Conduttrice rilascia l’immobile locato in condizioni deteriori: condannata

A nulla è servito, per la società conduttrice del caso, dedurre modifiche apportate all’immobile effettuate dalla locatrice dopo il giudizio di primo grado qualora il bene venga restituito in condizioni deteriori tali da rendere necessarie modifiche e miglioramenti al locatore, il conduttore sarà tenuto al risarcimento del danno.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14654/16, depositata il 18 luglio. Il caso. Il 28 luglio 1995, una s.r.l. locava ad una società un immobile, autorizzandola ad eseguire alcuni lavori. Dopo il rinnovo del contratto alla prima scadenza, la locatrice il 3 febbraio 2004 si accordava con la conduttrice per il rilascio dell’immobile al 30 giugno 2004, concedendo poi una proroga fino al 31 agosto 2014. La locatrice conveniva dunque in giudizio la società per farla condannare al pagamento in suo favore di una somma di denaro a titolo di penale contrattuale per il ritardato rilascio avvenuto il 22 settembre 2004 oltre che il risarcimento dei danni derivanti da deterioramento del bene locato trovato in condizioni tanto deteriori da rendere necessario un accertamento tecnico preventivo , nonché del maggior danno ex 1591 c.c. per l’impedimento a concedere nuovamente in locazione l’immobile date le condizioni in cui era stato rilasciato. Il Tribunale rigettava la domanda. Avverso detta sentenza la società locatrice si rivolgeva alla Corte di appello di Roma, che accoglieva parzialmente la domanda e condannava la conduttrice al risarcimento dei danni e al pagamento della penale, dichiarando altresì inammissibile la domanda di condanna al pagamento dell’indennità di occupazione. Per la cassazione di tale sentenza ricorre la società conduttrice, con due motivi. Lo stato di manutenzione al momento della consegna. Con il primo motivo si denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto, secondo la ricorrente, la Corte d’appello aveva erroneamente riconosciuto che l’immobile si trovava in buono stato di manutenzione al momento della consegna. Il motivo non viene accolto dalla Corte di Cassazione. Alla luce di una consolidata giurisprudenza, infatti, il vizio ex comma 1, n. 5, art. 360 c.p.c. – nella formulazione antecedente alla novella di cui al d.l. n. 83/12 – può ravvisarsi solo quando sia rinvenibile mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, o nel caso di insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico alla base della decisione. Ma, le censure addotte dalla ricorrente in realtà si risolvono in una mera critica sulla ricostruzione dei fatti e sull’apprezzamento delle prove operati in modo sufficiente e plausibile dalla Corte territoriale le stesse censure, peraltro, non aggrediscono appieno la ratio decidendi alla base della decisione, poiché la Corte d’appello ha ammesso l’esistenza di lavori della conduttrice sull’immobile, ascrivendoli però ad esigenze proprie della stessa conduttrice e non già al cattivo stato dell’immobile all’atto della consegna La variazione strutturale degli immobili. In secondo luogo la ricorrente denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 1590 c.c., nonché omessa, insufficiente e contradditoria motivazione della sentenza, in relazione all’art 360, comma 1, n. 5, c.p.c Infatti, nel corso del sopralluogo effettuato dal c.t.u. di secondo grado, era emerso che la locatrice aveva eseguito delle variazioni strutturali degli immobili, tali da non rendere necessarie le modifiche richieste alla conduttrice, ma la Corte d’appello non si era avveduta della circostanza che dal deterioramento della cosa locata non era derivato, in concreto, alcun danno patrimoniale per la locatrice, condannando erroneamente la conduttrice al risarcimento del danno relativo alla spesa occorrente per le modifiche richieste anzidette. La Corte non ritiene di accogliere nemmeno questo secondo motivo. Infatti, il principio di diritto richiamato dalla ricorrente - Il conduttore non è obbligato al risarcimento, se dal deterioramento della cosa locata, superiore a quello corrispondente all’uso della