Più corresponsabili, ma uno solo in giudizio: condanna al pagamento dell'intero (salvo il regresso, s'intende)

Spetta al Comune l'onere di provare non solo l'effettivo accadimento della pioggia eccezionale, ma anche l'impossibilità di porvi rimedio anche nel caso in cui il sistema fognario fosse stato realizzato e mantenuto a regola d'arte.

Così la Terza Sezione Civile nella sentenza n. 20653/2016, depositata il 13 ottobre. Il fatto. A seguito di ingenti danni subiti alla merce custodita in un deposito allagato da acqua piovana proveniente dalla strada pubblica, la titolare della ditta individuale proponeva la domanda di risarcimento dei danni subiti nei confronti del Comune. Il Tribunale accoglieva la domanda, e conseguentemente liquidava la somma capitale di € 138.000,00 oltre interessi. Nel successivo giudizio di impugnazione proposto dal Comune, la Corte d'appello pur confermando la sentenza dichiarava il diritto di regresso da parte del Comune nei confronti del proprietario dei locali condotti in locazione dalla ditta individuale per la metà della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno. In particolare la Corte territoriale ha ritenuto sussistente sia la responsabilità del Comune per non aver dotato la strada di un idoneo impianto fognario che la responsabilità del proprietario per la presenza di una rampa irregolare che avrebbe agevolato la velocità di scorrimento e la penetrazione dell'acqua nel locale. Da tale corresponsabilità, in virtù del disposto del primo comma dell'art. 2055 c.c. Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno ha confermato la condanna del Comune al pagamento dell'intero, trattandosi dell'unico responsabile dei danni citato in giudizio dalla danneggiata. Il Comune, non ritenendosi soddisfatto dall'affermazione di responsabilità concorsuale, da cui peraltro veniva fatto discendere l'obbligo del Comune al pagamento dell'intero fatto salvo il regresso per il 50% , ha quindi proposto ricorso in Cassazione. La prova dell'evento eccezionale. Il Comune come spesso capita nel caso di allagamenti e conseguenti danneggiamenti da piogge ha sostenuto da un lato l'esimente dell'evento eccezionale, ovverosia della natura violenta delle precipitazioni, e dall'altro la responsabilità esclusiva del proprietario dell'immobile, a causa della particolare realizzazione della rampa. Relativamente all'asserito carattere eccezionale delle precipitazioni meteoriche, a prescindere dalla novità della questione la Terza Sezione ricorda come l'esimente della forza maggiore o del caso fortuito costituita da piogge a carattere eccezionale, per escludere la responsabilità del Comune, avrebbe dovuto essere provata da quest'ultimo non solo quanto all'effettivo accadimento con modalità tali da uscire dai canoni normali della meteorologia ma anche quanto all'impossibilità di porvi rimedio pure se il sistema fognario fosse stato realizzato e mantenuto a regola d'arte così Cass. n. 5877/16 . La responsabilità solidale dei corresponsabili. Per quanto concerne, invece, l'applicazione del principio di responsabilità solidale dei corresponsabili, il primo comma dell'art. 2055 c.c. stabilisce che se un fatto dannoso è imputabile a più persone tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno, e tale regola è applicabile a favore del danneggiato anche in caso di condotte lesive tra loro autonome e di differenti titoli di responsabilità. Dato che al giudizio de quo non vi ha partecipato altro corresponsabile a parte il Comune, s'intende ne risulta giocoforza la responsabilità per intero del Comune stesso. O, per dirla altrimenti, la danneggiata si giova della solidarietà passiva sancita dal primo comma dell'art. 2055 c.c. grazie all'accertamento della cor responsabilità del Comune .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 luglio – 13 ottobre 2016, numero 20653 Presidente Vivaldi – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- Il Tribunale di Nola, accogliendo la domanda proposta da I.M.T. , quale titolare della ditta L’Incognita operante nel settore dell’abbigliamento in omissis , per ottenere il risarcimento dei danni subiti per il deterioramento della merce custodita in un deposito a seguito di allagamento per acque piovane provenienti dalla strada pubblica, condannava il Comune di omissis al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 138.000,00, oltre interessi legali al 5% sul capitale di Euro 126.000,00 dal 4 agosto 1995 alla data della sentenza, con il favore delle spese. 