I danni da sequestro e da vendita forzata sono diversi, come gli effetti di rinuncia e prescrizione

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno sorge al manifestarsi del danno, divenendo oggettivamente percepibile il danno e la sua ingiustizia, e non dalla produzione del danno medesimo. Il giudicato sostanziale si forma sulla domanda anche in caso di reiezione implicita o di assorbimento della questione nella decisione di altra domanda.

Tale in sintesi il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 17448, depositata il 14 luglio 2017, qui in commento. Il caso. Una società, ricorrente nel giudizio in esame, acquistava nel 1990 un'imbarcazione turistica effettuandovi successivamente interventi di restauro e ripristino prima della trascrizione dell'acquisto presso l'Ufficio Circondariale Marittimo veniva trascritto un sequestro conservativo nel registro delle navi da diporto da parte di un creditore del venditore dell'imbarcazione sequestro che impediva al ricorrente di vendere a possibili acquirenti il bene. Seguiva il giudizio di convalida del sequestro, attivato dal medesimo creditore – nel quale la società ricorrente interveniva per chiedere che fosse accertata l'inefficacia del detto sequestro nonché il risarcimento del danno a carico dello stesso creditore sequestrante. Detta domanda aveva fortuna solo in terzo grado dove la Corte di Cassazione cassava con rinvio la sentenza di appello che aveva confermato la sentenza di primo grado . Con la successiva riassunzione la società chiedeva dunque il rigetto della domanda di convalida del sequestro e la condanna del sequestrante al risarcimento dei danni. Seguiva, da parte della Corte d'Appello, la declaratoria di inefficacia della trascrizione, ma ex art. 394 c.p.c. il rigetto della domanda di risarcimento dei danni perché proposta in primo grado, ma non riproposta in appello. La società allora attivava un nuovo giudizio per chiedere che fosse dichiarata l'inefficacia della esecuzione forzata che, con la precedente convalida del sequestro, aveva condotto alla vendita del bene, nonché al risarcimento del danno. La domanda veniva rigettata in accoglimento dell'eccezione di prescrizione del diritto, sollevata dal convenuto. Il successivo appello della società veniva rigettato. La motivazione di rigetto spiegava che la mancata riproposizione in appello della domanda di risarcimento posta con l'intervento nel procedimento di convalida di sequestro – riguardanti le conseguenze derivanti dalla misura cautelare del sequestro e non i danni per l'evizione, all'epoca non ancora verificatasi - aveva significato l'abbandono della detta pretesa che infatti era stata dichiarata inammissibile in sede di riassunzione , su cui si era formato giudicato con la declaratoria di efficacia del sequestro non era quindi possibile la riproposizione della domanda. Domanda di risarcimento? Con il giudizio di cognizione poi, proseguiva la Corte, si era avanzata domanda di risarcimento per 4 voci di danno, di cui 3 – riguardanti l'evizione, mai proposte, erano oramai prescritte, in quanto l'evizione era risalente al 1997, anno della vendita forzata seguita al sequestro – né poteva ritenersi compiuta l'interruzione della prescrizione con la domanda posta con l'intervento nel primo giudizio, atteso che si trattava di diritti diversi. La quarta voce di danno, invece, già proposta in primo grado nell'intervento, ma non riproposta dopo, era a sua volta coperta da giudicato a seguito della rinuncia in appello. In ogni caso, la domanda, ove ritenuta ammissibile perché non proposta in primo grado, doveva ritenersi prescritta trattavasi di spese per fermo e rimessaggio” che erano sicuramente cessate con la vendita forzata, nel 1997. Né, peraltro, poteva ritenersi, proseguiva la Corte, che la sospensione della prescrizione fosse durata fino al termine del giudizio, ai sensi del combinato disposto dell'art. 2943, comma 2 secondo cui la prescrizione è interrotta anche dalla domanda posta nel corso del giudizio e dell'art. 2945, comma2, secondo