Come si calcola l’indennizzo dovuto dall’assicurazione?

L’assicurazione contro gli infortuni è riconducibile nella tipologia dell’assicurazione contro i danni che prevede un obbligo in capo all’assicuratore di pagare l’indennizzo assolvendo una funzione reintegratoria della perdita subita dal patrimonio dell’assicurato, ha natura di debito di valore, con la conseguenza che esso deve essere necessariamente rivalutato con riferimento al pericolo intercorso tra il sinistro e la liquidazione.

Così la Cassazione con l’ordinanza n. 25099/17, depositato il 24 ottobre. Il caso. Il Tribunale condannava una compagna assicuratrice al risarcimento del danno subito da una studentesse che mentre si recava a scuola alla guida di un ciclomotore era caduta a terra riportando un invalidità permanente nella misura del 10%. La compagnia assicuratrice era chiamata dalla studentessa ad indennizzarla per l’accaduto in ragione di una polizza assicurativa previamente stipulata con l’istituto scolastico. La compagnia proponeva appello lamentando l’erroneo calcolo del danno subito dalla giovane valutabile in misura inferiore al 10%. La Corte d’Appello confermava la percentuale di invalidità, e determinava la liquidazione dell’indennizzo sulla base dell’art. 5 delle condizioni generali di contratto e non delle tabelle milanesi cui aveva fatto riferimento il giudice di prime cure. Avverso tale pronuncia la studentessa ricorreva in Cassazione. Il calcolo dell’indennizzo. La ricorrente lamenta l’erroneità del calcolo degli indennizzi dovuti dall’assicurazione effettuato in sede di appello. La Cassazione a riguardo afferma che sia consolidata giurisprudenza quella di ritenere che l’assicurazione contro gli infortuni sia riconducibile nella tipologia dell’assicurazione contro i danni che prevede un obbligo in capo all’assicuratore di pagare l’indennizzo assolvendo una funzione reintegratoria della perdita subita dal patrimonio dell’assicurato, ha natura di debito di valore, con la conseguenza che esso deve essere necessariamente rivalutato con riferimento al pericolo intercorso tra il sinistro e la liquidazione, pur se non vi sia inadempimento o ritardo colpevole dell’assicuratore, rilevando la condotta del debitore solo dal momento in cui, con la liquidazione, il debito indennitario diventa obbligazione di valuta, tanto ai fini del riconoscimento, da tale momento, a titolo di risarcimento, degli interessi moratori o del maggior danno ex art. 1224 c.c. . Il danno da ritardo di pagamento dell’obbligazione risarcitoria si può liquidare applicando un saggio di interessi scelto dal giudice equitativamente sul credito risarcitorio rivalutando anno per anno. Percezione di acconti. Va sottolineato, inoltre, che in caso di percezione di acconti occorre compiere delle operazioni di calcolo aggiuntive per poi detrarre l’acconto dal credito e quindi, calcolando gli interessi compensativi finalizzati a risarcire il danno da ritardato adempimento sull’intero capitale, per il periodo che va dalla data dell’illecito al pagamento dell’acconto, solo sulla che residua dopo la detrazione dell’acconto rivalutato, per il periodo che va dal suo pagamento fino alla liquidazione definitiva. La Cassazione rileva che la sentenza impugnata non si è attenuta a tali principi e per questi motivi accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 23 marzo – 24 ottobre 2017, numero 25099 Presidente Travaglino – Relatore Rubino Fatti di causa C.F. , studentessa presso il liceo scientifico Scorza di Cosenza, recandosi a scuola alla guida di un ciclomotore cadeva a terra riportando anche postumi permanenti. Avendo l’istituto stipulato una polizza assicurativa di risarcimento degli infortuni riportati dai propri alunni in connessione alla partecipazione alle attività scolastiche, anche in itinere, la C. nel 2007 convenne in giudizio la compagnia assicuratrice dell’istituto, HDI Ass.ni s.p.a., chiedendo che fosse condannata a corrisponderle l’indennizzo assicurativo. La compagnia di assicurazioni venne condannata al pagamento di un importo, previo accertamento di una invalidità permanente riportata dall’attrice nella misura del 10%. Proponeva appello la compagnia di assicurazioni, sostenendo che la percentuale di invalidità permanente fosse inferiore al 10% e che il danno fosse stato calcolato erroneamente, prendendo a riferimento le tabelle milanesi, anziché il controvalore per ogni punto di invalidità determinato dalla polizza stessa. La C. a sua volta proponeva appello incidentale, chiedendo le fosse riconosciuta una maggior percentuale di invalidità permanente, che il calcolo dell’indennizzo dovuto avvenisse non sulla base delle tabelle milanesi ma del valore a punto previsto in contratto e che le fossero riconosciute