cosa in conformità del contratto, per particolari circostanze, non ne è derivato un danno patrimoniale al locatore Cass. sent. n. 5328/07 – non è stato affatto violato dalla Corte d’appello, avendo essa accertato sia che la conduttrice è rimasta inadempiente all’obbligo di cui all’art. 1590 c.c., sia che dal deterioramento della cosa locata è derivato un danno patrimoniale per la locatrice. Peraltro, la complessiva doglianza è costruita con il richiamo di atti di cui, in violazione dei principi di specificità e di cd. localizzazione, non si dà contezza adeguata, né si indica la sede processuale di formazione e riversamento e di attuale collocazione, né, ancora, si assume che un tale vizio sia stato tempestivamente veicolato in sede di giudizio di appello nella prima udienza successiva al deposito della stessa consulenza.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 aprile – 18 luglio 2016, n. 14654 Presidente Ambrosio – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. - In data 28 luglio 1995, la Aeternum s.r.l. locò alla Supermercati SIR s.r.l. un immobile sito in Roma, autorizzando quest’ultima ad eseguirvi taluni lavori, come da scrittura privata sottoscritta dalle parti contestualmente al contratto di locazione. Dopo il rinnovo del contratto alla prima scadenza, la locatrice, in data 3 febbraio 2004, si accordò con la conduttrice per il rilascio dell’immobile al 30 giugno 2004, concedendo, poi, una proroga per il detto rilascio sino al 31 agosto 2004. Posto che la conduttrice rilasciò l’immobile solamente in data 22 settembre 2004, e in condizioni gravemente deteriori rispetto a quelle della consegna, tanto da rendere necessario un accertamento tecnico preventivo, la Aeternum s.r.l. convenne in giudizio la Supermercati SIR s.r.l. per sentirla condannare al pagamento in suo favore dell’importo di Euro 31.500,00, a titolo di penale contrattuale per ritardato rilascio rispetto alla convenuta data del 31 agosto 2004, nonché al risarcimento dei danni derivanti dal deterioramento eccedente il normale utilizzo del bene locato e del maggior danno di cui all’art. 1591 cod. civ., determinato dall’impedimento a concedere nuovamente l’immobile in locazione in ragione delle condizioni in cui era stato rilasciato. Con sentenza del novembre 2006, l’adito Tribunale di Roma, nel contraddittorio con la Supermercati SIR s.r.l. rigettò la domanda attorea. 2. - Avverso tale decisione proponeva impugnazione la Aeternum s.r.l., che, nel contraddittorio con la società appellata ed espletata c.t.u., la Corte di appello Roma, con sentenza resa pubblica il 29 marzo 2011, accoglieva parzialmente e, in riforma della sentenza di primo grado, condannava la Supermercati SIR s.r.l. al risarcimento del danno nella misura di Euro 18.500,00, nonché al pagamento della penale pari ad Euro 11.000,00, con gli interessi legali maturati dal 1 settembre 2004 sino al soddisfo dichiarava inammissibile, altresì, la domanda di condanna al pagamento dell’indennità di occupazione e condannava l’appellata alla refusione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio. 2.1. - Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale, in riferimento alla domanda di risarcimento dei danni arrecati all’immobile dalla conduttrice, affermava che non era possibile desumere dal solo accordo tra le parti in ordine all’esecuzione di determinati lavori nell’immobile locato che quest’ultimo non si trovasse in buono stato di manutenzione al momento della consegna, atteso che dalla scrittura coeva al contratto di locazione emergeva chiaramente che i citati lavori erano stati eseguiti ad iniziativa della società conduttrice solamente per meglio adattare l’immobile alle sue esigenze organizzative e non anche a causa di una presunta scadente condizione dell’immobile che lo rendeva inidoneo a servire all’uso convenuto. Sicché, riconosciuta l’operatività della clausola contrattuale inerente il buono stato iniziale della cosa locata , la Corte Capitolina assumeva di dover prendere in considerazione solamente i danni lamentati dalla locatrice nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, nei