2.- Proposti appello principale da parte del Comune ed appello incidentale da parte della I. , la Corte d’appello di Napoli, con la decisione ora impugnata, pubblicata il 30 luglio 2012, in parziale accoglimento dell’appello principale, ha dichiarato che il Comune di OMISSIS ha diritto di regresso nei confronti del proprietario dei locali condotti in locazione dalla I. , per la metà della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, come determinata nella sentenza impugnata ha confermato quest’ultima quanto al resto ha compensato tra le parti le spese del secondo grado. 3.- Avverso questa sentenza il Comune di omissis propone ricorso affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso I.M.T. . Tutte e due le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1.- La Corte d’appello ha ritenuto che, ferma restando la responsabilità del Comune per non aver dotato la strada di un idoneo impianto fognario, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio ed affermato anche nella sentenza di primo grado, fosse stata concausa efficiente dell’evento di danno allagamento del deposito, collocato in un vano seminterrato che la I. conduceva in locazione, e danneggiamento di capi di abbigliamento, cartamodelli e macchinari ivi custoditi la presenza di una rampa di accesso irregolare, che avrebbe agevolato la velocità di scorrimento e la penetrazione dell’acqua nel locale. È perciò pervenuta all’affermazione del pari concorso di colpa tra il Comune ed il proprietario dell’edificio sulla base della presunzione dell’art. 2055 cod. civ., con conferma della condanna del Comune al pagamento dell’intero, essendo l’unico responsabile dei danni chiamato in causa dalla danneggiata. La Corte di merito ha confermato la liquidazione dei danni effettuata in primo grado, sulla base delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, che aveva considerato i danni arrecati alla merce effettivamente recuperata. 2.- I motivi di ricorso primo, secondo e quarto riguardano l’affermazione di responsabilità concorrente del Comune e vanno perciò trattati unitariamente. In particolare - 2.1. Col primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 1227, 2043 e segg. c.c., dell’art. 2055 c.c., degli articolo 99, 112 e 115 c.p.c., dell’art. 41 c.p. e dell’art. 650 c.p. omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in violazione dell’art. 111 Cost., sesto comma omesso esame di punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nnumero 3 e 5 . Il ricorrente sostiene che vi sarebbe stato un evento eccezionale, costituente causa esclusiva, ovvero quanto meno concorrente , che comunque avrebbe escluso qualsivoglia responsabilità del Comune, consistente nella natura violenta delle precipitazioni meteoriche cadute prima dell’allagamento che in ogni caso questo si sarebbe verificato per le particolari modalità di realizzazione dell’immobile e della rampa di accesso all’immobile, che avrebbero dovuto essere considerate causa esclusiva dell’evento, come da note tecniche di parte riprodotte interamente nel ricorso che per di più si trattava di immobile abusivo e privo del certificato di abitabilità che vi sarebbe stato anche un comportamento omissivo colposo della danneggiata rilevante ai sensi dell’art. 1227, comma primo, cod. civ Deduce che di tutto ciò non avrebbe tenuto conto il giudice di merito. 2.2.- Col secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1227, 2043 e seg. c.c., dell’art. 2055 c.c., degli articolo 61 e segg., 99, 112 e 115 c.p.c., dell’art. 41 c.p.c. e dell’art. 650 c.p. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in violazione dell’art. 111 della Costituzione Italiana, sesto comma omesso esame di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nnumero 3 e 5 . Il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha applicato la presunzione di pari concorso di colpa di cui all’art. 2055, comma terzo, cod. civ. e sostiene che la Corte avrebbe potuto determinare in concreto la misura della responsabilità di ciascuno dei soggetti ritenuti corresponsabili . 