Vittime dell’amianto: risarcimento record a favore degli eredi di un lavoratore dell’arsenale della Marina Militare di Taranto

Il Ministero della Difesa è stato condannato a pagare a titolo di risarcimento del danno iure hereditatis” la somma di € 500.000,00 circa a favore degli eredi di una vittima dell’amianto.

Con sentenza n. 3488/16 pubblicata lo scorso 27 ottobre, il Tribunale di Taranto, Sezione Lavoro, nella persona della dott.ssa Elvira Palma, ha condannato il Ministero della Difesa a risarcire gli eredi di un dipendente presso l’Arsenale della Marina Militare di Taranto il quale è stato esposto ad amianto negli anni dal 1941 al 1982 nello svolgimento della sua attività lavorativa come elettricista specializzato a bordo delle navi militari. La vicenda. La sentenza è stata resa all’esito di una lunga istruttoria la quale ha visto coinvolti il CTU nominato dal giudice ed i testi individuati dalle parti che hanno evidenziato – in maniera inequivoca come il Ministero convenuto debba ritenersi responsabile – in violazione dell’art. 2087 c.c. dell’inosservanza degli obblighi di protezione espressamente previsti dalla normativa vigente a tutela dei lavoratori e dell’omissione delle più elementari norme di sicurezza come, ad esempio, quelle comportanti l’obbligo di fornire ai dipendenti idonei dispositivi di protezione individuale contro il rischio amianto e di verificare costantemente che i lavoratori li adoperassero regolarmente. Un contegno totalmente riprovevole a fronte della più terribile delle malattie asbesto collegate il mesotelioma pleurico. La stessa patologia che in soli 180 giorni ha condotto a morte il dante causa dei ricorrenti e che – come evidenziato da CTU è certamente tipica per esposizioni professionali ad amianto. La qualificazione del danno. Il Giudice del Lavoro di Taranto ha affrontato con estrema lucidità e serietà di argomenti anche il tema della quantificazione del danno a favore degli eredi. Nella fattispecie i ricorrenti avevano chiesto che il Tribunale riconoscesse loro il risarcimento del danno da perdita della vita del loro congiunto il c.d. danno tanatologico . Tale richiesta è stata disattesa dal Tribunale di Taranto in ragione dell’orientamento contrario espresso da ultimo dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sent. n. 15350/15 che , a dispetto di qualche illuminata apertura prevalsa nelle sezioni semplici della medesima Corte, ha ritenuto di confermare l’indirizzo più restrittivo dei giudici di legittimità, ed ha escluso la configurabilità e la risarcibilità, in capo alla vittima primaria” di un danno trasmissibile agli eredi da perdita del bene vita”. La sentenza in commento merita, tuttavia, di essere pienamente condivisa ed apprezzata nello sforzo” di superare lo squalificante correttivo” alla negazione del diritto alla risarcibilità del bene vita con l’applicazione -acritica e generalizzata delle tabelle del Tribunale di Milano in punto di inabilità temporanea. Secondo il Tribunale di Taranto la particolare complessità del caso di specie impone di non applicare, sic et simpliciter , le tabelle di liquidazione del danno biologico ordinariamente utilizzate, essendo invece necessaria una più specifica valutazione equitativa . In particolare occorre tener conto del fatto che vi è stata una compromissione della salute priva di qualsiasi capacità recuperatoria e di tale intensità ed entità da condurre a morte un soggetto. Valutazione equitativa. Queste le premesse il Giudice del Lavoro, motivando ampiamente il suo articolato ragionamento, ha ritenuto di dimezzare – in via equitativa quanto in ipotesi sarebbe stato riconosciuto ad un soggetto in vita con una invalidità permanente accertata pari al 100 %, così pervenendo ad un risarcimento di circa 500.000,00. L’opinione dei legali. Una sentenza, dichiarano gli Avvocati Pietro Frisani ed Emanuela Rosanò, legali dei ricorrenti, che conferma la necessità di una sempre più adeguata personalizzazione del danno che non si arresti di fronte a soluzioni parziali ed inappaganti rispetto alla lesione non di un bene qualsiasi ma del bene vita, oggetto di un diritto assoluto ed inviolabile riconosciuto dalla nostra Costituzione ex art. 2 , presupposto delle norme penali che incriminano l’omicidio doloso e colposo ex art. 575 e 589 c.p. , affermato dall’art. 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo . Ci si auspica , scrivono i legali, che – de iure condendo vengano individuati criteri di liquidazione del danno che rispondano ai principi dell'integralità del ristoro e della effettività della tutela. In tal senso, la recente ordinanza n. 9978/16 con cui la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione della riconoscibilità delle sentenze straniere comminatorie di danni puntivi, sembra aprire nuovi spiragli per introdurre -anche nel nostro ordinamento rimedi di carattere punitivo che possano rappresentare un efficace deterrente a fronte di violazioni connotate da tale gravità e inescusabilità come quelle finalizzate alla compromissione della stessa vita . Sono state circa 155 le navi militari con la presenza di amianto sottoposte ad importanti interventi di bonifica negli ultimi anni. Un prezzo altissimo in termini di danni alla salute quello pagato dal personale militare e dagli operai e tecnici degli Arsenali della Marina Militare di La Spezia, Taranto e Augusta con centinai di morti e ammalati per patologie asbesto-correlate in particolare mesotelioma, cancro al polmone e alla laringe, asbestosi, placche pleuriche. In Italia, ogni anno si registrano in media 1200 morti circa per mesotelioma maligno e altrettanti morti per altri tumori asbestocorrelati per un totale di circa 2.400 morti. Questi dati emergono dal V° rapporto del RE.NA.M. che raccoglie i dati COR centri operativi regionali . Si tratta però di numeri approssimati per difetto poiché non v'è omogeneità di raccolta di dati nelle varie regioni e soprattutto vi sono regioni che procedono blandamente alla raccolta dei dati creando un quadro nazionale evidentemente incompleto. Gli studiosi stimano comunque che il picco dei casi sarà raggiunto nel 2020.

Tribunale di Taranto, sez. Lavoro, sentenza 27 ottobre 2016, n. 3488 Giudice del Lavoro Palma