Furto di mezzi aziendali, l’azienda risarcisce il vicino per i danni causati dai ladri

La Corte è chiamata a valutare se il proprietario dei macchinari rubati aveva adempiuto alle cautele necessarie per evitare il danno subito dal proprietario di una abitazione vicina all’azienda durante il furto dei mezzi aziendali.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 22449, depositata il 27 settembre. La vicenda. A seguito di un furto di mezzi meccanici, il Giudice di Pace rigettava la domanda di risarcimento danno, posta dall’attore, nei confronti dell’impresa proprietaria dei mezzi rubati. L’attore aveva citato in giudizio l’azienda, in quanto, durante il furto, i ladri avevano invaso la sua proprietà, vicina a quella dell’ impresa convenuta, danneggiando la cancellata e il muro di recinzione. Il Tribunale, adito come giudice di secondo grado, accoglieva il ricorso posto in essere dal vicino appellante, condannando l’azienda al risarcimento dei danni causati dal furto. Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione l’azienda medesima. Responsabilità dell’impresa derubata. La ricorrente lamenta in Cassazione erroneità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. Infatti, secondo l’impresa derubata, il Giudice di merito non ha tenuto in considerazione la circostanza che i mezzi, asportati da ignoti, erano debitamente custoditi all’interno di un piazzale ben recintato e sorvegliato da apposita vigilanza. La S.C. ha osservato che il Tribunale si è attenuto alla costante giurisprudenza di legittimità nell’applicazione dell’art. 2054, comma 3, c.c. relativo alla circolazione di veicoli , secondo cui, non è sufficiente la mancanza del consenso del proprietario del veicolo per vincere la responsabilità dello stesso per danni ai terzi cagionati dalla sua circolazione. Infatti, deve valutarsi la volontà contraria alla circolazione attraverso il comportamento ostativo posto dal proprietario che dimostri la sua diligenza e l’adozione delle cautele necessarie per impedire la circolazione del veicolo. La Corte ha ritenuto incensurabile, in sede di legittimità, tale valutazione di merito, in quanto la società ricorrente, nel richiedere la rivalutazione delle risultanze probatorie e della rilevanza ad esse attribuita dal giudice di merito, non ha rispettato il requisito della decisività. La S.C. ha inoltre affermato che il carattere della decisività è ritenuto necessario per denunciare in Cassazione il vizio, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti introdotto dal nuovo art. 360, n. 5, c.c La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 dicembre 2016 – 27 settembre 2017, n. 22449 Presidente Chiarini – Relatore Armano Fatti del processo P.G. ha citato in giudizio davanti al Giudice di pace di Rutigliano l’impresa D.N. & amp C s.a.s. per sentirla condannare al risarcimento del danno subito in conseguenza del furto di mezzi meccanici, di proprietà della impresa D. , perpetrato da ignoti presso l’opificio della ditta D.C. & amp figli nella notte fra il omissis . Precisava il P. che i ladri, al fine di caricare i mezzi su un autocarro, avevano condotto le macchine industriali attraverso i campi, sino al fondo di sua proprietà, dove avevano divelto la cancellata e il muro di recinzione. Si è costituita l’impresa D.N. eccependo il difetto di legittimazione passiva e, nel merito, l’infondatezza della domanda stante l’adozione da parte del proprietario di tutte le cautele idonee ad evitare il danno, quali il deposito del mezzo, privo di chiavi di accensione, la collocazione all’interno di un parcheggio recintato e sottoposto vigilanza dalle 18 alle 8. Il giudice di pace ha rigettato la domanda. Il Tribunale di Bari, quale giudice di appello, con sentenza depositata il 6 febbraio 2014, a modifica della decisione di primo grado a seguito di impugnazione proposta da P.G. , ha accolto la domanda di risarcimento dei danni condannando l’impresa D.N. al pagamento della somma di Euro 2.582,28 oltre accessori e spese processuali. Avverso questa decisione propone ricorso con due motivi l’impresa D.N. & amp c. e presenta memoria. Resiste con controricorso P.G. . Ragioni della decisione 1. Il Tribunale ha valutato la fattispecie in oggetto alla luce dell’articolo 2054 3 comma c.c. che esonera il proprietario del veicolo dalla responsabilità per i danni arrecati allorché egli provi che la circolazione dello stesso è avvenuta contro la sua volontà ha affermato che, secondo costante giurisprudenza di legittimità, non è sufficiente per il proprietario provare che la circolazione è avvenuta senza il suo consenso, ma occorre provare che essa è avvenuta contro la sua volontà, ossia egli deve provare un concreto e idoneo comportamento specificatamente inteso a vietare ed impedire la circolazione mediante l’adozione di cautele tali che la sua volontà non possa essere superata ha ritenuto che la impresa D. non aveva adottato tutte le cautele idonee e normalmente esigibili per scongiurare il furto, in quanto aveva lasciato il proprio mezzo sì in un cortile recintato, ma privo di sistema di allarme, necessario in considerazione del luogo isolato né sui mezzi erano stati montati sistemi di antifurto o di blocco che non era sufficiente la prova di aver stipulato un contratto di vigilanza, poiché la relativa prestazione era limitata ad alcune ore della giornata. pag. 4 sent. . 2.Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio oggetto di disamina tra le parti. Secondo la impresa ricorrente il giudice d’appello ha omesso ogni valutazione critica in ordine all’eccezione di inammissibilità del gravame per genericità dei motivi. La ricorrente lamenta anche l’omessa motivazione sull’eccepita infondatezza della domanda di risarcimento del danno, assumendo che con separato motivo di appello aveva evidenziato che il danno lamentato era basato soltanto su una perizia di parte priva di valenza probatoria. 