2.3.- Col quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2043 c.c., 2055 c.c., omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, in violazione dell’art. 111 Cost. omesso esame di punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nnumero 3 e 5 . Il ricorrente deduce che i giudici non avrebbero motivato né in merito alle ragioni di responsabilità del Comune di OMISSIS né in merito alla percentuale di responsabilità ascritta a quest’ultimo nella misura del 50%, in concorso con il proprietario del fabbricato. 3.- I motivi non meritano di essere accolti. Il primo ed il quarto sono inammissibili per la parte in cui contestano gli accertamenti di fatto del giudice di merito e la relativa motivazione sull’affermazione della responsabilità del Comune di OMISSIS . La Corte d’appello ha basato quest’ultima sull’accertamento, compiuto dal consulente tecnico d’ufficio nominato nel primo grado di giudizio, dell’insufficienza del sistema fognario predisposto dal Comune a garantire il convogliamento, la raccolta e lo smaltimento delle acque piovane. Questo accertamento non è validamente censurato dal ricorrente, dato che il Comune non adduce alcun significativo elemento di fatto che, trascurato dal giudice di merito o dal suo consulente, avrebbe invece dimostrato che il sistema fognario funzionasse al meglio ovvero che vi fosse stato un evento, naturale od umano, atto ad escludere qualsivoglia efficacia causale, rispetto all’allagamento, del funzionamento del sistema di convogliamento delle acque predisposto dal Comune. 3.1.- L’inammissibilità dei motivi consegue al fatto che, mentre nulla è detto in ricorso circa il corretto funzionamento del sistema fognario, le affermazioni del Comune ricorrente in merito al carattere eccezionale delle precipitazioni meteoriche, oltre ad essere contestate dalla resistente per novità della questione - che effettivamente non risulta essere stata posta sin dal primo grado di giudizio non essendo riportato in ricorso, nemmeno in sintesi, il contenuto della comparsa di risposta - sono comunque del tutto generiche e prive di qualsivoglia dato di riscontro. Per di più va considerato che l’esimente della forza maggiore o del caso fortuito costituita da piogge a carattere eccezionale, per escludere la responsabilità del Comune, avrebbe dovuto essere provata da quest’ultimo non solo quanto all’effettivo accadimento con modalità tali da uscire dai canoni normali della meteorologia ma anche quanto all’impossibilità di porvi rimedio pure se il sistema fognario fosse stato realizzato e mantenuto a regola d’arte cfr., da ultimo, Cass. numero 5877/16, citata nella memoria di parte resistente, nonché tra le più recenti Cass. numero 26545/14 e numero 18877/15 . 3.2.- Quanto, infine, alla responsabilità asseritamente esclusiva del proprietario dell’immobile, su cui molto si insiste in ricorso, sostenendo il Comune che l’evento sarebbe stato causato esclusivamente o in maniera prevalente, secondo quanto si dirà trattando del secondo motivo dalle irregolarità costruttive della rampa di accesso o dal carattere abusivo del fabbricato, sono determinanti le osservazioni seguenti - non è dato riscontrare nel ricorso, nemmeno come mera allegazione, il rapporto causale tra l’asserito abusivismo edilizio e/o la mancanza di certificato di abitabilità ed i danni così come prodotti dall’allagamento determinato da acque meteoriche provenienti dalla strada sicché è del tutto irrilevante -come esattamente detto alla pag. 6 della sentenza - che siano veri o falsi i fatti storici contestati dal Comune, affermati dalla resistente, e nuovamente posti in dubbio con la memoria del ricorrente - quanto all’esistenza ed al rispetto della concessione edilizia, nonché all’effettiva utilizzazione come deposito del locale oggetto di causa né hanno senso, nel caso di specie, i precedenti giurisprudenziali richiamati sia nel ricorso che nella memoria del Comune riguardanti il risarcimento dei danni provocati all’immobile avente carattere abusivo, dato che il presente giudizio ha riguardo non ai danni all’immobile, ma a quelli prodotti alla merce di proprietà della conduttrice conservata nel locale affittato come deposito per la stessa ragione non è dato comprendere quale sarebbe il comportamento omissivo