Non sussiste responsabilità in capo all'autista che colpisce un'auto solo perché a sua volta colpito

Va escluso il nesso eziologico allorquando l'urto sia stato provocato in via esclusiva dall'autovettura di un terzo.

Così la III sezione Civile della Cassazione nell’ordinanza n. 22813/17, depositata il 29 settembre 2017. Il fatto. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello avevano respinto la domanda di risarcimento del danno proposta da un danneggiato in un sinistro che aveva visto coinvolti tre mezzi. In particolare, un terzo soggetto, rimasto estraneo al giudizio per motivi che non è dato sapere dalla lettura della sentenza della Cassazione , aveva colpito un auto che, a causa del violento urto, aveva oltrepassato la propria corsia di marcia e investito l'auto del ricorrente. Per il Tribunale la domanda andava rigettata sulla base della considerazione che non era possibile attribuire al danneggiante la causalità materiale del sinistro in quanto lo sbandamento e il conseguente urto con l'auto del danneggiato erano stati provocati esclusivamente dalla manovra, temporalmente antecedente, del terzo. La Corte d'Appello, nel confermare la sentenza di primo grado, ha applicato il criterio della causalità adeguata” o del più probabile che non”, in base ad una valutazione prognostica con valutazione ex ante . Ciò facendo, ha ritenuto che il secondo impatto non potesse ritenersi conseguenza normale della condotta di guida dell'autista, bensì dovesse essere eziologicamente attribuito al primo urto, da intendersi quale unica causa dell'urto successivo e quindi dei danni conseguenti . Si è quindi giunti davanti alla III sezione. Non basta la causalità materiale. Nel solco dei due gradi precedenti anche la Cassazione ha negato il risarcimento, ricordando il precedente stabilito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 576/08, che hanno distinto la responsabilità strutturale o materiale da quella giuridica che collega l'evento al danno. Nel caso di specie è evidente, per usare le parole della III sezione, che non è stata raggiunta la prova della causalità adeguata ed indipendente della condotta tenuta dal conducente dell'auto che ha colpito il danneggiato, mentre si è dimostrato lo stretto collegamento tra il primo incidente e il successivo. Non è invece possibile, per la Cassazione, affermare che vi sarebbe stato comunque il secondo urto, laddove fosse mancato il primo. Nemmeno, come richiesto dalla difesa del ricorrente, è possibile applicare la presunzione di pari responsabilità prevista dall'art. 2054, comma 2, c.c., dal momento che, anzitutto, tale presunzione opera solo in via sussidiaria ed inoltre è sempre superabile con la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ed inoltre può operare solo nei rapporti tra conducenti dei veicoli entrati in collisione, e non anche quando siano coinvolti altri veicoli così Cass. n. 61/1991 . E' stata esclusa anche l'applicabilità al caso di specie dell'art. 2055 c.c. in tema di corresponsabili, dato che tale norma presuppone necessariamente che le singole azioni ancorché distinte, abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del medesimo evento di danno , mentre ciò è stato escluso nel caso in esame.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 23 marzo – 29 settembre 2017, n. 22813 Presidente Travaglino – Relatore Moscarini Fatti di causa Ga.Do. convenne dinanzi il Tribunale di Bari il sig. V. e la RAS Assicurazioni, premettendo di aver subito un incidente a causa dell’autovettura Alfa Romeo di proprietà del V. che, a seguito del sinistro, erano risultate la distruzione del proprio mezzo e gravissime lesioni personali che in conseguenza del sinistro era stato sottoposto ad intervento chirurgico ed aveva ottenuto l’accertamento del danno biologico per complessivi Euro 104.692,05, di cui chiedeva il risarcimento. Il V., costituendosi in giudizio, rappresentò che il sinistro si era verificato a causa del comportamento di un soggetto terzo, il sig. L.G. , il quale, violando il codice della strada, aveva urtato in modo violento l’auto del V. che aveva, a sua volta, sbandato, oltrepassato la propria corsia di marcia e investito la Panda del Ga. . Il Tribunale di Bari rigettò la domanda di risarcimento del danno in base alla preminente ratio decidendi che impediva di attribuire al V. la causalità materiale del sinistro in quanto lo sbandamento, il capottamento, l’invasione della corsia opposta di marcia e l’urto con l’auto del Ga. erano stati provocati dall’autovettura di un terzo. Il Tribunale escluse, pertanto, il nesso eziologico strutturale e materiale tra l’impatto subito dal Ga. e la condotta di guida del