Cade nel parcheggio, ma non indica il luogo preciso dell’incidente: niente risarcimento

Brutta disavventura per una donna all’uscita da un supermercato. Il capitombolo si verifica nel parcheggio di proprietà del Comune e a disposizione della struttura commerciale. Nella ricostruzione dell’episodio, però, manca l’indicazione precisa del luogo dove è avvenuta la caduta.

Caduta dolorosa nel parcheggio – di proprietà del Comune – del supermercato. A finire a terra è una donna che, buste in mano, era diretta verso la propria vettura. Inutile, però, la sua richiesta di risarcimento. Decisiva la lacuna relativa al punto preciso in cui è si verificato il capitombolo Cassazione, sentenza n. 14425/2016, Sezione Terza Civile, depositata il 15 luglio . Pavimentazione. Ricostruita la disavventura che ha coinvolto una donna. Ella, conclusi gli acquisti al supermercato, si è incamminata verso la propria autovettura , all’interno del parcheggio di proprietà del Comune e al servizio della struttura commerciale . Lungo il tragitto, però, è finita malamente a terra, a causa , a suo dire, della irregolarità della pavimentazione, costituita da un grigliato di cemento non correttamente livellato con il terriccio . Secondo il racconto fatto dalla donna, in conclusione, un tacco della scarpa le è rimasto incastrato in uno dei fori presenti nella pavimentazione, e ciò le ha fatto perdere l’equilibrio. Manca, però, secondo i giudici, un elemento decisivo nella ricostruzione della caduta, cioè il luogo preciso dove si è verificato il problema. E tale lacuna è sufficiente per negare alla donna il risarcimento richiesto al Comune. A confermare questa visione provvedono ora i magistrati della Cassazione. Anche a loro dire, difatti, non è stata portata in giudizio la prova che la caduta si è verificata a causa della pavimentazione grigliata . La donna si è limitata ad affermare che l’incidente si è verificato sul ‘grigliato’, ma, ribattono i magistrati, è plausibile penare che l’incidente sia avvenuto in un altro luogo del parcheggio , caratterizzato da diversi tipi di pavimentazione . Mancano, quindi, i presupposti per obbligare il Comune a risarcire la vittima della caduta.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 30 marzo – 15 luglio 2016, n. 14425 Presidente Ambrosio – Relatore Olivieri Svolgimento del processo A.V. risultava soccombente in entrambi i gradi di giudizio dalla stessa promosso per ottenere dal Comune di Pordenone, in qualità di ente proprietario tenuto alla custodia del parcheggio sito a servizio di un supermercato, il risarcimento del danno alla persona subito a causa del sinistro occorso in data 23.4.2005 quando dopo aver effettuato acquisii presso il locale commerciale mentre si recava verso la propria autovettura posteggiata era caduta a causa della irregolarità della pavimentazione costituita da un grigliato di cemento non correttamente livellato con il terriccio, in uno dei fori del quale era rimasto incastrato un tacco della calzatura. La Corte d'appello di Trieste , con sentenza 26.2.2013 n. 130, rilevava il difetto di prova del contatto tra la cosa e la danneggiata, non essendo dimostrato in quale luogo del parcheggio, costituito dal grigliato per la sosta delle auto, dal marciapiede e dal manto stradale la A. era caduta, né avendo formulato la appellante, nella memoria in primo grado, capitoli specifici su tale punto. La sentenza, notificata in data 6.5.2013 è stata ritualmente impugnata per cassazione dalla A. che dedotto con due motivi plurime censure di vizi di attività di giudizio ed errori di fatto. Ha resistito con controricorso il Comune di Pordenone. Motivi della decisione La sentenza di appello non merita censura. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di onere della prova, allegazione e non contestazione dei fatti ex artt. 115, 116 c.p.c. ed art. 2697 c.c., nonché omessa insufficiente motivazione su un fatto controverso decisivo con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento dei danni e per responsabilità da cose in custodia ex artt. 2043 e 2051 c.c., nonché omessa, insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo. Indipendentemente dal rilievo della oggettiva incompatibilità della denuncia di error juris ed error facti avverso la medesima statuizione impugnata cfr. Corte cass. II sez. 29.4.2002 n. 6224, id. III sez. 18.5.2005 n. 10385, id. V sez. 21.4.2011 n. 9185 sulla inammissibilità dei ricorso con cui si denuncia violazione di norma di diritto deducendo nella esposizione del motivo argomenti a fondamento del vizio motivazionale della sentenza id. III sez. 7.5.2007 n. 10295 sulla antinomia tra error in judicando e vizio di motivazione , atteso il diverso oggetto della attività del Giudice cui si riferisce la critica attività interpretativa della fattispecie normativa astratta da tenere distinta rispetto alla attività valutativa della fattispecie concreta emergente dalle risultanze probatorie, in quanto la errata individuazione della norma o la inesatta interpretazione degli effetti che alla stessa si sono intesi ricollegare, presuppone una corretta rilevazione degli elementi di fatto e della ricostruzione della fattispecie concreta cfr. Corte cass. I sez. 11.8.2004 n. 15499 id. sez. lav. 16.7.2010 n. 16698 , anche a ritenere che il primo motivo sia interamente rivolto a censurare il vizio logico di motivazione, alla stregua del principio secondo cui la rubrica non è vincolante ai fini della individuazione della censura che deve invece essere rilevata dalle critiche effettivamente rivolte alla sentenza impugnata ove chiaramente desumibili dalla esposizione degli argomenti in fatto e diritto svolti dalla parte ricorrente cfr. Corte cass. II sez. 7.4.2000 n. 4349 id. II sez. 18.3.2002 n. 3941 id. I sez. 5.4.2006 n. 7882 id. I sez. 13.9.2006 n. 19661 id. I sez. 30.3.2007 n. 7981 id. Sez. U, Sentenza n. 17931 del 2410712013 id. Sez. 1, Sentenza n. 24553 del 3111012013 id. Sez. 6 3, Ordinanza n. 4036 del 20/0212014 , il motivo si palesa egualmente inammissibile sia per denuncia di un vizio insufficiente motivazione