colposo della danneggiata che a detta del ricorrente, che a lungo si sofferma sull’art. 1227 cod. civ. avrebbe concorso a cagionare il danno -concorso, comunque, espressamente escluso dal giudice di merito cfr. pagg. 8-9 della sentenza - le caratteristiche costruttive dell’immobile e della rampa di accesso sono state considerate dal giudice, che ha svolto ampia motivazione, al fine di dimostrare che avrebbero contribuito alla produzione dell’evento, ma non ne avrebbero certo costituito la causa esclusiva. Fatto salvo quanto si dirà a proposito del concorso di responsabilità, va qui rilevato che la motivazione in punto di corresponsabilità del Comune per il mancato adeguamento dell’impianto fognario è supportata dalle risultanze processuali e, come detto, non validamente censurata dal ricorrente. Tutto ciò è sufficiente a sostenere giuridicamente la condanna del Comune al risarcimento dei danni nel loro intero ammontare cui sarebbe tenuto anche se la percentuale di corresponsabilità fosse stata ritenuta in misura infinitesimale . 4.- Dato quanto sin qui detto, il secondo motivo ed il quarto, quest’ultimo nella parte in cui censura l’affermazione del concorso di responsabilità del Comune nella misura del 50%, sono inammissibili per carenza di interesse. L’art. 2055, comma primo, cod. civ. stabilisce che se un fatto dannoso è imputabile a più persone tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno, con regola applicabile a favore del danneggiato anche in caso di condotte lesive tra loro autonome e di differenti titoli di responsabilità cfr. Cass. numero 13272/06, numero 6041/10, numero 18899/15 . Poiché nel presente giudizio non è stato evocato né è intervenuto il proprietario dello stabile in cui si trovava il deposito locato, non rilevano né il secondo né il terzo comma dell’art. 2055 cod. civ. questi, infatti, sono volti a regolare i rapporti tra i diversi responsabili, in quanto obbligati solidali. Qualsivoglia statuizione contenuta nella sentenza impugnata relativa a questi rapporti non fa stato, ai fini dell’azione di regresso tra più coobbligati, né a favore né contro la parte che è rimasta estranea al giudizio. Quindi, il Comune di OMISSIS non ha alcun interesse ad una pronuncia di legittimità che abbia ad oggetto le corrispondenti statuizioni del giudice di merito, in quanto prive di idoneità al giudicato cfr. Cass. numero 19492/07, numero 4241/13 . Né l’interesse all’impugnazione può essere rinvenuto nell’efficacia riflessa di prova o di elemento di prova documentale che potrebbe essere riconosciuta, in altro giudizio, alla sentenza passata in giudicato anche se non ha l’effetto vincolante di cui all’art. 2909 cod. civ Infatti, questa efficacia probatoria attiene all’accertamento dei fatti, non alla loro valutazione cfr., oltre alle sentenze da ultimo citate, anche Cass. numero 19499/09 e numero 3377/11 nel caso di specie, il ricorso del Comune non pone in discussione i fatti accertati dal giudice di merito circa lo stato dei luoghi, ma soltanto la relativa valutazione ai fini dell’applicazione della presunzione di cui al terzo comma dell’art. 2055 cod. civ. e della determinazione nel 50% della misura della corresponsabilità rispetto a quest’ultima la sentenza passata in giudicato è tamquam non esset , operando il principio dell’inapplicabilità del giudicato nel giudizio di regresso cfr. Cass. numero 19492/07 cit., che - ribadendo il principio secondo cui, qualora due giudizi abbiano riferimento ad uno stesso rapporto giuridico ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica, ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, preclude il riesame dello stesso punto, non trova applicazione allorché tra i due giudizi non vi sia identità di parti, essendo l’efficacia soggettiva del giudicato circoscritta, ai sensi dell’art. 2909 cod. civ., ai soggetti che siano posti in grado di intervenire nel processo - in materia di responsabilità da fatto illecito imputabile a più persone, ha cassato la sentenza di appello che aveva accolto la domanda di regresso proposta dal responsabile dell’illecito già condannato in separato giudizio al risarcimento dei danni in favore del terzo - verso il coobbligato solidale rimasto estraneo al giudizio risarcitorio conclusosi con la condanna del terzo