Prova a carezzare il cane, l’animale la morde a una mano: quasi 42mila euro dal proprietario

Per quanto azzardata, la condotta della donna non azzera le responsabilità del padrone del quadrupede. Egli avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione nella custodia del cane. E comunque la carezza provata dalla donna va compresa anche alla luce del fatto che ella conosceva sia l’animale, sin da quando era piccolo, che i suoi padroni.

Mossa azzardata una donna prova a dare una carezza a un cane – un pastore tedesco –, ma l’animale reagisce in malo modo, azzannandola a una mano. Chiara la dinamica dell’episodio – verificatosi a casa del proprietario del quadrupede –, evidente la responsabilità dell’uomo, con conseguente condanna a risarcire la vittima del morso con un assegno da quasi 42mila euro Cassazione, sentenza n. 10402/2016, Sezione Terza Civile, depositata lo scorso 20 maggio . Morso. Nessun dubbio sulle lesioni riportate dalla donna alla mano destra e provocate dal morso del cane, un pastore tedesco . Scontata la richiesta di risarcimento danni – per una cifra che sfiora i 50mila euro – nei confronti del proprietario dell’animale. Su questo fronte i giudici d’Appello, smentendo le valutazioni proposte in Tribunale, ritengono non discutibile la responsabilità dell’uomo per le lesioni causate dal morso del cane. Soprattutto perché la condotta tenuta dalla donna, ossia il tentativo di accarezzare il quadrupede, per quanto azzardata non poteva essere considerata la causa dello scatto avuto dall’animale. Logica conseguenza di queste valutazioni è il riconoscimento di un corposo risarcimento a favore della donna il proprietario del cane deve versarle, secondo i giudici d’Appello, oltre 41mila euro. Risarcimento. Per il legale dell’uomo, però, è stato trascurato un elemento non secondario l’imprudenza della donna che avrebbe potuto non introdursi nella stanza dove era il cane, o almeno non carezzarlo . Chiara la prospettiva difensiva se la donna avesse mantenuto un comportamento lineare, non ci sarebbe stata la reazione spropositata dell’animale. Questa ricostruzione, però, è viziata. Essa, difatti, trascura un dato fondamentale, cioè la conoscenza , da parte della donna, della casa, dei padroni dell’animale e del cane stesso, fin da piccolo . Tutto ciò consente di vedere in un’altra luce il comportamento da lei tenuto. E, di conseguenza, sottolineano i magistrati della Cassazione, è inevitabile considerare responsabile l’uomo per la reazione violenta del suo cane egli, in sostanza, avrebbe dovuto essere più attento nella custodia dell’animale. Così, a chiusura della vicenda, viene confermato il risarcimento a favore della persona morsa dal quadrupede.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 29 settembre – 20 maggio 2016, numero 10402 Presidente Petti – Relatore Chiarini Svolgimento del processo Con citazione del settembre 1998 A.Z. convenne dinanzi al Tribunale di Belluno A.M. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni - che quantificò in euro 48.608.702 - conseguiti dalle lesioni alla mano destra cagionate dal morso del pastore tedesco del convenuto in occasione di una visita presso 1' abitazione di costui, nel novembre 1994. Il Tribunale respinse la domanda, mentre la Corte di appello di Venezia, con sentenza del 22 agosto 2011,ha riformato la sentenza di primo grado sulle seguenti considerazioni 1 il caso fortuito, escludente la responsabilità del M., ravvisato dal primo giudice nell' essersi la Z. introdotta in una stanza dell' abitazione del convenuto in cui si trovava la moglie di costui e nell' aver irritato colposamente il cane sia con la sua presenza, sia per aver tentato di dargli una carezza, non sussisteva poiché la Z. si recava spesso a trovare la moglie del M. e conosceva l'animale da quando era piccolo 2 costei aveva invitato la Z. ad andarsene perché era occupata non perché il cane, che era nella stessa stanza, avrebbe potuto aggredire l'ospite 3 pertanto avere la Z. tentato di accarezzare il cane non costituiva un fatto imprevedibile ed eccezionale e quindi non integrava il caso fortuito e perciò ai sensi dell'art. 2052 c.c. il proprietario del cane era responsabile delle lesioni da questo cagionate 4 correttamente il C.T.U. aveva valutato il danno biologico permanente nella misura dell' 11%, 1' inabilità temporanea assoluta in 60 giorni e quella parziale al 50% in 90 giorni e quindi complessivamente in euro 41.496,32, oltre interessi legali dalla liquidazione. Ricorre per cassazione A.M Si sono difesi gli eredi di A.Z Il ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo il ricorrente lamenta Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 comma 1 n,. 