Strada anomala, incidente addebitabile anche al conducente imprudente

Il terribile impatto ha provocato la morte dell’uomo. Evidenti le precarie condizioni della strada, per giunta resa ancora più pericolosa dalla pioggia, ma l’automobilista ha tenuto una condotta azzardata, portando il veicolo a una velocità ben superiore ai limiti consentiti.

Condizioni della strada deprecabili. Così si spiega l’accumulo incredibile di acqua piovana sulla carreggiata. Ciò nonostante, il terribile incidente che coinvolge una vettura è addebitabile anche all’imprudenza compiuta dall’automobilista e concretizzatasi in una velocità eccessiva Cassazione, sentenza n. 5041, sezione III civile, depositata oggi . Impatto. Il drammatico episodio si verifica in Sardegna. L’incidente provoca la morte dell’automobilista coinvolto. Fatale l’impatto della vettura con un palo. Secondo i familiari della vittima, però, il fatto è addebitabile esclusivamente all’Anas. Ciò perché il tratto stradale scenario dell’incidente è, a loro avviso, caratterizzato da gravi anomalie che avevano comportato, nel corso di un violento temporale, la formazione di un torrente di acqua piovana, con andamento opposto al senso di marcia della vettura condotta dal loro congiunto. Questa visione è condivisa dai giudici del Tribunale, che ritengono responsabile esclusivamente l’Anas. Di parere diverso, però, la Corte d’Appello, che addirittura divide la colpa a metà tra l’azienda e l’automobilista. Questa decisione viene spiegata con la dinamica dell’incidente in sostanza, viene affermato che era eccessiva la velocità della vettura – probabilmente 120-130 chilometri orari a fronte del limite fissato a 90 chilometri orari –, e a dimostrarlo, spiegano i giudici, è il fatto che il veicolo si era praticamente accartocciato dopo essersi suddiviso in due tronconi a seguito dell’impatto con un palo . Colpa. E anche in Cassazione, nonostante le obiezioni mosse dai familiari della vittima, viene ribadito che la colpa per l’incidente va equamente divisa tra l’Anas e l’automobilista. Nessun dubbio sulle precarie condizioni della strada, caratterizzata da una errata realizzazione della pendenza , dalla presenza di canalette rudimentali che permettevano il passaggio dell’acqua piovana dalla carreggiata opposta , e, infine, da un insufficiente sistema di smaltimento . Allo stesso tempo, però, è altrettanto evidente l’ imprudenza compiuta dal conducente della vettura rimasta coinvolta nell’incidente. Egli ha superato il limite di velocità , e inequivocabili sono le condizioni del veicolo dopo l’impatto . Da questo dato è stato possibile desumere che l’uomo ha spinto il veicolo ben oltre i limiti consentiti , consapevole che invece la sede stradale bagnata per la pioggia battente avrebbe imposto una velocità di marcia sicuramente inferiore al limite indicato .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 gennaio – 28 febbraio 2017, n. 5041 Presidente Vivaldi – Relatore Scoditti Ritenuto in fatto 1. F. R. ed i figli superstiti di F. A. M. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Nuoro ANAS - Ente Nazionale per le Strade s.p.a. chiedendo il risarcimento del danno per la morte del proprio congiunto all'esito di sinistro stradale determinato da gravi anomalie del tratto stradale che avevano comportato nel corso di violento temporale la formazione di un torrente di acqua piovana con andamento opposto al senso di marcia della vettura condotta dalla vittima. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda. 2. Il Tribunale adito accolse la domanda. 3. Avverso detta sentenza proposero appello principale l'ANAS ed incidentale le controparti. 4. Con sentenza di data 29 luglio 2013 la Corte d'appello di Sassari accolse parzialmente entrambi gli appelli, dichiarando che il sinistro si era verificato per colpa concorrente e paritaria di ANAS e del conducente l'autoveicolo ed elevando l'ammontare del danno non patrimoniale liquidato. Osservò la corte territoriale, previa ascrizione della responsabilità ai sensi dell'art. 2051 cc. alla società per le condizioni della sede stradale ed in particolare per errata realizzazione della pendenza, presenza di rudimentali canalette che permettevano il passaggio dell'acqua piovana dalla carreggiata opposta, insufficiente sistema di smaltimento , che il sinistro si era verificato anche a cagione della velocità tenuta dal conducente del mezzo, posto che, considerato che il veicolo si era praticamente accartocciato dopo essersi suddiviso in due tronconi a seguito dell'impatto con il palo quadro, certamente il limite dei 90 km/h era stato superato la velocità tenuta era non inferiore a 120-130 km/h . Precisò, sulla base della CTU in atti, che ove il M. avesse osservato il limite di velocità, considerato il dissipamento di energia derivante dall'urto con il cordolo in cemento ed in seguito con il guard rail, non si sarebbe