e, nell’affermare il principio precedentemente esaminato, ha anche considerato che, rispetto al giudicato intervenuto tra uno dei condebitori in solido e il creditore, non era intervenuta l’accettazione da parte dell’altro condebitore, con la conseguenza che trovava applicazione il principio dell’inapplicabilità del giudicato nel giudizio di regresso . Nel presente giudizio, svoltosi tra la creditrice ed uno soltanto dei responsabili, il Comune non può che rispondere per l’intero nei confronti della danneggiata, la quale si giova della solidarietà passiva sancita dal primo comma dell’art. 2055 cod. civ. grazie all’accertamento della cor responsabilità del Comune di cui al primo ed al quarto motivo . In conclusione, i motivi primo, secondo e quarto vanno respinti. 4.- Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1227, 2043 e segg. c.c., degli articolo 1223, 1226, 2055, 2056 e 2697 c.c., degli articolo 99, 112 e 115 c.p.c., dell’art. 41 c.p. e dell’art. 650 c.p.c. omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in violazione dell’art. 111 della Costituzione Italiana, sesto comma, omesso esame di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nnumero 3 e 5” . Il ricorrente censura la liquidazione del danno, assumendo che sarebbe stata effettuata equitativamente tenendo conto della merce probabilmente esistente nel deposito al momento dell’evento, mentre sarebbe stato onere della danneggiata provarne l’effettiva consistenza. In mancanza di questa prova la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere rigettata, non essendo possibile fare ricorso alla liquidazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., quando il danno possa essere provato nel suo preciso ammontare e questo onere probatorio non venga assolto dal danneggiato. 4.1.- Il motivo non merita di essere accolto. Come osserva la resistente, il giudice di merito non ha affatto liquidato il danno stimando la merce che si sarebbe probabilmente trovata nel deposito, ma, al contrario, ha limitato la liquidazione dei danni alla merce effettivamente rinvenuta e recuperata a seguito dell’allagamento, così come individuata e stimata dal consulente tecnico d’ufficio. Il passo di motivazione riportato nel terzo motivo non è infatti riferito alla conferma della liquidazione dei danni effettuata dal Tribunale, ma è riferito al fatto che il primo giudice non ha considerato la probabile esistenza nel deposito di una maggiore quantità di merce rivendicata dalla danneggiata. Questa esclusione è stata reputata corretta dalla Corte d’appello, che perciò ha rigettato l’appello incidentale della I. - senza che risulti che sia mai stato posto in dubbio, invece, che i beni considerati a fini risarcitori fossero stati effettivamente danneggiati dall’evento per cui è causa e coincidessero con quelli ispezionati dal consulente tecnico d’ufficio. Contrariamente a quanto si assume in ricorso, la danneggiata risulta avere fornito la prova dell’esistenza, della natura e della quantità della merce custodita nel deposito e rimasta danneggiata dall’allagamento per la quale è stato accordato il risarcimento. Il motivo è infondato laddove lamenta la violazione delle regole di riparto dell’onere della prova. 4.2.- Quanto all’art. 1226 cod. civ., il riferimento fatto in sentenza alla liquidazione equitativa è chiaramente rivolto, non alla quantità ed alla consistenza della merce danneggiata considerata dal giudice, bensì alla stima del relativo valore. Questa risulta essere stata attuata appunto, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., con valutazione corretta in diritto, trattandosi della stima di tessuti eterogenei per qualità e tipologia, di cui sarebbe stato impossibile accertare ex post il valore unitario comunque, questa stima non è, in sé, contestata dalla ricorrente. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Avuto riguardo al fatto che il ricorso è stato notificato dopo il 31 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell’art. 13 del D.P.R. numero 115 del 2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore della resistente, nell’importo complessivo di Euro 7.800,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d. P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma l bis dello stesso art. 13.