convenuto. In appello il Ga. ripropose le proprie tesi criticando la sentenza sul punto relativo all’assenza del nesso eziologico materiale o strutturale. Il Giudice ha confermato la sentenza di primo grado ribadendo che, nell’ambito della responsabilità aquiliana, alla causalità materiale o strutturale è assegnato il compito di individuare il soggetto che ha commesso l’illecito sicché il solo impatto dell’auto del V. contro quella del Ga. , atomisticamente considerato, non poteva dirsi fondare una responsabilità materiale, se non facendo riferimento all’intera dinamica del sinistro che aveva coinvolto più autoveicoli. Il giudice ha applicato gli artt. 41 1 e 2 co. c.p. che, in presenza di una molteplicità di cause, antecedenti, contemporanee o sopravvenute, consentono, tuttavia, di individuare se fra tutte le serie causali, ve ne sia una da sola idonea alla causazione del sinistro, interpretando questa sola quale causa del sinistro. Il giudice ha applicato, nel caso in esame, il criterio della causalità adeguata e del più probabile che non in base ad una valutazione prognostica con valutazione ex ante. In altri termini, ha ritenuto il giudice d’appello, l’impatto dell’auto del V. contro quella del Ga. non poteva ritenersi conseguenza normale della condotta di guida del primo. Escluso pertanto il rapporto di causalità, la Corte d’appello ha rigettato il gravame. Sull’appello incidentale del V. , con il quale la sentenza di primo grado era censurata nella parte in cui, nonostante la sollecitazione al Tribunale a chiamare in causa jussu iudicis sia il soggetto terzo sia l’assicurazione, lo stesso aveva omesso di pronunciare sul punto, la Corte d’appello lo ha rigettato in quanto il V. non aveva chiesto la chiamata in causa del proprio assicuratore con una domanda diretta ma si era limitato a sollecitare il giudice in tal senso, non potendo poi dolersi del mancato esercizio, da parte dello stesso giudice, della facoltà discrezionale di esercitare o meno la chiamata del terzo. La Corte d’appello ha accolto invece il motivo di appello incidentale del V. relativo al regolamento delle spese processuali nel primo grado del giudizio, avendo il Tribunale illegittimamente addebitato le spese alla parte totalmente vittoriosa. Avverso la sentenza il Ga. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Ragioni della decisione Con il primo motivo denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 2054 c.c. - in relazione all’art. 41 c.p. e 2055 c.c. Censura la motivazione dell’impugnata sentenza in punto di valutazione del nesso causale tra il fatto e il danno. Richiamando la giurisprudenza a Sezioni Unite di questa Corte, sulla quale si era basata la sentenza impugnata, viene censurata la stessa nella parte in cui, nel negare la causalità materiale tra il comportamento del V. e il danno arrecato al Ga. , avrebbe escluso qualunque imputabilità del fatto al V. , in spregio degli artt. 40 e 41 c.p. che trovano applicazione anche nel campo civile. Sulla base di tutti i principi ribaditi da questa Corte con la sentenza Cass., U. n. 576 dell’11.01.2008 in tema di causalità, la Corte d’appello avrebbe dovuto concludere nel senso che la causa diretta del sinistro fosse esclusivamente l’impatto con il mezzo del V. sicché, se tale impatto non fosse avvenuto, l’autovettura del Ga. avrebbe continuato a percorrere tranquillamente la propria corsia, indipendentemente da quanto accadeva nella corsia opposta. Vi sarebbero elementi di fatto relativi all’incongruità della velocità tenuta dal V. , sicché tale elemento avrebbe certamente influito in modo diretto e prevalente se non esclusivo sul danno arrecato al Ga. . In base all’art. 2055 c.c. coloro i quali hanno provocato un danno se il fatto dannoso è imputabile a più persone, esse sono tutte obbligate in solido al risarcimento del danno e il fatto che il danneggiato si sia rivolto in giudizio contro uno solo degli autori del fatto dannoso non comporta la rinuncia alla solidarietà. Sulla base di questi presupposti la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare l’art. 2055 c.c. che mira, non ad alleviare la responsabilità dei concorrenti nella produzione del danno, ma a rafforzare la garanzia del danneggiato, consentendogli di rivolgersi, per l’intero risarcimento, a ciascuno dei soggetti responsabili senza doverli perseguire pro-quota. Il motivo è infondato. La giurisprudenza di questa Corte, U. n. 576/2008 ha distinto la responsabilità strutturale o materiale da quella giuridica che collega l’evento al danno in applicazione di tale sentenza la Corte d’appello ha escluso il coinvolgimento del V. nella responsabilità materiale o strutturale dell’evento. È