Trenitalia condannata per immissioni nocive ma non per danno morale

Trenitalia condannata a risarcire i proprietari di appartamenti situati in prossimità della stazione ferroviaria per immissioni sonore superiori alla normale soglia di tollerabilità. Riconosciuto, quindi, il danno patrimoniale, ma non quello morale.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20198/16, depositata il 7 ottobre. Il caso. Il Tribunale di Padova veniva adito dai ricorrenti per ottenere il risarcimento dei danni e segnatamente quello alla salute e del danno patrimoniale dovuto al deprezzamento degli immobili di loro proprietà, sostenendo che la convenuta Trenitalia S.p.a. svolgeva attività di movimentazione di vagoni ferroviari, provocando fastidiosi rumori, con immissioni intollerabili e nocive, proprio in prossimità degli appartamenti di proprietà degli attori. Il Tribunale adito condannava dunque la convenuta a realizzare un sistema di oliatura periodica degli impianti, nonché al risarcimento dei danni patiti dagli attori. Avverso tale decisione proponeva impugnazione Trenitalia che veniva respinta, con sentenza, dalla Corte d’appello di Venezia. Per la cassazione di tale decisione ricorre la stessa S.p.a Vizio di extra-petizione. Con il primo motivo di ricorso la società afferma che la Corte territoriale avrebbe fatto illegittimo ricorso al criterio del differenziale” invece che basarsi sui livelli assoluti di rumorosità riscontrati dal c.t.u. in misura inferiore ai limiti previsti dalla specifica normativa dettata in materia di inquinamento acustico da traffico ferroviario. Con il terzo motivo di ricorso deduce, invece, nullità della sentenza per vizio di extra-petizione. La Corte d’appello di Venezia sarebbe infatti incorsa in vizio di extra-petizione per aver statuito sul danno morale conseguente alla ritenuta commissione della fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 659 c.p., attribuendo agli attori-appellati un bene non richiesto, poiché non originariamente dedotto con la domanda di primo grado. Risarcimento del danno morale. La censura deve essere accolta in riferimento a quest’ultimo motivo di ricorso. Dall’esame dell’atto di citazione di primo grado, infatti, non risulta affatto che gli attori abbiano mai fatto riferimento al risarcimento del danno morale da reato e abbiano mai prospettato, a fondamento della relativa domanda risarcitoria, un fatto illecito costituente reato a carico della parte convenuta in giudizio. Gli attori, infatti, sulla scorta della dedotta intollerabilità delle immissioni rumorose, hanno dedotto in modo del tutto generico, l’esistenza di un notevole disturbo a tutte le persone residenti nel complesso immobiliare, per poi comunque correlarne l’efficienza causale soltanto ad un grave pericolo per la salute pubblica . La Corte d’appello, di contro, riformando sul punto la sentenza di primo grado, che aveva liquidato agli attori il danno cd. esistenziale, ma non già il danno morale da reato, ha riconosciuto correttamente ai medesimi attori proprio quest’ultima voce di danno, in ragione della ritenuta sussistenza della fattispecie incriminatrice contravvenzionale di cui all’art. 659 c.p Con ciò, il giudice di secondo grado ha violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c La Suprema Corte accoglie dunque solo in parte le pretese attoree nei gradi di merito e del pari, la fondatezza soltanto parziale dell’impugnazione di legittimità consente di disporre la compensazione integrale delle spese processuale dell’intero giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 24 maggio – 7 ottobre 20116, n. 20198 Presidente Amendola – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. - B.E. , T.F. , Se.Da. , M.T. , C.L. , F.A. e Fo.Ta. adirono il Tribunale di Padova per ottenere il risarcimento dei danni e, segnatamente, quello alla salute e del danno patrimoniale dovuto al deprezzamento degli immobili di loro proprietà, sostenendo che la convenuta Trenitalia S.p.A. svolgeva – nell’area denominata Campo di Marte di sua proprietà e confinante con il complesso immobiliare comprendente gli appartamenti di essi attori attività di movimentazione di vagoni ferroviari, provocando fastidiosi rumori dovuti allo scorrimento delle ruote sui binari, con immissioni intollerabili e nocive, delle quali chiesero l’eliminazione o la riduzione nei limiti legali. Il Tribunale di Padova, con sentenza del novembre 2003, accertata l’illiceità delle immissioni, condannò la convenuta a realizzare un sistema di oliatura periodica delle rotaie e degli impianti, nonché al risarcimento dei danni patiti dagli attori, liquidati, in favore di ciascuno di essi, nella misura di Euro 15.000,00. Avverso tale decisione proponeva impugnazione Trenitalia S.p.A., che veniva respinta dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza resa pubblica il 13 dicembre 2010. 