cui, nel caso ex art. 2943 l'interruzione corre fino al passaggio in giudicato della sentenza l'effetto interruttivo non solo non poteva ritenersi applicato a domande diverse tra loro, ma era stato comunque istantaneo. Il ricorso si fonda su 5 motivi noi qui esaminiamo il secondo ed il quinto, che sono quelli al momento che sugli altri sono dichiarati inammissibili dalla Corte. La prescrizione da fatto illecito decorre dalla manifestazione e non dalla produzione del danno. Con il primo si contesta il momento a partire dal quale era cominciata a decorrere la prescrizione non dalla vendita forzata, ma dal passaggio in giudicato della declaratoria di illegittimità del sequestro. Il motivo attiene dunque alla violazione dell'art. 2935 c.c. secondo cui La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere” e alla errata applicazione dell'art. 2947 c.c. secondo cui, per quanto qui interessa, Il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato” . Il motivo viene ritenuto infondato dal Corte, che si richiama al principio consolidato” con la menzione di numerosi precedenti giurisprudenziali secondo cui – ai sensi degli articoli citati la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito – e non dell'azione di evizione della vendita, che qui non interessa – inizia a correre non dal momento in cui il terzo determina il danno all'altrui diritto, bensì dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all'esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile come tale, ossia anche con il carattere dell'ingiustizia . Nella fattispecie, dunque, l'evento lesivo nonché ingiusto, e le sue conseguenze, si erano manifestate con la vendita forzata del 1997, che aveva prodotto sia il trasferimento coattivo che la percezione dell'ingiustizia dello stesso. D'altro canto, la pendenza del giudizio per l'accertamento della illegittimità e inefficacia del sequestro non sarebbe stata di ostacolo alla proposizione della domanda di risarcimento il diritto al risarcimento essendo già sorto , per cui al più vi sarebbe stata una sospensione necessaria o facoltativa per pregiudizialità, del giudizio risarcitorio anche sul punto vi è richiamo a numerosi precedenti giurisprudenziali . Giudicato sostanziale e non processuale. Infine con il quinto motivo la corte d'appello avrebbe errato nel ritenere formatosi il giudicato - per rinuncia - su un domanda su cui il giudice non si era pronunziato, così da determinare solo una preclusione processuale sulla pretesa, che ben poteva essere azionata in un separato giudizio . Il motivo è dichiarato inammissibile la corte sul punto si era espressa affermando che il giudicato si era formato con la dichiarazione di efficacia del sequestro. Tale risposta, prosegue la sentenza in commento, ben si concilia con il principio già affermato in giurisprudenza secondo cui la rinuncia può avere valenza solo processuale, e non anche sostanziale, solo se la sentenza non respinga implicitamente, nè vi sia assorbimento della questione nella decisione di altra domanda. Il ricorso è dunque rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 4 maggio – 14 luglio 2017, n. 17448 Presidente Di Amato – Relatore Vincenti Fatto e diritto RILEVATO CHE 1. - In data 28 febbraio 1990 la AL.MAR. - Allestimenti Marini s.r.l. acquistò da S.P. un’imbarcazione turistica, in seguito sottoposta a lavori di restauro e ripristino, per una spesa di Lire 80.000.000. Prima della trascrizione dell’atto di acquisto dell’imbarcazione presso l’Ufficio Circondariale Marittimo di Santa Margherita Ligure venne trascritto il sequestro conservativo dello stesso bene nel registro nelle navi da diporto in favore di D.R.A. , creditore nei confronti dell’alienante, impedendo così all’acquirente AL.MAR. s.r.l. la vendita dell’imbarcazione a possibili acquirenti. 