili, ma che si presentino come effetto non del tutto imprevedibile, secondo il principio della c.d. causalità adeguata o quello similare della c.d. regolarità causale. 11. Quest’ultimo, a sua volta, individua come conseguenza normale imputabile quella che - secondo l’id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarità statistica o ad una probabilità apprezzabile ex ante se non di vera e propria prognosi postuma integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento sia esso una condotta umana oppure no originario, che ne costituisce l’antecedente necessario. 12. Tanto premesso, possono qualificarsi risarcibili conseguenze immediate e dirette come si esprimeva già Cass. 17/12/1963, n. 3184, sia pure ai fini dell’art. 1223 cod. civ., in tema di responsabilità contrattuale quelle conseguenze normali od ordinarie originate ovvero causate dall’evento dannoso secondo il principio della cosiddetta regolarità causale, sicché devono ritenersi esclusi quei danni che siano un riflesso lontano dall’inadempimento e non possano a questo essere riallacciati dal necessario nesso teleologico, per essere intervenute altre cause e circostanze estrinseche, senza le quali il danno ulteriore stesso non si sarebbe verificato. A mano a mano che la sequenza causale progredisce e si allontana dall’evento che ad essa ha dato origine, in altri termini, l’intervento di fattori concausali diversi ed ulteriori diviene via via preponderante, fino ad escludere la riferibilità - appunto diretta ed immediata - a quello primigenio. 13. Ed il novero delle conseguenze ulteriori perdute va limitato, sostanzialmente, alla figura tradizionale del lucro cessante ed alla c.d. perdita di chance, da intendersi il primo, come l’accrescimento patrimoniale che il danneggiato avrebbe conseguito o il decremento patrimoniale che egli avrebbe evitato se, ad impedire il primo o a cagionare il secondo, non fosse intervenuto il fatto generatore del danno per tradizionale insegnamento v. già in tal senso Cass. 16/04/1969, n. 1207 ma comunque non comprendendosi gli eventi ipotetici o legati a condizioni incerte - tra molte altre, v. Cass. 03/09/1994, n. 7647 - e quelli l’attesa della cui verificazione non sia sorretta da - o fondata su - un’obiettiva e ragionevole attendibilità Cass. 10/12/1971 la seconda, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene che solo a queste condizioni non è una mera aspettativa di fatto, ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione Cass. 14/03/2017, n. 6488 , la cui concretezza ed effettività, siccome riferite ad un evento futuro, devono possedere un grado di elevatissima probabilità, se non di vera e propria prognosi ma riferita al momento dell’accadimento del fatto indicato come dannoso . 14. In applicazione dei principi suddetti alla fattispecie, una volta riconosciuto il nesso causale tra la cosa, vuoi perché oggetto di custodia, vuoi perché la sua carenza strutturale intrinseca od originaria fosse manifestazione di colpa specifica o generica del danneggiante e quindi ribadita l’indifferenza delle due ragioni di responsabilità ai sensi, rispettivamente, dell’art. 2051, o dell’art. 2043 cod. civ. , il danno che può essere oggetto di risarcimento è esclusivamente quello che si è verificato in concreto in dipendenza immediata e diretta dell’evento, cioè il cedimento del guard-rail, come poi imputato causalmente anche - ed in misura paritaria - della condotta colposa della vittima, che lo ha attinto con una forza notevolissima, prodotta all’esito di una serie di malaccorte manovre, tutte colpose o, a tutto concedere, colposa sicuramente la prima e conseguenze inevitabili di essa le altre . 15. Posto che la descrizione delle modalità del sinistro e dell’apporto causale della condotta della vittima conduce alla qui insindacabile, appunto perché fondata su apprezzamenti di fatto e tutt’altro che apodittici o manifestamente arbitrari , conclusione v. pag. 11 della qui gravata sentenza, secondo periodo della possibile idoneità di una maggiore resistenza del guard-rail a ridurre i danni, deve allora aversi per non ulteriormente revocabile in dubbio, in questa sede, che l’evento non avrebbe potuto comunque essere impedito, ma, a tutto concedere, che le sue conseguenze avrebbero potuto essere di minore gravità. 