3 c.p.c. . Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto Art. 360 comma 1 numero 3 c.p.c. in relazione all' art. 2052 c.c. per non avere la Corte di merito considerato che dalle stesse dichiarazioni dell' attrice era risultato che temeva il cane, tanto che aveva chiesto alla moglie del M. di farlo uscire dalla stanza, e tuttavia lo aveva accarezzato sul dorso sì che 1' animale - pastore tedesco - 1' aveva morsa, girandosi di scatto. Quindi è evidente 1' imprudenza della Z. che avrebbe potuto non introdursi nella stanza dove era il cane, o almeno non carezzarlo, tanto più che la moglie del M. era impegnata e che la Z. si era introdotta entrando nel cancello del cortile e quindi si era assunta i rischi e i pericoli dovuti alla presenza del cane, senza allontanarsi come era stata invitata a fare, ed invadendo la proprietà altrui. 1.1- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta Violazione di legge ex art. 360 numero 3 c.p.c. in relazione all' art. 1227 c.c. per non avere la Corte valutato che il cane era all'interno di una stanza con la moglie del M. e quindi almeno c' è il concorso di colpa della Z. ai sensi dell'art. 1227 c.c. I motivi, congiunti, sono infondati. Ed infatti la Corte di merito ha correttamente applicato il principio secondo il quale del danno cagionato da animale risponde ai sensi dell' art. 2052 cod. civ. il proprietario o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso in quanto la responsabilità si fonda non su un comportamento o un'attività - commissiva o omissiva - di costoro, ma su una relazione di proprietà o di uso, fondante la custodia e la sorveglianza intercorrente tra i predetti e l'animale, e poiché il limite della responsabilità risiede nell'intervento di un fattore salvo che provi il caso fortuito che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma alle modalità di causazione del danno, la rilevanza del fortuito deve essere apprezzata sotto il profilo causale, in quanto suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre ad un elemento esterno, anziché all'animale che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi. Ne consegue che spetta all'attore provare l'esistenza del rapporto eziologico tra il comportamento dell' animale e l'evento dannoso secundum o contra naturam, comprendendosi in tale concetto qualsiasi atto o moto dell'animale quod sensu caret Cass. del 1977 numero 261 , mentre il convenuto, per liberarsi dalla responsabilità, dovrà provare non già di essere esente da colpa o di aver usato la comune diligenza e prudenza nella custodia dell'animale, bensì l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale Cass. 7260 del 2013 . Pertanto, se la prova liberatoria richiesta dalla norma - che può anche consistere nel comportamento del danneggiato, ma per assurgere a fattore esterno idoneo a cagionare il danno deve avere i caratteri della imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità- caso fortuito incidente che assorba l'intero rapporto causale Cass. 1983 numero 1400 , ovvero della condotta colposa, specifica o generica caso fortuito concorrente con il comportamento dell'animale nella produzione eziologica dell'evento dannoso - non viene fornita, del danno risponde il proprietario dell' animale, essendo irrilevante che il comportamento dannoso di questo sia stato causato da suoi impulsi interni imprevedibili o inevitabili Cass. 1983 numero 75 . A questi principi si è attenuta la Corte di merito nel ritenere responsabile delle lesioni subite dalla F. esclusivamente il M. non ravvisando nel comportamento di costei, che pur in ipotesi potrebbe aver concorso eziologicamente a causare il morso del cane nel volerlo accarezzare, la colpa a norma dell' art. 1227, primo comma, cod. civ., con motivazione immune da vizi logici e giuridici, stante la conoscenza della casa, dei padroni dell' animale e dello stesso fin da piccolo. 2.- Le alterne vicende del giudizio di merito giustificano la compensazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.