1.1. - Con atto di intervento in data 11 febbraio 1991, la medesima società intervenne nel giudizio instaurato dal D.R. contro lo S. per la convalida del sequestro conservativo anzidetto, chiedendo al Tribunale di Chiavari di accertarne l’inefficacia e di condannare D.R.A. al risarcimento dei danni arrecati alla AL.MAR 1.2. - Il Tribunale, con sentenza n. 163/1993, convalidò detta misura e la Corte d’Appello di Genova, con sentenza n. 1249/1995, respinse il gravame interposto dalla AL.MAR s.r.l. avverso la pronuncia di primo grado. 1.3. - La sentenza di appello fu cassata con rinvio da questa Corte, con sentenza n. 5096/1999, e con atto notificato il 7 settembre 1999 la AL.MAR. s.r.l. riassunse il giudizio chiedendo la reiezione della domanda di convalida del sequestro conservativo e la condanna del D.R. al risarcimento dei danni. 1.4. - La Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 25 settembre 2002, dichiarò inefficace la trascrizione del provvedimento di convalida del sequestro e inammissibile, ex art. 394 cod. proc. civ., la richiesta di risarcimento del danno, perché proposta in primo grado, ma non riproposta in appello. 2. - A seguito di tale decisione, la AL.MAR. - Allestimenti Marini s.r.l., con atto di citazione notificato il 10 marzo 2007, convenne nuovamente in giudizio D.R.A. , chiedendo la declaratoria di illegittimità dell’esecuzione forzata intrapresa dal convenuto in base al sequestro trasformatosi in pignoramento dopo la prima sentenza della Corte di appello di Genova e portata a termine con la vendita ai pubblici incanti dell’imbarcazione, nonché la condanna al risarcimento dei danni, quantificati in euro 94.505,15. Si costituiva in giudizio l’attuale controricorrente eccependo, preliminarmente, la prescrizione del diritto azionato e contestando nel merito la domanda. L’adito Tribunale di Chiavari, con sentenza del febbraio 2008, in accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto D.R. , dichiarava inammissibili le domande proposte da parte attrice. 3. - Il gravame interposto avverso tale decisione dalla società soccombente veniva rigettato dalla Corte d’Appello di Genova con sentenza resa pubblica l’8 marzo 2013. 3.1. - La Corte territoriale osservava, anzitutto, che la AL.MAR s.r.l., con l’originario atto di intervento del 1991, aveva avanzato domanda di danni relativi alla mancata vendita dell’imbarcazione gravata da trascrizione pregiudizievole e alle inutili spese di sosta, evitabili con la mancata vendita , ossia i danni derivanti dalla misura cautelare del sequestro conservativo, concernenti la momentanea indisponibilità del bene sequestrato , e non già i danni per l’evizione dell’imbarcazione, che all’epoca non si era ancora concretizzato. Ciò precisato, il giudice di appello riteneva, quindi, che la mancata riproposizione di detta domanda risarcitoria con l’atto di appello aveva comportato l’abbandono delle relative pretese, tanto da venir dichiarata inammissibile in sede di riassunzione, ma con effetti di giudicato sostanziale poiché in primo grado vi era stata una reiezione implicita della domanda in conseguenza della ritenuta efficacia del sequestro , così da precluderne la riproposizione. 3.2. - La Corte territoriale osservava, poi, che la domanda risarcitoria relativa al giudizio oggetto di cognizione recava quattro voci di danno a per costo imbarcazione b per trasferimento imbarcazione c per lavori eseguiti d per sosta e rimessaggio , di cui le prime tre ammissibili in quanto relativi a diritti mai in precedenza evocati , ma prescritte alla data di introduzione del giudizio 10 marzo 2007 , poiché riguardanti danni patiti con l’evizione dell’imbarcazione e la sua aggiudicazione all’esito di vendita forzata, da collocarsi alla data del 21 giugno 1997 dunque pregiudizi non precedentemente evocati, tanto da non poter la domanda risarcitoria originaria esplicare alcun effetto interruttivo, per essere i diritti azionati tra loro diversi. 3.3. - Quanto poi alla quarta voce di danno, ossia alla domanda risarcitoria per sosta e rimessaggio dell’imbarcazione, il giudice di secondo grado la riteneva inammissibile perché originariamente proposta essendo il primo atto di citazione rivolto anche ai danni futuri e successivi maturati in corso di causa e, dunque, coperta da giudicato a seguito della rinuncia per mancata riproposizione nel primo giudizio di appello. 