Se i criteri tabellari mutano dopo la spedizione a sentenza e nei termini per l'appello

Definito il giudizio di primo grado con liquidazione del danno non patrimoniale sulla base della tabelle vigenti al momento della spedizione a sentenza, l'intervenuta modifica delle dette tabelle nei termini per proporre appello legittima il danneggiato ad impugnare la sentenza se comporta un incremento dell'importo risarcibile .

Tale in sintesi il contenuto della decisione di cui alla sentenza n. 21245 depositata il 20 ottobre 2016. Il caso. Il giudizio ha ad oggetto il risarcimento del danno jure proprio occorso alle figlie di un pedone in seguito ad un incidente stradale che ne aveva provocato il decesso per l'investimento di un autocarro. La sentenza di appello confermava parzialmente la sentenza di prime cure, e cioè, mentre riformava la parte relativa alla misura del concorso della signora nel causare l'incidente, riliquidava il danno non patrimoniale alla luce delle tabelle in uso presso il Tribunale di Roma fino al momento della spedizione della causa a sentenza, ma in realtà immediatamente dopo, in costanza dei termini per l'appello - sostituite da altre. Le ricorrenti, nell'impugnare la sentenza di primo grado, avevano richiesto oltre che fosse esclusa la responsabilità della madre nella produzione dell'evento la rideterminazione del danno non patrimoniale alla luce dei nuovi criteri intervenuti. Mancata applicazione delle nuove tabelle come violazione dell'art. 1226 c.c Le signore, allora, ricorrono in Cassazione asserendo la violazione dell'art. 1226 c.c. affermano che il nuovo criterio il sistema punto è più adeguatamente rappresentativo della molteplicità delle situazioni considerate e, dunque, maggiormente idoneo a perseguire lo scopo della tendenziale uniformità nella valutazione, nonché a realizzare una migliore corrispondenza tra la entità del pregiudizio e la commisurazione del ristoro per equivalente nel caso concreto i nuovi criteri erano più favorevoli alle ricorrenti, rispetto ai precedenti. La Corte accoglie il ricorso ritenendo il motivo fondato e ritenendo assorbito il secondo, il quale contestava il diverso aspetto della motivazione della sentenza facendo leva sugli stessi argomenti . Il Giudice dell'appello avrebbe dovuto dunque seguire i nuovi criteri. Il quesito di diritto sul quale la Corte deve rispondere è, in sostanza, se tale mutazione nei criteri tabellari in pendenza dei termini per l'appello, comportando i nuovi criteri un aumento della liquidazione del danno in favore delle ricorrenti, le legittimi ad impugnare la sentenza. La Corte afferma che la risposta al quesito sia affermativa vediamo i vari aspetti della questione trattati in sentenza. Valutazione secondo equità di cui all'art. 1226 c.c L'art. 2056 c.c., intitolato alla valutazione dei danni prodotti da fatti illeciti richiama anche l'art. 1226 c.c., il quale a sua volta, per il caso di danno da inadempimento delle obbligazioni, così prevede la valutazione equitativa del danno se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa . Principi richiamati in materia di determinazione secondo equità. Innanzitutto, la Corte rammenta di avere già in precedenza affermato il principio secondo cui quando manchino criteri indicati dalla legge la valutazione secondo equità di cui all'art. 1226 c.c. deve garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto , ma anche un trattamento uniforme di casi analoghi sul territorio nazionale e che a tale esigenza rispondono i criteri tabellari e, inoltre, che la questione relativa alla errata applicazione dei detti criteri che ridonda sulla corretta applicazione della norma di diritto di cui agli artt. 2056 e 1226 c.c. può pervenire al sindacato di legittimità solo se tempestivamente rilevata nei precedenti gradi di giudizio. Le tabelle non sono ius superveniens, ma un utile parametro di verifica. Nell'esporre il percorso logico-giuridico con cui accoglie il motivo di ricorso, la Corte ribadisce richiamando un proprio precedente recentissimo innanzitutto che le nuove tabelle debbano considerarsi quale ius superveniens e - dunque che non è per questa via che può concludersi per l'obbligo del giudice di applicare ai giudizi in corso le intervenute modifiche. Spiega infatti la Corte che i criteri tabellari non hanno natura normativa, nemmeno come elementi integrativi della norma non essendo menzionati dagli artt. 2056 e 1226 c.c. . Le tabelle costituiscono però un utile parametro di verifica dell'attività di giudizio , consentendo di valutare detta attività sotto l'aspetto della congruità e del rispetto della valutazione equitativa al principio generale che vuole l'uniformità di