3. Il motivo è infondato. Come si rileva dalla lettura del motivo di impugnazione formulato dal P. , riportato nel suo ricorso dalla stessa impresa D. e riprodotto dal giudice di appello nella sentenza qui impugnata, il Tribunale ha provveduto sullo stesso accogliendolo, in tal modo rigettando implicitamente l’eccezione di inammissibilità. 4. Il profilo della censura con cui si denunzia vizio di motivazione in ordine all’accoglimento della domanda di risarcimento del danno è inammissibile. La sentenza impugnata, nello svolgimento del processo, afferma che la contestazione da parte della convenuta della fondatezza della domanda era limitata all’ an . La società ricorrente avrebbe dovuto fornire la prova della tempestiva contestazione della somma richiesta dal danneggiato, suffragata dalla C.T.P., mediante trascrizione della comparsa di costituzione nel giudizio di primo e secondo grado. Invece la società D. afferma di aver eccepito l’infondatezza della domanda di risarcimento del danno con separato motivo di appello, circostanza non congruente con la sua posizione di appellata nel giudizio di secondo grado, non risultando dalla sentenza impugnata la proposizione di un appello incidentale. 5. Con il secondo motivo si denunzia violazione falsa applicazione dell’articolo 2054 cc, error in iudicando , erroneità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. Secondo la ricorrente il giudice d’appello non ha tenuto in debita considerazione la circostanza che i mezzi asportati da ignoti erano debitamente custoditi e sprovvisti di chiavi di avviamento, che si trovavano all’interno di un piazzale ben recintato da cancelli a chiusura automatica. Inoltre il giudice d’appello, pur prendendo atto della sussistenza di un contratto di vigilanza che assicurava giornalmente il servizio dalle 18 alle 8 del mattino, si era espresso nel senso di ritenere non sufficiente la prova da parte della convenuta della presenza di una vigilanza, perché la relativa prestazione era limitata ad alcune ore della giornata. Sostiene la ricorrente che invece il furto si era verificato nella fascia oraria in cui era garantita la prestazione di pronto intervento e di vigilanza armata, secondo quanto accertato dal giudice di Pace in primo grado, e non contestato in appello. 6. Il motivo è infondato. La censura di violazione di legge è infondata in quanto il Tribunale si è attenuto alla costante giurisprudenza di legittimità nell’applicazione dell’articolo 2054 3 comma c.c Infatti questa Corte ha affermato che non è sufficiente, a vincere la presunzione di responsabilità del proprietario del veicolo per i danni cagionati dalla circolazione, la circostanza che questa sia avvenuta senza il suo consenso invito domino , essendo, invece, necessario che essa abbia avuto luogo contro la sua volontà prohibente domino , il che postula una volontà contraria, che si manifesti in un concreto ed idoneo comportamento ostativo, specificamente rivolto a vietare la circolazione comportamento consistente in atti e fatti che rivelino la diligenza e le cautele usate affinché la volontà del proprietario non resti frustrata. Tale diligenza deve essere, peraltro, valutata caso per caso e l’accertamento della sufficienza dei mezzi adottati, per impedire la circolazione del veicolo, implica una valutazione di merito incensurabile in sede di legittimità nei limiti di una corretta ed adeguata motivazione. Cass. sentenza n. 3299 del 13/10/1975 Cass. sentenza n. 4945 del 1979 . 7. Il Tribunale ha ritenuto, con accertamento di fatto non adeguatamente censurato, che l’aver lasciato in sosta i mezzi con le portiere chiuse in un cortile recintato, non integrava il requisito dell’adozione di cautele idonee, normalmente esigibili nel suddetto contesto per scongiurare il furto. Il Tribunale ha evidenziato che il cortile era privo di un sistema di allarme, che sarebbe stato necessario in considerazione del luogo isolato, e che sui mezzi non era montato un sistema di allarme o di blocco di ruote, valutato ininfluente, in ordine alla diligenza adottata dal proprietario, l’esistenza di un sistema di vigilanza dei mezzi in quanto non continuativo e non funzionante di giorno . 8. Si ricorda che in virtù della data di pubblicazione della sentenza si applica l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, che introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia . Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività , fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014. 9. La società ricorrente richiede nella sostanza un’inammissibile rivalutazione delle risultanze probatorie e della rilevanza ad esse attribuita dal giudice di merito, senza individuare il requisito della decisività come richiesto dal nuovo art. 360 n. 5 c.p.c In ordine al sistema di vigilanza, risulta accertato dal giudice di pace che il furto si è verificato di notte, e tale circostanza non è stata impugnata. L’errore su tale circostanza da parte del giudice di appello non è decisivo, avendo chiesto con notificazione non censurabile, che, il luogo isolato del parcheggio, privo del sistema di allarme ancorché recintato, rendeva esigibile dal proprietario, indipendentemente dalla vigilanza, comunque l’adozione di ulteriori misure di protezione dei mezzi, al di là della chiusura della portiere e del cortile recintato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso a condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 1.500,00 oltre Euro 200,00 per esborsi,oltre accessori e spese generali come per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.