3.3.1. - In ogni caso, la Corte territoriale osservava, ad abundantiam , che ove si fosse inteso ritenere anche detta domanda ammissibile per non essere stata formulata nel primitivo giudizio di convalida del sequestro , era da rigettare per prescrizione al pari delle altre voci di danno, non potendo il pregiudizio per le spese per fermo e rimessaggio che essersi verificato sino alla subastazione della imbarcazione 21.6.1997 , con conseguente prescrizione al 21.6.2002 . Né - soggiungeva il giudice di appello - poteva valere il protrarsi dell’effetto interruttivo ai sensi del combinato disposto degli artt. 2943, secondo comma, e 2945, secondo comma, cod. civ. in ragione della proposizione dell’originaria domanda risarcitoria con comparsa di intervento in data 22 febbraio 1991, giacché non solo vi era alterità fra prima e seconda domanda risarcitoria , tale da escludere che il predetto effetto interruttivo concernesse anche le domande risarcitorie svolte nel presente giudizio , ma, inoltre, l’abbandono delle domande risarcitorie di cui al primigenio atto di citazione aveva determinato il venir meno della protrazione dell’effetto interruttivo della prescrizione , comportando invece solo un effetto puramente istantaneo . 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre la AL.MAR. Allestimenti Marini s.r.l., affidando le sorti dell’impugnazione a cinque motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso D.R.A. . CONSIDERATO CHE 1. - Con il primo mezzo è denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2935 cod. civ. e la errata applicazione dell’art. 2947 cod. civ La Corte territoriale avrebbe errato nell’affermare che la prescrizione del diritto del ricorrente al risarcimento dei danni iniziasse a decorre dalla vendita dell’imbarcazione, in data 21 giugno 1997, mentre tale prescrizione non poteva che decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza che aveva accertato l’illegittimità del sequestro conservativo, in quanto solo da esso nasceva il diritto della società attrice di ottenere il risarcimento dei danni. 1.1. - Il motivo è infondato. È principio consolidato quello per cui, alla stregua di una congiunta lettura degli artt. 2947, primo comma, e 2935 cod. civ., la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito fattispecie che viene qui in rilievo e rispetto alla quale risultano inconferenti, pertanto, i precedenti giurisprudenziali evocati nella memoria - tra tutti, Cass., 16 luglio 2001, n. 9642 - sulla decorrenza della prescrizione dell’azione di evizione della vendita inizia a decorrere non dal momento in cui il fatto del terzo determina il danno all’altrui diritto, bensì dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile come tale, ossia anche con il carattere dell’ingiustizia tra le tante, Cass., 18 luglio 2016, n. 14662 Cass., 13 dicembre 2012, n. 17832 Cass. 2 febbraio 2007, n. 2305 Cass., 29 agosto 2003, n. 12666 Cass., 21 giugno 2011, n. 13616 . Nella specie, evento lesivo con carattere di ingiustizia e conseguenze ad esso pregiudizievoli si erano manifestate in modo oggettivamente percepibile e riconoscibili alla AL.MAR. s.r.l. sin dalla vendita forzata del febbraio 1997 non essendo in discussione - né essendovi deduzioni contrarie di parte ricorrente - sul fatto della conoscenza in capo alla stessa AL.MAR dell’intervenuta vendita forzata , posto che con essa non solo si era verificata l’ablazione della proprietà dell’imbarcazione, ma tale perdita era certamente percepita come ingiusta dalla predetta società, giacché sin dal 1991 essa aveva agito per far dichiarare inefficace il sequestro conservativo in base al quale, dopo la relativa conversione in pignoramento, si era potuta realizzare la vendita all’asta dell’imbarcazione in seno alla procedura esecutiva. Né, del resto, essendo sorto il diritto al risarcimento del danno per la perdita dell’imbarcazione dalla vendita del medesimo