trattamento di situazioni similari e l'integrale ristoro del danno dunque, il mancato rispetto dei detti criteri costituisce una spia della violazione dell'art. 1226 c.c Interesse ad impugnare. Il concetto di interesse ad impugnare sottintende in sostanza che il diritto al risarcimento del danno non possa considerarsi soddisfatto il mancato rispetto dei criteri tabellari, se non motivato dal giudice, si traduce in un mancato riconoscimento integrale del danno non rileva l'osservazione che la decisione si è basata sulle tabelle vigenti in primo grado, ma di accertare un diritto quello all'accertamento del danno avente titolo in un rapporto giuridico che finché pende il giudizio, non può ritenersi esaurito e che non ha ancora trovato il dovuto integrale ristoro nella liquidazione in via equitativa effettuata alla stregua di criteri divenuti obsoleti nelle more del giudizio di merito . E l'interesse all'impugnazione resta sia se il giudice di merito faccia un'applicazione non corretta dei criteri tabellari, sia se applichi criteri al tempo della decisione già divenuti inidonei in quanto sostituiti da altre tabelle, sia se tale sostituzione avvenga dopo la decisione, ma in pendenza dei termini per l' impugnazione. Emendatio e non mutatio libelli. La sentenza richiama poi quella giurisprudenza che ha qualificato come emendatio e non mutatio libelli - dunque una modificazione dell'atto introduttivo ammessa all'udienza di precisazione delle conclusioni - la richiesta dell'applicazione dei nuovi criteri nel frattempo adottati dall'ufficio giudiziario e che il giudice ha l'obbligo di utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione. Soccombenza e motivi di appello. Il dubbio se la impugnazione della sentenza per modifiche sopravvenute delle tabelle sia ammessa e dunque se sussiste quella soccombenza che legittima l'interesse ad impugnare in grado di appello, dove il giudizio è vincolato ai motivi di appello, si risolve, prosegue la Corte, andando a leggere i motivi dell'appello. Dunque, se non può ravvisarsi soccombenza laddove a fronte della specifica richiesta di applicazione dei vigenti criteri il giudice abbia applicato i detti, senza che l'attore contesti quindi un'errata valutazione , il discorso cambia nei casi in cui invece l'attore chieda solo l'integrale risarcimento del danno senz'altro specificare oppure una liquidazione di importo maggiore rispetto a quello riconosciuto in sentenza con i vigenti criteri. Nel caso concreto la soccombenza sussiste alla nuova rivalutazione dei fatti era chiedendo che fosse escluso il concorso causale della vittima , sia accompagna la riliquidazione del danno, riliquidazione che sarebbe dovuta avvenire alla luce delle tabelle in quel momento in uso, adottate nelle more del giudizio di merito, onde garantire un pieno ristoro del diritto leso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 luglio – 20 ottobre 2016, n. 21245 Presidente Vivaldi – Relatore Olivieri Fatti di causa Con sentenza 17.7.2012 n. 3851 la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, accertava in diversa misura il concorso causale della vittima e del conducente del mezzo nella determinazione del sinistro nel quale era deceduta B.M. , investita dall’autocarro di proprietà dell’Azienda Speciale Pluriservizi mentre a piedi attraversava la strada, e rideterminava l’ammontare del danno non patrimoniale spettante jure proprio alle figlie della vittima, P.S. e P.P. , sulla base dei medesimi criteri equitativi adottati dal primo giudice, tenendo conto delle somme versate medio tempore a titolo di acconto da INA Assitalia s.p.a., società assicuratrice della responsabilità civile automobilistica, condannando in solido l’Azienda e la società assicurativa al pagamento del residuo importo dovuto. La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione dalle sorelle P. le quali, con atto ritualmente notificato, in data 17.10.2013, a GEA-Gestioni Ecologiche e Ambientali s.p.a. già AMIU , ed in data 14.10.2013, ad INA Assitalia s.p.a., hanno dedotto, con due motivi, vizio di error in judicando e vizio logico di motivazione. Le resistito con controricorso Generali Italia s.p.a., così modificata la denominazione di INA Assitalia s.p.a Non ha svolto difese GEA s.p.a. Le ricorrenti e la società resistente hanno depositato memorie illustrative, ed il difensore delle prime anche brevi osservazioni scritte sulle conclusioni del Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 379 u.c. c.p.c Ragioni della decisione 1. La Corte d’appello rigettando il secondo e terzo motivo di gravame dell’appello principale proposto dalle eredi della vittima del sinistro stradale, ha ritenuto corretta