infatti evidente che non è stata raggiunta la prova della causalità adeguata ed indipendente del V. nella produzione del danno, ma piuttosto lo stretto collegamento tra il primo incidente, subito dal V. e lo sconfinamento di quest’ultimo nella mezzeria di percorrenza del Ga. . In base agli artt. 40 e 41 c.p. un evento è causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo. Nel caso di specie non può ritenersi che il V. avrebbe comunque invaso la mezzeria, provocando l’incidente con il Ga. se non avesse a sua volta subito l’incidente con il terzo danneggiante né può applicarsi la presunzione di cui all’art. 2054 co. 2 c.c. della pari responsabilità dei veicoli nella produzione del danno in quanto, a parte la sussidiarietà di tale presunzione, che è sempre superabile con la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, la presunzione di eguale concorso opera solo nei rapporti tra conducenti dei veicoli entrati in collisione, restando invece esclusa nei rapporti tra i conducenti di altri veicoli Cass., 3, 07/1/1991 n. 61 . Peraltro la giurisprudenza di questa Corte ha altresì escluso la presunzione dell’eguale concorso di colpa di ciascun conducente nello scontro tra veicoli qualora l’incidente stradale si verifichi in due fasi, con un primo impatto tra due veicoli e con una seconda collisione fra uno di essi, distaccatosi dall’altro a seguito di sbandamento con un terzo veicolo, a carico del proprietario dell’ultimo veicolo. Né può ritenersi pertinente la giurisprudenza relativa all’unicità del fatto dannoso richiesto dall’art. 2055 c.c. ai fini della configurabilità della solidarietà tra i diversi autori dell’illecito, perché la stessa presuppone che le singole azioni, ancorché distinte, abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del medesimo evento di danno, il che, nel caso di specie deve essere escluso Cass., 3, 12/3/2010 n. 6041 Cass, 3, 24/9/2015 n. 18899 Cass. 3, 25/9/2014 n. 20192 . Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2054, 2 co. c.c. Omissione e travisamento di fatti in relazione a punti decisivi delle controversia. La Corte d’appello avrebbe errato nel non considerare che il V. non aveva fornito alcuna prova che potesse escludere il concorso ex art. 2050 2 co. c.c., non avendo lo stesso dimostrato di aver adottato ogni accorgimento per evitare il sinistro. Il V. avrebbe dovuto dimostrare che l’incidente fosse stato causato esclusivamente dalla condotta di guida del terzo. Tra gli elementi di prova vi era la sentenza del Giudice di Pace di Bitonto, intervenuta nel giudizio tra il V. e il terzo, in cui quest’ultimo era stato riconosciuto responsabile dei danni subiti dall’autovettura del V. . Ciò tuttavia non poteva far ritenere superata la presunzione di colpa concorrente del V. . In sintesi il ricorrente afferma che l’infrazione anche grave come l’inosservanza del diritto di precedenza, commessa da uno dei conducenti, non avrebbe dovuto dispensare il giudice dal verificare anche il comportamento dell’altro conducente al fine di stabilire se, in rapporto alla situazione di fatto accertata, vi fosse stato o meno, un concorso di colpa nella determinazione dell’evento dannoso subito dal Ga. . Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte la pretesa violazione dell’art. 2054 2 co. c.c. non sussiste, in quanto esso ha funzione meramente sussidiaria, operando solo nel caso in cui non sono accertabili, mediante indagini specifiche sulle concrete modalità del sinistro, le singole responsabilità. In altri termini la presunzione rileva quando non sia possibile accertare l’incidenza delle singole colpe nella causazione dell’evento e non è possibile stabilire la proporzione tra le colpe concorrenti dei conducenti. Nel caso di specie la Corte d’appello di Bari ha escluso qualunque incertezza sulle modalità del fatto e sulle eventuali colpe dei protagonisti della vicenda ha ritenuto, invece, che l’evento era riconducibile, unicamente, alla condotta di un terzo automobilista. Da ciò consegue anche l’infondatezza del secondo motivo di ricorso. Con il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. ingiusta condanna alle spese. In coerenza con le prime due censure il ricorrente chiede la riforma dell’impugnata sentenza anche in ordine alle statuizioni sulle spese, con annullamento della condanna inflitta al Ga. . Il motivo è infondato in quanto la statuizione sulle spese è consequenziale alla soccombenza. Conclusivamente il ricorso merita di essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese. Si dispone invece il raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Dà atto, ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.