bene, sussisteva alcun ostacolo giuridico alla proposizione dell’azione risarcitoria per il danno da perdita dell’imbarcazione, giacché la pendenza del giudizio sull’accertamento della illegittimità/inefficacia del sequestro poteva comportare soltanto un problema di ordine processuale in punto di pregiudizialità di tale domanda, con conseguente sospensione necessaria o facoltativa, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 295 o 337, secondo comma, cod. proc. civ., a seconda della fase del giudizio pregiudicante del giudizio risarcitorio pregiudicato in tale prospettiva cfr. Cass., 5 agosto 2005, n. 16589 v. anche Cass., 26 marzo 2004, n. 6076 e Cass., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9040, per il superamento definitivo dell’orientamento espresso dalle più risalenti pronunce - citate in ricorso e richiamate nella memoria - in ordine alla decorrenza della prescrizione del risarcimento del danno ingiusto causato da atto amministrativo illegittimo soltanto dopo la sentenza di annullamento dell’atto lesivo . 2. - Con il secondo mezzo è dedotta, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2935 cod. civ. ed errata applicazione dell’art. 2947 cod. civ., nonché motivazione contraddittoria su fatto decisivo, cioè la data di decorrenza della prescrizione . La motivazione della sentenza impugnata sarebbe, poi, contraddittoria circa il fatto decisivo del momento di decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno, per aver la Corte territoriale, da un lato, affermato che il danno patito dalla società attrice era riconoscibile solo una volta accertata l’inesistenza a tutela del diritto del quale era stata richiesta la misura cautelare del sequestro conservativo poi sfociata nel pignoramento e nella subastazione del bene e, dall’altro, ritenuto che il danno si sarebbe concretizzato nel momento della subastazione a favore del terzo aggiudicatario . 2.1. - Il motivo è inammissibile. Con esso - a prescindere dalla circostanza che non coglie l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata cfr. sintesi ai § § 3.1. e seguenti del Rilevato - ci si duole non già dell’error in iudicando in riferimento alla disciplina recata dagli artt. 2935 e 2947 cod. civ. che, del resto, è stato dedotto ed esaminato con il primo motivo , ma soltanto della supposta contraddittorietà della motivazione della sentenza di appello, ossia di un vizio non più scrutinabile in questa sede, essendo la denuncia di cui al vigente n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., applicabile ratione temporis , rivolta unicamente a censurare l’omesso esame di un fatto storico decisivo cfr., tra le altre, Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053 . 3. - Con il terzo mezzo è prospettata, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli articoli 2943 e 2945 cod. civ La Corte di appello avrebbe errato ad affermare che la domanda risarcitoria, proposta davanti al giudice del rinvio con atto di citazione del 30 agosto 1999, avesse un effetto interruttivo istantaneo e non protratto sino al deposito della sentenza che dichiarava inammissibile il sequestro, ai sensi dell’art. 2945, secondo comma, cod. civ. Ciò in quanto detta domanda riguardava proprio il danno per la perdita dell’imbarcazione e, quindi, una pretesa che, come ritenuto dallo stesso giudice di secondo grado, era nuova e non proposta in precedenza, con conseguente effetto interruttivo, anche se domanda inammissibile o improponibile, sino alla data di deposito della sentenza in sede di riassunzione 25 settembre 2002 , utile rispetto alla proposizione della domanda risarcitoria con atto di citazione del 10 marzo 2007. 4. - Con il quarto mezzo è denunciata motivazione contraddittoria ed erronea su un fatto decisivo costituito dall’avvenuta interruzione della prescrizione con l’atto introduttivo del giudizio del 30.08.99 . La motivazione della sentenza impugnata sarebbe contraddittoria ed erronea per aver, da un lato, affermato che la domanda risarcitoria proposta con l’atto di intervento del 1991 non riguardasse il danno da perdita dell’imbarcazione e, dall’altro, escluso l’effetto interruttivo di una siffatta domanda risarcitoria proposta per la prima volta con l’atto di riassunzione del 1999. 