la liquidazione, con criterio equitativo, del danno non patrimoniale subito jure proprio dalle superstiti, ed in particolare del danno alla vita dinamico-relazionale determinato dalla perdita del rapporto parentale affidando tale decisione alle seguenti ragioni il Giudice di prime cure aveva fatto corretta applicazione dei criteri individuati nelle Tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale, elaborate dal Tribunale Ordinario di Roma per l’anno 2006, utilizzando l’importo base previsto per il danno da morte ed adeguandolo alle circostanze del caso concreto, che nel caso di specie avevano comportato una variazione in diminuzione riduzione peraltro applicata nella misura del 20%, inferiore a quella massima del 30% prevista in Tabella in considerazione della età matura delle figlie, della mancanza di convivenza con la vittima avendo le predette costituto autonomi nuclei familiari da lungo tempo. 2. Tale statuizione viene impugnata dalle ricorrenti con il primo motivo di ricorso, per vizio di violazione dell’art. 1226 c.c., sull’assunto che, intervenuta nel periodo intercorso tra la spedizione della causa a sentenza alla udienza di precisazione in primo grado, e comunque tra la pubblicazione della sentenza di prime cure in data 12.7.2006, e la scadenza del termine di impugnazione la modifica dei criteri tabellari per la liquidazione del danno non patrimoniale, con l’introduzione della innovazione del sistema punto , ritenuto più adeguatamente rappresentativo della molteplicità delle situazioni considerate e, dunque, maggiormente idoneo a perseguire lo scopo della tendenziale uniformità nella valutazione dal danno volta nonché a realizzare una migliore corrispondenza tra la entità del pregiudizio e la commisurazione del ristoro per equivalente, e venuta meno, in considerazione dei nuovi criteri, la previsione di una riduzione dell’importo risarcitorio stabilito una tantum per il caso di morte, nelle precedenti Tabelle per assenza di convivenza tra superstiti e vittima, ed inoltre in caso fossero presenti altri conviventi nel nucleo familiare dei superstiti, il Giudice di appello, investito sul punto da apposito motivo di gravame, avrebbe dovuto rideterminare l’importo risarcitorio liquidato dal primo giudice per il danno non patrimoniale, alla stregua dei nuovi criteri tabellari editi nell’anno 2007 , nella specie più favorevoli ai danneggiati, e più aderenti alla effettività del danno risarcibile nel concreto, secondo quanto riferito dalle ricorrenti, con l’applicazione dei nuovi criteri 2007 le somme da liquidarsi sarebbero ammontate ad Euro 176.000,00 per P.S. , ed Euro 168.000,00 per P.P. , in luogo della eguale somma di E 99.360,00 riconosciuta a ciascuna figlia con i parametri della Tabella 2006 . 3. Il motivo è fondato. 4. Occorre premettere che, in ordine al corretto esercizio del potere di liquidazione equitativa del danno, questa Corte ha enunciato il principio secondo cui quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l’adozione della regola equitativa di cui all’art. 1226 cod. civ. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziari, a tale scopo essendo funzionale il riferimento da parte dei Giudici a criteri cd. tabellari fondati su parametri valutativi ricavati statisticamente da un campione significativo delle precedenti decisioni giurisdizionali adottate dall’Ufficio giudiziario in materia di risarcimento del danno non patrimoniale cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12408 del 07/06/2011 , che ha, inoltre, ritenuto estendibile in via generale il criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale id. Sez. 3, Sentenza n. 20895 del 15/10/2015 , aggiungendo inoltre che la errata applicazione dei criteri tabellari che ridonda sulla corretta applicazione della norma di diritto, di cui agli artt. 2056 e 1226 c.c., che disciplina l’esercizio del potere di liquidazione del danno in via equitativa Corte Cass. n. 12408/2011 cit. id. Sez. 3, Sentenza n. 4447 del 25/02/2014 può pervenire al sindacato di legittimità solo se la questione sia stata tempestivamente dedotta nei gradi di merito cfr. Corte Cass. n. 12408/2011 cit. id. Sez. 3, Sentenza n. 12397 de/ 16/06/2016 . 4.1 Tanto premesso, la questione di diritto sottoposta all’esame della Corte può così essere sintetizzata se definito il giudizio di primo grado, avente ad oggetto il risarcimento del danno non patrimoniale, con sentenza che applica i criteri di liquidazione previsti nelle Tabelle nella specie in uso presso l’Ufficio giudiziario di Roma vigenti al momento della spedizione a sentenza della causa in primo grado, la intervenuta variazione di quei criteri, nelle more del giudizio di appello – a seguito della adozione di nuove Tabelle che prevedano modalità diverse di commisurazione del medesimo danno tali da comportare un incremento dell’importo risarcibile-, legittimi l’attore danneggiato ad impugnare la sentenza di primo grado per ottenere la liquidazione del maggiore importo risarcitorio attribuito in base ai differenti criteri tabellari sopravvenuti. 