determinata la disintegrazione del veicolo e che neppure un urto diretto con la struttura del palo avrebbe potuto determinare la divisione in due tronconi del veicolo, la proiezione di uno di essi a considerevole distanza e la riduzione a completo rottame degli stessi tronconi, ove fosse stato osservato il limite di velocità. Concluse la corte nel senso che il concorso delle responsabilità era al 50% perché se da un lato ANAS era venuta meno all'obbligo di mantenere in sicurezza la sede stradale, dall'altro pure il M. aveva tenuto un comportamento particolarmente imprudente, spingendo il veicolo ben oltre i limiti di velocità consentiti, laddove la sede stradale bagnata per la pioggia battente avrebbe imposto una velocità di marcia sicuramente inferiore al limite indicato. 5. Hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi F. R., G. M., V. M., G. M. e P. M Resiste con controricorso la parte intimata. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 20151, 1227, 2697 cc, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c, omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. e nullità della sentenza per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. Osservano i ricorrenti che il ricorso in ordine al concorso di colpa imputabile al M. a mere ipotesi formulate dal CTU non suffragate da prove ed in contrasto con la testimonianza in atti, nonché l'avere ignorato le circostanze che escludevano il detto concorso come precisate dalla CTU disposta in primo grado errata pendenza della strada, insufficiente sistema di raccolta delle acque meteoriche, assenza di robusto guard rail , rendono la motivazione meramente apparente e priva di ragioni la decisione, con l'ulteriore effetto dell'alterazione del contraddittorio. 1.1. Il motivo è infondato. La censura consta di due sub-motivi, l'uno afferente alla nullità della sentenza per assenza del requisito motivazionale, l'altro relativo a vizio motivazionale. Il giudice di merito ha somministrato le ragioni a fondamento della statuizione in termini di contributo causale all'evento da parte della vittima valutando, sulla base della CTU in atti, le circostanze da cui inferire che il M. avesse superato il limite di velocità, ed in particolare le condizioni del veicolo dopo l'impatto. Quanto al vizio motivazionale evidente è l'esame dei fatti posti alla base della responsabilità ascritta all'ANAS. Per il resto la censura confluisce in una valutazione delle risultanze istruttorie divergente da quella del giudice di merito, per ciò che concerne gli apprezzamenti del CTU, che è profilo non rilevante nella presente sede di legittimità. 2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 1227 cc, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. e nullità della sentenza per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. Osservano i ricorrenti che non sono identificabili le ragioni per le quali sia stato attribuito il concorso di colpa in misura paritaria, al punto che la motivazione è meramente apparente, con alterazione del contraddittorio, e che l'asserita velocità non ha inciso sul profilo causale dell'evento ma semmai ne ha amplificato le conseguenze, determinando l'esito nefasto. Aggiunge che il giudice di appello avrebbe dovuto ritenere prevalente l'apporto causale dell'ANAS, in misura non inferiore all'80%. 2.1. Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile. Il giudice di merito ha somministrato le ragioni a fondamento della statuizione in termini di concorso di responsabilità in misura paritaria, attribuendo rilievo, oltre al fatto che ANAS era venuta meno all'obbligo di mantenere in sicurezza la sede stradale, al fatto che il M. aveva tenuto un comportamento particolarmente imprudente, spingendo il veicolo ben oltre i limiti di velocità consentiti, laddove la sede stradale bagnata per la pioggia battente avrebbe imposto una velocità di marcia sicuramente inferiore al limite indicato. Quanto al resto della censura va rammentato che in presenza di sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli, il giudizio espresso dal giudice di merito in ordine alla dinamica e alla eziologia dell'incidente e alla condotta dei conducenti dei veicoli scontratisi, ai fini dell'accertamento e della graduazione delle rispettive colpe e delle conseguenti responsabilità, involgendo apprezzamenti di elementi di fatto, è incensurabile in sede di legittimità, sempre che sia sorretto da motivazione adeguata e sia immune da errori di diritto fra le tante Cass. 15 dicembre 2003, n. 19188 30 settembre 2009, n. 25236 . 3. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 - quater all'art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 3.600,00 per compenso, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e oneri di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 - quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13.