4.1. - I motivi, da scrutinarsi congiuntamente, sono inammissibili. La Corte territoriale non ha affatto scrutinato e risolto la questione dedotta con i motivi in esame, tramite i quali si censura la violazione degli artt. 2943 e 2945 cod. civ. denuncia che, dunque, è priva del presupposto error in iudicando del giudice del merito su cui imperniare la doglianza e ci si duole della contraddittorietà della motivazione adottata quale vizio, quest’ultimo, in ogni caso non denunciabile, come tale, ai sensi del vigente art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis , giacché essa ha affermato che i diritti risarcitori inerenti al fatto della perdita dell’imbarcazione cfr. sintesi § § 3.1. e 3.2. del Rilevato e p. 6 della sentenza di appello , azionati nel presente giudizio, introdotto con atto di citazione del marzo 2007, non erano stai mai in precedenza evocati , escludendo, quindi, che fosse stata mai proposta, prima dell’introduzione del presente giudizio, una domanda di risarcimento del danno per perdita dell’imbarcazione . Pertanto, posto che la società ricorrente neppure ha evidenziato di aver proposto in sede di gravame la questione dedotta in questa sede con i motivi attualmente oggetto di scrutinio, né tanto risultando dalla stessa sentenza impugnata, che come detto una tale questione non ha affatto esaminato donde l’inammissibilità anche di una, ipotetica, censura di error in procedendo , che, comunque, difetterebbe pure di specificità in ordine ai contenuti degli atti processuali all’uopo rilevanti e della relativa localizzazione processuale ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. , la doglianza, nella sostanza, muove dall’addebito al giudice di appello - e in esso si risolve - di aver commesso un errore di fatto ai sensi dell’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., avendo supposto come mai proposta una domanda che invece si assume essere stata avanzata in corso di giudizio con l’atto di riassunzione del settembre 1999 dunque, un vizio non denunciabile con il ricorso per cassazione. 5. - Con il quinto mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., violazione dell’art. 346 cod. proc. civ La Corte territoriale avrebbe errato a ritenere essersi formato il giudicato sulla domanda risarcitoria proposta con l’atto di intervento del 1991 in quanto rinunziata ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ., posto che il giudice di primo grado non si era affatto pronunziato su di essa, così da determinare solo una preclusione processuale sulla pretesa, che ben poteva essere azionata in separato giudizio. 5.1. - Il motivo è inammissibile. Esso, infatti, prescinde dalla ratio decidendi della sentenza impugnata, che cfr. sintesi al § 3.1. del Rilevato ha affermato essere stata rigettata, seppur implicitamente, dal primo giudice la domanda di danni proposta con l’atto di intervento del 1991, in ragione della presupposta declaratoria efficacia del sequestro conservativo, con conseguente formazione di giudicato sostanziale in ragione della mancata riproposizione in appello di detta domanda respinta. Statuizione, questa, armonica rispetto al principio per cui la presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 cod. proc. civ. ha valore meramente processuale e non anche sostanziale, qualora, però, il giudice di primo grado ometta di pronunciare su una domanda e come accade, invece nella specie non ricorrano gli estremi di una reiezione implicita, né risulti l’assorbimento della questione pretermessa nella decisione di altra domanda tra le altre, Cass., 16 maggio 2006, n. 11356 . 6. - Il ricorso va, dunque, rigettato e la società ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri introdotti con il d.m. n. 55 del 2014. P.Q.M. rigetta il ricorso condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.