non corrispondente al paradigma normativo dell'elenco tassativo dei vizi di legittimità, sia in quanto non viene indicato alcun fatto decisivo che il Giudice di appello non abbia già considerato, risolvendosi pertanto la censura in una inammissibile richiesta di revisione dell'intero materiale probatorio alla luce della diversa e soggettiva ricostruzione dei fatti meramente contrapposta a quella compiuta dalla Corte territoriale. Relativamente al primo rilievo vale osservare che al ricorso per cassazione, notificato il 2.7.2013, deve applicarsi l'art. 360, comma 1, c.p.c. nella nuova formulazione introdotta dall'art. 54co 1, lett. b , del DL 22 giugno 2012 n. 83, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012 n. 134 recante Misure urgenti per la crescita del Paese , che ha sostituito il n. 5 del comma 1 dell'art. 360 c.p.c. con riferimento alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pubblicate successivamente alla data dell' 11 settembre 2012 , rimanendo quindi circoscritto il controllo dell'indicato vizio di legittimità fino ad allora esteso anche al processo logico argomentativo fondato sulla valutazione dei fatti allegati assunti come determinanti in esito al giudizio di selezione e prevalenza probatoria, potendo essere censurata la motivazione della sentenza, oltre che per omessa considerazione di un fatto controverso e decisivo dimostrato in giudizio, anche per insufficienza e per contraddittorietà della argomentazione al minimo costituzionale individuato dall'art. 111 Cost. -secondo la consolidata giurisprudenza della Corte nelle sole ipotesi mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale motivazione apparente manifesta ed irriducibile contraddittorietà motivazione perplessa od incomprensibile che si convertono nella violazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c. al di fuori delle ipotesi indicate attinenti alla esistenza dei requisito motivazionale dei provvedimento giurisdizionale residua soltanto l'omesso esame di un fatto storico controverso, che è stato oggetto di discussione e decisivo , non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo giustificativo della decisione adottata sulla base di elementi fattuali acquisiti al rilevante probatorio ritenuti dal Giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi Corte cass. SS.UU. in data 7.4.2014 n. 8053 . Quanto al secondo rilievo la ricorrente insiste a ritenere raggiunta la prova del nesso di causalità della quale è gravato il danneggiato anche nel caso di responsabilità presunta ex art. 2051 c.c. tra la cosa ed il sinistro, sull'unico presupposto -incontestato dell'avvenuta caduta della A. nel parcheggio, circostanza assunta come certa anche dalla Corte d'appello cfr. sentenza , in motivazione pag. 7 , ma non sufficiente in quanto detto parcheggio era costituito da una vasta area caratterizzata da diversi tipi di pavimentazione, grigliato, marciapiede, strada asfaltata cfr. sentenza, motivazione pag. 8 , e l'elemento che caratterizzava la res -e secondo il thema probandum causativo del danno era riferibile esclusivamente alla sola area della pavimentazione grigliata ed ancora più specificamente alla sola zona di tale pavimentazione che risultava non livellata in quanto alcuni fori non erano stati adeguatamente colmati con la terra come emerge dalla allegazione del fatto nella citazione introduttiva dei giudizio cfr. sentenza, pag.4 controricorso, pag. 6 . Su tale questione, e cioè sulla mancanza di prova dell'esatto luogo del parcheggio in cui si era verificata la caduta, la ricorrente, con il motivo in esame, non deduce alcun elemento di fatto determinante -asseritamente trascurato dal Giudice di appello che, se correttamente considerato, avrebbe portato ad affermare con certezza il diritto al risarcimento vantato dalla appellante, limitandosi ad assumere apoditticamente che la caduta si era verificata sul grigliato e che tale circostanza era desumibile dalle prove testimoniali delle quali omette anche la trascrizione e dai fatti non contestati che, tuttavia, se da identificarsi in quelli descritti nel capitolato di prova per testi formulata con la memoria in primo grado e non ammessa dal Giudice di primo grado -e trascritti nel ricorso per cassazione alla pag. 4 appaiono del tutto irrilevanti ai fini del superamento della indicata ratio decidendi posta a fondamento della sentenza impugnata. Il secondo motivo, che appare rivolto a censurare la ratio decidendo” subordinata cfr. sentenza, pag. 9 anche nella ipotesi fideistica di caduta sul grigliato secondo cui la prova del nesso causale avrebbe dovuto comunque avere ad oggetto la res , non nella sua naturale caratteristica strutturale grigliato in cemento livellato con la terra , ma nella sua anomalia rappresentante un pericolo per il transito pedonale zona del grigliato in cemento che presentava i fori non livellati con la terra , si palesa inammissibile, oltre che per le medesime considerazioni esposte nell'esame del precedente motivo, anche per carenza di interesse, non investendo anche la principale ratio decidendi della sentenza, che ha resistito allo scrutinio del primo motivo, fondata sulla mancanza della prova che la caduta si è verificata sulla -ed a causa della pavimentazione grigliata anziché in altro luogo del parcheggio. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna della parte soccombente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo. Sussistono i presupposti per l'applicazione l'art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30.5.2002 n. 115 , inserito dall'art. lco17 della legge 24.12.2012 n. 228, che dispone l'obbligo del versamento per il ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata, essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013 cfr. Corte cass. SU 18.2.2014 n. 3774 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 5.000,00 per compensi, € 200,00 per esborsi, oltre gli accessori di legge dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somma prevista dall'art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115.