5. Ritiene il Collegio che al quesito debba darsi risposta affermativa. 5.1 Non essendo ricomprese le Tabelle tra le fonti dell’ordinamento, e non rivestendo natura normativa neppure come elementi richiamati ab externo ad integrare la fattispecie normativa che regola l’esercizio del potere equitativo del Giudice di merito, non essendo ad esse fatto alcun espresso rinvio dagli artt. 2056 e 1226 c.c., e – dunque -, pur dovendo escludersi cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9367 del 10/05/2016 che la modifica delle stesse nel corso del giudizio possa operare come jus superveniens che il Giudice è obbligato ad applicare anche quando il nuovo diritto sia sopravvenuto nelle more tra la camera di consiglio e la pubblicazione della sentenza cfr. Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14357 del 21/12/1999 id. Sez. 1, Sentenza n. 26066 del 10/12/2014 , tuttavia occorre considerare alla stregua della giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata che le Tabelle costituiscono, come è stato rilevato, un utile parametro di verifica della legittimità dell’attività di giudizio, in quanto consentono avuto riguardo alle caratteristiche di omogeneità ed uniformità di trattamento di situazioni tipo che i criteri tabellari esprimono di valutare detta attività sotto il profilo della congruità e rispondenza della liquidazione equitativa al principio generale per cui al soggetto leso deve attribuirsi l’integrale ristoro del danno, assumendo a riferimento indici standard ” intendendosi tali quegli elementi di valutazione del pregiudizio che sono ritenuti socialmente rilevanti per giungere ad un ristoro del danno non altrimenti dimostrabile con esatta precisione nel quantum inteso come giusto secondo il comune apprezzamento che emerge dal contesto storico-sociale nel quale tali criteri di liquidazione sono chiamati ad operare correlati a qualità e condizioni soggettive ed oggettive dei soggetti lesi, rispetto ai quali una deviazione non motivata appare sintomatica del vizio di legittimità di violazione dell’art. 1226 c.c 5.2 Ne segue che il Giudice che non si sia attenuto ai criteri tabellari, qualora non fornisca motivata giustificazione di tale scelta in relazione al caso concreto, non assolve all’obbligo che gli è richiesto di ristorare integralmente il danno non patrimoniale, e che non può essere disatteso in base al semplice rilievo della correttezza della la liquidazione operata dal giudice di prime cure in quanto conforme ai criteri tabellari vigenti in primo grado, non venendo in questione, nel caso in esame, la regola tempus regit actum , ma dovendo invece procedersi all’accertamento di un diritto al risarcimento del danno avente titolo in un rapporto giuridico che, finché pende il giudizio, non può ritenersi esaurito e che non ha ancora trovato il dovuto integrale ristoro nella liquidazione in via equitativa effettuata alla stregua di criteri divenuti obsoleti nelle more del giudizio di merito. 5.3 La domanda risarcitoria non può, quindi, ritenersi correttamente soddisfatta e va conseguentemente ravvisata la soccombenza del danneggiato, ed il suo interesse alla impugnazione tanto nel caso in cui il Giudice di prime cure, liquidando equitativamente il danno, abbia errato nell’impiego dei criteri interni alla medesima Tabella ovvero abbia applicato i criteri di una Tabella già divenuti al tempo della decisione inidonei a rappresentare un adeguato ristoro del danno non patrimoniale, in quanto sostituiti da altra Tabella, quanto nel caso in cui il Giudice di merito abbia fatto corretta applicazione dei criteri indicati nella Tabella vigente al tempo della decisione, e tuttavia tale liquidazione non possa soddisfare alla richiesta di integrale risarcimento del danno in quanto, nelle more del decorso del termine di impugnazione, siano immutati i criteri di liquidazione con l’adozione di nuove Tabelle. 