2.1. - Negata l’esistenza di una servitù per destinazione del padre di famiglia poiché sfornita di prova, la Corte d’appello riteneva condivisibile il ricorso da parte del Tribunale al criterio del differenziale se pure il rumore della movimentazione dei convogli ferroviari non oltrepassava i limiti assoluti secondo la normativa vigente, tuttavia doveva ritenersi oltrepassata la soglia della normale tollerabilità di cui all’art. 844 cod. civ Il rumore, infatti, al momento del passaggio dei carri, superava di oltre 5 decibel il livello del rumore residuo in assenza di lavorazioni, così violando l’art. 4, comma 1, del d.P.C.m. 14 novembre 1997, che prevedeva un incremento massimo del differenziale pari, per l’appunto, a 5 decibel. Correttamente, dunque, il Tribunale aveva operato un bilanciamento tra le esigenze della produzione e il diritto alla tranquillità della vita dei residenti, disponendo che venisse realizzato un sistema di oliatura periodica delle rotaie e degli impianti . 2.2. - Il giudice di secondo grado - preso atto che, già in primo grado, era stato escluso il risarcimento del danno patrimoniale e di quello biologico - negava che potesse essere risarcito agli attori il danno esistenziale , quale autonoma categoria che non era ammissibile nel nostro ordinamento . Tuttavia, la Corte lagunare, rilevato che la condotta di Trenitalia integrava la contravvenzione di disturbo all’occupazione e al riposo delle persone mediante emissioni sonore di cui all’art. 659 cod. pen., riconosceva agli attori, nella stessa misura liquidata in primo grado, il danno morale derivante da reato, inteso quale pretium doloris , a titolo di ristoro per l’enorme sofferenza patita e patienda . 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre Trenitalia S.p.A. in base a tre motivi, illustrati da memoria. Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati B.E. , T.F. , Se.Da. , M.T. , C.L. , F.A. e Fo.Ta. . Considerato in diritto 1. - Con il primo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., falsa applicazione dell’art. 4, comma 1, del d.P.C.m. 14 novembre 1997, in luogo dell’art. 6-ter del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, in legge 27 febbraio 2009, n. 13, con riferimento all’art. 844 cod. civ La Corte territoriale avrebbe fatto illegittimo ricorso al criterio del differenziale , invece che basarsi sui livelli assoluti di rumorosità riscontrati dal c.t.u. in misura inferiore ai limiti previsti dalla specifica normativa dettata in materia di inquinamento acustico da traffico ferroviario, ossia dall’art. 5, comma 1, lett. a del d.P.R. 18 novembre 1998, n. 459 che fissa il limite massimo di 70 db per il periodo diurno , non potendosi far riferimento, invece, all’art. 4, comma 1, del d.P.C.m. 14 novembre 1997 che vieta incrementi del livello differenziale superiori ai 5 db , giacché recante la disciplina generale sulla Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore . In tal senso, infatti, il giudice di appello avrebbe falsamente applicato la norma richiamata in luogo dell’art. 6-ter del d.l. n. 208 del 2008 convertito dalla legge n. 13 del 2009 , che costituirebbe norma di interpretazione autentica dell’art. 844 cod. civ. nello stabilire che, nell’accertare la normale tollerabilità delle immissioni e regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso . In ogni caso, l’applicazione dell’art. 4, comma 1, del d.P.C.m. del 14 novembre 1997 sarebbe erronea in quanto la stessa norma esclude che il criterio differenziale possa operare in riferimento alla rumorosità prodotta , tra l’altro, dalle infrastrutture ferroviarie . 1.1. - Il motivo è infondato. Questa Corte, anche alla luce dell’orientamento espresso dalla Corte costituzionale ord. n. 103 del 2011 , ha avuto modo di affermare, in più di un’occasione Cass., 27 aprile 2015, n. 8474 Cass., 16 ottobre 2015, n. 20927 , che, in tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6-ter del decreto-legge n. 208 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 13 del 2009, al quale non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell’art. 844 cod. civ., con l’effetto di escludere l’accertamento in concreto del superamento del costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell’interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione. Sicché, occorre ribadire in consonanza ad orientamento costante tra le tante, Cass., 12 febbraio 2010, n. 3438 che il limite di tollerabilità delle immissioni non ha carattere assoluto, ma è relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell’ambito della stessa. Ne consegue, pertanto, che non è censurabile la decisione della Corte di merito che si è basata su un apprezzamento in concreto ancorato al criterio del cd. differenziale nella specie, incremento massimo di 5 decibel, sulla scorta dell’art. 4, comma 1, del d.P.C.m. 14 novembre 1997 , ritenendo le immissioni sonore prodotte dalla movimentazione dei vagoni superiori alla normale tollerabilità di cui all’art. 844 cod. civ Tanto, dunque, risultando assorbente anche rispetto alla novità della doglianza nella parte in cui deduce l’inoperatività del d.P.C.m. del 1997 in ragione della sua inapplicabilità alle infrastrutture ferroviarie , non avendo la società ricorrente precisato quale fosse il tenore specifico dell’originario motivo di appello, ossia se esso si appuntasse effettivamente sulla sussunzione nel concetto di infrastruttura ferroviaria dell’area di sola movimentazione dei carri interessata dalla vicenda processuale ciò, comunque, implicando un accertamento di fatto da parte del giudice di merito . 2. - Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione di legge con riferimento all’erronea qualificazione della fattispecie in termini di reato contravvenzionale ai sensi dell’art. 659 c.p. . La Corte territoriale avrebbe errato a liquidare il danno morale derivante dal reato di cui all’art. 659 cod. pen., non potendo tale norma incriminatrice trovare applicazione nella fattispecie, giacché il superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore derivanti dall’esercizio di professioni o mestieri rumorosi andrebbe ricondotto, in virtù del principio di specialità di cui all’art. 9 della legge n. 689 del 1981, all’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora - come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità - l’inquinamento acustico si concretizzi nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle norme vigenti in materia, là dove la rilevanza penale della condotta di cui al citato art. 659, secondo comma, cod. pen. sarebbe circoscritta ad altre cause di inquinamento prodotte dall’esercente attività rumorosa. 3. - Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per vizio di extra-petizione. La Corte d’appello di Venezia sarebbe incorsa in vizio di extra-petizione per aver statuito sul danno morale conseguente alla ritenuta commissione della fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 659 cod. pen., attribuendo agli attori-appellati un bene non richiesto, poiché non originariamente dedotto né, comunque, successivamente preteso con la domanda in primo grado, la quale, in assenza di qualsiasi allegazione circa una condotta di Trenitalia integrante gli estremi di reato, faceva esclusivo riferimento ai danni alla salute e a quelli economici derivanti dal deprezzamento degli immobili, là dove, poi, con la stessa comparsa conclusionale veniva nuovamente reiterata la richiesta di risarcimento del danno alla salute, sub specie di lesione della serenità personale e del più generale benessere psico-fisico. 4. - È logicamente prioritario lo scrutinio della censura di carattere processuale veicolata con il terzo motivo. 4.1. - La doglianza è ammissibile giacché costruita nel rispetto dei principi di specificità e localizzazione, ex art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. , nonché fondata. Dall’esame - consentito a questa Corte per la natura, processuale, del vizio dedotto - dell’atto di citazione di primo grado non risulta affatto che gli attori abbiamo mai fatto riferimento al risarcimento del danno morale da reato e circostanza decisiva abbiano mai prospettato, a fondamento della relativa domanda risarcitoria, un fatto illecito costituente reato a carico della parte convenuta in giudizio. Gli attori, infatti, sulla scorta della dedotta intollerabilità delle immissioni rumorose, hanno dedotto, in modo del tutto generico, l’esistenza di un notevole disturbo a tutte le persone residenti nel complesso immobiliare , ma per poi comunque correlarne l’efficienza causale soltanto ad un grave pericolo per la salute pubblica , instando, quindi, per il ristoro dei danni subiti , puntualizzati, infatti, in quelli alla salute , oltre che in quelli economici consistenti nel deprezzamento degli appartamenti e nell’impossibilità di vendita degli stessi a causa dei rumori . Per contro, la Corte di appello, riformando sul punto la sentenza di primo grado, che aveva liquidato agli attori il danno cd. esistenziale , ma non già il danno morale da reato, ha riconosciuto ai medesimi attori proprio quest’ultima voce di danno, in ragione della ritenuta sussistenza della fattispecie incriminatrice contravvenzionale di cui all’art. 659 cod. pen on ciò il giudice di secondo grado, in assenza di allegazioni congruenti e specifiche circa l’addebito alla parte convenuta di una condotta prospettata come integrante l’ipotesi di reato configurata dallo stesso giudice del merito, ha violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 cod. proc. civ. in tale senso, Cass. 8 giugno 2007, n. 13391 Cass. 10 novembre 2009, n. 23807, in motivazione . L’accoglimento del terzo motivo comporta l’assorbimento del secondo mezzo, giacché, a prescindere dalla effettiva ricorrenza, nella fattispecie, dell’illecito contravvenzionale disciplinato all’art. 659 cod. pen., il giudice di merito non avrebbe potuto pronunciarsi su una domanda risarcitoria non avanzata dalla parte. 5. - Va, dunque, rigettato il primo motivo di ricorso, accolto il terzo e dichiarato assorbito il secondo. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., con conseguente declaratoria di nullità della condanna di Trenitalia S.p.A. al risarcimento del danno morale da reato, avendo il giudice di appello deciso su domanda di parte non proposta in giudizio e, quindi, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ 6. - L’accoglimento solo in parte delle pretese attorse nei gradi di merito e, del pari, la fondatezza soltanto parziale della presente impugnazione di legittimità consente di disporre la compensazione integrale delle spese processuali dell’intero giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il terzo motivo e dichiara assorbito il secondo motivo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, dichiara la nullità della condanna di Trenitalia S.p.A. al risarcimento del danno morale da reato compensa interamente le spese processuali sia dei gradi di merito, che del presente giudizio di legittimità.