anche le spese mediche sostenute per la fisioterapia domiciliare alla quale aveva dovuto sottoporsi dopo l’incidente. La sentenza di appello accoglieva solo in parte sia l’appello principale che l’incidentale, confermando la percentuale di invalidità, ed accertando che la liquidazione dell’indennizzo dovesse avvenire sulla base del valore-punto indicato dall’art. 5 delle condizioni generali di contratto, e non delle tabelle milanesi cui aveva fatto riferimento il giudice di prime cure. Determinato l’importo dell’indennizzo dovuto, provvedeva poi a devalutarlo alla data del sinistro e quindi a rivalutarlo, maggiorandolo di interessi sulla somma annualmente rivalutata fino alla data in cui alla C. veniva corrisposta una somma dall’assicurazione, a titolo di acconto. Da tale data la corte provvedeva poi nuovamente a rivalutare il residuo importo dovuto aggiungendo gli interessi sugli importi annualmente rivalutati fino al momento della pronuncia, e a tale importo aggiungeva la spese mediche riconosciute che, diversamente dall’indennizzo, costituendo debito di valuta, non venivano rivalutate ma ad essi venivano semplicemente aggiunti gli interessi legali dalla data dell’esborso fino all’attualità . C.F. propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, nei confronti di HDI Ass.ni. s.p.a., per la cassazione della sentenza numero 156/2014, depositata dalla Corte d’Appello di Catanzaro in data 28.1.2014. L’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede. Ragioni della decisione Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1882 e 1905 c.c. Richiama il contenuto della sentenza impugnata, che confermava una percentuale di invalidità permanente del 10% indicando però come criterio di liquidazione non quello fissato dalle tabelle milanesi, bensì i criteri di liquidazione fissati dalle condizioni generali di contratto, che prevedevano un importo predeterminato a punto di invalidità. La sentenza impugnata escludeva inoltre il diritto della danneggiata al riconoscimento delle spese fisioterapiche in quanto l’infortunata per sua libera scelta aveva scelto di rivolgersi ad un professionista privato anziché fruire di una prestazione pubblica, disponibile dietro pagamento del ticket. La ricorrente critica il criterio di calcolo dell’importo dovuto seguito dalla corte d’appello in motivazione. Il giudice d’appello, per determinare l’importo dovuto, dopo aver correttamente preso in considerazione il valore-punto fisso previsto dall’art. 5 delle condizioni generali di contratto come richiesto sia dall’appellante principale che dall’appellante incidentale per le invalidità superiori al 6%, decurtandolo di quanto previsto perché infortunio in itinere e sommando le diarie contrattualmente dovute , ottenuto l’importo dovuto a titolo di indennizzo tenendone quindi distinte le spese vive, la cui rifusione costituiva debito di valuta , ha proceduto a devalutare tale importo alla data del sinistro 2002 e poi lo ha rivalutato di anno in anno maggiorandolo di interessi sulla somma annualmente rivalutata. Quindi ha detratto l’acconto ricevuto nel 2005 e ha proceduto a rivalutare di anno in anno l’importo residuo maggiorandolo di interessi sugli importi annualmente rivalutati. Sostiene la ricorrente che per provvedere al calcolo corretto dell’importo effettivamente dovuto a titolo di indennizzo assicurativo, attualizzato, è necessario procedere alla devalutazione, al fine del calcolo di rivalutazione ed interessi, soltanto quando la quantificazione del danno è operata sulla base delle tabelle e non quando viene calcolata sulla base del valore a punto. Poiché nel caso in esame si applica il valore a punto fissato dalla polizza, esso non sarebbe suscettibile di devalutazione al momento dell’infortunio, per poi applicare il meccanismo di rivalutazione previsto dalla sentenza a Sezioni Unite numero 1712 del 1995 e da allora unanimemente seguito, in quanto in tal modo le sarebbe stato riconosciuto un importo inferiore a quello dovuto. Il motivo è fondato nei termini che seguono. È affermazione ormai consolidata nella giurisprudenza di questa Corte quella secondo la quale l’assicurazione contro gli infortuni sia riconducibile nella tipologia dell’assicurazione contro i danni, e che in tema di assicurazione conto i danni, l’obbligo dell’assicuratore di pagare l’indennizzo, anche se esso sia stato predeterminato in una somma fissa o in un valore a punto percentuale, assolvendo una funzione reintegratoria della perdita subita del patrimonio dell’assicurato, ha natura di debito di valore, con la conseguenza che esso deve essere necessariamente rivalutato con riferimento al periodo intercorso tra il sinistro e la liquidazione, pur se non vi sia inadempimento o ritardo colpevole