5.4 Tale soluzione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte che ha ravvisato una mera emendatio , e non una mutatio libelli , nel caso in cui il danneggiato che abbia introdotto il giudizio richiedendo in domanda il risarcimento del danno in base alle allora vigenti Tabelle, alla udienza di precisazione delle conclusioni richieda invece che la liquidazione del danno venga disposta tenendo conto dei nuovi criteri tabellari medio tempore adottati dall’Ufficio giudiziario, sempre che, evidentemente, attraverso tale mutamento non si introducano nel giudizio fatti nuovi o nuovi temi di indagine cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1083 del 18/01/2011 id. Sez. 3, Sentenza n. 7768 del 20/04/2016 , sulla scorta del principio, che deve essere condiviso, secondo cui se le Tabelle applicate per la liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un prossimo congiunto cambino nelle more tra l’introduzione del giudizio e la sua decisione, il giudice, anche d’appello, ha l’obbligo di utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7272 del 11/05/2012 . 5.5 La conformazione della struttura del giudizio di appello che presenta connotati prossimi alla revisio prioris istantiae , piuttosto che al novum judicium , non appare ostativa alla impugnazione della decisione di primo grado cui è sopravvenuta la modifica tabellare ostacolo ravvisato invece dal precedente Corte Cass. 111 sez. 25.1.2016 n. 1305 , dovendo risolversi il dilemma relativo alla soccombenza o meno del danneggiato e cioè il dilemma relativo alla sussistenza o meno dell’interesse ex art. 100 c.p.c. che costituisce condizione di ammissibilità della impugnazione rilevabile ex officio alla stregua dello specifico motivo di gravame formulato dal danneggiato ed infatti se, tecnicamente non può ravvisarsi soccombenza sulla domanda, quando nell’atto di citazione sia stato chiesto al Giudice di liquidare il danno in conformità ai vigenti criteri tabellari ipotesi che presenta evidenti analogie con a quella in cui il danneggiante abbia vincolato la domanda, e quindi il giudice, alla pronuncia di condanna al risarcimento di uno specifico e puntuale importo risarcitorio il caso è stato esaminato da Corte Cass. n. 7272/2012 cit. ed il giudicante, accogliendo la domanda, abbia fatto corretta applicazione di quei criteri senza che l’attore contesti, quindi, una errata liquidazione , diversamente la condizione di soccombenza deve ravvisarsi le volte in cui, con la domanda introduttiva, il soggetto leso si sia limitato a chiedere senza ulteriori precisazioni integrale risarcimento del danno ovvero, comunque, abbia richiesto la liquidazione di un importo maggiore di quello in concreto attribuitogli con i vigenti criteri tabellari dal giudice di prime cure in sentenza. 6. Tanto premesso, risulta che le ricorrenti avevano impugnato la sentenza di primo grado in punto di errata affermazione del concorso causale della vittima nella produzione dell’evento dannoso, richiedendo in conseguenza la condanna dei convenuti in solido, alla rifusione integrale di tutti i residui danni patiti rideterminando l’ammontare del giusto risarcimento dei danni non patrimoniali alla stregua dei nuovi criteri tabellari editi nell’anno 2007. 6.1 Sussisteva quindi, nel caso di specie, la condizione di soccombenza legittimante la impugnazione della sentenza di primo grado, venendo nuovamente sottoposta, in via devolutiva, alla Corte d’appello, in quanto strettamente dipendente dall’accertamento negativo del concorso casale della vittima, anche la questione concernente l’esatta ri determinazione dell’importo da liquidare a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale riliquidazione che, in quanto da effettuarsi con criterio equitativo ex artt. 2056 e 1226 c.c. in attuazione del principio volto a garantire al soggetto leso l’integrale ristoro del pregiudizio, doveva essere compiuta dal Giudice di secondo grado alla stregua dei criteri tabellari attualmente vigenti, e non dei criteri applicati dal primo giudice ma ormai divenuti inadeguati a realizzare un pieno ristoro del danno, in quanto sostituiti da quelli, sostanzialmente diversi e basati sul sistema-punto, previsti dalle nuove Tabelle 2007 adottate nelle more del giudizio di merito. 7. In conclusione il ricorso deve essere accolto, quanto al primo motivo, rimanendo assorbito l’esame del secondo motivo che prospetta analoghi argomenti difensivi sotto il differente profilo del vizio motivazionale , con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma che, in diversa composizione, provvederà a nuovo esame in ordine alla liquidazione del danno non patrimoniale, alla stregua del principio di diritto enunciato, nonché alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, quanto al primo motivo, dichiarando assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma che, in diversa composizione, provvederà a nuovo esame in ordine alla liquidazione del danno non patrimoniale, alla stregua del principio di diritto enunciato, nonché alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.