16. Su questa premessa, non può rientrare nel concetto di conseguenza immediata e diretta il mancato avveramento di un’evenienza più favorevole per chi risulta danneggiato in generale, invero, poiché da una situazione o da un evento può dipanarsi o dipartirsi un ampio - se non potenzialmente indefinito - ventaglio di serie di conseguenze tra loro alternative, accomunate soltanto all’origine e diversificate dall’interazione successiva di eventi differenti ed incidenti in senso e con effetto diversi, che lo sviluppo potenziale di quelle si sia manifestato o concentrato in una sola particolare tra esse con esclusione delle altre non significa affatto che l’evento che ha determinato la serie causale effettivamente verificatasi sia stata la causa della mancata verificazione delle alternative. 17. Pertanto, la pretesa del L. non può trovare considerazione, con conseguente rigetto del suo secondo motivo di ricorso, in applicazione del seguente principio di diritto una volta verificatosi un evento dannoso ricostruito, con valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, come causalmente ascrivibile pure alla condotta colposa del danneggiato, non può essere presa in considerazione, quale evenienza non impedita e tanto meno al fine di una sua diversa quantificazione risarcitoria, la minore entità del danno che sarebbe dipesa da una serie causale alternativa a quella effettivamente verificatasi in concreto, quale un minore od un assente grado di colpa in capo al responsabile . 18. Può ora passarsi alla disamina del terzo motivo, il quale è però inammissibile in ordine a ciascuno dei profili prospettati. 19. In primo luogo, esso è inammissibile quanto alla doglianza di inadeguatezza della riliquidazione, atteso intanto il richiamo alla struttura del punto reso oggetto delle cosiddette tabelle milanesi applicate alla specie, come adeguatamente comprensivo pure del danno una volta definito morale, ma comunque in virtù del carattere equitativo della sua liquidazione, espressamente richiamato dalla corte di appello anche per il risarcimento dell’inabilità temporanea e comunque essendosi essa mantenuta, con sufficiente indicazione del criterio, all’intero del range o intervallo previsto. 20. In secondo luogo, il motivo in esame è inammissibile quanto alle contestazioni fondate sulla c.t.u. o rivolte contro la medesima, risultando - nei limiti in cui esse possano ancora rilevare in questa sede dopo la già ricordata riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, e sempre ammesso che le critiche siano state tempestivamente rivolte già al giudice del merito - comunque violati i principi ribaditi dalla giurisprudenza di questa Corte Cass. 08/06/2011, n. 12532 Cass. 17/07/2014, n. 16368 Cass. 03/06/2016, n. 11482 Cass. ord. 19427 del 2017 , per la quale in tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice a quo, e ne trascriva, poi, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità . 21. Infine, il quarto motivo è di per sé inammissibile, perché non prospetta un vizio della gravata sentenza in ordine al capo sulle spese in quanto tale, quale derivante da un’erronea applicazione del principio della soccombenza, ma solo la pretesa infondatezza della premessa o del presupposto, cioè della soccombenza e quindi involge impropriamente l’ingiustizia derivata dall’assetto complessivo della decisione sul merito, con la qual cosa risultano implicitamente ammesse l’intrinseca coerenza e legittimità della conclusione sul punto da parte della corte territoriale. 22. Il ricorso, inammissibili i motivi diversi dal secondo ed infondato quest’ultimo, va perciò rigettato e le spese del giudizio di legittimità seguire la soccombenza. 23. Infine, deve darsi atto - mancando ogni discrezionalità al riguardo tra le prime Cass. 14/03/2014, n. 5955 tra molte altre Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245 - della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, co. 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.