dell’assicuratore, rilevando la condotta del debitore solo dal momento in cui, con la liquidazione, il debito indennitario diventa obbligazione di valuta, e tanto ai fini del riconoscimento, da tale momento, a titolo di risarcimento, degli interessi moratori o del maggior danno ex art. 1224 cod. civ. Cass. numero 395 del 2007 Cass. numero 3268 del 2008 Cass. numero 10488 del 2009 da ultimo, da Cass. numero 15868 del 2015 . Calcolato l’indennizzo assicurativo, essendo un credito di valore esso deve essere attualizzato, ovvero al danneggiato - creditore della prestazione assicurativa deve essere corrisposto anche il danno da mora, ovvero il c.d. lucro cessante finanziario v. Cass. numero 9950 del 2017 , ovvero i frutti che il denaro dovutogli a titolo di indennizzo assicurativo sin dal giorno del sinistro avrebbe prodotto, in caso di immediato pagamento. Il danno da ritardato pagamento della obbligazione risarcitoria si può liquidare applicando un saggio di interessi scelto dal giudice equitativamente sul credito risarcitorio rivalutato anno per anno, o secondo uno degli altri criteri evincibili dalla sentenza a sezioni unite numero 1712 del 1995 v. Cass. numero 21396 del 2014 che indica i seguenti criteri alternativamente utilizzabili applicando un saggio di interessi scelto in via equitativa dal giudice o sulla semisomma e cioè la media tra il credito rivalutato alla data della liquidazione e lo stesso credito espresso in moneta all’epoca dell’illecito, ovvero - per l’identità di risultato - sul credito espresso in moneta all’epoca del fatto e poi rivalutato anno per anno. Tali interessi si producono dalla data in cui si è verificato il danno coincidente, per il danno biologico permanente, con quella del consolidamento dei postumi fino a quella della liquidazione e, successivamente, sull’importo costituito dalla sommatoria di capitale e danno da mora, ormai trasformato in obbligazione di valuta, maturano interessi al saggio legale, ai sensi dell’art. 1282, primo comma, cod. civ. Per completezza, va puntualizzato che in caso di percezione di acconti, occorre compiere delle operazioni di calcolo aggiuntive secondo i criteri fissati, tra le altre, da Cass. numero 9950 del 2017, Cass. numero 24539 del 2016, Cass. numero 6347 del 2014 la cui massima così recita Qualora, prima della liquidazione definitiva del danno da fatto illecito, il responsabile versi un acconto al danneggiato, tale pagamento va sottratto dal credito risarcitorio attraverso un’operazione che consiste, preliminarmente, nel rendere omogenei entrambi devalutandoli, alla data dell’illecito ovvero rivalutandoli alla data della liquidazione , per poi detrarre l’acconto dal credito e, infine, calcolando, gli interessi compensativi finalizzati a risarcire il danno da ritardato adempimento - sull’intero capitale, per il periodo che va dalla data dell’illecito al pagamento dell’acconto, solo sulla somma che residua dopo la detrazione dell’acconto rivalutato, per il periodo che va dal suo pagamento fino alla liquidazione definitiva . La sentenza impugnata non si è attenuta ai criteri sopra enunciati laddove, nel calcolare l’intero indennizzo dovuto, invece di sommare al debito capitale calcolato secondo i criteri contrattualmente previsti gli interessi sulla somma via via rivalutata, o comunque l’importo dovuto per liquidare ai valori attuali l’importo secondo uno dei criteri alternativamente indicati, ha devalutato lo stesso debito capitale calcolato secondo i criteri contrattuali - in tal modo indebitamente riducendolo - per poi sommare a tale importo ridotto gli interessi sulla somma rivalutata di anno in anno. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione di tutte le regole sulla interpretazione del contratto, laddove la sentenza impugnata ha escluso come si è detto la risarcibilità della somme spese per prestazioni fisioterapiche private. Sostiene che la previsione contrattuale consentirebbe il rimborso delle spese mediche sostenute per terapie fisiche anche specialistiche, e che tale formula non consentirebbe di escludere le prestazioni fisioterapiche. Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 primo comma numero 6 c.p.c La ricorrente non riporta né richiama specificamente il passo della sentenza che si assume avrebbe violato le norme sull’interpretazione del contratto, e soprattutto non riporta né produce il contratto né riproduce la clausola alla quale fanno riferimento sia la sentenza impugnata che il ricorso. La sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, con rinvio alla Corte di Catanzaro in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione, attenendosi ai principi di diritto sopra enunciati. P.Q.M. accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.