limiti di quanto riscontrato dal consulente tecnico d’ufficio in sede di accertamento tecnico preventivo e con esclusione dei danni non attribuibili alla responsabilità della conduttrice, in quanto determinati dall’usura del tempo. Il giudice del gravame, in forza dell’ammissione della conduttrice in ordine all’abbattimento di un muro divisorio e dovendo attribuirsi all’uso anormale dell’immobile il danneggiamento alle saracinesche del capannone piccolo, concludeva, quindi, nel senso che la Supermercati SIR s.r.l. doveva essere condannata al risarcimento del danno relativo alle spese occorrenti per il ripristino del detto muro di divisione 8.800,00 Euro e per saracinesche 9.000,00 Euro . La Corte territoriale, esclusa la sussistenza di prova in ordine ai danni ai vetri ed all’impianto elettrico, quanto alla sporcizia riscontrata nell’immobile poneva a carico dell’appellata le spese per la pulizia solo nella misura del 70%, atteso che il CTU aveva attribuito parte della citata sporcizia ad un degrado post-locazione per mancato presidio di cui non vi era dubbio che dovesse essere onerata l’appellante. 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre la I. Immobiliare s.r.l. già Supermercati SIR s.r.l. , affidando le sorti dell’impugnazione a due motivi. La società ricorrente ha chiesto la rimessione in termini per il rinnovo della notificazione del ricorso avvenuta senza esito, su cui il Presidente della Sesta sezione civile, sottosezione terza, ha dichiarato il non luogo a provvedere la società ricorrente ha così provveduto ad una nuova notificazione del ricorso. 3.1. - Resiste con controricorso la Aeternum s.r.l., che ha anche depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ., insistendo nella inammissibilità del ricorso per tardività. Considerato in diritto 1. -. Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La Corte d’Appello, omettendo di valutare ed esplorare l’idoneità dei documenti allegati all’accordo intercorso tra le parti, ed esibiti dall’appellata già nel giudizio di primo grado, a rappresentare il cattivo stato dell’immobile all’inizio della locazione, avrebbe erroneamente riconosciuto che l’immobile si trovava in buono stato di manutenzione al momento della consegna. 1.1. - Il motivo non può trovare accoglimento. Alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte tra le tante, Cass., 21 agosto 2006, n. 18214 Cass., 26 gennaio 2007, n. 1754 Cass., 16 dicembre 2011, n. 27197 Cass., 14 novembre 2013, n. 25608 , il vizio veicolabile ai sensi del n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., nella formulazione antecedente alla novella legislativa di cui a. d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 applicabile ratione temporis per essere la sentenza impugnata in questa sede stata pubblicata il 23 marzo 2011 , può ravvisarsi solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia vale a dire che, se esaminati, avrebbero portato ad una diversa soluzione della vertenza, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità , ovvero quando esista un insanabile contrasto fra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. Sicché, le doglianze non si conformano al paradigma censorio evocato, in quanto, lungi dal censurare, alo intrinseco, la sufficienza e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte dal giudice di secondo grado cfr. sintesi al p.2.1. del Ritenuto in fatto che precede e cui si rinvia , in realtà si risolvono in una mera critica sulla ricostruzione dei fatti e sull’apprezzamento delle prove operati in modo sufficiente e plausibile dalla Corte territoriale, sostituendovi, inammissibilmente, una valutazione delle emergenze processuali in senso più favorevole per la parte ricorrente. A ciò si aggiunge anche il rilievo che le censure, comunque, non aggrediscono appieno la ratio decidendi che sorregge la decisione cfr. ancora sintesi al citato p.2.1. che precede , giacché la Corte di appello, ammettendo l’esistenza di lavori della conduttrice sull’immobile, li ha, però, ascritti ad esigenze proprie della stessa conduttrice e non già al cattivo stato dell’immobile all’atto della consegna. 2. - Con il secondo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1590 cod. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ Dal momento che nel corso del sopralluogo in sede di c.t.u. espletata in secondo grado era emerso che la Aeternum s.r.l. aveva provveduto ad eseguire delle variazioni strutturali degli immobili di cui il c.t.u. non dava atto, sebbene richiestone dal c.t.p. di essa Supermercati SIR , tali da non richiedere né la ricostruzione del muro divisorio abbattuto, né il ripristino delle saracinesche danneggiate, in quanto definitivamente sostituite con muri perimetrali, la Corte d’appello non si sarebbe avveduta della circostanza evidenziata anche nelle note conclusive dell’appellata e rimarcata con la richiesta, non accolta, di convocazione del c.t.u. a chiarimenti che dal deterioramento della cosa locata, superiore a quello corrispondente all’uso del bene in conformità al contratto, non era derivato, in concreto, alcun danno patrimoniale per la Aeternum s.r.l. e, conseguentemente, avrebbe erroneamente condannato la Supermercati SIR s.r.l. al risarcimento del danno relativo alla spesa occorrente per il ripristino del muro divisorio e delle saracinesche anzidetti. 2.1. - Il motivo non può trovare accoglimento. La società ricorrente evoca un principio di diritto quello secondo cui il conduttore non è obbligato al risarcimento, se dal deterioramento della cosa locata, superiore a quello corrispondente all’uso della cosa in conformità del contratto, per particolari circostanze, non ne è derivato un danno patrimoniale al locatore Cass., 8 marzo 2007, n. 5328 - che non è stato affatto violato dalla Corte territoriale, avendo essa accertato tanto che la Supermercati SIR s.r.l. è rimasta inadempiente all’obbligo di cui all’art. 1590 cod. civ., avendo rilasciato l’immobile locato in condizioni deteriori, superiori all’uso conforme al contratto abbattimento del muro di divisione del capannone principale e danneggiamento delle saracinesche del capannone piccolo , quanto che dal predetto deterioramento della cosa locata è derivato un danno patrimoniale per la Aeternum s.r.l., relativo alle spese occorrenti per il ripristino del detto muro divisorio e per la riparazione delle saracinesche. Del resto, le critiche di parte ricorrente si fondano su un assunto che contrasta direttamente con l’accertamento in fatto su cui si basa la decisione impugnata, ossia che lo stato dei luoghi sarebbe stato diverso da quello descritto dal c.t.u., il quale non avrebbe considerato i rilievi del c.t.p., né la Corte territoriale avrebbe poi tenuto conto di tale diversa rappresentazione indicata nella memoria conclusionale. Tuttavia, la complessiva doglianza è costruita con il richiamo di atti c.t.p., atti processuali difensivi, istanze in corso di giudizio dei quali, in violazione dei principi di specificità e di cd. localizzazione ex art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. , non si dà, sia pure in sintesi, contezza adeguata, né si indica puntualmente la sede processuale di rispettiva formazione e riversamento e di attuale collocazione, là dove, in via comunque assorbente, neppure viene dedotto un vizio attinente proprio alla validità della c.t.u., né, tantomeno, si assume che un tale vizio sia stato tempestivamente veicolato in sede di giudizio di appello, nella prima udienza successiva al deposito della stessa consulenza. 3. - Il ricorso deve, dunque, essere rigettato e ciò si presta ad essere considerata come ragione più liquida cfr. in tale prospettiva Cass., 26 giugno 2015, n. 13203, in motivazione rispetto all’esame della questione preliminare concernente la richiesta di rimessione in termini della parte ricorrente. La società ricorrente va condannata, ai sensi dell’art. 385, primo comma, cod. proc. civ. al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate come in dispositivo in conformità ai parametri introdotti dal d.m. 10 marzo 2014, n. 55. P.Q.M. LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in complessivi Euro 3,100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.